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venerdì 24 febbraio 2012

dire cose positive su internet

Posso dire cose positive su internet. In mezzo alle tante cose negative collegate a chi lo utilizza come strumento per raggiungere finalità criminali con mezzi innovativi, diversi dal puntare in faccia una pistola a qualcuno, sabotare la concorrenza, scogliere nell'acido i figli di chi tradisce la cosca. Per bruciare la biblioteca di Alessandria oggi ti basta togliere la corrente o usare un potente magnete, tutti gli archivi di internet sono destinati a sparire, anche solo per sopravvenuta obsolescenza. Posso dire anche cose positive, che è raro e piacevole incontrare qualcuno che non ti rovescia addosso ansia e terrore di questi tempi, ogni fonte d'informazione che campa sul sensazionalismo non vede l'ora di farti venire voglia di chiuderti in casa, sederti in un angolo buio, abbracciarti le ginocchia, dondolarti e bofonchiare preghiere che rimarranno inascoltate o maledizioni dirette a sospetti colpevoli. Cose positive, ottimismo, buonumore, il sonno della ragione, la luce della ragione, il grande amore, le piccole cose. C'è il sole oggi, tra un mese è primavera, facciamo discorsi piacevoli.

Per esempio internet permette di rispondere ai grandi fratelli che forgiano il pensiero unico modellando opinioni dominanti, rovistando la broda nel grande calderona junghiano del sapere ancestrale. Jung ha ipotizzato, senza saperlo, questa internet fatta di entità mentali che si connettono agli archetipi durante il sonno, la trance, l'esperienza mistica. Per esempio su Facebook posso rifiutare le pubblicità, dicendo perché. Posso esprimere un parere vincolante sulla cultura costruita, diffusa, espressa tramite la pubblicità. Posso oppormi al potere devastante del marketing, uno dei tanti dei del moderno pantheon dove mercurio è il culto della velocità, giunone la lussuria, venere l'estetica, giove la scienza, marte la virilità e via dicendo. Non è cambiato niente, questa faccenda del viviamo in un mondo nuovo è una truffa, è sempre il solito vecchio mondo, la solita vecchia gente.

Ma dicevo rifiutare la pubblicità, dire perché non vuoi ricevere specifici messaggi, Facebook ti offre un elenco: poco interessante, fuorviante, contenuti sessualmente espliciti, è contro le mie opinioni, contenuti offensivi, ridondante. Poter dire a qualcuno tu dici cose che non condivido, tu sei fuorviante. Ah, che soddisfazione. Ricevo pubblicità di ogni tipo: medicinali scontati canadesi, attrezzi per allargare il pene, gioco d'azzardo, prodotti per la forfora, giochini che creano dipendenza, orologi di lusso scontati, dentisti ungheresi, provini per lanciare i bambini nel mondo dello spettacolo. Senza contare gli avvisi falsi di banche, poste, siti di aste, ebay, amazon, paypal, tutta roba falsa, per mandarmi a inserire i miei dati su siti contraffatti. E lettere di ragazze che vogliono conoscermi meglio, dirigenti africani disonesti che vogliono esportare clandestinamente lingotti d'oro, madri vedove che chiedono soldi per scaldarsi nel rigido inverno nordico, tutta roba falsa. Ma posso dire cose positive di internet, tipo punire i pubblicitari con un click, da questo momento sei nella mia lista nera e non potrai mai più molestarmi con le tue allettanti profferte e sai perché, perché ho trovato la tua inserzione poco interessante. In una di queste hanno usato la faccia di uno degli attentatori delle torri gemelle, per dire, e a questa che motivazione si può dare alla propria censura individuale?

Posso dire cose positive di internet anche riguardo alla scienza. Qualcuno ha finanziato degli scienziati per dimostrare il limite di velocità della luce. Come dire ragazzi potete dire e=mc2 o che sono possibili le macchine del tempo. Nel secondo caso ci vorranno ulteriori investimenti, esperimenti, verifiche, gente che continua a giocare allo scienziato spesato da chi, non lo so, forse dai contribuenti, dai clienti ignari di industrie interessate, da filantropi che vogliono essere sepolti in orbita perché adorano la scienza, soprattutto a fumetti che hanno fatto la felicità di un'infanzia per altri versi orribile. Un po' come fare beneficenza con i soldi altrui, ci si sente bene senza retrogusti amarognoli. È come la pubblicità, la fanno a spese nostre senza consultarci e ce la tirano addosso come gli pare e piace. Come le armi e lo spedire tizi vestiti da omini michelin sulla luna. Alla fine noi subiamo e basta, ma con internet almeno puoi approfondire la notizia data in pompa magna da governo come sponsor ufficiale e dai media compiacenti, che campano di soldi pubblici e amicizie faziose in partiti a loro volta sovvenzionati dalle tasse, che regalano copie, in bilico sul macero, megafoni della guerra di opinioni che ci tiene distratti, la dialettica degli schieramenti sui cui si fonda la democrazia. Ebbene puoi approfondire la notizia con internet, non ti tocca limitarti al parere ufficiale di un giornalista qualunque che diventa famoso in base alle volte che appare sui media, più fai presenza e più diventi autorevole, come i presentatori televisivi che nelle pause ti consigliano quale prosciutto mangiare e su quale divano sederti, i commercianti al mercato che gridano la freschezza del pesce, le puttane sulla statale.





[punto in cui si deve smettere di leggere, da qui in poi vado a braccio e fuori tema]



Cose positive su internet, ne ho da dire, anche su chi ci vuole guadagnare e non è Facebook, è uno qualunque che mette Adsense di Google, scrive cose provocatorie, mette foto di persone nude, anche foto vecchie in bianco e nero di nudisti postatomici, per dire, o il quadro l'origine del mondo, fanno i furbi, c'è pieno di furbetti su internet ma ho detto che oggi c'è il sole e che dirò cose positive su internet. Puoi leggere articoli di stampa straniera, è una cosa positiva, c'è perfino il modo di tradurla al volo se non conosci l'inglese. È molto utile avere accesso alla stampa straniera quando il tuo paese è 64° nella classifica della libertà di stampa, quando vivi in una dittatura, quando ti viene il dubbio che tutte le tue opinioni siano state prodotte da un'intellighenzia colpevolmente disonesta o ingenuamente stupida, complice di una nomenclatura obsoleta agli ordini di una classe dirigente irresponsabile, incapace e inadeguata all'esercizio del potere. Magari ti viene da chiederti, se leggi quello che scrivono persone straniere intelligenti, colte, responsabili, oneste, dico magari ti fai delle domandi, abbandoni la spocchia tipica di chi crede di sapere tutto lui perché c'ha dietro un apparatchik che gli fornisce le risposte da dare per vincere le battaglie elettorali. Perché mettetevi nei panni di uno che vuole vincere, diventare importante, finire nei libri di storia, avere la possibilità di indirizzare grosse quantità di denaro, il tutto ammantandosi dell'aura del salvatore, del messia apparso sulla scena politica per portare giustizia in questo mondo corrotto, benessere ai poveri, salute ai malati. Immaginatevi una vita di privilegi, benefit, milioni nelle casse del partito, portaborse. Immaginatevi che uscite a dire che non ce n'è abbastanza per tutti, che la vita è dura. Perdete, non vi vota nessuno. Dovete dire cose positive, che risolverete la crisi energetica e sconfiggerete il cancro. Dovete fare come certi nonni che arrivano con pennarelli, tric e trac, giocattoli vietati e cattive abitudini, che quando se ne vanno i figli attaccano con i paragoni e le domande sul perché si deve obbedire ai genitori, fino a che punto si deve sopportare tutto questo. Su internet ci sono anche siti di populisti, a bizzeffe, di complottisti, di estremisti, vale come per la pubblicità, lo spam, la scienza, tutto quanto. Ma se uno deve dire cose positive ci sono anche i libri e i film stranieri che rimarrebbero inaccessibili senza la pirateria del p2p, non bisogna vietarla, è come i film di Rambo, se non fosse arrivato Rocky a gridare Adriana nei nostri cinema, Swarzy terminator, Alien, non dico che parleremmo russo e ci saluteremmo col pungo alzato e ci daremmo del tovarich a vicenda strimpellando la balalaika, ma la musica americana, la letteratura americana, il sogno americano, l'etica del capitalismo protestante, pensate che la gente faccia la fila per comprarsele? Pensate che i governi non vedano l'ora di importare idee rivoluzionarie? No, piuttosto tendono a bloccare ogni diffusione di cultura potenzialmente dannosa per la propria parte politica. Una cosa positiva di internet alla fine è anche la pirateria, essì, dico una cosa un po' così, che alla mia età non sta bene, la diffusione non selezionata da editori politicizzati o comunque polizia ideologica, distribuzione gratuita di cultura, anche se poca, anche se in bottiglie gettate a mare e affidate alle correnti, anche se mischiata a tanta pornografia violenza attività ludica propaganda. Per esempio il neo cardinale di New York, Timothy, ha consigliato un film con Martin Sheen durante il suo discorso al concistoro, il film 'The way', che magari un giorno lo guarderò e ne parlerò, fatto sta che in Italia non si trova, perché uno dovrebbe passare giorni e giorni a cercare un modo per pagarne la visione quando con internet ce l'ha in lingua originale sottotitolato entro sera? O rinuncia o delinque. La soluzione è impedirgli di vederlo o fargli pagare un paio di dollari dopo che ne ha visto mezzo per capire se vale la spesa? Oppure si può dare la colpa a sua eminenza che l'ha consigliato, insinuare che sapesse che qui non è disponibile e che quindi avrebbe incentivato la prateria digitale, accusarlo di istigazione a delinquere come si fa con i siti che pubblicano i torrent. Facciamo tintinnare le manette, istituiamo tribunali speciali, sguinzagliamo i dobermann, creiamo club esclusivo di tecnofili, creiamo un monopolio e otteniamo tutte le esclusive. Se uno compra il diritto di guardarlo poi lo può prestare a qualcuno? Lo può guardare assieme a qualcuno che non ha pagato? La guerra per il diritto d'autore su internet è persa in partenza, non c'è chiave hardware o mercato chiuso che tenga, come gli store digitali che ti chiedono la carta di credito e se gliela dai te li sposi a vita, come gli occhialini 3D per impedire che la gente registri con la videocamera e lo metta in rete. Ops, sono andato lungo, mi son distratto perché è partito un pezzo in cuffia da otto minuti. Per dire che lo so che la pirateria su internet è sbagliata perché non finanzia i produttori di contenuti (oltre all'industria che campa sulla edizione e promozione e distribuzione nel mercato pre-internet), ma la questione del chi seleziona e chi promuove e chi fa da mecenate (paga i conti) va oltre la giurisprudenza e interessa la cultura come motore per il progresso spirituale (nel senso di non materiale) dell'umanità intera. Pagare per vedere la pietà di Michelangelo, per guardare gli appunti di Leonardo, per leggere le riflessioni di un intellettuale ha senso perché anche Michelangelo e Leonardo devono mangiare e pagare le bollette, ma ha meno senso se servono al suo manager per svernare alle Bahamas o per dare lavoro a certi travet e passacarte che con internet non hanno più motivo di esistere. Il business dell'intrattenimento non paga più come una volta, lo star system cigola da tutte le parti, a furia di chirurgia estetica si finisce per assomiglia sempre di più al mostro che ci si porta nascosto dentro.


lunedì 6 febbraio 2012

operiamo i distinguo

Tiriamo un linea ipotetica e mettiamo di qua i paesi ricchi, con le loro più o meno evolute e più o meno fittizie democrazie, di là i paesi poveri con i loro governi deboli o forti, corrotti o virtuosi, col capo di stato che di solito indossa uniformi carnevalesche o si maschera da esponente delle classi meni abbienti. Nel mezzo paesi così così, che non hanno un tessuto produttivo e nemmeno università che sfornano brevetti: sono ricchi per un colpo di fortuna, hanno risorse naturali che permettono al potere di pagare in contanti, valuta estera pregiata, benessere e pace sociale. Se vogliamo capirci qualcosa dobbiamo fare un po' di ordine, stabilire dei criteri per classificare gli elementi in base a fattori che reputiamo discriminanti: la soluzione che mi piace di più è quella dei soldi. Se vuoi capire qualcosa di quello che succede intorno a te la prima cosa che ti consiglio di fare, quando e per quanto possibile, è di seguire i soldi. La morale si piega al mutare di interessi e al frantumarsi di equilibri, gli accordi saltano con facilità doppia di quella che è servita a stipularli, la verità diventa evanescente per via di prove che spariscono, testimoni che muoiono o ritrattano, nuove evidenze sbucate dal nulla. Ma i soldi no, i soldi sono l'unica traccia concreta che si lasciano dietro gli avvenimenti. Lo storico legge la storia con gli occhiali del suo tempo e il filtro della cultura e i pregiudizi del suo credo politico, ma il contabile no, il contabile scrive i soldi sono passati da questa mano e quell'altra. Diamo un'occhiata a come si muovono i soldi, tipo i 70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione italiana deve dare a fornitori privati che aspettano da mesi e che si è pensato di pagare in titoli di stato, salvo poi fare marcia indietro e gridare all'assalto speculativo quando i mercati hanno reagito com'è normale che reagissero. I giornalisti italiani che campano di finanziamento pubblico e lavorano per fare propaganda a partiti politici che a loro volta campano di finanziamenti pubblici non seguono i soldi, non spiegano la realtà, no, loro raccontano, narrano, esprimono opinioni, fanno i sentimentali e i moralisti, costruiscono uno spettacolo teatrale che di volta in volta è tragedia o commedia o farsa. L'Italia è al 64mo posto nella classifica dell'informazione, da decenni i media sono spartiti fra due editori, Berlusconi e De Benedetti, in guerra fra di loro, il terzo attore da poco nell'arena è la Telecom, azienda telefonica che ha il monopolio dell'infrastruttura, il resto dei media se lo dividono i partiti politici, i mafiosetti, gli amici degli amici. Seguire i soldi è uno dei modi più diretti per disegnare la mappa delle correnti sotterranee evitando le stronzate che sparano i professionisti della comunicazione.

Ma l'Italia non mi interessa più di tanto, e ancora meno interessa al mondo un paese di 60 milioni di abitanti. L'India sono più di un miliardo, la Cina pure, che senso ha stare qui a parlare di uno staterello nato un secolo e mezzo fa, ancora pieno di analfabeti, frammentato e diviso, cementificato e sovraffollato (ha la stessa popolazione della Francia su metà del territorio), privo di risorse naturali. L'Italia sbruffona e truffaldina che sta cercando di sbolognare il proprio debito direttamente, senza più passare da svalutazione della lira e tassa occulta da inflazione. Abbiamo 600 milioni di africani pronti a raddoppiare o triplicare non appena ci sarà un po' di cibo e qualche medicina. Anche gli europei sono circa 600 milioni. Gli asiatici sono il doppio del resto della popolazione mondiale. Bene, torniamo all'inizio, guardiamo ai paesi ricchi e democratici, i cristiani, gli occidentali, quelli che hanno inventato l'industria, che per primi sono scappati dalla campagna per vivere nelle città. Sono i paesi che hanno costruito le macchine, telai vapore treni aerei calcolatori mitragliatori. I paesi che hanno formalizzato teorie scientifiche filosofiche economiche, hanno ammucchiato e modellato il sapere. I paesi che hanno scoperto fertilizzanti e vaccini, inciso musica e stampato libri per diffonderli e non per preservarli, per divertire e non per educare, paesi che hanno agito con la gioia e l'irresponsabilità di bambini per i quali non esisto un futuro di cui preoccuparsi ma solo un domani migliore. Seguite i soldi, i soldi grossi: armi, droga, petrolio, manodopera. I soldi che viaggiano materialmente su navi gigantesche e quelli che viaggiano su cavo: interessi e diritti (non solo d'autore ma anche brevetti industriali: chimica, medicina, tecnologia, diritti di sfruttamento del marchio come del terreno). Seguite i soldi e vedrete che i paesi poveri vendono terra ai paesi ricchi, vendono droga, vendono materie prime, vendono lavoratori privi di diritti che costano poco. Intendiamoci: i soldi non sono cattivi, sono solo uno strumento di pagamento, se non ci fossero i soldi useremmo conchiglie, sangue, oro, schiavi. Non sto dicendo che i soldi sono un problema, che la finanza è il braccio del demonio e la ricchezza il marchio del male, non siate così ingenui e sempliciotti, se volete giocare all'inquisizione rivolgetevi a un regime totalitario. Dico che i soldi ci aiutano a capire i rapporti fra le parti che effettuano scambi, perché tutti effettuano scambi, anche respirare è uno scambio di atomi spiccioli per ossigenare i nostri corpi. Noi stati ricchi abbiamo qualcosa che gli altri vogliono e gli altri hanno qualcosa che noi vogliamo, i soldi servono solo a capire chi ha comprato cosa da chi e il potere da sempre si esprime nel gestire la ricchezza, il potente è colui che vanta diritti, legali o divini, democratici o aristocratici, guadagnati o conquistati o derubati, su cose e persone.

Potete divertirvi da soli a individuare e commentare i flussi di denaro. Paghiamo produttori di droga per vedere drogati ai giardinetti (non che gli ubriaconi siano più eleganti, ma quelli non cercano alcolici importati di contrabbando, i soldi vanno a onesti coltivatori e distillatori che nelle pubblicità di un tempo vestono giacche da camera di velluto con le toppe, fumano pipe di radica e siedono davanti al caminetto con segugio acciambellato ai piedi della poltrona di pelle borchiata, nelle pubblicità attuali giovani alla moda si mettono in posa nella scenografie di locali futuristici e fanno sesso con atletici amanti incontrati per caso). Paghiamo produttori di petrolio perché possano costruire alberghi grattacieli nel deserto e finanziare a carico nostro le varie tribù che garantiscono il mantenimento dello status quo (il ricatto di chiudere i rubinetti e il costante rischio di interventi armati per impedire che facciano collassare le nostre economie è mitigato solo dai soldi, dal fatto che i soldi che diamo loro cesserebbero non solo di arrivare nei conti svizzeri di governanti corrotti o previdenti – si assicurano una pensione di vecchiaia in caso di rivolte congiure ghigliottine – ma anche di avere valore – trovarsi con miliardi di dollari e di euro privi di valore, che incubo. Poi cos'altro, ah, gli schiavi, gente che vive in fabbrica, ci mangia e ci dorme, ci lavora per 16 ore al giorno, si uccide perché i soldi dell'assicurazione – nel caso di ditta occidentale con sede all'estero che impiega manodopera locale, perché altrimenti non ha diritto a niente, cosa ti aspetti da chi fa pagare ai tuoi parenti il costo del proiettile che ti sparano nella nuca? – basteranno a mantenere per decenni i famigliari del caro estinto. Paghiamo stranieri perché schiavizzino al posto nostro, che noi siamo troppo civili per farlo di persona. Seguite i soldi, che ci vuole? Noi siamo popolazioni vecchie che bevono pillole azzurre per scopare fino a cent'anni però col preservativo o ricorrendo all'aborto. Siamo persone ricche e anziane che hanno indebitato figli e nipoti non solo per investimenti produttivi, e quello sarebbe anche altruista, ma per spendere e basta, per tenere alti i livelli di consumo necessari a giustificare incrementi di produzione e con essi tassi di disoccupazione accettabili e domanda di moneta sufficiente a garantire copertura per le esigenze del welfare. Noi produciamo – dico noi ma alcuni dei paesi ricchi manco quello - solo intrattenimento che viene piratato via internet e brevetti che vengono copiati e sfruttati confidando nel fatto che si abita lontani, si deve dimostrare l'illecito, si deve fare e rifare un processo, insomma semmai avrai un rimborso alla fine ci rimetti comunque in bolli consulenze parcelle. Siamo vecchi obesi e vecchie ritoccate col bisturi con l'armadietto pieno di medicine, il frigor pieno di roba sterilizzata, il totemico impianto audiovisivo in salotto, e viviamo soli, barricati, diffidenti, abbiamo paura di perdere tutto, chi tanto e chi poco. Produciamo automobili e vernici, mobili e vestiti, ma l'intera nostra produzione di oggetti materiali è destinata a perdere quote di mercato perché sono capaci anche i paesi poveri a fare quello che facciamo noi, solo che a loro costa meno – almeno per adesso, e ci vorranno decenni prima che i prezzi siano omogenei a livello globale, ammesso che si riesca a rendere omogeneo un prezzo frutto di monopolio sulle risorse senza usare la forza di un'espropriazione da parte di un'autorità pubblica mondiale, ma anche allora avremmo comunque un pianeta che non regge né la nostra sete di risorse né il nostro numero di aspiranti a un benessere medio minimo garantito a tutti, che tu nasca in africa in alaska, nella foresta o nel deserto. Quando sarà passata l'epoca del fuoco e avremo bruciato tutto il bruciabile per inseguire un modello di sviluppo basato su crescita infinita e risorse inesauribili, motivato da una cultura tardo romantica idealista e scientificamente utopistica (come guarderanno gli uomini del futuro all'uomo che saltella sulla luna, con allegria? stupore? rabbia? tristezza? sarà un simbolo di che cosa?), chissà se ci ricorderemo come si fa a ripartire da un qualche punto del passato e prendere una strada diversa, e se sarà possibile farlo. Basta che non mi dite che mangeremo alghe e dentifricio su un'astronave, perché se voglio ascoltare idiozie adesso oltre a giornali e tv c'è anche internet: ho solo l'imbarazzo della scelta.



giovedì 2 febbraio 2012

Carta canta

Franzen dice che le cose su carta sono preferibili perché non vanno soggette a cambiamenti, dice che i file spariscono, vengono modificati, che sul monitor stai leggendo una porcheria e il momento dopo un capolavoro. Non ha detto capolavoro, ha detto Jane Austin, ma suppongo volesse dire letteratura. Ha detto che le cose digitali sono fatte per non durare, nel senso che vengono scritte come nelle news, che non hanno pretese di lunga scadenza, non cercano nemmeno di essere piacevoli per lungo tempo. Qui potremmo perderci le ore a discutere di consumismo, intrattenimento, se esista l'arte popolare, ma in sostanza dice che se metti su carta fai un gesto simbolico forte, è come se dici queste cose le ho scritte con la presunzione che abbiano un valore degno di essere reso disponibile nel lungo periodo. Che ci metti l'impegno, la faccia, ti giochi la reputazione, non puoi cancellarlo o modificarlo come un post su un blog. L'arte come religione, l'ha chiamata così, ci è arrivato da solo, perché anche le cose su carta non durano, e ci sono cose su carte che sono lì solo a testimoniare l'errore di chi pensava meritassero non solo la stampa in copia unica, il che avrebbe senso nella logica dell'edizione come imprimatur culturale, ma addirittura la diffusione a mezzo stampa. Franzen è un po' monacale, anche dove dice che si deve spegnere tutto, tv e internet, per concentrarsi in maniera esclusiva e totale sul proprio lavoro, sul proprio dono intellettuale al mondo, questo è la mia letteratura, prendete e leggetene tutti. È proprio vero che per continuare a rispettare un autore di cui si magnificano le opere è necessario non conoscerlo mai di persona, perché Franzen non ha mai avuto bambini attorno, non ha mai scritto nei locali della pausa caffè di una lavanderia industriale, non ha mai subito il rumore del traffico, il tubare dei piccioni sul tetto e il rosicchiare dei topi nelle pareti, le sirene antifurto dei vicini in ferie. La funzione ieratica dell'autore è così aristocratica da suscitare invidia e senso di ingiustizia, anche in presenza di meriti innegabili, laddove si presta a giustificare un censo allargato a chi invece meriti non possiede se non quello di trascinare verso il basso gli standard per adeguarli ai gusti dei potenziali clienti. Franzen, non voglio fare nomi, ma sappiamo tutti e due che esistono intere saghe che sul monitor le chiameresti porcherie e su carta come le chiami? Quindi il discorso è più complesso di così, ti stimo troppo per insinuare che hai fatto il furbo quando ti è venuto in mente che il settore in cui lavori campa con roba stampata su carta, roba il cui valore non cambia a seconda del supporto, altrimenti incidiamolo nella pietra, quanto dev'essere importante un'opera letteraria per meritarsi la pubblicazione su pietra? Quanto i dieci comandamenti? Ha fatto bene Salinger a mendare tutti a fare in culo, a non rispondere neanche al telefono, è quello che farò anch'io appena esce gw2, e più vai avanti con l'età e più è facile che spari cazzate, è meglio stare zitti se non si ha intenzione di scendere a patti con se stessi e vendersi agli emissari del marketing. Se vuoi parlare devi essere un King, che la critica non lo digerisce e può dire quel che gli pare senza il rischio di perdere la corona di un Roth o di un DeLillo, per citare i più recenti, scrittori che assurgono alla soglia dell'empireo e non gli rimane a quel punto che perdere terreno, abbruttirsi, tornare a indossare pian piano i panni dell'uomo normale, senza superpoteri attribuiti da giurie di loro impari, osannanti e proni di fronte a cotanta maestria. King rappresenta il plebeo, l'antieroe del sistema aristocratico che, nei fatti, è la realtà di ogni arte, dove si tende al sovrumano, all'assoluto, con i contenuti religiosi che Franzen percepisce. King che da parecchio la vive male, si sente respinto con motivazioni pretestuose, che reputa di incarnare meglio la funzione della letteratura come narrazione che sfrutta il piacere dell'intrattenimento per impartire insegnamenti morali o trasmettere esperienze formative. Il nonno preistorico che tiene occupati i ragazzini raccontando antiche e terrificanti battute di caccia. King è il bardo, Franzen lo sciamano. King ti vendeva il miglio verde a fascicoli settimanali per fare il Dickens, Franzen è in grado di classificare un libro tenendo conto di parecchi indicatori qualitativi, King vendeva scritti su internet quando internet la usavano ancora in pochi, the plant mi pare si chiamasse quel racconto, e non lo faceva perché aveva bisogno di soldi come all'inizio carriera, quando spediva racconti ai giornali per pagare le bollette, per Franzen invece internet è troppo generalista, sarebbe come mettere un approfondimento sulla situazione geopolitica mediorientale del New York Times fra le pagine di Amazing Stories. Franzen è lo scrittore che, al momento, reputo il migliore autore vivente nel campo della letteratura, ma scrive, come dice lui stesso, 'per chi ama leggere', ovvero per chi è in cerca di prodotti di fascia alta, di lusso, che hanno l'ambizione di durare se non in eterno almeno quasi, e questa è una posizione nobile, romantica che più romantica non si può, ma che nasce minoritaria per motivi intrinseci: l'élite è per definizione la crème de la crème, laddove il sistema di selezione meritocratica funziona e, anche laddove funziona e solo i migliori eccellono, si deve pagare il dazio alla sovrastruttura di potere che seleziona anche in base a contenuti adeguati alla morale dominante, allo spirito dei tempi. Per cui il mecenate, che sia il capo dei barbari, l'imperatore, il gran sacerdote, il ricco mercante o il mercato/la massa dei consumatori, in ogni caso vedremo premiare i peggiori che dicono alla maestra quello che alla maestra piace sentirsi dire. In questo la religione di Franzen, è lui che la chiama così, è tradizionalista e conservatrice, il suo dio non è l'arte in sé ma la cultura della società in cui vive, l'occidente in decadenza che va scoprendo di essere in inferiorità numerica e in debolezza di intenti, fragile di carattere e privo di guida, ridicole scimmie senza dio agli occhi di motivatissimi poveri e ignoranti ma pronti a indossare un cintura esplosiva, o a mangiare e dormire in fabbrica, lavorando per due soldi, costruiscono merce per noi, sono soldati pagati da noi per farci la guerra. La posizione che gratta gratta, accomuna i sedicenti di sinistra ai sedicenti di destra (non la destra fascista e socialista italiana ma la destra liberale anglosassone), i progressisti e i conservatori in questa grande schizofrenia che affligge la cultura in generale e la nostra cultura in particolare. Gli uni e gli altri che si sentono a disagio con l'abbattimento di ogni élite meritocratica per mezzo di criteri di valutazione del capitalismo di mercato che tengono conto solo del fatturato e utilizzano strumenti push di marketing privi di intenti educativi, anzi, spesso forniscono modelli di comportamento delinquenziali. Per non avere più i vincoli del mecenate, uno qualunque, palese e conosciuto, ci siamo affidati al nulla. Non esiste più un motivo per distinguere destra e sinistra, ci sono solo vari gradi di libertà, vari gradi di qualità, dove mamma sinistra e papà destra litigano mentre la casa brucia, il nostro pianeta, al quale strappiamo ogni anno il doppio delle risorse che più rinnovare e ci avviamo a consumare del tutto ciò che non può nemmeno rinnovare. 

martedì 10 gennaio 2012

con un poco di zucchero la pillola va giù

Prendiamo il concetto di lavoro, e quindi di tempo libero, di salute, e quindi di benessere. Ora descriverò come la cultura odierna interpreta, o meglio impone all'uomo intellettualmente passivo, l'unità di misura delle masse, l'uomo che se il suo cervello avesse le mani non saprebbe nemmeno allacciarsi le scarpe, l'uomo che al massimo ri-produce il pensiero altrui mediante citazioni, analisi comparate, approfondite critiche, ma di suo non incrementa il patrimonio culturale in senso qualitativo, può solo aumentare la quantità di materiale fino a soffocare e schiacciare qualsiasi tentativo di comprensione al di fuori di un circuito ieratico, da casta mandarina, dove perfino il linguaggio non è più immediatamente accessibile e fruibile da un postulante cadetto apprendista. La cultura anch'essa come prodotto, come avviamento aziendale protetto da accordi di riservatezza, segreto industriale, know-how e capitale immateriale che si ammortizza vendendo nozioni a clienti bisognosi di un certificato per accedere ai club esclusivi delle professioni. Anche la cultura ha subito lo stesso processo che la cultura stessa ha riservato all'oggetto del suo agire, alla ragione della propria esistenza: al sapere. Il sapere esce dal trattamento materialista come merce, è la notte delle vacche nere, dove tutto è merce, tutto è concreto o non è, ha significato solo in quanto siamo noi a dargliene uno e tutto morirà con noi e niente esiste al di fuori di noi. Ma scendiamo di un gradino, parliamo di concetti più semplici: lavoro, salute, anche il singolo che viene condotto al guinzaglio dai padroni del vapore culturale e intellettuale, l'atomo sociale imbevuto di propaganda che è viene chiamato a fornire la risposta predigerita a domande retoriche di contenuto morale.

Lasciamo perdere la cultura, che è noiosa per definizione, e facciamo due chiacchiere sul lavoro. Oggi cos'è il lavoro? Oggi è uno stile di vita e una garanzia di reddito. Addirittura noi ce l'abbiamo nella costituzione, il lavoro, altri ci hanno messo la felicità, la giustizia, l'amore, noi ci abbiamo messo il lavoro. La nostra economia consiste nel dare soldi ai poveri affinché svuotino i magazzini delle fabbriche permettendo che i loro soldi vengano usato per pagare gli operai. Non produciamo merce, come altri paesi, no, da paese socialista che si rispetti noi produciamo lavoro. Gli altri producono elettronica, chimica, siderurgia, noi no, noi ci proponiamo sul mercato mondiale come consumatori, diciamo ai nostri amici produttori di merci che loro senza di noi vanno in recessione, che hanno bisogno di qualcuno che compri e che consumi, e che devono finanziarci. È così che ci si trova un debito pubblico enorme, finanziando a debito il benessere e scaricandolo sulle generazioni future, mal che vada, perché a un certo punto magari dichiari fallimento, consolidi, inflazioni, svaluti, insomma chi ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto. Potrei spiegarvelo in modo incomprensibile, usando paroloni, ma ho lasciato a casa il mio costume da mandarino alla corte dell'imperatore. Ma torniamo al lavoro, stavamo parlando del lavoro, oggi il lavoro non è l'unico modo, faticoso porco e ingrato, di procurarsi da vivere, oggi il lavoro è una componente dell'equazione benessere sociale nell'ambito di una politica totalitaria e assolutista nata dalla decomposizione del romanticismo in materialismo e dalla scoperta del petrolio. È semplice, lo può capire anche l'uomo che non ha mai aperto un libro se glielo spieghi con parole semplici e facendo esempio concreti, solo che se glielo spieghi poi come fai a guidare una società che non fissa il telescermo, non guarda unicamente nella direzione in cui punti il dito? Tu, uomo che ti credi al culmine di una parabola evolutiva, devi continuare a sognare e obbedire, non devi sapere, non devi capire, non devi nemmeno pensare, devi solo lavorare e comprare, e nel tempo libero devi fare figli.

Infatti limitiamoci a parlare del lavoro, ma anche della salute. Oggi la salute è un dovere, i medicinali sono strumenti che danno accesso alla bellezza, intesa come status symbol. Se sei bello allora sei sano, se sei brutto o vecchio allora sei malato, contaminato, marchiato dalle cicatrici del vaiolo, sei butterato come un delinquente un malvivente un avanzo di galera, non hai più diritto di lavorare e, lo sanno tutti, quando smetti di lavorare muori, vuoi forse morire? Sei depresso, mentalmente disturbato, hai tensioni suicide? Se sei bello allora sei anche sano, sei equilibrato, sensibile e intelligente, mente sana in corpo sano, sei onesto e affidabile, sei 'buono', la qualifica morale che si misura da una parte in termini di successo professionale – sei persona che fa un lavoro prestigioso, persona che viene ricompensata dal mondo con grosse somme di denaro per bilanciare i suoi sforzi altruistici - dall'altra parte in termini di estetica – sei persona elegante pettinata profumata bella pelle aspetto giovanile muscoli tonici, sei persona che viene premiata dal mondo come frutto dell'incesto meccanico fra natura e scienza, con l'eterna giovinezza il buonumore la saggezza divenuta realtà nell'incarnato tinta delicata. Abbiamo dunque lavori dai connotati esoterici (con linguaggi dedicati e vocabolari iniziatici), lavori che identificano il senso della vita con il proprio ruolo all'interno di una ragnatela relazionale fatta di riti e apparenze, abbiamo ospedali-spa, farmacie-profumerie, la malattia che diventa esperimento di estetica del raccapriccio e salute che diventa esercizio di accanimento salutista. Tutto questo è esplicita rappresentazione del dominio culturale del fine a se stesso, e qui si entra nel filosofico, l'impossibile autosufficienza di un umanesimo privo di un aggancio nell'assoluto, non necessariamente ontologico, qui si declina vistosamente l'ideologia del relativismo nella concezione del lavoro e della salute dei nostri giorni, ma è un cancro culturale con metastasi diffuse nei concetti più disparati, prendiamo se volete anche gli opposti di lavoro e salute, prendiamo tempo libero e benessere (benessere come mancanza della necessità di un prodotto salutare).

Il tempo libero oggi è noia, è spreco di vita, è spreco di denaro come mancata occasione di acquisto e consumo. Oggi il valore della vita è dato dalla capacità di spesa e vince chi allontana nel tempo la morte di più perché così facendo avrà avuto più tempo per accrescere il reddito e i consumi, migliorando la qualità della sua vita, accrescendo il proprio benessere, massimizzando la propria soddisfazione. Quando dal sociale si scende all'individuale, con il destino della masse che si dispiega insieme al divino nella Storia, da Hegel a Marx, e diventa malessere esistenziale in forzature razionali pragmatiche e disumanizzanti, ci accorgiamo che qualcosa non funziona, l'uomo decerebrato intuisce che l'origine di una sensazione di profondo disagio viene da fuori di sé ma cambia idea quando la grande voce tonante del grande fratello mediatico gli assicura che è lui, è colpa del suo peccato originale capitalista, legato all'egoismo, al mettere le proprie esigenze davanti a quelle altrui, è lui a essere disfunzionale, bipolare, antisociale. Non c'è bisogno di sottolineare quanto sia religiosa la pretesa del materialismo di essere orgogliosamente ateo. Assistiamo alla sistematica confusione del paradossale in un sistema che premia l'assolutismo totalitario fingendo di essere la risposta razionale alla fragilità dell'individuo, proprio come una chiesa confessionale, dove la comunità accoglie in seno con amore l'eretico che sia disposto a pentirsi a diventare un fervente adoratore, un martire volontario, trovando finalmente un senso alla propria individualità problematica annullandola nel sociale protettivo di un amore severo post-genitoriale per adulti rimasti orfani. La differenza con una chiesa è che lo Stato (o un'organizzazione criminale ben organizzata) ha la forza fisica di imporre le proprie leggi, farle rispettare, portarti via i tuoi averi e sbatterti a marcire in prigione (o farti frequentare per decenni i tribunali per difenderti, perché altrove si deve dimostrare la colpevolezza, da noi si deve provare l'innocenza, da noi finisci in carcere, ci stai dei mesi senza essere stato processato, e poi si vedrà, con calma). Non sto dicendo che l'anarchia (già me li vedo i trinariciuti sbomballare di far west e liberismo) sia preferibile, lo specifico per prevenire i soliti benaltristi e gli specialisti di trucchi retorici sempre in agguato.

Ma dicevo il tempo libero, oggi bisogna riempirlo. I calvinisti e gli stakanovisti a braccetto, la caccia al debosciato, all'approfittatore, al magnapane a tradimento, e i mandarini della cultura, che se il loro cervello avesse i piedi li userebbe per inciamparci, non ti dicono niente, non ti spiegano niente, a te uomo formica in balia degli eventi, a te che annaspi alla ricerca di una spiegazione a misura della tue limitate capacità mentali, non ti fanno dare un'occhiata la manuale delle istruzioni. Andiamo avanti a chiacchierare, parliamo del ruolo dell'intrattenimento come prodotto di consumo misurato in termini di controvalore temporale, nel senso che ogni attività richiede tempo e il valore del tempo aumenta man mano che lo si cede come moneta invisibile. Il tuo tempo libero è vuoto se non ti intrettieni, e il vuoto significa cadere nel vuoto, significa il nulla, la morte, tu se hai del tempo libero e non lo sfrutti vuol dire che hai del tempo morto e il tempo morto uccide anche te. Il tempo libero deve essere vivo, non devi sprecarlo, devi investirlo in attività ludiche e alienanti, in questo risiede la denuncia di nichilismo e cultura di morte ripetuta molte volte da una minoranza di esponenti di religioni non (più) statualizzate, una cultura figlia menomata del romanticismo in cui viene sublimato il tabù della morte reale, concreta, pur incevandone il consumo in dosi industriali sotto forma di cronaca o fiction. È uno dei molti controsensi di cui ti ho già detto poco fa, uomo qualunque, paradossi sviluppati dall'evoluzione di una modalità superficiale di esercitare il pieno dominio di una comprensione, pur necessariamente limitata, della realtà. È la visione di una barbarie culturale sostenuta dalla tecnologia petrolifera, materialmente prolifica di merci ma intellettualmente sterile. È la modalità estintiva del piacere epicureo che si trasforma in edonismo onanistico, del sacrificio stoico che diventa spettacolarizzazione dell'altruismo, una imposizione egalitaria che sacrifica la libertà individuale in nome di una libertà collettiva di là da venire, che tarda per via di attriti conservatori e controrivoluzionari, una dispersione altruista di risorse sottilmente diverso dall'egoismo utilitarista quando si rivela intrinsecamente costruttivo e accumulante. Caro uomo consumatore lavoratore che non capisci neanche lontanamente di cosa sto parlando, io sono contento per te, ti voglio bene, beati i semplici, vorrei essere nei tuoi panni, la conoscenza aumenta il dolore, la scuola non dovrebbe essere obbligatoria, dovremmo viver come bruti, ho questo dubbio a volte che saremmo molto più felici se vivessimo nel medioevo, nell'età del bronzo, nella preistoria.

Mi sono distratto, dicevamo del lavoro, della salute, del tempo libero, del benessere, è proprio la ricerca spasmodica di un benessere fatto di oggetti inutili, di fatto, che non aumentano il benessere spirituale, non ti fanno sentire meglio, non ti rendono felice, anzi, ti senti male all'idea che devi lavorare per pagarli, per comprarne di nuovi, che ormai non puoi farne a meno, ti servono per lavorare, per vivere, sono il tuo polmone d'acciaio. Il benessere non è più inteso come libertà dal dovere ma come diritto al lusso, tutti hanno diritto a tutto, nessuno vuole doveri quando può avere diritti, e il tempo che una volta veniva dedicato all'approfondimento, al pensiero, al sentimento, oggi viene dedicato alla cura del corpo, alla messa a punto dello strumento di lavoro per eccellenza, il proprio corpo, da utilizzarsi per avere successo, vale a dire un lavoro giocoso che frutta fama ammirazione, in una parola audience, e soldi a palate dagli sponsor pubblicitari da spendere in benessere fisico. Questo è il libro che ci leggono i mandarini prima di metterci a letto, queste sono le favole che fanno di noi cavalieri e principesse, con animali parlanti e cattivi destinati a perdere. L'attività di arricchimento interiore fatto con le proprie mani, senza lasciarsi imbottire passivamente dalla merce dei mandarini, viene oggi percepito come spreco di energie. Il tempo che una volta veniva giudicato immorale ogni volta che serviva a divertire - che viene da diversivo, da distrazione, distogliere l'attenzione, disinteressarsene, non porsi domande, ignorare apposta, fregarsene - oggi viene esaltato come forma d'arte esistenziale, e lo slogan dei mandarini è: lasciaci lavorare, non ti preoccupare, ce ne occupiamo noi, tu pensa solo a divertirti.


lunedì 9 gennaio 2012

L'era della congestione

La società è anche un luogo affollato, è prima di tutto un luogo affollato. Prima di essere un'astrazione, una categoria, un modello, la società è un posto fisico condiviso, di natura pubblica, come una piazza concreta o virtuale dove si forma l'opinione dominante mediante il dibattito fra i campioni (nelle scuole americane è materia di studio, il sostenere una tesi, l'argomentare, da noi si fa casino e vince chi urla di più o picchia più forte, e anche questa è una differenza in termini di civiltà, se non di mentalità radicata nel passato, dove da una parte si lottava per libertà e indipendenza dalla monarchia, di qua si combatteva per sostituire il potente altrui con il potente del nostro campanile). Mi sono perso, dicevo la società come luogo fisico di incontro e confronto, dove matura e si svolge la vita collettiva, dove si prendono decisioni che riguardano tutti e diventa importante uscire vincitori nella battaglia per il controllo sulle risorse pubbliche. Chi domina la piazza ottiene il diritto al comando, è così da sempre, sia che lo ottenga da dittatore utilizzando esercito e polizia segreta, sia che ottenga il voto della maggioranza con gli strumenti della propaganda direttamente, con la complicità dei media, o indirettamente, facendo leva sul populismo. La società come luogo fisico è cambiata nel tempo, viviamo l'era della congestione informativa, dove è ormai impossibile avere certezze maturate in ambito razionale sia per carenza di strumenti intellettuali nella gente (non è vero che miliardi di persone non possono sbagliarsi tutte assieme, che la cosa giusta da fare emerge dai grande numero di chi esprime una preferenza a riguardo) che per quantità di materiale oggettivamente impossibile da assorbire. Per cui ci si schiera e basta, a prescindere, si decide che di qua ci sono i buoni e di là i cattivi e si discrimina fra le migliaia di fonti per selezionare quelle adatte a sostenere la nostra squadra, go go go party go!, la politica da stadio, ma neanche, che gli atleti li selezionano, qui invece ci va chiunque riesca a garantire un ritorno economico in termini di legislazione favorevole ai sostenitori della causa.

Oggi anneghiamo nell'informazione selezionata. Ormai non è nemmeno più chi produce l'informazione a fare al differenza, non servono articoli lunghi e approfonditi dove si riferiscono e si spiegano i termini della questione, lasciando addirittura al lettore la possibilità di farsi un'idea propria, no, adesso si scrive direttamente l'invettiva, l'arringa, si dà direttamente al lettore il materiale da ripetere a pappagallo contro i tifosi dell'altra parte politica, anche se nella realtà non li incontra mai, le persone al bar, all'edicola, in fila alla cassa, non discutono di politica, non si strappano i capelli a vicenda sulla notizia scandalosa del giorno. I più agguerriti si ritrovano in piazza, appunto, per riconoscersi fra di loro, per gridare tutti insieme arbitro venduto, viva noi abbasso voi, senza che ci sia mai, nelle piazze, uno scontro fra tifoserie che non sia destinato a sfociare nella guerra civile, perché o sei minoranza, e allora vai in piazza a litigare contro la maggioranza dei votanti e contro la democrazia, o sei maggioranza e allora vai in piazza a manifestare contro te stesso, o sei circa la metà degli aventi diritto e allora cosa facciamo, ci ammazziamo l'uno con l'altro? Questa è la piazza dei nostri giorni, il luogo fisico in cui si concretizzano i rapporti sociali nell'era della congestione informativa, un posto diverso da quello di secoli fa solo per via della quantità di gente che la occupa e della quantità di voci che si sovrappongono e gridano per farsi sentire, e internet come piazza virtuale e globale ne è l'apoteosi. Non è per nulla diversa dalla piazza di secoli e secoli fa, è ora di finirla con la presunzione dei figli del petrolio di credersi antropologicamente migliori dei loro predecessori e dei contemporanei che non li seguono nelle loro scelte di pensiero, perché lo schema gregario e acritico dell'opinione pubblica si estende alla miriade di caratteristiche private del vivere. La pressione conformista assume connotati totalitari nel momento in cui la piazza, intesa come quella parte di società che si esprime sui canali mediatici con la pretesa di rappresentare un popolo intero, ti mette di fronte all'evidenza che il mondo è pieno zeppo di gente che ti dà molto fastidio, basta sapere che c'è al mondo gente così e diventa più brutto vivere, più difficile sorridere. Non è come uscire di casa andare nella piazza semideserta del tuo paese e incontrare uno che suona il clacson, sputa per terra, che tu pensi va bene, è uno, uno solo, non vale la pena di punirlo e di rovinarsi l'umore. La piazza mediatica ti ripete, giorno dopo giorno, lo fa da decenni, lo fa sempre di più, con incremento esponenziale, che i tifosi della tua o altrui squadra sono tanti, non è uno, sono milioni, sono dappertutto.

La canea dell'informazione ti priva oggi più che mai della rassicurante e confortevole sensazione di avere uno spazio vitale inviolabile, una dimensione personale, sacra e intoccabile, di libertà e purezza, dove ti è possibile e garantita un'esistenza in piena e totale serenità. La convivenza pacifica viene avvelenata da una costante necessità di distinguo, richieste di schieramento, chiamate alle armi simboliche. La piazza odierna ti segue dentro casa, ti rende dipendente, ti fa compagnia, i media veicolano e amplificano l'infezione costruendo mitologie tascabili a breve scadenza, distruggendo qualsiasi tentativo individuale di integrità responsabile, di maturazione creativa. Col tempo il canale diretto tra la bocca del potere e l'orecchio del suddito si è accorto della pericolosità del mezzo e si è trasformato per disinnescare l'arma che ha permesso e permette con una facilità agghiacciante l'installarsi delle dittature totalitarie. Per impedire l'abuso di un potere distruttivo abbiamo sacrificato la necessità di un potere costruttivo. Nell'era della congestione ci attacchiamo a mammelle sempre più sterili, rifiutandoci di abbandonare il nido, di ammettere l'aver imboccato un vicolo culturale romantico quanto si vuole ma cieco, è un fatto. Non ci si vuole arrendere all'evidenza, non si vuole abbandonare il benessere fittizio rubato ai posteri per tornare indietro nel tempo a imboccare una strada diversa da quella del Progresso di cui ci ostiniamo a riempirci la bocca a sproposito. Passiamo a speculazioni di seconda mano, poi di terza e di quarta, fino a privare di senso e significato qualsiasi tentativo di comprensione, inficiando il concetto stesso di gnosi, irridendo gli sforzi di chi si illude che esista la possibilità di un fondamento. La decadenza del pensiero occidentale si misura non solo nelle crisi economiche, di valori, nel degrado dei costumi o nell'inquinamento, ma anche nella fragilità, nella paura, nella dipendenza, nell'incapacità dei singoli uomini, come elementi di un corpus comunitario, di abbandonare una strada senza uscita ma comoda, accogliente, fresca e umida e buia, perfetta per nascondersi e rintanarsi. Il coraggio di ridiscutere i principi e risalire alle radici è come trovare ogni mattina un motivo valido per svegliarsi.


lunedì 5 dicembre 2011

crescita e progresso

La maggior parte dei ragionamenti sull'economia di chi non sa niente di economia sono l'equivalente di chi va a bestemmiare in chiesa e non ha mai aperto un libro di filosofia. Gli ottimisti ritengono che sia uno dei tanti problemi risolvibili aumentando l'istruzione. C'è questa diffusa credenza popolare che certi comportamenti siano dovuti a scarsa istruzione. Si percepisce una certa vergogna di fronte alla possibilità di fare affermazioni più drastiche, per esempio che gli esseri umani si differenziano sotto moltissimi aspetti, uno dei quali è l'intelligenza, declinata in capacità di capire, in comprensione emotiva, creatività, percezione dei modelli, strutturazione dei concetti e via dicendo. Una delle grandi bugie dei nostri tempi, una delle tante, è che l'intelligenza sia una variabile neutra, che dipenda tutto dall'istruzione, intesa non come educazione o rieducazione delle masse, perlomeno non esplicitamente, quanto la sensibilità dell'animo di chi accede alle nozioni e le fa proprie. E le nozioni devono essere quelle giuste, suggellate dall'imprimatur del pensiero unico dominante, le nozioni che trasformano magicamente un deficiente egoista violento, per dire, in un gentile cittadino altruista, laico e progressista. L'intelligenza è una discriminante non soggetta a procedure democratiche egualitarie e solidali, come tale dev'essere rifiutata come elemento discriminatorio che distrugge il tessuto sociale e vanifica la prosperità. Lo capite anche voi in che melassa propagandistica nuotiamo. Il sessantotto a noi ci fa il solletico, siamo diventati una dittatura ideologica che il grande fratello scappa a piangere dalla mamma. In questo ambiente culturale si deve muovere con attenzione e delicatezza chi non riesce a omologarsi e conformarsi, specialmente in tempi di crisi economica dove finalmente ci sono un po' di poveri incazzati da lanciare contro i nemici: i ricchi, lo stato, la chiesa e vari nemici del popolo a piacere. Questo è la parte di follia politica che chiameremo del progresso, per distinguerla dalla follia economica che chiameremo della crescita.

La crescita del fatturato, delle quotazioni, del prodotto interno lordo, della produzione, del reddito, del benessere. Se dal lato della politica sono così pazzi da proporre teoremi assurdi come l'istruzione come strumento in grado di supplire alle varie forme in cui si esprime l'intelligenza umana, il che è come dire che se fai copulare con belle donne un uomo egoista e violento quello ti diventa San Francesco, dall'altra parte non sono meno pazzi quando applicano funzioni matematiche che ipotizzano crescite reali insostenibili. Sono vere e proprie malattie mentali collettive. Nel singolo si capisce che uno è matto quando lo vedi che si pianta una forchetta nella mano o grida contro il muro, quando invece la follia è collettiva fai più fatica a riconoscerla, se non hai termini di paragone. Perché i regimi impediscono al popolo di ricevere informazioni oltreconfine? Non solo i comunisti, tutte le dittature non vogliono che si abbiano termini di paragone in grado di far capire alla gente che si è in presenza di una follia collettiva. Ecco perché i media ci riempiono la testa di cazzate tipo la colpa di tutto questo è della finanza e dei suoi diabolici meccanismi capitalistici, o che devono pagare gli evasori, i ricchi, i cocainomani col suv. Spero per voi che abbiate il minimo di intelligenza e di istruzione sufficienti a capire che sono cazzate perché io non ho più tempo da perdere né voglia di spiegare, si fa prima a lasciar perdere, sono talmente tanti i matti ignoranti e stupidi là fuori che più li lasci in pace e meno c'è il rischio che se la prendano anche con te. È più furbo, che brutta parola, furbo, ma alla fine è quella che ti salva, gli italiani la conoscono bene, quando la politica e l'economia si separano dalla realtà, e lo fanno spesso e volentieri, la follia è assicurata passando dall'individuo alla massa, dalla concretezza all'astrazione, la cosa migliore rimane approfittare degli spiragli, delle contraddizioni, delle opportunità. Questo fanno gli italiani, oggi più che mai: sopportano la follia del potere che si esprime nei rapporti di forza economici e politici, che utilizza i media per condurre il gregge degli elettori, stupidi e poco istruiti, raccontando fesserie.

Quando si è giovani si tende a classificare come meschino e rinunciatario l'atteggiamento di chi non tende alla realizzazione di futuri meravigliosi a portata di mano, di chi non partecipa in modo attivo alla vita politica. Col tempo si impara che fra i tanti modi a disposizione per buttare via il tempo, quello dell'idealismo è fin troppo simile al sacrificio dei bonzi, l'ascetismo masochista della politica appare per quello che è: la speranza di chi non ha niente di meglio su cui scommettere, la stolta promessa di un paradiso in terra, la cerca del graal, o la confortante sensazione di far parte di un gruppo su cui fa leva il cinico o l'ingenuo populista di turno. Perché al dunque la politica si riduce a questo: un lavoro come un altro, trafficare coi soldi delle tasse e coi i posti di lavoro negli stipendifici pubblici, dall'istruzione alla sanità alla sicurezza alla municipalizzate, nei panni di un vescovo del partito-chiesa che tessera i fedeli-elettori. Nel frattempo passano gli anni, i decenni, si è troppo vecchi per confessare di aver sprecato mezza vita a inseguire sogni ascoltando balle, i giovani vi guardano come esempi mentre percorrono le vostre tracce e non riuscite a dir loro che non portano da nessuna parte, che non siete stati buoni padri, non siete nonni saggi come il babbo natale sulle lattine della cocacola, e continuate a vendere la vostra religione di sentimenti hollivudiani, eroismi postindustriali, fede nella scienza e nel domani è un altro giorno, il pacchetto culturale della follia collettiva, leccato e infiocchettato per bene. Questa è la parte politica, quella economica si compenetra e si realizza nel benessere facile e abbondante per tutti, nei consumi che tirano la produzione che tira il lavoro che tira il welfare che tira le tasse che tira. È la follia del marketing, più pazzi dei politici ci sono solo i tizi del marketing, quelli che li chiama il direttore generale e gli chiede come intendi aumentare il fatturato, dobbiamo espandere i margini, ci serve di fare più soldi soldi senza rompere il giocattolo e allora quelli del marketing tirano fuori l'equivalente delle cazzate politiche, dicono usiamo i soldi dei clienti acquisiti per favorire l'ingresso di nuovi clienti, scomponiamo l'offerta in cinque miniofferte applicando modifiche unilaterali al contratto e rendiamo difficoltoso ai clienti la procedura per disdettare. Senza parlare delle illusioni propinate con la promozione e la pubblicità.

Crescita e progresso sono emanazioni culturali del sistema produttivo industriale (e non del grado di libertà economica di uno Stato, minimo nello statalismo, massimo nell'anarchia). In crisi ci sono andati i valori del progresso e della crescita (e non il capitalismo dopo il già avvenuto crollo del comunismo). La follia collettiva consiste nel non riconoscere e ammettere il vincolo che esiste tra benessere materiale (ovvero capacità di sfruttare risorse naturali, se ce ne sono, o know how, o costo del lavoro e altri fattori di vantaggio concorrenziale – si parla di funzioni economiche reali, concrete, che non dipendono dal grado di prevalenza del pubblico comunistoide o del mercato liberistoide) e possibilità di utilizzare parte dei guadagni realizzati dal sistema produttivo nel suo complesso per spenderli in politiche progressiste, dove si aspira a società utopisticamente perfette che non sono e non saranno mai a costo zero. Adesso ci si lamenta che il giocattolo si è rotto perché non fornisce più i soldi che servono a creare la società dell'ammmmore e si grida, si pretende, si ordina alla politica di aggiustarlo, così, come se fosse solo questione di volontà, come se bastasse bastonare i mercati, gli speculatori, come se ci fossero colpevoli esterni che ci stanno facendo la guerra, come se non si trattasse di costo di petrolio e gas, di costo del lavoro, di debito pubblico, di Cina nel wto con i suoi miliardi di cinesi poveri che lavorano come schiavi, di un tessuto microimprenditoriale privo di potere contrattuale e di economie di scala, di infiltrazioni di stampo mafioso, di Africa infernale fatta di signori della guerra e carestie. Gli stupidi e ignoranti e matti guardano solo dentro al loro piccolo giardino, affermano che andava tutto bene fino a quando qualcuno ha sbagliato, ci ha ficcati in questo casino, che se ci fosse stato al governo un altro (Chi? L'ennesimo uomo della provvidenza? Un condottiero? Un imperatore straniero?) non avrebbe permesso l'avverarsi di questa situazione spiacevole e adesso saremmo come la Scandinavia, avremmo i soldi che ci escono anche dal bu


martedì 25 ottobre 2011

Utilitarismo, individualismo e tecnocrazia.

I media, con la stupidità che li rende indistinguibili da chiunque prenda una notizia battuta da un'agenzia stampa e decida di commentarla o meno a seconda di quanto si presti a essere strumentalizzata a fini di propaganda. I media attribuiscono al Papa un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, un 'organismo' costituito durante il Vaticano II che si propone di 'stimolare' i cattolici e promuovere sviluppo paesi poveri e pace nel mondo. Avrei preferito parlare, che ne so, della gente a cui piace vedere altra gente che rischia la vita come se sopravvivere equivalesse a sconfiggere la morte. Gente che tifa per chi vince e si unisce al coro delle prefiche di chi lascia le penne. Anche gli animali lo fanno, con l'unico obiettivo di riuscire a scopare o di mangiare il cadavere. E invece arriva questa nota che dice cose interessanti, le cose più rivoluzionarie alla fine arrivano sempre dai presunti custodi della tradizione. Adesso parlano, tra l'altro, di governo mondiale. Ne sentivo parlare negli anni '70, ero piccolo ma l'epopea del progresso contava una miriade di seguaci pronti a qualunque sacrificio pur di realizzare quella specie di razionalismo robotico da scientismo totalizzante. Un problema culturale ancora attuale, purtroppo, nonostante i vistosi fallimenti di tutte le strutture concettuali che tentano di prescindere dall'innata imperfezione umana, dalla tensione all'errore dell'essere umano. Pur di non abbandonare un progetto che richiede individuo disumanizzati e perfetti, cerca di aggiustare gli uomini, di eliminare i bug a costo di eliminare tutti gli individui non compatibili con il sistema. Di dittature che spediscono dissidenti e inadatti nei campi di rieducazione o di concentramento ce ne sono ancora in giro, e parecchie, nel mondo.

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, non il Papa, ha pubblicato un nota, non un'enciclica, contenente una critica e una proposta. Parliamo prima della proposta: si tratta di incontro/confronto globale fra tutti i popoli e le nazioni finalizzato alla realizzazione di un'autorità mondiale incaricata di appianare i contrasti, organizzare la distribuzione delle risorse, smussare le differenze per annullare le divisioni. Un mondo pieno di gioia e armonia, una specie di paradiso in terra, ecco, non sto dicendo che è un piano utopistico perché quando parli con un prete il più delle volte è un invasato, un visionario, un soldato di Cristo. A certi livelli si presuppone che i preti abbiano esaurito la carica eversiva della fede che a loro piace considerare alla stregua di un sentimento altruista, un impulso succedaneo all'appagamento sessuale pregiudicato dal voto di castità. Invecchiando di solito vengono toccati dalla saggezza dell'esperienza come chiunque altro, tranne poche eccezioni che non stiamo a indagare. Ecco perché il Papa di solito è vecchio, intelligente e colto, e non giovane, battagliero e avventato. Bisogna dirle queste cose altrimenti la proposta del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace magari viene fraintesa. Nello specifico si propone, al fine di regolamentare l'economia globalizzata per impedire eccessi e distorsioni, l'istituzione di un governo mondiale con tanto di leggi mondiali, un'ONU con poteri esecutivi, la subordinazione degli stati nazionali a una autorità sopranazionale in grado di imporre la fiscalità con finalità solidaristiche fra paesi, di gestire la scarsità delle risorse per dividerle in modo equo, insomma il governo mondiale che c'era nei fumetti, dove il Presidente della Terra (che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ci veda bene il Papa?) telefonava alla sede della lega dei supereroi quando l'umanità chiedeva aiuto per fronteggiare una minaccia planetaria che stava per distruggere il mondo.

Non mi sto prendendo gioco del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Sono sicuro che sono a conoscenza del fenomeno del free raider, della teoria dei giochi, della neutralità del capitalismo come sistema di regole rispetto alle scelte di chi entro quelle regole si muove e prende decisioni. Non sono degli sprovveduti o degli stupidi, suppongo, al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sanno benissimo anche quante persone deve ospitare al massimo il pianeta per consentire a tutte una qualità di vita dignitosa, per via del nulla si crea dal nulla, della povertà relativa, dell'entropia che mai diminuisce, che una parte dell'energia viene consumata dal processo che serve per produrre energia. Sanno tutto, ci scommetto, eppure mi propongono un'autorità mondiale con tanto di superpoteri, del tipo questo mese carestia in Somalia ergo resto del mondo manda 10% riserve di cereali stop, seguono dettagli operativi stop. Oppure Cinesi siete in troppi non fate più figli per 40 anni o uccidete il 60% degli ultrasessantenni. Oppure inglesi tre volte più ricchi dei birmani prego versare differenza sul conto corrente numero. “Dalla Torre di Babele allo Spirito di Pentecoste”, hanno perfino inventato lo slogan, che io quelli del marketing li detesto, son delle serpi, ma in questo caso farò finta che sia una parola d'ordine da occupazione scolastica negli anni di piombo, qualche vecchio trombone che ha avuto un attacco di nostalgia dentro al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, da ora PCGP, che sembra la sigla di qualche partito rivoluzionario marxista sudamericano. Senti qua: “passare dallo spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di Pentecoste, che è il disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità”, quando sento nominare Dio da qualcuno che mi dice di conoscere il disegno di Dio a me vengono i brividi e tendo a scappare, ma al PCGP non sono matti, al massimo dicono queste cose per accarezzare le menti semplici, come i politici che fanno i comizi davanti a gente che sventola bandiere, lo sanno che stanno dicendo delle gran cazzate ma alla gente piace venire rassicurata, esaltata, sostenere il condottiero (almeno fino a quando fallisce e allora lo fa a pezzi e ne cerca uno nuovo).

Per cui la proposta, ripeto per chi si è distratto, è questa: un'autorità pubblica mondiale. Lo scopo principale è di tipo pratico, il governo mondiale. Lo scopo secondario è annientare tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia. Come può un'autorità pubblica mondiale distruggere queste tre 'ideologie devastanti'? Già definirle ideologie devastanti è sintomo di un disturbo mentale molto serio, ma facciamo finta tromboni utopia PCGP i vecchi telefilm di fantascienza, non ti sto dando ragione come si dà ragione ai matti. Queste ideologie come si esprimono? Indovinato? Esatto, nell'economia e nella finanza. È lì che volevano arrivare, quelli del PCGP, a consigliare una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, tanto per cominciare. Una tassa sulla produzione di inquinamento. Questa autorità mondiale avrebbe molto a cuore il bene comune, è ovvio, come ho fatto a non arrivarci da solo?, e ci consentirebbe di 'recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato della politica sull’economia e la finanza', viva la politica etica e spirituale, abbasso l'economia e la finanza utilitariste, individualiste e tecnocratiche. Guardate che questi del PCGP le stanno sparando grosse, non sto scherzando, questi sono professionisti del machiavellismo travestiti da preti, addirittura, per prevenire accusa di paternalismo, mettono le mani avanti a danno del paternalistiche alle politiche nazionali iperprotettive che impediscono ai mercati alti livelli di efficienza e di efficacia. Questi sono professionisti, ti ribaltano addosso l'accusa prima ancora che la pronunci. Peccato che qui si incartino correlando efficacia/efficienza dei mercati a una non meglio precisata etica, ovvero un insieme di regole convenzionali che non sono frutto di considerazioni razionali ma di concertazione maggioritaria o di imposizione autoritaria. Anche al PCGP parlano di economia senza averla studiata? No dai, non possono essere così ingenui da pensare di sparare cavolate e passarla liscia, forse spiegano i dettagli in un allegato di settemila pagine che mandano su richiesta dell'interessato.

Ma veniamo alle premesse, giuste, a sostegno della tesi, sbagliata. È retorica di primo livello, se le mosche hanno le ali come gli uccelli e entrambi volano, allora gli aerei dobbiamo costruirli con un numero di zampe che va da due a sei. Sembra logico, ma è una cazzata. Le tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia sono espressione naturale delle pulsioni umane, non sono sovrastrutture delle quali possiamo e dobbiamo fare a meno per essere uomini più completi o puri o meritevoli. Nessuna autorità mondiale potrà mai 'superare' (la nota del PCGP è piena del verbo superare, forse si sentono alla guida di una formula uno) né quelle tre ne altre decine di caratteristiche della realtà che collidono con i progetti miranti alla perfezione (e qui sì che Babele ci sta). L'utilitarismo è una necessità del sistema prima che una consapevole applicazione umana nel senso previsto dal naturale evolversi della situazione. Puoi opporti a ciò che è oggettivamente utile al perseguimento dello scopo del mondo, di un governo, di un gruppo, di un individuo, ma non puoi opporti alle equazioni sottostanti. Se quando è nato Gesù si stimano 200milioni di persone in tutto il mondo e oggi siamo in 7 miliardi non possiamo far finta che non sia una variabile da tenere in considerazione nella formulazione di soluzioni tanto e più di valutazioni di ordine etico o di opportunismo. Un vincolo materiale non è indizio di materialismo. PCGP, mi spiego? L'individualismo è un'altra qualità imprescindibile dell'uomo. L'uomo nasce individuo, si rappresenta come tale di fronte a sé e di fronte a Dio, possiede coscienza solo del sé. Credersi in grado di comprendere e assorbire l'alterità è superbia (anche qui Babele ci sta), incaricarsi di agire anche per conto degli altri in nome dell'altruismo è inganno. Non esiste società se non di individui liberi e indipendenti, non esiste famiglia laddove i componenti sono considerati meccanismi che partecipano di un corpo istituzionale e non essenziali componenti di un corpo mistico. L'individualismo è applicazione del libero arbitrio e non deve essere sacrificato a esigenze di ordine superiore.

Ci rimane la tecnocrazia. È una delle tante teste del mostro che domina le nostre vite e modella l'ambiente in cui siamo prigionieri. Limitarsi alla tecnocrazia è come indicare nell'influenza stagionale la summa di tutte le malattie mentre è solo la più comune e visibile. È vero che non possiamo opporci alla scienza applicata che ci persuade col marketing, quando non ci obbliga per legge, a utilizzare marchingegni di cui potremmo fare a meno. Lo fa per il nostro benessere, la nostra comodità, la nostra sicurezza, la nostra salute. Siamo nelle mani della scienza e a lei ci rivolgiamo nella speranza che scopra il segreto della bellezza, della gioia e della vita eterna. I sacerdoti della scienza continuano a fare promesse e a nutrirci di sogni, la pillola dell'intelligenza, i viaggi nel tempo e nello spazio interstellare, la società matematicamente progettata per eliminare ogni differenza, robot che fanno tutto il lavoro, energia gratuita e abbondante, una vita facile tutta da godere mentre quel che si ottiene è stress, traffico, inquinamento, uniformi, meno tempo libero, meno libertà, condizionamenti, vergogna, droghe, pressioni, violenza, disperazione. Ma siccome il PCGP non può scagliarsi contro la scienza o gli dicono che è creazionista, reazionario, bigotto, antimodernista, allora il PCGP deve evitare scontri frontali e ricorrere a mezzucci come la tecnocrazia, abbassa il livello della discussione al moralismo assai noto agli ipocriti, quello che tiene separati pensare e agire in una prospettiva di accettazione e perdono, e il PCGP allora dice che “è necessario colmare il divario tra formazione etica e preparazione tecnica evidenziando la sinergia tra 'praxis' (agire morale) e 'poièsis' (agire tecnico e produttivo)”, una sintesi che ha troppo dell'Hegeliano (così si spiega tutto quell'uso che fa il PCGP del verbo superare?). Ancora Hegel, ancora percorsi storici finalizzati, millenarismo babelico da paradiso robotico dentro un romanzo di fantascienza, ancora il primato della politica da affiancare alla delusione della realpolitik, ancora il massimalismo, il determinismo, e tutta la pappardella già ingoiata e digerita negli ultimi secoli che ha ucciso milioni di persone con la scusa di andare oltre, di venirne fuori. Ma non dobbiamo prendercela con il PCGP, cosa dovrebbe dire di diverso? La Chiesa quando esercita potere temporale si occupa dell'umanità intera e non dei singoli uomini che la compongono, il potere spirituale è demandato a quegli stessi individui che non vengono presi in considerazione dal PCGP, si sa che nelle grandi visioni politiche le strategie si fanno militari e i singoli diventano pedine inutili e sacrificabili.

giovedì 20 ottobre 2011

Le cerchie e i gironi.

(disclaimer: scusate, un'altra cosa lunga, ormai l'ho scritta e la mando, così com'è, che ho smesso di rileggere e correggere quel che scrivo da decenni, si vede che è periodo di chiacchiere, va così, logorrea, poi magari sto zitti per giorni e giorni, parla degli indignati, credo, di economia, di Leon, dei socia network, del fatto che se ti butti affoghi anche tu, della stupidità, di Sturm und Drang, insomma la solita roba da vecchi brontoloni, se vuoi leggere allora leggi sennò non leggere, giovane ragazzo del futuro, ciao, fa' come ti pare)

Non ho più una vita sociale come l'avevo quando andavo al bar o al campetto dell'oratorio, ma ho delle persone classificate come amici su facebook, anche se non so chi siano. Con alcuni di loro si verifica uno scambio di opinioni da un paio di decenni, altri invece li ho incontrati da poco. Scriviamo delle cose dentro a facebook e poi ci chiediamo che figura ci faremmo nel caso dovessimo cliccare mi piace oppure addirittura commentare. Perché c'è la complicazione che poi altra gente ancora più sconosciuta si accorgerebbe della nostra esistenza, della nostra volontà di evidenziare un contatto mediante il click, e partirebbero i pettegolezzi 'ma chi è?', come se tu gli sei piombato in casa senza telefonare prima, che poi manco ti conosco ma chi ti ha invitato? Per cui i social network, per chi non lo sapesse, funzionano che se devi fare pubblicità a te stesso o a tuoi prodotti va bene, dici delle cose, cerchi di fare il simpatico, come quando facevi pirlate per metterti in mostra da bambino, però a un livello più equilibrato, socialmente accettabile. Altrimenti parli per anni e anni con gente che non sai nemmeno chi è e in fondo non te ne frega nemmeno di saperlo, così se si ammala o muore a te basta togliere dalla lista, dalla cerchia, non devi nemmeno sforzarti di provare dispiacere.

Ci sono le liste, le cerchie, per tenere lontano la gente senza che se accorga, come a scuola che ti voltavi e le ragazze stavano ridacchiavano fra di loro e tu fingevi di non pensare che stessero ridendo di te, facevi l'occhiolino, la linguaccia, e loro ti dicevano che scemo. Ecco, eri in una lista bloccata, eri in una cerchia di esclusi. Così puoi far vedere il tuo diario segreto sollo alle amiche del cuore, puoi nascondere a familiari e conviventi i tuoi piccoli traffici da testa bassa e mani in tasca. Per esempio io ho una manciata ridicola di amici e li ho comunque divisi in famiglia, scuola, mmorpg, conoscenti e bloccati. Non ho la lista amici veri e propri, non so perché ma li ho finiti, mi ostino a considerare di averne ancora due vivi dei quali potrei fidarmi a chiedergli di farmi un favore nel caso mi succeda qualcosa di improvviso, cose così, uno era in classe con me alle elementari, l'altro al liceo. Entrambi li sento più o meno una volta all'anno, per gli auguri via sms. Sono delle icone dell'amicizia, sono degli amuleti viventi. Per il resto parlo con gente morta, parole scritte da così tanto tempo che adesso è difficile capirle, ti sembra che nel passato la gente fosse molto stupida, è come prendere in mano un attrezzo sporco e arrugginito e chiedersi a cosa cazzo potesse mai servire una tale mostruosità tecnologica. Oppure parlo con gente che deve ancora nascere, cercando di spiegare loro che non devono pensare che la gente del mio tempo sia stupida perché anche loro nel futuro lo saranno, forse un po' meno, può darsi, ma forse un po' di più.

Nonostante l'idea che il livello di stupidità degli esseri umani, sia presi singolarmente sia come società sia come umanità nel suo complesso, sia più o meno costante nel tempo, ovvero parecchio alta, ben al di sopra della soglia di pericolo, come quando un malato inizia a far male a se stesso e agli altri ma non c'è il medico, l'ospedale, gli infermieri, ci sei solo tu che ti si rizzano i capelli in testa e non sai dove scappare, ecco, la sensazione in linea di massima è quella del panico controllato. Solo che a volte il controllo sei stanco e ti lasci andare e rischi contatti umani. Nel film 'The professional' Leon dice "Il fucile è la prima arma che si impara ad usare perché ti permette di mantenere una certa distanza dal cliente. Più ti avvicini a diventare professionista, più riesci ad avvicinarti al cliente. Il coltello per esempio, è l'ultima cosa che si impara." I rapporti umani sono essenzialmente dolorosi, che ci sia o meno intenzione, perché a volte ci si fa male anche da soli, anche facendo attenzione a metterci tutto l'amore possibile. Ma che tipo di amore? Viviamo l'epoca del romanticismo, l'amore di questi tempi è spesso venato di masochismo. Ma qui entriamo in un altro argomento, stavo parlando di rete sociale, il fenomeno del momento, la copia tascabile dello Sturm und Drang for dummies, la catena di montaggio per tigri di carta, dove viene forgiato il futuro del mondo (virtuale).

Cerco di evitare il più possibile i social network perché poi mi scappa un commento, un battuta, e su internet ogni fiocco diventa valanga. Ragazzi del futuro, lo so che la gente è stupida, lo so che lo è chi segnala la pagliuzza della mediocrità, della sciatteria, definendola una riduzione generale della qualità dovuta alla tv e a chi ritiene responsabile dei contenuti della tv come strumenti educativo di massa. Lo so, ragazzi del futuro, e allora? Cosa posso farci? Credete che serva dire guardate che allora anche internet. Guardate che non è solo in Italia. Guardate che non si è ridotto il livello di qualità massimo raggiungibile, è piuttosto l'effetto dell'aumento del numero di voci che influisce sulla media. La democrazia come media delle opinioni è necessariamente populismo e demagogia. Sono cose che ai ragazzi del futuro sembreranno così lampanti da ipotizzare che il popolo a quei tempi fosse tenuto soggiogato dal potere e ipnotizzato dalla propaganda. Quello che diciamo noi dei popoli del passato, dagli unni agli assiri, dai nazisti ai comunisti. Eppure le masse si muovono come branchi di pesci, come sciami di api, come formiche eccitati dai feromoni. Vogliono che succedano cose determinanti, cambiamenti epocali, essere protagonisti o, se proprio, almeno testimoni, quando la testa del re viene spiccata dal collo e rotola nel cesto, quando la città dei nemici viene messa a ferro e fuoco, quando l'incarnazione del male viene impalata.

L'altro aspetto è sia commerciale che espressione di vanitosa superbia. La blasfemia è ribellione a parole come la violenza è ribellione nel gesto. E da sempre paga il ruolo del bardo, che incita rollando sul tamburello, soffiando nella tromba, scrivendo ballate, cantate, poemi omeriche o scespiriani. E il bardo di basso livello diventa giullare, diventa buffone, diventa ubriacone da prendere a calci ridendo quando diventa seccante. Noi abbiamo questo tipo di scadimento culturale anche nella nobile arte del narrare, intrattenimento che va dalla geisha alla vecchia puttana tossica e sifilitica di periferia. Ragazzi del futuro, lo so, sono stupido ma sono entrato nell'università più prestigiosa d'Italia, e forse d'Europa, superando rigidi test d'ammissione su conoscenze capacità potenzialità e quoziente intellettivo, sono stupido anch'io, va bene, ma non più di tanto. Lo so che è da stupidi rinchiudere tutto questo negli stretti ambiti di una malattia che riguarda solo chi guarda certi canali televisivi, chi vota un certo partito, chi la pensa in un modo piuttosto che in un altro su questioni politiche o si rifiuta di superare dilemmi etici e morali semplicemente cancellandone l'esistenza, come si cancella il furto eliminando la proprietà, cosa rubi se niente e è di qualcuno?, si elimina il primo comandamento eliminando Dio, è tutto così semplice, vero?, ma poi cosa ti resta in mano? Ragazzi del futuro, è inutile cercare di far ragionare le masse, è come cercare di far volare le montagne prendendole a calci, di fermare i salmoni quando decidono che è ora di tornare a casa.

Per esempio su internet negli ultimi giorni è stato un proliferare di frasi legate all'indignazione mondiale. Gente che va in piazza a protestare come sempre ci va, per un motivo o per l'altro. E quindi gente che nella vita fa tutt'altro si mette a parlare di economia come se la studiasse da una vita, come se usare i soldi ti rendesse esperto della materia, la stessa semplificazione che ti fa dire se mettiamo i bambini nel kibbutz nessuno ha madre e padre e tutta quella roba di Freud possiamo finalmente buttarla nella spazzatura. Demolizione della cultura, che diventa essa stessa sovrastruttura, oppio, e la ricerca di una spiegazione che non escluda la complessità viene scambiata per accanimento terapeutico. Arrendetevi alla banalità del reale. Un mondo di slogan dove no c'è più spazio per niente, cartelloni pubblicitari ovunque, vite tenute in ostaggio dalla modernità al punto da mandare nel panico chi è abituato a redditi da benestante e non ha idea di come si possa sopravvivere senza una buona lavanderia sotto casa e la banda larga. Quindi giù a lottare per mantenere lo status quo, a indignarsi per la crisi, a cercare colpevoli da punire. A volte quando sento dire assurdità mi viene da dire ma perché al posto di economia e politica, di cui sai poco o niente, non parli di laparotomia sottocostale, di simbionti azotofissatori, di costante di Planck, otterresti gli stessi risultati. Ma io non sono il tipo che manifesta, non sono quello che si mette alla testa del corteo o a capo della guarnigione, non sono quello che muore da eroe o non vede l'ora di farsi mettere in croce, gli direi caro Padre, bevitela tu quella merda. O forse no, fin che non lo vivi non lo puoi mica sapere, per esempio lo so che quando uno si tuffa per salvare uno che sta affogando di solito affoga pure lui, però se vedi un bambino che sta affogando come reagisci nella vita vera, gli fai ciao con la mano?

Anche oggi sto andando lungo, ma come fai a riaccumere tutta questa roba? Non trovo divertente né piacevole buttare il mio tempo a spiegare cose che per me sono elementari, se le trovassi già dette e scritte altrove non starei qui a sbattermi per fare arrivare informazioni ai ragazzi del futuro, che poi magari pensano che non ci aveva pensato nessuno e facciamo brutta figura come intera generazione. Volevo solo dire che stavolta la politica ha deciso di scaricare la responsabilità sui mercati nel tentativo di introdurre leggi che permettano ai governi di controllare i mercati e per avere la scusa di tassarli. I governi hanno speso troppo e hanno speso male e questo ha prodotto alti debiti pubblici e economie malfunzionanti. Quando la Cina è entrata nel WTO ha sconvolto dinamiche che stanno ancora cercando nuovi punti di equilibrio economico. I governi, dove per governi intendo gli Stati, non destre e sinistre spesso fittizie e di comodo all'interno delle singole realtà, realtà che vanno da tanta gente su poca terra con poche risorse, come l'Italia, a poca gente con tanta terra e risorse naturali (tipo gas e petrolio), governi che si trovano a non poter più garantire i livelli di spesa storici è logico che siano entrati in grosse difficoltà nel continuare a chiedere il consenso dell'elettorato. Governi che hanno foraggiato spesa improduttiva per garantire la pace sociale, per finanziare voto di scambio e accordi con le mafie o le multinazionali, insomma per tutto tranne che investimenti che si ripagano nel futuro. Governi che se la prendono con i mercati, gli 'speculatori' (uhhhh, che paura, mordono), al fine di impedire declassamenti e crolli dei prezzi, seguendo la folle logica che ho già spiegato sopra del se elimini i mercati elimini anche la crisi dei mercati, se riusciamo a essere noi quelli che decidono i prezzi di mercato non dobbiamo più preoccuparci che gli 'speculatori' comprino e vendano a prezzi che non ci piacciono per niente. Ragazzi del futuro, lo so che a voi sembra che sto dicendo delle cose banali, ma queste cose non le sento né leggo da nessuna parte, può darsi che sono io l'unico a sbagliare, l'unico stupido al mondo che non si unisce al branco, in tal caso meglio così. I governi ormai non possono più aumentare le tasse, anche mettere la Robin tax o altre tasse non farebbe che allungare un'agonia che va avanti da decenni, da quando si è innescata la corsa alla crescita, possono solo tagliare lentamente sperando che le cose si aggiustino e che non scoppino rivolte, oppure possono dare il potere all'ennesimo dittatorello eccitato e pieno di sé che si crede in missione per conto di dio e usa la forza per aggiustare economia e società a martellate.

mercoledì 5 ottobre 2011

basta e avanza

Non è vero che internet ha promosso una specie di rivoluzione 2.0, portata avanti da generazioni digitali per aggiornare il mondo reale come se fosse un pezzo di hardware e la società come se fosse un software. Internet è solo stato uno strumento di aggregazione attorno agli slogan e di organizzazione pratica per fissare appuntamenti collettivi, sia nelle rivolte del nordafrica che nei saccheggi dei ragazzini londinesi che nel campeggiare infinito di indignados europei e americani. La crisi economica è la vera e unica forza motrice degli eventi sovversivi e/o eversivi, dove c'è ricchezza nessuno protesta, anche se vive in un regime, in un incubo di assolutismo religioso, in una finta democrazia neo-medievale. Ci sono paesi che si reggono sul petrolio, che stipendiano i cittadini e tutto è gratuito e garantito, che possono uccidere chiunque non rispetti i canoni fissati dal governo e tutti annuiscono soddisfatti, nessuno si lamenta né protesta quando ha molto da perdere. Quei pochi che ci provano lo fanno per ambizioni di eroismo o per conto di governi stranieri o per rovesciare il potere e prenderne il posto mandando la propria fazione al comando.

La favola di internet ha una fisionomia tutta particolare, fondata su capisaldi ideologici con radici nella cultura beat e poi nerd e poi hacker e infine in queste formazioni anarcoidi che inneggiano alla privacy assoluta, all'annientamento dell'individualità in sovrapersonalità androidi da ape regine borg cultura alveare rete di singole coscienze dalla quale zampilla naturalmente una consapevolezza collettiva. Tutte le controindicazioni vanno ignorate, verranno espulse nel processo iterativo della storia dell'evoluzione darwiniana culturale. È questa la cultura del web ancora senza un nome nel vocabolario che la definisca, io la conosco, io ne ho subito il fascino e ne ho superate le febbri, ne sono uscito vaccinato e terrorizzato. Da questa religione discendono e si riallacciano le varie emanazioni culturali vecchie e nuove, come la democrazia diretta, il buon selvaggio di Rousseau, il relativismo che parte da Voltaire e arriva a Popper e colora di preoccupazione alcune encicliche. L'ecologia del sistema pianeta, sistema natura, tutto è riconducibile a sistema ma non come lo intendevano i sassantottardi ma come system, system error, operating system, è una religione con i suoi dogmi: modelli e simulazioni in grado di rendere prevedibile il mondo, soluzione emergenti dal caos, integrazione come meccanismo automatico di autocompletamento.

Come religione si associa alla perfezione con credenze ideologiche in grado di essere upgradate alla versione 2.0, come la democrazia che passa da rappresentativa a diretta, come il sapere che passa da sforzo di crescita e maturazione lungo una vita a blocco monolitico di nozioni tascabili e facilmente reperibili. Gli esempi sono moltissimi, trovatene altri da soli se ne avete voglia. E come ogni religione ha i suoi sacerdoti e i suoi fedeli, i suoi cani da guardia e i suoi cavalli da guerra. E i suoi messaggeri, che mai come ora sono messaggeri efficaci ed efficienti, perché dotati di ali elettroniche e trombestatus di socialnetwork. Come ogni religione ha i suoi testi sacri, chi ha il Corano e chi il capitale, chi il listino di borsa e chi la guida tv, internet ha gli aggregatori di notizie e i reader di blog e gli ashtag con bottone mi piace e condividi. Giornalisti con o senza tesserino che si sentono in missione per conto del dio di internet e producono opinioni conformistiche, che uniscono il più possibile, che abbracciano non la verità ma il plausibile e soprattutto la versione che verrà più cliccata. Se scrivi contro il governo ti linkano di più che se lo difendi. Se scrivi contro un imputato per reati orribili ottieni più consenso, come se nella logica massificante dell'istinto animalesco della maggioranza si debba dimostrare l'innocenza e non la colpevolezza. Prima spara e poi chiedi, che abbandonando ogni razionalità passa dalla reazione istintiva del singolo al branco che impugna fiaccole e forconi.

Il messaggio principale di questa religione è che tu, come individuo, non hai alcuna importanza se non come elemento di un fenomeno collettivo. Tu, come singolo, per emergere e obbedire all'obbligo di avere ambizioni e di essere vincente come si aspettano da te genitori, professori, la società versione obsoleta, tu singolo dovresti impegnarti per tutta la vita al fine di farcela nonostante tutte le leggi della probabilità contro, tu singolo dovresti ottenere fama e ricchezze moltiplicate per mille rispetto alle tue necessità (pizza, fumo, bibite, porno) quando, senza fare niente, in mille potrebbero avere abbastanza (pizza, fumo, bibite, porno) per vivere. Se invece ti basta attivarti da casa per far parte della squadra dei vincitori ecco che diventa tutto più facile. Se poi la tua partecipazione sfocia nel mondo reale soddisfa anche il bisogno di socialità, che davanti al computer la solitudine viene drogata solo da contatti ludici mai del tutto soddisfacenti, quando non volutamente conflittuali all'eccitante riparo di uno pseudonimo. Tu come individuo magari non sei il massimo, ma fai parte di un gruppo che prende mille piccole idiozie e le trasforma in una perla di saggezza futura, molto futura, sempre futura, in divenire, mentre nel frattempo va tutto alla malora ma basterà fare un reset, riavviare il sistema. È vero che l'intelligenza è rara, purtroppo non sono tutti geni tranne pochi stupidi facilmente individuabili, però la religione di internet afferma che un mondo intero di stupidi è in grado di portare alla vita un'entità sovrumana di intelligenza incommensurabile, che non sbaglia mai, che sa tutto, che trova soluzioni a tutti i problemi.

Una mamma globale di nuova generazione al posto di tanti papà ormai obsoleti e preistorici. È anche questo un passo nella direzione del femminino garantito dal benessere. Più la società diventa ricca e più diventa femminile. Va bene, per carità, non è che me ne freghi più di tanto, che ci sto sveglio la notte. Però c'è il piccolo problema della realtà: non c'è uno sciacquone da tirare, la realtà prima o poi torna a galla, il benessere di cui godiamo è temporaneo, legato al petrolio. Il benessere di cui godiamo inizia a declinare e non è un capriccio, non è colpa di qualcuno, non c'è qualcosa che si può fare per evitarlo. Questo deve essere chiaro: la crescita economica infinita è una chimera. Le risorse non solo non bastano per tutti ma non sono neanche rinnovabili, quando abbiamo consumato tutto basta, fine, non ce n'è più, internet o non internet, socialismo o dittatura religiosa, benessere diffuso o schiavismo, austerità o consumismo sfrenato, indignati o compiaciuti, complici o carnefici, maschilisti o femministi, sparta o atene. Il programma è terminato in maniera anomala a causa di un errore imprevisto, il sistema verrà spento per evitare danni irreversibili all'hardware.

martedì 20 settembre 2011

Fondelli

Riassunto delle puntate precedenti. Gli USA sono in guerra dal 1991, stanno spendendo palate di quattrini per evitare o almeno rimandare lo scontro fra oriente e occidente, il loro debito aumenta fino a richiedere interventi correttivi, la loro economia viene colpita da fattori interni legati all'espansione monetaria per mezzo del credito come rimedio a tendenze recessive e fattori esterni come il sistema Cina che può far leva su mancanza di diritti e regime di prezzi concorrenziale. L'Europa fondata sull'ammucchiata intorno alla moneta unica è sempre più in affanno sia per oggettive incompatibilità culturali e divari di risorse e sistemi produttivi. Più degli USA che hanno spese militari e solo di recente spese sanitarie e di welfare, le economie europee stanno scaricando sul futuro masse critiche di indebitamento da decenni, alcuni paesi con più spirito socialista di altri, come l'Italia. L'occidente in generale, dopo aver incolpato le banche, gli speculatori, un fato beffardo e crudele, l'influsso astrologico di aldebaran, adesso no sanno più cosa inventare per non ridurre le spese statali né aumentare le tasse, l'ultima trovata è la crescita, il ragionamento è: se noi riusiamo a far figurare un aumento del pil, la percentuale debito su pil diminuisce e tiriamo avanti ancora un po' come abbiamo sempre fatto. Nel frattempo, per tornare alla partita sullo scacchiere mediorientale, islam contro resto del mondo, la Turchia scorta militarmente navi provocatorie a Gaza, l'Egitto assalta l'ambasciata israeliana e mette in forse il trattato di pace, l'Iran dà del criminale all'intero occidente. In Africa continuano ad ammazzarsi, a morire di sete e di fame e di malattie, a cercare di scappare in Europa. Nel mondo intero prosegue l'inquinamento, gli sconvolgimenti climatici, lo squagliarsi dei circoli polari. È un riassuntino veloce e parziale ma sufficiente a darvi un'idea della situazione.

Veniamo all'Italia, il posto dove mi è capitato di nascere. Poteva andarmi meglio, forse, ma poteva andarmi peggio, di sicuro. L'Italia andrebbe messa in quarantena e affidata alla tutela di chi in possesso di facoltà di intendere e volere. Non è mai stata capace di fare a meno di un imperatore o di un occupante straniero e ancora oggi non è cambiata di molto. Per esempio adesso c'è la questione della legge elettorale. È una presa per il culo, una delle tante, mi spiego: dicono che prima il cittadino poteva scegliere il suo rappresentante in parlamento e adesso invece no. Beh, io voto dal 1988 e non ho mai, dico mai, potuto scegliere un bel niente, ho sempre messo una crocetta su uno dei simboli. Chi mette il nome di qualcuno è perché lo conosce, ha interessi personali a farlo, viene pagato dalla mafia per segnare quel nome e non un altro. Questa è la verità. Che poi non si capisce perché la scelta della gggente dovrebbe essere più efficace di un meccanismo meritocratico all'interno dei partiti per dare spazio ai più adatti al compito. Si parte dall'ipotesi che la ggente sia in grado di compiere magie, che l'emersione dei migliori sia una specie di qualità innata del diritto di voto. E la gente va in piazza, ci crede che gli stanno impedendo di scegliere chi mandare in parlamento, lotta per avere il diritto di scegliere chi? Se il partito candida X tu metti il nome di tuo cugino? Poi ci sono le alleanze, a volte ritornano, il nuovo ulivo ultima versione, col tintinnatore di manette e il narratore della buonanotte, se vincono avremo leggicchie firmate da partitini minuscoli che passano ricattando la balena rossa, rosa, anzi, adesso arancio, hanno capito che se metti bandiere arancio dappertutto la gente si sente dentro a uno spot pubblicitario e ti vota per essere protagonista, fa ciao verso la telecamera per salutare la mamma. Dall'altra parte si aggrappano al cadavere galleggiante del frutto di Craxi, la creazione (cammina! è vivo!) miliardario-edil-mediatica del PSI del garofano è ancora in giro per le strade, donne chiudete in casa i vostri bambini. Per una sinistra che non si rifaccia agli anni '60 e una destra che non c'è passate più avavtni, ci stiamo lavorando da decenni, e si sa, noi italiani le cose le facciamo per bene, ci mettiamo tutto il tempo che ci serve.

La manovra come al solito nasce malaticcia e muore nella culla. Succede così da sempre in Italia, dai tempi delle convergenze parallele a quelli del pentapartito, al governo non ci va mai un partito col suo programma, no, ci vanno le coalizioni di governo, ovvero se magna fin che n'è e poi scappiamo. Non sanno dove attaccarsi per non fare brutta figura, non si limitano a scaricare le responsabilità sugli avversari, ma anche sugli alleati di governo. Parlaimoci chiaro: o tagli le spese o aumenti le tasse (quella cosa della crescita per ridurre la percentuale lasciamola ai grulli che comunicano a dubitare del complotto degli speculatori provenienti da Benares 4 a bordo dei loro baccelloni mutanti). Tagliare le spese significa togliere posti di lavoro a gente che ha la tessera del partito, significa togliere soldi a comuni governati da sindaci del tuo partito, significa togliere la spina a milioni, non esagero, milioni di persone che campano grazie a mamma Stato e campano prendendo soldi che non meritano. È più facile aumentare le tasse, molto più facile. Magari puntando il dito contro qualche nemico del popolo: la Chiesa che fa l'inquisizione che è opulenta che oppia il popolo che pedofilizza, gli evasori che ti succhiano il sangue e rubano alla collettività, i ricchi che hanno i patrimoni come se avere soldi investiti o risparmiati sia una colpa e una vergogna e uno schiaffo in faccia ai poveri (che poi son poveri per modo di dire, hanno il 40 pollici, il motorino, i jeans di marca, la seconda macchina e tutti gli anni un trilocale in affitto lontano dal turismo di massa). Per cui adesso va di moda la patrimoniale, siccome chi guadagna 90mila euro all'anno sono dipendenti pubblici o privati che comunque gravitano attorno a questo o quel partito, non vanno toccati, bisogna dire che siccome non sono evasori vanno lasciati in pace, come dire che chiunque non prende lo stipendio è potenziale evasore, come se trovare gli evasori fosse solo questione di volontà e non ci stessero provando a stanarli da decenni senza riuscirci. Ma la patrimoniale come? Se uno compra una casa lo tassi e se li tiene in banca no? Se non ha liquidità cosa fa, disinveste per pagare le tasse? Se li tiene all'estero, i capitali, non è lo stesso discorso di stipendiati contro evasori?

Ma se ti lasci coinvolgere in polemiche non ne esci più. Conviene far finta di essere un turista, non lasciarsi coinvolgere, vada come vada, e la maggior parte degli italiani fa così, tranne quelli che si lasciano ipnotizzare dalla pubblicità, dalla propaganda, da lucidi obiettivi di carriera, dalla militanza politica. La maggior parte degli italiani si comporta come se vivesse in un paese occupato: se ne frega delle leggi, se ne frega di pagare le tasse, se ne frega dell'ambiente e del territorio, si barrica nel fortino della famiglia e degli amici e cerca di farsi portare via meno soldi possibile, così che gliene rimangano per pagarsi tutto quello che lo Stato non gli dà o gli dà in modi e tempi inferiori all'alternativa disponibile privata. Se non mi credete parlate con la gente comune, la gente per strada, il famoso paese reale dal quale la politica è del tutto e sempre di più scollata e distante.