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lunedì 6 febbraio 2012

operiamo i distinguo

Tiriamo un linea ipotetica e mettiamo di qua i paesi ricchi, con le loro più o meno evolute e più o meno fittizie democrazie, di là i paesi poveri con i loro governi deboli o forti, corrotti o virtuosi, col capo di stato che di solito indossa uniformi carnevalesche o si maschera da esponente delle classi meni abbienti. Nel mezzo paesi così così, che non hanno un tessuto produttivo e nemmeno università che sfornano brevetti: sono ricchi per un colpo di fortuna, hanno risorse naturali che permettono al potere di pagare in contanti, valuta estera pregiata, benessere e pace sociale. Se vogliamo capirci qualcosa dobbiamo fare un po' di ordine, stabilire dei criteri per classificare gli elementi in base a fattori che reputiamo discriminanti: la soluzione che mi piace di più è quella dei soldi. Se vuoi capire qualcosa di quello che succede intorno a te la prima cosa che ti consiglio di fare, quando e per quanto possibile, è di seguire i soldi. La morale si piega al mutare di interessi e al frantumarsi di equilibri, gli accordi saltano con facilità doppia di quella che è servita a stipularli, la verità diventa evanescente per via di prove che spariscono, testimoni che muoiono o ritrattano, nuove evidenze sbucate dal nulla. Ma i soldi no, i soldi sono l'unica traccia concreta che si lasciano dietro gli avvenimenti. Lo storico legge la storia con gli occhiali del suo tempo e il filtro della cultura e i pregiudizi del suo credo politico, ma il contabile no, il contabile scrive i soldi sono passati da questa mano e quell'altra. Diamo un'occhiata a come si muovono i soldi, tipo i 70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione italiana deve dare a fornitori privati che aspettano da mesi e che si è pensato di pagare in titoli di stato, salvo poi fare marcia indietro e gridare all'assalto speculativo quando i mercati hanno reagito com'è normale che reagissero. I giornalisti italiani che campano di finanziamento pubblico e lavorano per fare propaganda a partiti politici che a loro volta campano di finanziamenti pubblici non seguono i soldi, non spiegano la realtà, no, loro raccontano, narrano, esprimono opinioni, fanno i sentimentali e i moralisti, costruiscono uno spettacolo teatrale che di volta in volta è tragedia o commedia o farsa. L'Italia è al 64mo posto nella classifica dell'informazione, da decenni i media sono spartiti fra due editori, Berlusconi e De Benedetti, in guerra fra di loro, il terzo attore da poco nell'arena è la Telecom, azienda telefonica che ha il monopolio dell'infrastruttura, il resto dei media se lo dividono i partiti politici, i mafiosetti, gli amici degli amici. Seguire i soldi è uno dei modi più diretti per disegnare la mappa delle correnti sotterranee evitando le stronzate che sparano i professionisti della comunicazione.

Ma l'Italia non mi interessa più di tanto, e ancora meno interessa al mondo un paese di 60 milioni di abitanti. L'India sono più di un miliardo, la Cina pure, che senso ha stare qui a parlare di uno staterello nato un secolo e mezzo fa, ancora pieno di analfabeti, frammentato e diviso, cementificato e sovraffollato (ha la stessa popolazione della Francia su metà del territorio), privo di risorse naturali. L'Italia sbruffona e truffaldina che sta cercando di sbolognare il proprio debito direttamente, senza più passare da svalutazione della lira e tassa occulta da inflazione. Abbiamo 600 milioni di africani pronti a raddoppiare o triplicare non appena ci sarà un po' di cibo e qualche medicina. Anche gli europei sono circa 600 milioni. Gli asiatici sono il doppio del resto della popolazione mondiale. Bene, torniamo all'inizio, guardiamo ai paesi ricchi e democratici, i cristiani, gli occidentali, quelli che hanno inventato l'industria, che per primi sono scappati dalla campagna per vivere nelle città. Sono i paesi che hanno costruito le macchine, telai vapore treni aerei calcolatori mitragliatori. I paesi che hanno formalizzato teorie scientifiche filosofiche economiche, hanno ammucchiato e modellato il sapere. I paesi che hanno scoperto fertilizzanti e vaccini, inciso musica e stampato libri per diffonderli e non per preservarli, per divertire e non per educare, paesi che hanno agito con la gioia e l'irresponsabilità di bambini per i quali non esisto un futuro di cui preoccuparsi ma solo un domani migliore. Seguite i soldi, i soldi grossi: armi, droga, petrolio, manodopera. I soldi che viaggiano materialmente su navi gigantesche e quelli che viaggiano su cavo: interessi e diritti (non solo d'autore ma anche brevetti industriali: chimica, medicina, tecnologia, diritti di sfruttamento del marchio come del terreno). Seguite i soldi e vedrete che i paesi poveri vendono terra ai paesi ricchi, vendono droga, vendono materie prime, vendono lavoratori privi di diritti che costano poco. Intendiamoci: i soldi non sono cattivi, sono solo uno strumento di pagamento, se non ci fossero i soldi useremmo conchiglie, sangue, oro, schiavi. Non sto dicendo che i soldi sono un problema, che la finanza è il braccio del demonio e la ricchezza il marchio del male, non siate così ingenui e sempliciotti, se volete giocare all'inquisizione rivolgetevi a un regime totalitario. Dico che i soldi ci aiutano a capire i rapporti fra le parti che effettuano scambi, perché tutti effettuano scambi, anche respirare è uno scambio di atomi spiccioli per ossigenare i nostri corpi. Noi stati ricchi abbiamo qualcosa che gli altri vogliono e gli altri hanno qualcosa che noi vogliamo, i soldi servono solo a capire chi ha comprato cosa da chi e il potere da sempre si esprime nel gestire la ricchezza, il potente è colui che vanta diritti, legali o divini, democratici o aristocratici, guadagnati o conquistati o derubati, su cose e persone.

Potete divertirvi da soli a individuare e commentare i flussi di denaro. Paghiamo produttori di droga per vedere drogati ai giardinetti (non che gli ubriaconi siano più eleganti, ma quelli non cercano alcolici importati di contrabbando, i soldi vanno a onesti coltivatori e distillatori che nelle pubblicità di un tempo vestono giacche da camera di velluto con le toppe, fumano pipe di radica e siedono davanti al caminetto con segugio acciambellato ai piedi della poltrona di pelle borchiata, nelle pubblicità attuali giovani alla moda si mettono in posa nella scenografie di locali futuristici e fanno sesso con atletici amanti incontrati per caso). Paghiamo produttori di petrolio perché possano costruire alberghi grattacieli nel deserto e finanziare a carico nostro le varie tribù che garantiscono il mantenimento dello status quo (il ricatto di chiudere i rubinetti e il costante rischio di interventi armati per impedire che facciano collassare le nostre economie è mitigato solo dai soldi, dal fatto che i soldi che diamo loro cesserebbero non solo di arrivare nei conti svizzeri di governanti corrotti o previdenti – si assicurano una pensione di vecchiaia in caso di rivolte congiure ghigliottine – ma anche di avere valore – trovarsi con miliardi di dollari e di euro privi di valore, che incubo. Poi cos'altro, ah, gli schiavi, gente che vive in fabbrica, ci mangia e ci dorme, ci lavora per 16 ore al giorno, si uccide perché i soldi dell'assicurazione – nel caso di ditta occidentale con sede all'estero che impiega manodopera locale, perché altrimenti non ha diritto a niente, cosa ti aspetti da chi fa pagare ai tuoi parenti il costo del proiettile che ti sparano nella nuca? – basteranno a mantenere per decenni i famigliari del caro estinto. Paghiamo stranieri perché schiavizzino al posto nostro, che noi siamo troppo civili per farlo di persona. Seguite i soldi, che ci vuole? Noi siamo popolazioni vecchie che bevono pillole azzurre per scopare fino a cent'anni però col preservativo o ricorrendo all'aborto. Siamo persone ricche e anziane che hanno indebitato figli e nipoti non solo per investimenti produttivi, e quello sarebbe anche altruista, ma per spendere e basta, per tenere alti i livelli di consumo necessari a giustificare incrementi di produzione e con essi tassi di disoccupazione accettabili e domanda di moneta sufficiente a garantire copertura per le esigenze del welfare. Noi produciamo – dico noi ma alcuni dei paesi ricchi manco quello - solo intrattenimento che viene piratato via internet e brevetti che vengono copiati e sfruttati confidando nel fatto che si abita lontani, si deve dimostrare l'illecito, si deve fare e rifare un processo, insomma semmai avrai un rimborso alla fine ci rimetti comunque in bolli consulenze parcelle. Siamo vecchi obesi e vecchie ritoccate col bisturi con l'armadietto pieno di medicine, il frigor pieno di roba sterilizzata, il totemico impianto audiovisivo in salotto, e viviamo soli, barricati, diffidenti, abbiamo paura di perdere tutto, chi tanto e chi poco. Produciamo automobili e vernici, mobili e vestiti, ma l'intera nostra produzione di oggetti materiali è destinata a perdere quote di mercato perché sono capaci anche i paesi poveri a fare quello che facciamo noi, solo che a loro costa meno – almeno per adesso, e ci vorranno decenni prima che i prezzi siano omogenei a livello globale, ammesso che si riesca a rendere omogeneo un prezzo frutto di monopolio sulle risorse senza usare la forza di un'espropriazione da parte di un'autorità pubblica mondiale, ma anche allora avremmo comunque un pianeta che non regge né la nostra sete di risorse né il nostro numero di aspiranti a un benessere medio minimo garantito a tutti, che tu nasca in africa in alaska, nella foresta o nel deserto. Quando sarà passata l'epoca del fuoco e avremo bruciato tutto il bruciabile per inseguire un modello di sviluppo basato su crescita infinita e risorse inesauribili, motivato da una cultura tardo romantica idealista e scientificamente utopistica (come guarderanno gli uomini del futuro all'uomo che saltella sulla luna, con allegria? stupore? rabbia? tristezza? sarà un simbolo di che cosa?), chissà se ci ricorderemo come si fa a ripartire da un qualche punto del passato e prendere una strada diversa, e se sarà possibile farlo. Basta che non mi dite che mangeremo alghe e dentifricio su un'astronave, perché se voglio ascoltare idiozie adesso oltre a giornali e tv c'è anche internet: ho solo l'imbarazzo della scelta.



lunedì 19 dicembre 2011

galline meccaniche covano uova sintetiche

Scusate oggi sono di cattivo umore, il che capita spesso, lo so, per cui saltate pure questo post, non leggetelo, se lo leggete poi non ditemi che non vi avevo avvisato. Si tende a spostare l'attenzione sui soldi, come se ci fosse un diritto ai soldi, alcuni parlano di reddito minimo garantito, come se stampare una banconota equivalesse a creare ricchezza. Non è così. Chi lo pensa è ignorante, chi lo afferma è ignorante e pure pericoloso, il che fa di lui un imbecille che dovrebbe starsene a casa, andare a spalare la merda, non in tv e sui giornali, in quel circo barnun che è diventata la politica e l'informazione in molti paesi del mondo, Italia compresa. Stampare moneta non crea ricchezza, non innesca l'osannata crescita di cui si riempie la bocca anche il tuttologo dei giardinetti, il reddito minimo garantito, come qualunque manovra monetaria espansiva non suffragata da necessità sistemiche provoca solo svalutazione e inflazione. Capisco che piacciono a chi vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma lo dovrebbero dire: signori, voglio farvi diventare poveri, voglio tassare redditi e risparmio, perché è quello che fa l'inflazione e la svalutazione, rende carta straccia le banconote, chi ha messo via dei soldi che oggi valgono 100 domani varranno 10. Per quello conviene sempre far debiti nei paesi governati da classe dirigenti social-buffonesche come la nostra, dove lo stato per primo è così indebitato da avere interesse nell'ammazzare il potere d'acquisto della propria moneta. Noi viviamo in un paese così, l'Italia, soffocati dalla retorica e dalla propaganda, dove stai zitto perché anche urlare non serve a niente, se non lo dice un comico alla tv non ha valore, e il comico deve essere schierato politicamente.

Quindi potete comprare valuta straniera o indebitarvi nell'attesa che esploda la bomba inflattiva, non ci sono altre soluzioni nei paesi socialisti, anche se a molti preferiscono definirsi keynesiani, si camuffano perché non va più di moda dirsi socialisti, ma attaccano comunque liberisti e liberali, sbertucciano il capitalismo perché è facile nei paesi liberi profetizzare rivoluzioni per raccogliere il malcontento, che non difetta mai, la gente è sempre arrabbiata per qualcosa contro il governo, e diventare ricchi e famosi. Vi prendono per il culo, no, non quelli che rischiano la pelle per realizzare una forma qualunque di civiltà organizzata, ma quelli che vi dicono che se non siamo diventati ricchi è colpa di chi ci governa, ci ha governato, ci governerà. Gente, popolo, quando capirete che la politica è tutta una presa per il culo sarà sempre troppo tardi. L'unico sbocco che può avere la politica delle illusioni è la dittatura, e quando lo diventa allora stanno zitti anche coloro che nei paesi liberi si potevano permettere di fare casino. Perché quando il benessere finisce finisce anche la libertà. Lo ripeto per venire incontro alle limitate capacità mentali di certi buontemponi: la libertà è vincolata al benessere, se finisce il benessere finisce la libertà, la pace, la giustizia, tutto quanto. Immaginate solo cosa accadrebbe se domani mattina i supermercati fossero chiusi, se gli scaffali fossero vuoti, se il cibo aumentasse di prezzo e costasse troppo anche per chi riceve soldi gratis dallo Stato per starsene buono. È per il pane, per la fame, che scoppiano le rivoluzioni, con buona pace di chi è cresciuto a pane e mitologia eversiva. E conosco pazzi scatenati che ridacchiano all'idea che un popolo ridotto alla fame sia un prezzo tutto sommato modesto da pagare se innesca il Cambiamento, la Svolta, l'Avvento della Nuova Era.

Questa è l'Italia oggi, una civiltà illusoria, e come l'Italia molti altri paesi post-industriali che scommettono sull'economia digitale per allontanarsi ancora di più dai settori primario e secondario. Per chi non lo sapesse, facile in un pese di semianalfabeti come l'Italia, pieno di laureati che non sanno nemmeno leggere e scrivere in italiano corretto, il settore primario è quello agroalimentare, la terra, il bestiame. Il secondario è l'industria, la chimica, l'acciaio. Il terziario è tutto il resto. È da qui che nasce la folle idea che anche il denaro si sia terziarizzato, per via di strumenti finanziari derivati che lo hanno reso concreto, così che stampi moneta e crei ricchezza, che è come dire che il cibo cresce sugli scaffali del supermercato, che le macchine le costruiscono i simpatici aiutanti di babbo natale. È pazzesco, lo so, ditelo a me che ogni giorno leggo articoli e assolto esponenti delle classe dirigenti sparare cazzate galattiche sulla crisi e su come risolvere la crisi e sui colpevoli della crisi. Non so nemmeno perché butto il tempo a oppormi al carrarmato mediatico dell'informazione come quel tizio cinese, è come gridare all'angolo di una strada mentre ci sono ovunque i megafoni di ho chi min che ripetono nastri registrati, tazebao di propaganda su tutti i muri, gente iscritta al Partito che picchia come dissidente o collaborazionista chi non se ne sta zitto e buono a testa china. Questa è la politica, menarsi per vincere le elezioni e gestire il denaro pubblico per darlo agli amici e ai sostenitori, anche in termini di posto di lavoro. Se non lo avete capito, e non lo avete capito, lo dimostrano i milioni di persone che non hanno gli strumenti intellettuali per capire qualcosa di più complicato delle regole del gratta e vinci, allora ve lo meritate di essere trattati come scervellati da chi esercita il potere.

Siamo una società di deficienti, senza offesa, governate da deficienti, senza offesa, e informate da deficienti, senza offesa. Questo è, così è, rassegnatevi, mettetevi il cuore in pace, era così secoli fa, anche se viene il sospetto che col tempo le cose siano solo peggiorate, è così ora e sarà così anche un domani. Ciò che volevo spiegare in questo post è molto più semplice, riguarda l'importanza sottovalutata del settore primario e secondario, sì, voglio denunciare la pericolosità insita nel progressivo abbandono di campi e stabilimenti. Vogliono tutti lavorare in ufficio, diventare medici avvocati commercialisti, al massimo liberi professionisti che denunciano redditi da poveracci e fanno la vita da milionari. Nessuno vuole nemmeno sentir parlare di agricoltura o di fabbrica, al massimo i camerieri, temporaneamente, mentre finiscono gli studi e si mettono in fila per un posto da professore. Guardiamoci in faccia, ditemi che non è vero se avete il coraggio. Produciamo pasta, per esempio, con farine provenienti da chissà dove. Importiamo carne e latte. Il pesce sta sparendo da tutti i mari per eccesso di pesca, mediterraneo compreso. Non solo si diffondono malattie rapidamente per il movimento materiale di merci e persone, ma specie importate distruggono ecosistemi. Questa è la realtà, altro che finanza e titoli derivati e armonizzazione fiscale dei paesi aderenti alla moneta unica. Questa è l'economia che produce ricchezza: campi che producono più grano di quello usato per seminarli, bestiame che si riproduce, questa è la base di qualsiasi economia. Tutto il resto funziona a corrente o a benzina. Il profitto non è che questo: la differenza fra quante pocere ho oggi e quante ne avevo l'anno scorso. Non è un peccato, non è immorale, il profitto è un fatto, è la misura della ricchezza prodotta. Lo si misura in soldi perché i soldi sono l'unico modo di capire se una pecora vale più di un maiale, traduci in soldi, esprimi un valore monetario. Basta con le cazzate che spara chi non sa niente di economia, basta con questo clima da inquisizione nei confronti dei soldi, della ricchezza, la ricchezza è materiale, non finanziaria, se stampo una banconota con su scritto vale una vacca non vuol dire che da oggi al mondo c'è una vacca reale, concreta, in più. La ricchezza la si produce materialmente ed è sottoposta a vincoli materiali precisi: una mucca produce al massimo tot litri di latte, non puoi modificarla geneticamente affinché produca nafta, non puoi farla diventare grossa come un palazzo. Se produci un miliardi di palline dando lavoro a un miliardo di persone ma quelle cacchio di palline non se le vuole comprare nessuno da quando c'è sulla piazza chi le produce e vende a metà prezzo è inutile che te la prendi con gli speculatori di Betelgeuse sulle loro astronavi fatte di soldi. Ci sono dei vincoli, il più importante tutti è l'intero pianeta, quanta gente può sopportare il pianeta, che livello di benessere massimo è consentito e per quante persone. Se non si capiscono o si negano per motivi elettorali queste relazioni fisiche semplicissime è inutile parlare di economia e di politica.

Lo ripeto a voce alta per chi ha problemi di comprendonio: tutto il resto va a corrente o a benzina. La corrente devi immagazzinarla dentro a batterie (o enormi bombole di idrogeno, certo certo, è arrivato lo scienziato ecologista della domenica, prego si accomodi, che l'idrogeno scoppia, te lo dico così, en passant, scoppia, e molto, idrogeno essere sostanza che scoppissima facile facile), sai quante batterie ci vogliono se domani mattina le centrali elettriche a carbone, petrolio, e atomica chiudono? Sai che il petrolio non si produce ma si estrae e un giorno finisce? Mi sembra di dire cose rivoluzionare e invece sono banalità che nessuno dice, anzi, le nasconde, meglio dare la colpa al denaro. Il petrolio e l'energia elettrica hanno consentito alla popolazione mondiale di crescere fino ai sette miliardi attuali. L'industria e il terziario hanno assicurato un benessere diffuso il quale a sua volta ha permesso ai governi di abbandonare l'uso costante e normale della forza per il mantenimento della pace sociale e dell'ordine e per la difesa della sicurezza e del diritto. Se la gente sta bene, ha lo stomaco pieno, vive a lungo, non viene picchiata o violentata per strada, insomma è normale che poi la morte diventi un tabù, che tutti vogliano vivere per sempre su questo pianetino o su un altro, più pulito, meno corrotto, nella galassia vicina. Oggi se dici campi o dici stalle la gente si spaventa, ti guarda come se gli fai schifo, si immagina le mani rese nodose dalle vesciche, la puzza di merda di vacca e di gallina, si immagina il gesto di ammazzare un animale e sbudellarlo e scuoiarlo per poi mangiarselo. Le nuove generazioni si aspettano che non si torni indietro, pretendono che il lavoro sporco lo facciano altri individui non meglio precisati, forse i robot di alfa centauri. Le nuove generazioni vogliono passare dalla paghetta per fare cose piacevoli e chiamarle lavoro alla pensione per fare cose piacevoli e chiamarle hobby. E per fare tutto questo basta stampare banconote della nostra bella valuta nuova e forte, c'è pieno di straccioni là fuori, miliardi di disgraziati da schiavizzare e il bello è che loro ti devono ringraziare e tu passi per il loro salvatore. Ricordatevelo quando incontrate l'ennesimo sepolcro imbiancato che mente sapendo di mentire o che non sa nemmeno di cosa sta parlando. Anzi, non ricordatevelo, dimenticate tutto quello che vi ho appena detto, altrimenti vi rovinate l'umore, meglio dare ascolto a questi quattro deficienti che danno la colpa al nemico ideologico e promettono che presto arriverà il salvatore, come nei film, l'eroe, il predestinato, l'eletto, a sistemare tuttecose. Si basano sul passato, quando l'opec alla fine aumentava la produzione di petrolio, quando si aprivano nuovi mercati per le esportazioni, le solite ricette che hanno imparato dai nonni mandandole a memoria senza nemmeno capirle e che oggi, ancor di più domani, non hanno più senso. D'altronde non hanno dato spazio a intere generazioni, la mia per esempio, e se glielo fai notare ti dicono che dovevi prendertelo, il potere, con la ribellione, come hanno fatto loro, i sempre giovane anche se cado a pezzi, i sicari che non mollano la presa sul collo né dei padri, strangolati ai tempi, né sui figli, strangolati in seguito. La generazione degli asfissianti, altro che del baby boom, la generazione che ti toglie l'aria, la generazione degli idioti simpatici.


martedì 8 novembre 2011

il resto è conversazione

Nella Germania iperinflattiva del dopoguerra c'era un detto: meglio prendere un taxi perché lo paghi a fine corsa. Esiste tutta una filosofia del denaro prodotta da chi il denaro non sa cosa sia. Il denaro viene legato alla colpa di averne troppo, di spenderlo male, di adorarlo. Quando devi costruire una trama che si regga sulla passione ci puoi mettere una donna, il potere o il denaro, e se vuoi che sia approvata dai buonisti deve avere un finale romantico, dove qualcuno o qualcosa interviene per imporre con la forza il trionfo del bene. Nessuno di questi tempi vuole finali realisti, dicono che sono tristi, come se la vita non lo fosse, come se bastasse nascondere i malati dentro agli ospedali, i delinquenti nelle prigioni, i matti negli incubi. Sono quasi due secoli che impera la dittatura del romanticismo e adesso che sta andando in crisi inizierà a mordere come un animale in trappola. Se è ancora sul trono è perché non si trova con cosa sostituirlo. Fa comodo una forza persuasiva sentimentale in grado di modellare il significato della realtà, di rendere prevedibile la pubblica opinione e di permettere una guida che non ricorra sistematicamente alla violenza per disincentivare la naturale propensione gregaria delle persone a una crescente degenerazione morale.

Ma non voglio dipingervi il quadro della situazione culturale alla stregua di eidolon della crisi economica. L'origine della crisi economica risiede nel modello culturale alla base delle scelte fondamentali della politica che si traducono solo in seconda battuta in decisioni condivise riguardo per esempio all'impianto progressivo delle imposte o a soluzioni per contenere le conseguenze di una fase recessiva. Chi non sa di cosa parla cerca di darvi a bere che è una fase, che il progetto complessivo è comunque valido, che è tutta colpa del capitalismo e in particolare della finanza, ovvero del denaro. È come se qualcuno vi dicesse che è normale correre su un piede solo per tutta la vita e che le vesciche sono colpa della scarpa, che è sufficiente aggiustarla o buttare la vecchia per la nuova e si potrà riprendere a saltellare su un piede solo per un altro paio di secoli. Il che è anche possibile, la parte più spaventosa è che non solo è possibile trascinare il romanticismo per altri secoli, ma è anche possibile sostituirlo con qualcosa di peggio: sbagliavamo a credere che si dovesse usare un piede solo e procedere a saltelli, abbiamo scoperto che si deve strisciare sulla pancia.

La grande sovrastruttura del socialismo è palesemente contro natura, nel senso che è ovvia la funzione riparatrice della coscienza civile nei confronti di meccanismi spietati che non consentono la sopravvivenza dei meni 'fortunati'. Si tira in ballo la fortuna, il caso, non hanno di meglio d offrire come spiegazione della diversità, a meno di inserire nell'equazione una sorta di vendetta/opportunità divina dai propositi complessi e tutto sommato insondabili. La bestia nera dello scientismo, così spaventato da tutto ciò che è inspiegabile dalla ragione da volerlo eliminare. Il romanticismo impone un lieto fine e questo lieto fine la scienza e la filosofia lo ottengono eliminando fisicamente ogni fonte di colpa o distorsione caotica. Ho parlato qua, alcuni interventi fa, della soluzione dei dilemmi morali tramite l'eliminazione dei contenuti delle leggi morali (se elimini dio non ha più senso il primo comandamento, se elimini la famiglia non esiste più il tradimento coniugale, se elimini la proprietà non ha più senso il furto, e via dicendo). Allo stesso modo la scienza tenta inutilmente da decenni di eliminare le diseguaglianze togliendo di mezzo i diseguali. Comunismo e nazismo sono la stessa cosa: l'applicazione del principio romantico che in filosofia cancella (annichilisce) la morale vanificando i precetti, nella scienza elimina i malati, i brutti, i poveri, i deficienti.

Ma sono partito con l'intenzione di parlare solo del denaro, non della religione del socialismo reale con le sue ingenuità e le sue aberrazioni. Il socialismo come prodotto culturale è implementazione del romanticismo che ha figliato l'ateismo scientista e nichilista. Il problema è che l'unica alternativa che ci viene in mente è antisociale, individualista e immorale. Un problema che risale a Sparta e Atene, non è roba nuovissima, inutile che vi fate prendere dall'eccitazione, non è una novità di quelle con cui vi ha abituato la pubblicità e la retorica progressista che ogni cosa dev'essere nuova, pulita, splendente, più bella, più forte, più resistente, più eccitante e gioiosa. E vissero felici e contenti, lunga vita e prosperità. No, la vita di solito non lo è e chi non si rassegna finisce depresso e drogato, comunque infelice e insoddisfatto. Al punto che quando arriva un terremoto, un'alluvione, una crisi economica la gente è felice di poter giustificare la sua animosità senza volto, la sua rabbia provocata da un mondo che non si conforma alle aspettative. Se la prende con i potenti, con i ricchi, con gli immorali (di solito donne 'puttane'). È il romanticismo, baby, va avanti da quasi due secoli e tu ci sei nato dentro, ci vivi dentro e non te ne accorgi, come i famosi pesci di Wallace: salve ragazzi, com'è l'acqua?

Ma io volevo parlare del denaro, solo del denaro. Il denaro è un sistema di misura del valore. Il valore è dato dall'incontro tra quando è possibile incassare e quanto si è disposti a pagare in un dato momento. Il valore dipende anche dal quando e dal dove, un ghiacciolo, per esempio, vale meno in inverno, in Alaska. Il denaro è solo questo: uno strumento per effettuare scambi senza gli intoppi e le seccature del baratto. Il denaro può solo essere troppo o troppo poco. Se è poco la banche non hanno nulla da prestare e calano gli investimenti, spendi oggi e recuperi in tot anni, calano i consumi, non ti finanziano la sostituzione della macchina, e di conseguenza calano i prezzi, la produzione, e di conseguenza scattano i licenziamenti. Non è il denaro in sé a provocare tutto questo, è la sua scarsa disponibilità. Non è colpa delle banche se c'è poco denaro, non è colpa dei governi se il denaro viene a mancare. Si tratta del sistema, non del sistema capitalista, non c'entra niente il capitalismo nel discorso, la stesa cosa può accadere in qualsiasi sistema, capitalista o comunista che sia, ovunque si utilizzi il denaro si accettano le regole che determinano il funzionamento di qualunque strumento di pagamento. La finanza tratta solo del rischio legato al prestito, allo scorrere del tempo, al verificarsi di condizioni più o meno limite. La gente parla del denaro come parlasse del tempo, oggi piove, sì, e la colpa è degli speculatori.

Il motore dello sviluppo basato sulla crescita infinita è attuato sia nel capitalismo che nel comunismo, voglio essere chiaro su questo. Nei paesi comunisti si produce come nei paesi capitalisti, non aumenta il numero di pezzi stampabili da una pressa idraulica a seconda che si assuma il rischio imprenditoriale una società di capitali privati o lo Stato. L'aumento di popolazione è l'unica risorsa sulla quale i regolatori di mercato non hanno controllo, perfino sul prezzo del petrolio si può influire, a costo di fare una guerra se necessario, ma sulla popolazione no. La crescita infinita non solo presuppone risorse naturali infinite (e già questo basta per affermare che è una logica necessariamente di breve periodo, smith o non smith), ma anche una continua fonte di manodopera a basso reddito che sostenga i consumi. Masse motivate all'acquisto della qualunque, povere e poco istruite, che accettino lavori di merda per paghe di merda. Altrimenti devono trovare schiavi da fuori, d'importazione. Se poi, adesso che sapete tutto questo, volete andare in piazza a occupare, agitare cartelli, respirare lacrimogeni, far casino, sai che roba, sono molto impressionato, cercate di divertirvi che siete giovani (se siete vecchi mi fate solo pena).

Anche troppi soldi non va bene, ma è sempre meglio che pochi, per via della finanza, quella stessa finanza che ora viene accusata di ogni male. Se la finanza non avesse pompato soldi nel sistema l'unica cosa che sarebbe accaduta è che la crisi sarebbe capitata prima. La finanza ha rimandato il peggio dando modo ai governi di sistemare le cose. Come chi fa un prestito a un padre di famiglia che sta attraversando un periodo difficile. Solo che il periodo difficile non è temporaneo ma prolungato, l'ingresso nel mercato di nuovi attori (è un termine tecnico, in economia si chiamano attori nel senso che agiscono, non che recitano) ha creato un fortissimo disequilibrio, uno sbilancio con ripercussioni che avremmo potuto evitare solo continuando a isolarci, noi paesi occidentali dico, tenendo fuori il resto del mondo, quello sì ricchissimo, ma di gente povera e ignorante che non vede l'ora di seguire le nostre orme, solo che recuperano uno svantaggio di secoli in tempi rapidissimi perché la tecnologia, la conoscenza, permette salti di passaggi. Un selvaggio non si deve reinventare la ruota per costruire una fabbrica di biciclette, gli basta assumere un ingegnere appena uscito da un'università occidentale. Noi invece siamo ricchi di gente istruita e benestante che non sa nemmeno cos'è il denaro, e nessuno glielo spiega, non sento dire da nessuno le cose che scrivo io. Eppure sono cose semplicissime, non ci vuole un genio per capirle.

Se la carenza di denaro è nociva, anche se ineluttabile quando l'amministrazione pubblica consuma una fetta esagerata della ricchezza nazionale, il caso di molti paesi più socialisti di altri, ovvero garantiscono standard di benessere che il sistema produttivo non può assolutamente permettersi spendendo cifre che non possono venire parificate dal prelievo fiscale. Quando i soldi se ne vanno tutti al sostegno del bilancio statale i soldi vengono a mancare, ma qui si innesca la finanza, buona o cattiva. Perché oggi vi spingono a odiare la finanza? Presto detto, perché per il socialismo la finanza buona è quella che immette liquidità. Perché è buona la finanza che aumenta la quantità di denaro in circolazione? Presto detto, perché crea inflazione e svalutazione, permettendo al governo di esternalizzare il costo delle politiche socialiste. L'inflazione è una tassa sul denaro. Solo chi è in possesso dei titoli di credito (ogni singola banconota è un titolo di credito che permette di esigere un controvalore dalla corona/tesoro/emittente) perde ricchezza. Il solo fatto di essere ricchi implica un costante e inesorabile impoverimento dovuto a erosione del potere d'acquisto. Musica per le orecchie del socialista ma anche per lo Stato assistenziale, per il voto di scambio, per le mille possibilità di spesa improduttiva e di corruzione e di alterazione dei principi concorrenziali nelle mani del potere. Per chi non è ricco ma ha debiti, come lo Stato, l'inflazione è un ulteriore toccasana perché riduce il valore dei debiti. La svalutazione invece riduce automaticamente l'esposizione con i creditori esteri. Chi ha investito in valuta locale vede deprimersi il controvalore.

No so perché nessuno ve lo spiega. Spero che non sia un segreto di stato e di non pagare conseguenze per averne parlato. L'equazione è smaccatamente lineare: stampo moneta per finanziare la crescita, affinché gente povera e ignorante diventi ricca e istruita, dopodiché mi serviranno nuovi poveri e ignoranti, nell'ipotesi che le materie prima siano sempre abbondanti e a buon mercato e che l'inflazione non superi mai il livello tale da far preferire il taxi perché si paga a fine corsa, o da ritrovarmi nel paradosso comunista delle tasche piene di soldi ma negozi vuoti, o da spingere gli stranieri a non comprare i miei titoli né accettare la mia valuta in pagamento perché ritenuta carta straccia a causa delle continue svalutazioni. Spero che adesso abbiate capito un po' meglio come funziona il denaro e che la prossima volta che vi invitano a manifestare sprechiate qualche secondo a chiedervi perché e per chi lo state facendo. Se invece vi piace far parte della massa, siete inguaribili romantici, allora accomodatevi, che magari riuscite a farvi riprendere dalla tv e diventate famosi per i warholiani quindici minuti.

giovedì 14 aprile 2011

Solo posti in piedi.

Mi ha scritto un americano, un italo americano, mi pare si chiamasse Giovanni, dal New Jersey, mi ha scritto qualche tempo fa, dopo aver letto qualcosa di mio da qualche parte. Mi è rimasta impressa quella mail in particolare per via del 3-4 per cento, mi diceva Giovanni, si chiama così se non ricordo male, non ho voglia di mettermi a spulciare gli archivi per verificare, mi diceva il 3-4%, mi è rimasto impresso quel 3, quel 4, nella sua email. Ho pensato che fosse una delle poche persone che ragiona da prospettive molto ampie, che mi capita raramente di incontrare persone che non mi ripetono ragionamenti che hanno letto da qualche parte e che molte volte sono ragionamenti che ho trovato in giro mesi o anni fa, che a volte sono già stati modificati o smontati più di una volta. Questo 3-4 per cento dichiarato da Giovanni, New Jersey, invece, non l'ho mai sentito prima. Mi fa sapere che anche in America c'è un dibattito aperto sulla scuola, e che è d'accordo con me in quanto i posti di lavoro che richiedono grossi studi sono solo il 3-4 per cento del totale.

Non mi ricordo a che proposito o in quale isola del web Giovani abbia trovato non so quale mia riflessione sulla scuola, ma rimane il fatto di quel 3-4 per cento. Mi ha ricordato il gioco delle sedie, quello dove c'è della musica e quando finisce tutti trovano posto tranne uno che rimane in piedi e viene squalificato. I laureati sono persone che aspettano di sentir cessare la musica, di buttarsi a sedere, ma di sedie adatte al deretano di un laureato sono solo 3 o 4 su 100. Almeno stando a quando mi riferisce Giovanni dal New Jersey. Mi sono ricordato subito del 18 politico, della laurea breve, delle lamentele su quanti pochi laureati abbiamo rispetto agli altri paesi. Mi sono venuti in mente le folle di precari che vogliono sedersi sulla sedia per la la quale hanno studiato. Mi sono chiesto se il culo di un laureato si modifica in modo tale da non potersi più sedere su una sedia normale, ovvero se ottieni la laurea sei condannato a non poter fare lavori che non richiedono qualifiche. E in effetti alcuni mi dicono che se sei laureato non ti danno lavoro, altri invece si lamentano che pur essendo laureati si devono accontentare di stipendi non adeguati al titolo di studio.

Voglio dire questo: c'è una diffusa percezione erronea sul valore del titolo di studio. In teoria dovremmo pagare molto di più un lavoro meno preferibile rispetto a un altro. Fare i turni di notte, lavorare all'aperto quando fa molto caldo o molto freddo, compiere operazioni normalmente ritenute schifose come macellare animali per esempio, o spalare concime, sono lavori che dovrebbero essere pagati di più rispetto a chi inserisce dati nel computer o risponde al telefono, soprattutto nel momento in cui ci sono mille persone che vogliono rispondere al telefono e due che sono disposti a spalare la merda. Sono leggi dell'economia, è così che dovrebbe essere: vuoi che sto dietro giorno e notte come badante alle esigenze di un vecchio sclerotico? Allora mi paghi di più di quanto mi pagheresti per friggere patate. L'errore dei politici è sempre uno e uno solo: sono stupidi. Pensare che aumentando il numero di laureati non ci sia più bisogno di spalare la merda è stupido o no? Pensare che se sono tutti laureati non ci saranno più persone che offrono stipendi troppo bassi né persone che li accettano è stupido o no? La realtà alla fine viene fuori, ci vuole tempo, magari riesci a tenerla giù spendendo miliardi di soldi pubblici dando a tutti un posto statale in cambio del loro voto e indebitando le prossime 5 generazioni, ma alla lunga la realtà viene fuori.

In questo periodo stiamo spingendo avanti la realtà. È quello che fanno i conservatori, che siano di destra o di sinistra, che siano democrazie o dittature. Fino a quando poi scoppia qualcosa, che sia una crisi economica o una guerra, gente che si ammazza di botte per ragioni sbagliate, ragioni qualunque, che quando la realtà alla fine trova un buco e viene fuori non ha bisogno di venire razionalizzata, è frutto di impulsi, bisogni, emozioni, speranze. Le persone più pericolose in assoluto sono proprio quelle che si etichettano come razionali, che si sentono dimostrabili come teoremi, che pensano di avere capito dove sta andando la storia, di cosa ha bisogno il popolo. Di solito sono stupidi e diventano politici o comunque militano per una parte politica. Magari fanno i professori e proprio adesso i tuoi figli si stanno facendo indottrinare dalla stupidità di gente laureata che in ogni cosa che fa ci mette dentro la politica. Gente laureata che poi vede alla tv ragazzini presi a legnate dalla polizia e un po' li invidia, se ne sta lì a grattarsi la ciccia, a fumare e a bere alcol, stravaccato sul divano, con in mano un libro di proust, e grida bravi, fategliela vedere, hasta la revolucion, si commuove persino ricordando i bei tempi andati, quando era lui a far casino per strada contro il governo, il potere, il sistema.

Solo il 3-4 per cento, mi dice Giovanni, sono posti di lavoro che necessitano di persone intelligenti, dotate, speciali, rare. Sarà vero? Così pochi? Non lo so, ad ogni modo non sono di sicuro il 100%, su quello non ci piove, il discorso resta in piedi anche se al posto del 3-4 ci metti il 30 o 40. Se fossi un politico direi ragazzi, state a sentire, tra 5 anni ci serviranno tot infermieri, tot friggitori di patate, tot spalatori di merda. Se studiate filosofia o lettere va benissimo, vi fate una bella cultura, potete comunque prenotarvi per spalare merda e prendere uno stipendio che è il doppio di quello che prendereste sfruttando il vostro titolo di studio oppure potete decidere di restare disoccupati, scendere in piazza a protestare, accettare lavori sottopagati, in nero, provvisori. Non so voi, ma io per uno stipendio adeguato la merda la spalo, col sorriso sulla faccia spalo la merda se mi pagano un fior di stipendio, altroché, sento profumo di rose e gelsomino se mi pagano uno stipendio da favola per spalare la merda. E se invece succede che lo Stato permette che un disperato lavori come uno schiavo e spali la merda per due soldi, senza contratto di lavoro, senza tasse, ecco che ci troviamo nella situazione in cui ci troviamo, in cui tutti vogliono sedersi e fanno a botte per rubarsi le uniche 3-4 sedie decenti rimaste in circolazione.

PS: ciao Giovanni, dal New Jersey, non ti ho risposto ma non rispondo quasi mai per cui non pensare che rispondo a tutti tranne che a te non rispondo quasi mai e capita che se rispondo lo faccio a caso, grazie lo stesso per avermi scritto ciao

martedì 15 marzo 2011

Implicazioni.

Possiamo identificare delle configurazioni strutturali che spiegano gli eventi in divenire. Per esempio, restando nei confini nazionali, vediamo alcune contraddizioni nei problemi occupazionali, come il bisogno di immigrazione e l'alta disoccupazione. Se hai tanti disoccupati di tuo, logica vuole che non ti serva importarne altri da fuori. La contraddizione si spiega con il livello di istruzione, il welfare, l'intervento dello Stato. Ovvero abbiamo bisogno di stallieri, infermieri, badanti, i 'lavori che noi italiani non vogliamo fare più' amano dire i politici che si fanno un vanto di una popolazione con in mano titoli di studio e in attesa che lo Stato gli procuri il lavoro per cui hanno studiato. L'ottimale sarebbe l'intera popolazione assunta dallo Stato per fare lavori più nobili rispetto a quelli rifiutati e regalati agli immigrati: una nuova forma di aristocrazia burocratica, con tanto di retorica costruita sull'ideologia dello 'Stato siamo noi', noi che paghiamo le tasse per darvi lo stipendio e permettervi di fare un lavoro che non sia da immigrato, eufemismo per schiavo post-moderno. Da una parte fanno le manifestazioni, si scandalizzano, raccolgono soldi per dare istruzione a bambini che poi si troveranno comunque a vivere in paesi che non hanno nemmeno acquedotti, l'ipocrisia del marketing buonista è una bestia cieca e obesa, fa ghiacciare il sangue nelle vene, e poi gli sta bene che vengano qua a spalare merda di mucca, straordinari, domenica compresa, niente ferie né tredicesima, o a chiedere monetine fuori dal supermercato.

Le verità scomode che nessuno dice, contrapposte alle bugie che tutti conoscono e alle quali purtroppo molti credono. Le bugie che parlano di tecnologia, di benessere, di vita che si allunga, malattie sconfitte, ricchezza sempre più abbondante e ben distribuita. Sono i rimasugli dell'ottimismo sessantottino, dopato da droga ideologica e droga vera e propria. Un giorno il cibo non sarà più un problema, avremo sintetizzatori molecolari di cibo come sull'Enterprise. E invece vediamo che il cibo non solo rimane ma diventa sempre di più un problema, man mano che la popolazione aumenta, alla faccia di chi rideva in faccia a Malthus, più o meno gli stessi che issano Keynes come una bandiera. L'acqua è un problema e lo diventerà di più in futuro perché inizia a scarseggiare anche dove è sempre stata abbondante. L'inquinamento ha fatto diventare un problema anche l'aria, non solo acqua e cibo. Le malattie che si pensavano sconfitte ritornano, proprio ieri leggevo qui in Lombardia di TBC e meningite e pidocchi, roba uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, mancano malaria e tifo e siamo a posto. Al posto di tutti ricchi oggi siamo tutti indebitati fin dalla nascita. Bugie, aprite gli occhi, vi hanno cacciato una marea di balle. Alla fine tutto quello che hanno dimostrato a proposito della vera natura del sessantottino è il viagra, continuare a scopare fino alla morte, magari ragazzine raccattate nei bassifondi di qualche città indonesiana, il costo del turismo sessuale messo in carico alla ditta come viaggio di lavoro. Il vero volto della generazione sessantottina, un libro ancora tutto da scrivere.

A noi invece è toccato l'aids, che ti assicurano che non si prende con un bacio, a meno che si abbiano ferite in bocca, e tu ragazzino o ragazzina con la testa sulle spalle non ci pensi nemmeno a morire di aids per aver baciato qualcuno senza aver prima visionato gli esiti di esami del sangue molto recenti. Intanto quelli fanno le orge con l'aiuto della pillolina azzurra, il 'medicinale' più venduto al mondo, se ne fregano dell'aids, non vogliono nemmeno il preservativo. In certe zone dell'Africa ormai sei strano se non ce l'hai, l'aids. Ma il sessantottino salta su e dà la colpa alla Chiesa, che predica astensione e non prevenzione, programmazione e non dissoluzione, come se a qualcuno gliene fregasse davvero di cosa dice il Papa sul preservativo, ridurre e semplificare sempre le riflessioni sui valori a opinioni da giornalista sfigato che vuol fare polemica e spostare voti per favorire un partito politico, come se il sessantottino e i suoi figli obbedissero ciecamente al volere di una qualunque chiesa, è già tanto se fanno finta di obbedire allo Stato, ribelli da James Dean e alla Easy Rider. Il peccato del seme buttato, che deve la sua origine al valore antico della prole. Una discendenza numerosa come i granelli di sabbia. La mentalità contadina dell'avere una mano nei campi, grano in magazzino per l'anno prossimo, del non lasciare che si disperda l'abbondanza accumulata. E questi bifolchi culturali sminuiscono tutto, ridicolizzano, si gonfiano di superbia nel vantare certezze conoscitive, mentre sono solo poveri illusi, infantili e irresponsabili, non sanno quello che fanno ma neanche quello che dicono, l'unica dimostrazione che riescono a mettere sul tavolo è la prosperità garantita dalla creazione di un debito pubblico enorme, dallo sfruttamento di innovazioni tecnologiche che grazie al consumo di petrolio e al rischio delle radiazioni nucleari, in cambio di una Terra depredata e avvelenata e spogliata di ogni ricchezza naturale, sono riusciti a produrre qualche decennio di benessere tale da permettere vite come le loro, condotte sull'onda di una gioiosa dissipazione, un divertito spreco portato avanti senza il minimo senso di colpa, anzi, chiedendo a noi di inchinarci e ringraziarli per tutto questo.

Calci nel sedere, altro che ringraziamenti. Sarete ricordati come le due o tre generazioni forse non più stupide ma certamente più dannose dall'inizio dei tempi. Lavoriamo di più, siamo più stressati, spendiamo in un giorno quello che potrebbe mantenere in vita una persona per anni. Tutti chiusi da soli dentro scatole metalliche, per ore, tutti con pensiero alla rata del mutuo, tutti a guardare ogni minuto della nostra vita il film creato dal marketing, dove le persone sono tutte belle, sane, felici, ricche, e vivono in un mondo bello, sano, felice, ricco. A questo ci siamo ridotti, questo abbiamo permesso che accadesse, in cambio della promessa di una medicina che non ci faccia morire prima di quanti anni? Quanti anni volete vivere, mille? Volete diventare un mucchietto di stracci tremante e bavoso che da secoli non sa più nemmeno che significhi vivere e morire da uomo? Abbiamo venduto la nostra dignità, la nostra purezza, in cambio di vestiti usa e getta, di ristoranti che servono cibi provenienti dall'altra parte del mondo, inscatolati sottovuoto, surgelati, caricati su un aereo che ha voltato tutta la notte, mentre noi dormivamo, per farci trovare nel piatto al risveglio un animale esotico, raro, squisito e soprattutto molto costoso. In cambio di cosa? Di un lavoro sedentario, per uscire dall'ufficio con giacca e cravatta e sederci in un locale a bere alcolici fino a collassare, per vedere i figli solo qualche ora nel fine settimana. Per comprare la televisione più grossa, la macchina più potente, la vacanza più esclusiva, per pagare chirurghi di plastica estetica.

Estetica, ecco, la parola che riassume quest'epoca. Non come cultura della forma, ma come superficialità. Sotto questo velo di estetica plasticosa che osano definire cultura permane la consistenza del sesso e della morte come unico motore di un'esistenza morale, il fulcro dell'arte a diretto contatto con i significati profondi e non la mera rappresentazione del segno dei tempi. La riproduzione, non come esito infausto del contatto carnale, nemmeno come inevitabile conseguenza del richiamo della natura affinché l'animale dimostri soggezione di fronte alle esigenze del ciclo economico. Non la riproduzione come sopraffazione delle società che relegano il femminino a complemento in subordine, non la riproduzione come rispetto di vincoli genetici che esprimono la tensione di una progettualità tesa a superare il presente nell'unico modo di cui dispone chiunque, ovvero l'accoppiamento. La riproduzione, così come la sua compagna morte, rivela oggi più che mai le sua incoerenza, le sue ripercussioni in campo morale. Da una parte è ingranaggio fondamentale del sistema economico capitalista, fondato sul postulato irrealistico della crescita infinita e delle risorse inesauribili, in un parallelismo che non regge laddove la produzione non può essere considerata alla stregua della ri-produzione e viceversa. Dall'altra parte ha conservato la carica dirompente della forza numerica che la riproduzione garantisce in un confronto tra famiglie, villaggi, popoli, continenti. Un esercito più numeroso comportava la sicura vittoria, e nei paesi dove il lavoro non è stato rivoluzionato dalla tecnologia la riproduzione avviene ancora senza tener conto di sopravvivenza neonatale, speranza di vita, lavori che 'noi non vogliamo più fare'.

Dalla tecnologia, non dalla politica, la politica è roba da stupidi, tutto sommato, e chi non lo capisce se la merita, la politica degli stupidi, tipo i sessantottini, senza tecnologia non si ottengono diritti, senza prosperità si perdono, i diritti, come sta succedendo anche adesso, basta una minaccia esterna o interna, che sia terrorismo o cambiamenti climatici. Eppure vediamo gli strascichi delle generazioni più recenti, che non e vogliono sapere di morire e sparire, occupano ancora radio, tv e giornali, un sacco di vecchi a dirigere la vita intellettuale di un paese che nei fatti li ha già lasciati indietro da un pezzo, e anche nelle industria, nelle istituzioni, insomma la classe dirigente è ancora lì da decenni, gli stessi nomi che sentivo quando ero ancora minorenne sono gli stessi che sento ora a 40 anni. Quelli che guardavano a se stessi come rivoluzionari, e non lo erano, erano ragazzini viziati che hanno avuto la fortuna di nascere nell'epoca del petrolio, l'epoca che stiamo cercando faticosamente di superare e che resiste come resistono loro, i piccoli rivoluzionari della domenica, che fanno la rivoluzione in piazza, per dire che l'han fatta loro e non i loro coetanei nei laboratori, per ironia della sorte nei laboratori delle nazioni capitaliste, se non ci credete paragonate quello che hanno inventato negli Usa (o nell'Europa pre-socialismo fascista e nazista e comunista) al resto del mondo. Le nuove generazioni, là fuori, hanno un lungo lavoro di ricostruzione, perché qui è tutto distrutto, uno tsunami culturale lungo un secolo sta tornando in mare, una volta per tutte si spera, lasciando dietro di sé macerie e fango. Internet è come darvi il fuoco, giovani generazioni, è come darvi la ruota, spero che sia rimasto qualcosa da salvare, che ci sia un modo per salvarlo e che valga la pena di essere salvato.

martedì 27 aprile 2010

Matusa Village.

Ancora i vecchi. Ragazzi dobbiamo parlarne. Ci sono, sono tanti, e non diminuiscono, anzi. Dobbiamo fare qualcosa prima che sia troppo tardi. Voglio buttare lì un'idea: villaggi per anziani. Non lo dico per loro, i vecchi, per me potrebbero anche crepare tutti domani e leggerei solo i titoli degli articoli che ne parlano. Ma un giorno, almeno spero, sarò vecchio anch'io, preparatemi una stanzetta da qualche parte. Non ho grandi necessità, mi basta un collegamento a Internet.

Abbiamo milioni di anziani accuditi da badanti a casa propria. La solita menata: “Voglio morire nel mio letto”, “Ho vissuto qua per 50 anni e non me ne voglio andare”, “Io all'ospizio non ci voglio andare”, “Meglio morire che finire in un lager.” Questi qua hanno la pensione, mi dite, se volessero potrebbero andare in ospizio. Enno, non è vero. Sai quanto costa l'ospizio? Sempre che trovi posto perché c'è la lista di attesa. Non basta la pensione. Ci paghi in nero l'extracomunitaria che deve scegliere tra lo star dietro a un vecchio e battere sulla statale. Non ci paghi l'ospizio, costa troppo.

È assurdo che non si costruiscano dei bei villaggi per anziani, tipo oasi naturalistica, parco giochi alla moviola. Niente auto, si gira in carrozzine elettriche o golf-kart. Supermercato, ambulatorio, centro di svago, mensa. Tante belle casette come quelle che danno ai terremotati, giardini fioriti, tornei di bocce e scala quaranta. Se un vecchio non ci vole andare deve essere pazzo e internato in manicomio. Una bella recinzione elettrificata per farli sentire al sicuro e la giornata di visita in cui il villaggio si riempie di figli e nipoti. Ditemi che non è un bel progetto se avete coraggio.

Facciamo una bella società quotata in borsa, facciamo utili con tutti quelli che vogliono ancora sentirsi utili. Laboratori di cucito, di falegnameria, un brand internazionale di manifattura artigianale. Anni di esperienza finalmente messi a frutto. Vedo già uno slogan: “Mettiti in casa un suo prodotto prima che schiatti.” Il grande fratello degli anziani alla tv. Questo è futuro, altro che.

martedì 16 marzo 2010

15 anni fa

Le mappe di solito fanno sembrare molto vicina l'Africa rispetto all'America, in realtà ci vuole più tempo per volare a Nairobi che a New York. Per arrivare in Ruanda nel 1994 devi fare scalo a Nairobi, prendere un aereo per Bukavu, Zaire (il Congo è Zaire dal 1971 al 1997), l'aereo postale più vecchio sul quale sia mai salito, motori a elica, i sedili foderati in sky screpolato marrone che mi ricordano quelli della cinquecento gialla col tettuccio di tela cerata di mia zia, quella che dovevi tirare diverse volte una levetta fra i sedili prima di tentare l'accensione. Tutto il viaggio col portellone aperto, a poche centinaia di metri da terra, se allunghi la mano tocchi la schiena dei piloti che si dicono cose divertenti, lo capisci dal fatto che ridono molto.
Quando atterri a Bukavu e vai al bagno dell'aeroporto ti viene da vomitare per la puzza che c'è, ma ti scappa tanto e ci vai lo stesso, trattieni il fiato guardando il getto della tua piscia innaffiare una massa di larve di mosca che ribolle nello scarico. Non c'è l'acqua nei tubi, è inutile che premi il bottone dello scarico. L'aeroporto è presidiato da soldati che parlano francese. Qui un tempo ci vennero belgi e tedeschi, i cosiddetti boeri. Costruirono strade, centrali elettriche, pozzi. Adesso è tutta roba che sta più o meno rapidamente andando in malora.
A Bukavu prendi una macchina e fai diverse ore di strada, attraversi il confine e sei arrivato in Ruanda. Il confine. Il confine è una sbarra in mezzo alla strada, se così si può chiamare un insieme di buche con dell'asfalto coperto di terra rossa che le unisce. C'è un casotto di legno, tetto di lamiera, lì accanto. Fermano solo le macchine. Donne con involti di tessuto colorato sulla testa ondeggiano su ciabatte, se hanno le fortuna di averle, dirette chissà dove, come formichine sul ciglio delle strade. Oltre al posto di frontiera c'è un casotto che vende non so cosa. Vedo pacchetti di noccioline in involucri multicolori, prodotte chissà dove, appese vicino al bancone. Di fianco a quello che penso sia un bar c'è però un telefono, un negozio che vende telefonate, si capisce dal cavo. C'è un solo cavo che corre sugli unici pali per arrivare in quell'unico negozio.
Il cavo finisce in un telefono grigio, a rotella, i numeri non si vedono più, consumati da innumerevoli polpastrelli. Provo a fare una telefonata, dopo diversi minuti di scariche elettrostatiche e dialoghi in francese e inglese arriva un segnale mai sentito, un infinito lamento semitonale. Appendo la cornetta e pago il sorridente negoziante, commesso, incaricato, quel che è. Non sono ancora abituato a tutti questi sorrisi con i denti in mostra, ogni volta rimango sorpreso davanti a tutti quei denti bianchi. Qualche volta mi ricordo della mia faccia e cerco di mostrare anch'io i denti quando sorrido, ma non è una cosa che farei davanti a uno specchio. Mi sembra tutto eccessivo, ma dipende da me, mi dico, sono io che mi devo ambientare.
La guardia di frontiera è una donna seduta a un tavolo nel casotto accanto alla sbarra. Controlla i documenti e dice qualcosa in swahili al suo attendente. Quasi tutte le frasi in questa regione finiscono con “Eeehhh”. Ridono. Passa al francese e mi dice non puoi entrare. Rimango zitto, aspetto. La donna sfoglia ancora i documenti e scuote la testa, poi dice c'è un'epidemia di meningite e qua manca il vaccino e di nuovo un sorriso a mille denti che non smette mai di atterrirmi. A questo punto interviene la mia guida, prende il libretto dei vaccini, mi tira in disparte, mi dice dammi qualche dollaro. Infila la banconota da dieci nel libretto e torna dalla donna, e dice è tutto a posto, e offre una caramella all'attendente mentre la donna controlla meglio e timbra il passaporto e ci fa segno di andare.
La guida offre una caramella anche a me, io gli prendo l'intero pacchetto e lo passo a un bambino che mi segue da quando sono sceso dalla macchina. Tutto quello che indossa è un paio di calzoncini. Mi chiama 'Père'' e sua madre, seduta sui talloni a riposare, non lo perde mai di vista. In mezzo ai suoi piedi si sta formando una piccola pozzanghera di muco e sangue, ogni tanto tossisce e sputa. Il bambino prende le caramelle e corre da sua madre che si rialza, lo prende per mano e se ne vanno via. Nessuno dei due si volta a guardarmi.
Adesso siamo in Ruanda, passiamo sotto una massicciata dalla quale si vede la punta di qualche fucile. Poco più avanti c'è un posto di blocco e fra i soldati c'è un ragazzino alto poco più del mitragliatore che imbraccia. I pantaloni della mimetica sono rimboccati alla caviglia. Sembra felice. La guida mi dice di nascondere la macchina fotografica e tirar fuori qualche banconota. Tra qualche ora arriveremo a Kigali, la capitale del Ruanda. Dormiremo in una missione e domani mattina ripartiremo per raggiungerne un'altra. Il missionario che ci ospiterà a Kigali sarà morto prima di due mesi ma ancora non lo sa e quando mi vede tirar fuori una sigaretta me ne chiede una. Non ne fumo una da mesi, mi dice, e ridacchia per pensieri che restano suoi. Gli lascio tre pacchetti della mia scorta prima di andarmene. Ufficialmente sarà morto per incidente stradale.
A Kigali sta per succedere un genocidio, fra due mesi gli Hutu (85% della popolazione) uccideranno i Tutsi (15%). Adesso i Tutsi sono più di un milione, quest'estate ne resteranno vivi trecentomila. La differenza sarà uccisa in tre mesi, al ritmo di diecimila al giorno, sette morti al minuto, donne e bambini compresi. Con le pallottole, con il machete, con il forcone, a calci e pugni, a sassate, ponetevi come limite la fantasia e ci saranno usati modi per uccidere a cui non siete arrivati. Potete per esempio immaginare di aprire la pancia di una donna incinta e infilzare il nascituro su un bastone e sventolarlo davanti agli occhi della madre che sta morendo dissanguata? Forse no.
Mentre raggiungiamo la missione attraversiamo la giungla. Non riconosco le piante, non mi sembra normale il colore di questa terra. Perfino l'odore dell'aria è nuovo per me. È tutto diverso. Perfino gli insetti, una stupida formica riesce a stupirti. Qui devi usare l'amuchina per disinfettare l'acqua prima di berla. Se cammini senza scarpe c'è un parassita che ti entra nella pelle del piede, usa le vene per arrivarti nei polmoni, ti sale nella trachea e ti scende nell'esofago per andare a stabilirsi nel tuo intestino. C'è un'epidemia di colera alla missione sulla riva del lago Kivu e non possiamo farci sosta come era previsto. Zanzariere e insetticida sono ancora un lusso per pochi, e ti devi ricordare di bere le pastiglie per la profilassi antimalarica.

giovedì 7 gennaio 2010

Abbiamo già tanti problemi anche senza

Gli immigrati di religione musulmana hanno fatto nascere una discussione fra intellettuali nostrani sul pericolo del multiculturalismo, da non confondersi con pluralismo.

In pratica non ci possono essere tante culture in uno stesso posto. Un po' come dire tante civiltà, solo che se parli di civiltà parti col piede sbagliato perché è opinione consolidata che parlare di scontro di civiltà – il che presuppone che entrambe le parti rientrino in una definizione condivisa di civiltà – equivalga a fomentare guerra e distruzione. Allora parliamo di cultura.

La cultura cinese non ci crea problemi. Siam pieni di cinesi e manco ce ne accorgiamo. I filippini son da noi da decenni e anche quelli non danno fastidio a nessuno. Hai mai visto un cinese tentare di venderti paccottiglia nei parcheggi? Io no. Un filippino fare l'elemosina parlandoti dei suoi dieci figli che chiedono da mangiare in una capanna a migliaia di chilometri da qua? Manco di quelli ne ho visti. C'è pieno di polacche, rumene, sudamericane, africane che la vendono sulle statali e nessuno si lamenta. Ci danno fastidio solo i musulmani.

Se noi italiani siamo razzisti allora lo siamo in modo molto specifico: ci stanno simpatici tutti tranne quelli che, scusate la volgarità, ci rompono i coglioni. Scommetto che odieremmo anche i tibetani se uscissero in tv a dirci che siamo il diavolo e si imbottissero le mutande di tritolo per ammazzarci. Siamo un popolo che in quanto a odiare ci serve solo un motivo per farlo, fatecene una colpa se vi fa sentire meglio. Siamo abituati a odiarci fra di noi, ci odiamo anche fra regioni limitrofe, che dico, fra città confinanti, non dobbiamo fare grandi sforzi per odiare anche chi viene da più lontano. Che poi è un odio sui generis, tanto abbaiare e niente mordere.

Non siamo razzisti, siamo solo un po' incattiviti, c'abbiamo il dente avvelenato per problemi nostri. Però basta che dite che vi piacciamo e volete essere come noi che fioccheranno inviti a cena e pacche sulle spalle. Perché in fondo siamo buoni, il che però non vuol dire fessi.

La nostra cultura, o civiltà se volete, è quella che le leggi non le fa il Papa. Stato e Chiesa sono separate. È un'abitudine nata tanti anni fa da una cosa chiamata illuminismo. Non controlliamo i testi sacri se c'è da discutere una legge. Ecco perché siete voi a venire a vivere da noi e non noi a venire a stare da voi. Ci troveremmo molto male senza ciò che l'illuminismo ha messo nella nostra cultura e da lì nella nostra civiltà. Che voi un Papa non ce l'avete neanche, ogni tribù fa come gli pare senza che ci sia un incaricato a tracciare una linea valida per tutti i sudditi/fedeli.

Il pericolo serio paventato è quello di un partito musulmano. In Francia c'è già. In pratica vi diamo il permesso di stare qua, andare a raccogliere i pomodori in nero per due euro, fare i lavori che noi non facciamo più (abbiamo il 12% di disoccupati ma son tutti con diploma e/o laurea, sapete, da noi ormai una laurea non la si nega a nessuno, mica possiamo trattarli come merde nel modo in cui trattiamo gli immigrati). Potete stare qua ma non diventate cittadini, così non andate a votare e non ci ritroviamo leggi per tagliare le mani a chi ruba (quanti monchi in parlamento!), lapidare i fedifraghi e altre castronerie del genere.

Questa è tradotta in soldoni la dotta argomentazione degli intellettuali.