lunedì 21 giugno 2010

Riflessioni sparse.

(Disclaimer: può provocare irritazione e sconforto, non leggere se non si è già di cattivo umore per altri motivi.)

1 - La crisi

1.1 - i mutui

1.1.A - Quando aumenta la disoccupazione, l'inflazione, insomma l'economia rallenta, quali che siano le cause i seguaci di Keynes pompano denaro nel sistema e incentivano l'industria, in certi casi specialmente l'edilizia.

1.1.B Quando c'è pieno di case bisogna farle comprare alla gente, le banche entrano in gioco offrendo mutui con ipoteca immobiliare. Se l'agente che offre i mutui per conto delle banche viene premiato in base al numero di contratti che fa firmare, ecco che l'agente avrà interesse a erogare mutui a prescindere dell'effettiva capacità di rimborso del richiedente. Se la banca può monetizzare i contratti vendendoli come titoli di credito ad alto rischio, avrà ulteriori risorse per erogare nuovi mutui.

1.1.C Ora abbiamo una massa di debitori ad alto rischio di insolvenza e una massa di risparmiatori i cui soldi sono stati usati per finanziare i suddetti debitori. I soldi sono finite nelle tasche dei costruttori di case, parte in quelle dei lavoratori, parte in quelle degli azionisti delle imprese edili, parte in quelle dei fornitori di materie prime, parte in quelle del fisco.

1.1.D L'economia reale si è mossa creando debiti da ripagare in futuro, come al solito negli ultimi secoli, ma stavolta l'innesco non ha provocato reazione a catena perché le cause della recessione non sono interne al paese. Spese militari alle stelle per una guerra che in pratica si combatte dal 1991, concorrenza di paesi con costo della manodopera infimo e senza un sacco di costi ambientali e sociali altrove in bilancio da secoli.

1.1.E Le rate dei mutui non possono venire pagate, la case vanno all'asta, il mercato immobiliare subisce lo scoppio di una doppia bolla finanziaria creata non dal mercato ma dal governo con la sua politica di sostegno al settore edilizio. Non solo il prezzo delle case crolla ma anche il valore dei titoli legati all'erogazione di mutui ipotecari. Non vale più la pena di pagare le rate perché così facendo si pagherebbe la propria casa il doppio o il triplo dell'attuale valore di mercato, conviene non pagare più il mutuo e la perdita sarà comunque inferiore al risparmio che si otterrà comprando una casa finita all'asta. Il crollo del valore dei titoli legati ai mutui causano sofferenze nei conti economici di moltissime istituzioni finanziarie che operano nel mercato dei derivati (mercato legale, che ha ragione d'essere, è come scontare una cambiale, per chi si ricorda i tempi in cui esistevano le cambiali).

1.1.F Quando esplode una bolla non è colpa né delle banche né del mercato né dei fantomatici speculatori che i governi indicano come principali responsabili allo stesso modo in cui la BP potrebbe incolpare i folletti o Harry Potter per il loro petrolio che sta uccidendo mezzo mondo. Le bolle scoppiano per riequilibri molto rapidi fra domanda e offerta, con ricaduta pesante sui prezzi. Sono stati usati i soldi dei risparmiatori per tentare di far ripartire l'economia e il fallimento è dovuto a un'errata indagine sulle reali cause della crisi. In pratica si è data un'aspirina a un malato di polmonite e si è data la colpa all'industria farmaceutica per la morte del paziente.


1.2 Euro

1.2.A La svalutazione dell'Euro non ha niente a che fare con la bolla dei mutui americana. Ancora più assurdo è incolpare le agenzie di rating di valutazioni del rischio finalizzate a influenzare i tassi di cambio. Dare la colpa alle banche e vietare le vendite allo scoperto per impedire il naturale movimento del corso valutario è addirittura sintomo di governo dispotico e assolutista. Tassare le banche per punirle della crisi, mi sembra di guardare un documentario sulle malattie mentali, servirebbe solo a introdurre nuove tasse che pagheranno i cittadini coi loro risparmi.

1.2.B L'Euro si svaluta perché gli Stati membri hanno alti debiti pubblici, con relativi interessi da pagare, hanno alti deficit, peggiorati dall'attuale recessione. Anche qui non si vogliono ammettere le vere cause della crisi, ovvero il progressivo spostamento degli impianti produttivi in zone del mondo che consentono risparmi di costi. Non solo abbiamo finanziato il benessere degli ultimi 60 anni indebitando le generazioni future, stiamo adesso diventando puri consumatori di merce prodotta all'estero. Però se gli chiedi come mai l'euro va giù, rispondono che è colpa delle banche, degli speculatori (vedi 1.1.F i folletti della BP).

1.2.C Qual è la risposta politica per uscire da questa situazione? Nuove tasse e taglio di spesa pubblica, servizi sociali, welfare. Riduzione costo della manodopera con modifiche contrattuali che colpiscono i giovani, che si vedono privare di uno stipendio adeguato nonché sicuro. Dipendenti costretti alla partita iva che non prendono ferie, malattia, tredicesima e possono trovarsi senza lavoro e senza reddito da un giorno all'altro se l'impresa decide così. Queste sono le soluzioni escogitate dalla classe dirigente: fare retromarcia noi nell'attesa che quelli appena partiti ci raggiungano. Ma questa, ammesso che sia ragionevole, cosa che non è, è una falsa soluzione perché la dimensione della popolazione mondiale è incompatibile con le risorse disponibili, a parità di benessere.

2 - Numero di persone, livello di benessere, quantità di risorse.

2.1 Il livello di benessere raggiunto nei paesi più avanzati non può essere esteso all'attuale popolazione mondiale. Siamo in troppi, il pianeta non ce la fa. Se ogni essere umano al momento in vita consumasse come chi vive in un paese ricco e adottasse lo stile di vita, ci vorrebbero 2 o 3 pianeti Terra.

2.2 La funzione non lascia scampo: si riduce la popolazione mondiale o si riduce il livello di benessere. La quantità di risorse del pianeta non è modificabile, è un dato di fatto, inoltre molte delle risorse che usiamo non si riformano, quando sono finite quelle che ci sono basta, fine, non sappiamo moltiplicare pani e pesci come fece quel tizio. Ridurre la popolazione? Beh, se non lo facciamo volontariamente ci penserà la Terra, il problema è che potrebbe esagerare e ammazzarci tutti fino all'ultimo, non è la prima estinzione che si verifica nella storia, la Terra non ha bisogno di noi per ospitare forme di vita diverse dalla nostra, fossero anche solo batteri che prosperano nei vulcani. Ridurre il benessere? C'è un limite oltre il quale il benessere diventa malessere, quando si smette di parlare di benessere, quando non si mangia abbastanza? Quando si muore di freddo? Quando i più deboli vengono uccisi e mangiati?

2.3 Razionalità. L'uomo non è razionale. Ma se anche lo fosse il problema non ha soluzione razionale che non sia allo stesso tempo disumana. In base a quali regole potremmo ridurre la popolazione? Non fai figli se sei povero? Se sei malato? Se hai gli occhi verdi? Non hai diritto alla corrente elettrica se il tuo lavoro è ritenuto meno importante di un altro? Mangi solo riso se per la tua età sei ritenuto vecchio e/o ormai prossimo alla dipartita?

2.4 Conclusioni. Riflettete su quello che vi dicono i governi, a volte (magari involontariamente, credono davvero ai folletti, sono pazzi, tutto è possibile) basta poco per farsi un'idea personale di quello che succede, con internet abbiamo la fortuna di poter accedere alle informazioni che servono per capire come funziona quello che ci circonda. E se proprio volete dire la verità su quello che sta succedendo e su quello che, a meno di un intervento divino o di una pandemia/guerra mondiale/asteroide/suicidio di massa, probabilmente succederà, potete farlo, ma non serve a niente. Rassegniamoci.

lunedì 14 giugno 2010

Perché uscire quando il mondo ti entra in casa?

Non so come funziona nel resto del mondo, però so che non mi piace come funziona qui. Non sono molto pratico, esco poco, ma anche dentro casa mi arrivano echi dal mondo che sembrano uscire da un televisore, si tratta di urla, di parolacce, di musica a tutto volume, di auto e motociclette che quando viene buio si mettono a sfrecciare alla velocità della luce anche se il limite è di 50 orari. Cerco di ricordare come fosse il mondo quando uscivo di più ma non ci riesco per cui forse è sempre stato così e sono io quello che non lo riconosce. Capisco che c'è qualche partita di calcio in corso perché in quel caso ogni tanto si realizza un coro sbraitante formato da moltissime voci provenienti da innumerevoli finestre. Posso anche capire la percentuale dei tifosi prevalenti nei dintorni dal tono complessivo del frastuono, esultante o deluso. A volte scoppiano litigi in strada e si sentono rumori di vetro rotto o l'intervento altrettanto rumoroso dei pacificatori, se va bene, altrimenti giungono mezzi dotati di sirena.

Non ho paura, non sono arrabbiato, è difficile per me non scambiare il tutto per una tv accesa e quelli della mia generazione, a differenza dei pre-multitasking, sanno benissimo come escludere dalla percezione il sottofondo di una tv accesa, della radio, di un martello pneumatico nella casa dei vicini. La capacità di isolarsi può essere considerata una forma di evoluzione per galleggiare nel caos della sovraesposizione agli stimoli sensoriali? Ormai provo maggior disagio nel silenzio, come quando tuo figlio piccolo smette di parlare e provocare rumori e ti viene il forte sospetto che stia per combinare o abbia già combinato qualcosa di spiacevole. Finché sei circondato dal casino del mondo ti chiudi in casa e ti senti al sicuro, hai un buon motivo per non uscire, ti senti fortunato a poter fingere che sia una tv lasciata accesa. A pensarci bene è assurdo, una contraddizione fra le tante cui ci siamo abituati. In teoria bisognerebbe uscire tutti e farli smettere, pretendere la pace.

Eppure non si può, specialmente se tieni per mano un bambino. L'ho capito ieri, in piscina, che io non ho più il coraggio di oppormi. La piscina è molto bella, continuano a migliorarla e il biglietto d'ingresso sta diventando proibitivo: sette euro e mezzo a testa, però ci hanno messo lo scivolo, il pagliaccio, l'elefante, la barca dei pirati, le onde finte ogni mezz'ora. Scatta il fischio e tutti corrono nella vasca delle onde, immagino sempre l'incaricato al fischio con addosso un camice da laboratorio mentre prende appunti sui tempi di reazione ma questo è un altro discorso. Davanti all'ingresso della piscina c'erano in terra centinaia di mozziconi, bottiglie di birra vuote, anche una di vodka, azzurro il rimasuglio di liquido sul fondo - Vodka azzurra? Esiste? - e mi sono immaginato i rumori prodotti dalla gente ubriaca che aveva sporcato tutto quanto. Nel senso di come sarebbero stati ascoltandoli in casa, da una finestra aperta, senza sapere nulla di chi stesse facendo cosa, chiedendosi se fosse un film o un documentario o una pubblicità.

Anche questo dev'essere percepito come finzione dal momento che da stamattina nessuno ha ancora pulito e sono le tre del pomeriggio. Deve far parte della scenografia, un dettaglio realistico compreso nel prezzo del biglietto, per aumentare la sensazione di far parte del cast, di essere una comparsa nel film della vita vera. Entro e vado nello spogliatoio maschile. C'è una donna. Mi sto cambiando quando entra un'altra donna e si mette a parlare con me. Sono in un cubicolo con porte a ventaglio che occultano il corpo e lasciano visibili testa e piedi, sono nudo col costume in mano. A due cubicoli da me c'è una donna che si sta cambiando, il marito sbircia da sopra la porta, con lui ci sono due bambine, avranno dagli otto ai undici anni. La donna che arriva è corpulenta e anch'essa ha bambini al seguito, un maschio e una femmina. Non ho sbagliato spogliatoio. La donna che entra si mette a parlare con me, mi fa i complimenti per mio figlio che mi sta aspettando seduto vicino agli armadietti. La guardo, non riesco a rispondere e infilare il costume allo stesso tempo, alla faccia del multitasking.

Nella vasca dei piccoli vengo colpito in un occhio da un cannone ad acqua pensato per combattere con pirati in età prescolare impediti nei movimenti dai braccioli gonfiabili. Evito di guardare l'acqua quando entro nella vasca dei piccoli perché non voglio sapere cosa ci galleggia dentro. Sono qui per far divertire mio figlio, il resto non può e non deve avere importanza. Nuota, ride, ci divertiamo parecchio e me ne infischio di cosa può pensare chi mi vede fare lo squalo o il cavalluccio marino nella vasca media. Non sono io quello che si è ubriacato ieri nel parcheggio, amico che fai il fighetto. Ci sono coppie di giovani che si baciano ovunque. Nei vialetti, sugli asciugamani, in mezzo alla vasca. Che sostanze chimiche mettono nel cibo per rendere gli adolescenti così incapaci di trattenersi all'istinto copulatorio? Forse è esibizionismo, non ne ho idea.

Quando arriva finalmente l'ora di tornare a casa, mi viene la strana idea di approfittare di una doccia calda per toglierci di dosso il cloro e altre sostanze rimasteci addosso che non voglio indagare. Entro e c'è un tizio con il costume calato alle ginocchia, il pene flaccido penzolante, che si sta sfregando una mano fra le chiappe con energia e apparente goduria. Ci sono altre persone intorno, anche bambini, ma lui sembra così assorto nel compito di massaggiarsi la zona anale da non rendersene conto. Qui ho capito che tenere per mano un bambino ti rende codardo. Non sono un attaccabrighe né un rompiscatole ma se non ci fosse stato lì con me un bambino avrei chiesto a quel mentecatto se credeva di essere in caserma, se non aveva una doccia a casa sua, se non aveva mai preso in considerazione l'uso di un farmaco per alleviare i sintomi delle emorroidi.

Invece ho fatto dietro front e sono uscito dalle docce, sperando di non incontrare altre donne desiderose di parlarmi del più e del meno quando sto usando lo spogliatoio maschile. Mi piace sempre di più starmene in casa, non riesco mai a spiegarne i motivi a chi mi chiede ragione di quello che sembra un atto egoistico, il vezzo dell'eremita borioso, la torre d'avorio di una principessa schizoide. Non ci riesco perché mi viene il dubbio che la domanda mi venga posta da una che non si fa problemi a entrare nello spogliatoio maschile e rivolgersi a chi si sta cambiando, oppure uno col cazzo in mostra che si striglia il culo con piglio estatico nelle docce pubbliche, oppure uno che la sera va a divertirsi scolando vodka azzurra sul marciapiede di un parcheggio. Preferisco dire che sono io ad avere un problema, che se fossi normale uscirei molto di più, e non posso ignorare il fatto che, per quanto ne capisco, potrebbe anche essere la verità.

Ho fatto un esperimento per capire come funziona: me ne sto sul balcone a fumare e quando sento esplosioni vocali collettive mi aggrego, bisbiglio lunghe vocali o ringhio o alzo le braccia e accenno un balletto, afferro un joestick immaginario per teleguidare il motociclista o il razzo, potrebbe benissimo essere un razzo, che è un'immagine sfocata con marmitte da far tremare vetri e otturazioni. Immaginare cosa succede là fuori per me è più che sufficiente, non credo di poter sopportare una dose maggiore di umanità senza rimetterci il senno o la vita. Sono sempre stato così o sono invecchiato? Sono diventato un paziente di Sacks, come quello che scambia la moglie per un cappello e non si rende conto di aver perso facoltà e cognizioni perché un emisfero danneggiato nel cervello gli preclude la coscienza di ciò che manca? Sempre più spesso considero meglio non sapere, è probabile che la consapevolezza sia grandemente sopravvalutata.

martedì 8 giugno 2010

Masquerade.

(Disclaimer: pensieri alla rinfusa, probabilmente caotici, si consiglia di evitarne la lettura.)

La mia generazione, quelli allevati da mamma tv, a cavallo tra analogici e digitali, dovrà prendere posizione, schierarsi dalla parte degli uni o degli altri. Il punto principale, che secondo me riassume bene il conflitto, è la privacy. Sbandierata dai vecchi e snobbata dai giovani.

I vecchi hanno una lunga tradizione, lunga secoli, millenni, di maschera pubblica. Frasi come scheletri nell'armadio, lavare i panni in casa, l'abito non fa il monaco. La cultura dei vecchi è fondata sull'occultamento, sul privilegio, sulla connivenza, sulla complicità. Proteggere la catena di comando, rendere inaccessibile le informazioni e la conoscenza, stabilire gerarchie. Perfino le case nelle nostre città sono fatte in modo che gli splendidi cortili e giardini siano chiusi e invisibili, in modo che possa goderne solo chi vi abita. Barriere, ovunque, materiali e immateriali.

Posiamo uno sguardo equanime sulla società analogica prima di pensare in termini digitali. Vediamo personaggi pubblici che vogliono nascondere nefandezze etiche e morali invocando la privacy, scandalizzati da intrusioni nella loro vita privata, ritenuta sacra e inviolabile. Vediamo persone che evadono le tasse però chiamano polizia, ambulanze e pompieri, mandano i figli a scuola, vogliono strade pulite e illuminate, parchi pubblici ben curati. Vediamo cittadini che hanno paura di esprimersi perché quello che dicono o scrivono potrebbero influire sulla loro vita privata o professionale. Popolazioni intere sotto ricatto, costrette all'anonimato per cause di forza maggiore.

Gli analogici hanno paura. Si rintanano, camminano addossati ai muri, si rannicchiano nell'ombra. Il loro ragionamento è: tutti hanno qualcosa di cui vergognarsi, tutti sbagliano, tutti rischiano una punizione. Meglio che tutto avvenga di nascosto, così che gli errori rimangano segreti e si possa andare avanti come si è sempre fatto, protetti da occhi, orecchie e bocche chiuse. Se vogliamo usare un termine forte, potremmo parlare di mentalità mafiosa, di terrorismo. Il postulato sembra essere l'impossibilità di realizzare una società aperta che non lo sia solo di facciata, in quanto i meccanismi per farla funzionare richiedono una sorta si gruppo elitario al comando disposto a sporcarsi le mani e la coscienza, che sa cosa che gli altri devono ignorare altrimenti il sistema diventerebbe ingovernabile. La 'gente', anche se avesse accesso alle informazioni, non capirebbe e, se anche capisse, non farebbe la scelta 'giusta'.

Dall'altra parte ci sono i digitali, con la loro totale noncuranza di quello che gli altri vedono, vengono a sapere, ottengono da noi. Mamma tv cerca di adottare anche i digitali col roba tipo il grande fratello che trasmette la vita delle persone in diretta giorno e notte, anche quando vanno in bagno, con trasmissioni con gente qualunque raccattata in strada. Ma la vera origine della mentalità open source è la Rete. I giovani pubblicano foto di se stessi imbarazzanti, permettono di far sapere al mondo dove si trovano pubblicando la loro posizione gps sulle mappe di siti appositi, non esitano a distribuire copie di opere protette da diritto d'autore a chiunque le voglia. Parlano, giocano, interagiscono via computer con perfetti sconosciuti al punto che l'amicizia sta perdendo qualsiasi connotato esclusivo di gruppo, di branco, in favore di una maggiore apertura al diverso, allo straniero. Se potessero girerebbero nudi, senza limitarsi a mostrare chiappe e ombelico. Non esiste per i digitali una giustificazioni per le barriere.

Certo, parlo per estremi, semplifico. Ci sono vecchi che da sempre sono per la condivisione ('to share' è diventata una parola d'ordine in certi luoghi, anche se parlare di luoghi non ha molto senso nel mondo della Rete), ci sono vecchi che ora sono confusi perché ai loro tempi l'idealismo era concentrato su progetti di socialità alternative, dove il potere decideva stili di vita, opinioni, programmi di sviluppo a lungo periodo. L'idealismo della Rete non ha nulla a che fare con modelli politici per la gestione delle risorse e il progresso sociale, qualsiasi forma di competizione cessa di esistere quando le risorse in formato digitale sono replicabili all'infinito.

Laddove i vecchi lavorano su oggetti fisici e trovano naturale la gestione della scarsità, la rincorsa all'eccellenza, il traguardo del benessere, l'efficienza produttiva, la soddisfazione del lavoro, i giovani non hanno mai avuto modo, finora, di sperimentare situazioni di scarsità, di bisogno insoddisfabile. I supermercati sono pieni di cibo a buon mercato, luce acqua e gas arrivano in casa, i loro genitori e loro stessi hanno condotto, finora, una vita comoda grazie a un welfare e a un incremento del reddito pro capite sostenuto col debito pubblico che proprio i giovani sono adesso chiamati a ripagare.

I giovani non vogliono più segreti. Sembra che tengano alla privacy solo perché hanno paura che qualcuno venga ad arrestarli per violazione del diritto d'autore, per aver scaricato di tutto dalla Rete. Per il resto se ne fregano di tutto ciò che invece preoccupa i vecchi. Telecamere dappertutto per combattere i reati? Va bene. Intercettazioni a tappeto? Va bene. Eliminazione dei contanti, permessa solo la moneta elettronica per debellare evasione, contrabbando, droga? Va bene. Un'email che si preferirebbe non aver mai scritto circolerà per sempre in Rete? Chi se ne frega, ieri è già preistoria, conta cosa scrivo adesso, cosa scriverò domani, la gente cambia, non è un reato rendersi ridicoli ogni tanto, meglio ammettere un errore che fingere di non averlo mai commesso e negare l'evidenza. Il mito della notorietà va in crisi nel momento in cui diventa evidente la pressione del marketing come strumento per creare simboli vuoti, finalizzati esclusivamente all'incremento delle vendite.

Questo processo più essere descritto in termini di decadenza, di perdita di contatto col mondo reale con le sue regole crudeli. Mancanza di spirito competitivo, di spinta alla supremazia, di voglia di emergere, di ambizione al successo. Assenza del bisogno di realizzazione personale come esperienza necessariamente individuale. La disgregazione dell'Ego e di tutto ciò che lo nutre. Essere più ricchi degli altri, più belli, più colti, più forti. Tutto questo si è trasformato in finzione, in mascherata. Non serve ricchezza se diventa fonte di isolamento e disprezzo. La Rete allarga gli orizzonti, aumenta gli stimoli, permette di creare percorsi di crescita autonomi, immuni al vincolo della dipendenza da un insegnante. Come è accaduto a noi generazione X con la tv, peccato che la tv è una pessima insegnante perché non ti lascia scegliere cosa imparare, anzi, ti vuole stupido. È vero che anche la Rete nutre gli stupidi, ma non solo quelli, puoi decidere tu cosa introiettare, dove andare.

La bellezza in Rete non conta, se proprio sei vanesio puoi ritoccare le tue fotografie. La forza nemmeno, non serve essere forti per usare un computer. La competizione viene sostituita dalla collaborazione di fronte a prodotti che sono come i pani e pesci del famoso miracolo. I giovani non hanno ancora scoperto quali sono le nuove discriminanti da usare per riempire il vuoto lasciato dai vecchi. Alcuni pensano che sia la quantità di gadget tecnologici che possiedi. Altri il numero degli amici che riesci a racimolare nei social network o i click sul video di youtube. L'abilità nei videogiochi, la comprensione dei linguaggi di programmazione. La scienza sta dimostrando che la Rete e il computer stanno modificando fisicamente il cervello, la rete neurale che portiamo in giro nel cranio. I digitali sono un'evoluzione della specie che sta avvenendo sotto i nostri occhi, come quei film di fantascienza dove l'uomo sviluppa le branchie o le ali.

Dopo questa immersione afrodisiaca nel mare di un mondo alieno, dove non conta come appari ma come sei, dove la meritocrazia è imperante perché bravura e talento sono giudicati dal mondo intero in tempo reale e non da un manipolo di 'esperti', dove non devi misurarti con gli amici del paese o i compagni di scuola ma scendi in un'arena dove il tuo avversario/collaboratore vive dall'altra parte del mondo. Un mondo dove c'è posto per tutti e puoi decidere se metterti alla prova andando in cyberluoghi dove le cose si fanno difficili, mettendoti in contatto con persone di grande valore, o restare dove il quoziente intellettivo medio è paragonabile a quello dei primati.

A un certo punto devi spegnere il computer e, dopo aver erroneamente pensato che la scuola fosse antiquata e avulsa dal mondo reale, ti ritrovi a vederti offrire un lavoro stupido a tempo determinato, apri la partita IVA per far risparmiare tasse alla ditta che già ti paga poco, non puoi nemmeno pensare di comprare casa e metter su famiglia perché nelle tue condizioni non hai accesso al credito senza la fidejussione nel vecchio che prende la sua bella pensione. Benvenuto nel mondo dei vecchi. Mangi pesticidi, respiri smog, puoi scegliere se restare chiuso in casa col condizionatore a manetta o andare a farti spennare per una vacanza da psicopatici tra colonne e affollamenti vari. Però hai la tua privacy, ringrazia i vecchi, non vedi che ti guardano come se tu fossi un ingrato, scansafatiche, viziato, smidollato? Non ti lamentare, non si fa in pubblico, vergognati, impara da loro, adeguati e sfrutta il sistema, trova uno sponsor, fatti furbo. Non c'è più nemmeno un estero dove scappare, siamo noi l'estero dove gli altri scappano in cerca di una vita migliore.

Digitali, a noi generazione X ci hanno fatto pelo e contropelo, adesso tocca a voi, o vi date o mossa e mandate a casa i dinosauri o resterete fregati anche voi. Se gli permettete di sghignazzare di fronte alla mentalità digitale e di trasferire nel computer tutte le barriere e i disequilibri che hanno messo nel mondo reale allora è inutile, spegnetelo subito il computer, buttatelo via. Se aspettate che i vecchi capiscano cosa si potrebbe e dovrebbe fare con la tecnologia che abbiamo a disposizione per creare una società nuova farete in tempo a morire prima che di strappargli dalle mani una briciola di potere. Non è vero che non capiscono, che bisogna spiegarglielo, la verità è che non lo vogliono, sono abituati così e finché campano non permetteranno che le cose vadano diversamente. Perderebbero soldi e potere e voti, a quello pensano, non gli interessa il futuro, tra poco saranno morti, vogliono solo vivere una vecchiaia di lusso, quelli che vengono dopo si arrangino. Non vi sembra di sentirli ridere a volte, nella privacy delle loro stanzette?

giovedì 3 giugno 2010

Cultural divide.

È difficile seguire la vicenda, capire, approfondire, dipanare la matassa di quanto successo al largo di Gaza. I giornali abbaiano come una muta di beagles sulle tracce di una volpe ferita. Sono pochi i punti fermi che sono riuscito a trovare tra le varie opinioni personali, la cronaca delle manifestazioni, le manovre politiche che sembravano attendere proprio l'avverarsi di un evento del genere per dare il via a un nuovo pressing diplomatico.

Le persone sulle navi dirette a Gaza sono stati definiti pacifisti. Quando qualcuno ha approfondito la questione ha cominciato a chiamarli attivisti. Dopo un po' c'è chi si è spinto a usare la parola provocatori. Netanyahu li ha chiamati terroristi, alludendo probabilmente a un fiancheggiamento politico più che a progetti d'azione materiale finalizzata a provocare morte e distruzione fra i civili. Ad ogni modo alcuni pacifisti/attivisti/provocatori si erano dichiarati pronti al martirio, ovvero morire per la causa musulmana.

Alcuni fatti. Sulle navi c'era un quantitativo di aiuti umanitari inferiore a quello che ogni giorno giunge via terra a Gaza. Prima della partenza delle navi Israele ha proposto l'attracco ad Haifa, dove gli aiuti, una volta controllati, sarebbero stati messi su camion e portati via terra a Gaza. Gaza è governata da Hamas, formazione politica da sempre ostile agli ebrei e contrario all'esistenza dello Stato di Israele, che utilizza per esempio i fondi internazionali che giungono ogni volta che si fanno vertici di pace per farsi carico delle famiglie di chi accetta/si offre volontario a diventare martire.

Dire che la situazione non è semplice è riduttivo, dire che il conflitto è insanabile è lapalissiano. Finché non verranno meno i motivi ideologici, religiosi, politici che muovono uomini e mezzi per obiettivi opposti, finché questo Stato fondato nel dopoguerra verrà visto come un'imposizione immotivata, voluta da cristiani, ai danni di chi vede il nazismo come qualcosa che è accaduto altrove, ad altri, e che tutto sommato non era così sbagliato voler eliminare gli ebrei... Ognuno ha il diritto di avere le proprie idee, è un principio a cui le democrazie occidentali non possono sottrarsi senza scendere al livello di coloro che da sempre negano qualsiasi diritto che noi diamo ormai per scontato. Ma. C'è un 'ma' filosofico enorme quando si tratta di riconoscere il diritto a rifiutare tutto ciò che al pensiero occidentale è costato secoli di sudore e sangue raggiungere.

A Gaza non possono entrare tutta una serie di cose giudicate utilizzabili per costruire armi da fornire in dotazione agli aspiranti martiri o terroristi o patrioti o soldati della resistenza o poveri cristi indottrinati dal fondamentalismo estremista, li si chiami come si vuole. Ma sono anche vietate tutta una serie di cose che è difficile collegare all'organizzazione e mantenimento di attività terroristiche. Questo è il motivo per cui si è organizzata questa forzatura del blocco, alla quale hanno partecipato giornalisti, scrittori, poeti, intellettuali vari saliti sulle navi e decisi a vincere contro l'esercito israeliano o morire nel tentativo.

In ogni caso i giornali di tutto il mondo avrebbero parlato dell'evento, innalzando, come se ce ne fosse bisogno, il livello della tensione in medioriente. Favorendo i processi di pace? Non credo, per cui pacifisti non è ragionevole definirli. Attivisti e provocatori è già più sensato. Terroristi forse eccessivo, anche se l'esito di questa bravata certo non spingerà gli estremisti a più miti consigli.

In ogni caso ciò che è successo è un indizio molto significativo della debolezza di Israele. Territori occupati, blocco di Gaza, scontri a fuoco. Anche all'interno dello stesso parlamento Israeliano partiti di minoranza araba lottano per i popoli arabi che circondano questo pezzo di terra assegnato dall'occidente agli ebrei. Alcuni stati arabi accettano, almeno formalmente, il diritto di esistere dello Stato ebraico, anche se non sono disposti ad appoggiarlo, a difenderlo, né si strapperebbero i capelli se domani non esistesse più. Anche alcuni stati occidentali sembrano sempre meno disposti a sacrificare interessi, soldi e tanto meno uomini per aiutare Israele.

Insomma il paradosso è che chiediamo a Israele un comportamento ineccepibile, da vera democrazia occidentale, in una zona del mondo che è ben lontana dagli standard cui noi siamo abituati. È come mettere una città moderna nel medioevo e chiederle di non imbarbarirsi. Come abbandonare un bambino cresciuto a Manhattan in mezzo alla giungla e chiedergli di aspettare lì, seduto su un tronco, che arrivi la civiltà, senza però danneggiare l'ambiente che lo circonda. Se fosse un libro e non la realtà il mio finale sarebbe questo: Israele depone le armi, allarga le braccia e grida 'Se proprio volete uccidermi allora fatelo ora! Se non lo fate adesso, subito, allora rinunciate per sempre.' Così, a finale aperto, decida il lettore quale sarà la reazione del nemico. Nella realtà probabilmente dovremmo cercare un posto in europa o negli usa dove trasferire gli ex abitanti di quello stato che si chiamava Israele.

La domanda è: se per ipotesi prendessimo Israele e ce lo portassimo in occidente, poi l'abisso che separa occidente da medio-oriente, non parliamo dell'oriente per ora, svanirebbe come per magia o si passerebbe alla fase successiva, più vasta e definitiva, del conflitto? È davvero possibile un confronto in grado di aprire una via d'uscita realistica senza che una delle due parti, chiamiamole per semplicità cristiani e musulmani, abbandoni le sue idee e rinunci ad essere se stessa? Sono così diverse da far pensare che siano inconciliabili, destinate a vivere su due pianeti distinti. Entrambe hanno come obiettivo la conquista dell'altra, dovessero volerci secoli, non importa l'accettazione di compromessi temporanei, la strategia è quella dell'assimilazione. Non esiste il modo di far nascere una società che possa accontentare entrambe, quella proposta dagli idealisti richiede che tutte le culture muoiano per lasciare il posto al sogno di un mondo nuovo, un uomo nuovo utopisticamente a-culturale e sovra-culturale. Come se fosse possibile dare un colpo di spugna al progresso dell'umanità senza estinguere quasi completamente la specie umana. Certi idealisti li trovo più spaventosi dei terroristi.