giovedì 22 marzo 2012

Liberi di non esserlo

Come il giusto non è mai completo anche la libertà non mai assoluta. Dato un sistema di regole qualsiasi ci sarà sempre qualcuno che si sente fin troppo libero e chi si sente prigioniero. È un fenomeno sociale anch'esso paragonabile a eventi fisici, che obbediscono a leggi universali o comunque a vincoli di realtà. Anche parlare di libertà è spesso solo un modo per imporre un volere che si ritiene preferibile il linea di principio o per via delle finalità che si perseguono. Sono tante le parole chiave che simboleggiano l'assolutismo ideologico di un'epoca che ha fatto suo l'estremismo sentimentale e il fondamentalismo positivista, esplicitandoli all'interno di un'economia sviluppata per mezzo di un'impennata tecnologica unica e irripetibile, basata su risorse destinate a un rapido esaurimento. Questione di decenni e ci lasceremo alle spalle una parentesi durata più di due secoli. Tutto è collegato, non si può parlare di cultura come qualcosa che avviene al di fuori delle concrete situazioni esistenziali della popolazione, che ignora guerre, ideologie, invenzioni, redditi, diritti. E parlare di cultura significa anche parlare di libertà, se si ha la libertà di farlo.

Non si ha la libertà di parlare della libertà per tanti motivi: perché è una parola sequestrata da un partito politico o da un movimento eversivo, perché in un certo periodo storico o in un certo luogo geografico è una parola che viene associata a altre parole meno condivisibili tipo libertà sessuale, libertà dei mercati, libertà di movimento di merci e persone. La libertà è anch'esso un valore bifronte, una lama a doppio taglio, come il giusto di cui ho parlato qualche giorno fa e come tanti altri concetti che servono per dividere e non per unire, come quel tizio venuto a portare il fuoco sulla terra, no, non Prometeo, nemmeno un qualsiasi lucifer mitologico, quell'altro. La libertà è più complicata da gestire per via dei paradossi che genera fin dal principio, quando si discute fra il dire e il fare. Perché si può dichiarare che esiste la libertà di, che è lecito, che si può, ma non basta a impedire che ci sia paura a esercitarla, o se non paura convenienza, o preferenza per quieto vivere. È qui che si distingue una società libera da una che no, uno stato libero da uno che no.

Per esempio puoi garantire la libertà di pensarla come si vuole, di dire quello che si vuole, di credere in quel che si vuole. Grandissime libertà. Fondamentali per l'espressione completa di un essere umano. Eppure nei fatti queste libertà non esistono. Mai. Da nessuna parte. Non solo il mondo è ingiusto ma adesso salta fuori che la libertà è un'illusione. Nessuno è libero. Siamo solo liberi di crederci tali. Dove andremo a finire, signora mia? Che tempi viviamo! Non voglio nemmeno ascoltare certe sciocchezze, andiamo via. Prego, signora, l'uscita è da quella parte, liberissima di tapparsi le orecchie. Dicevo la libertà è solo di chi non si trova in condizione di doverla esercitare. Ti senti libero se ti esprimi con belati, hai le corna e sei circondato da caproni. Ti senti libero se sei biondo con gli occhi azzurri e sei circondato da svedesi. Ti senti libero se le tue opinioni, quello che pensi e quelli che hai la libertà di dire, coincide con quello che pensa e dice la gente attorno a te. Il giorno in cui tutti dicessero cose che ti irritano cominceresti a capire cosa significa libertà.

E fin qui non sarebbe nulla. Semplice dialettica, dialogo, confronto, amorevole fratellanza, convivenza pacifica. Se ti piace sgozzare galletti e imprigionare anime in vasi di terracotta invocando il baron samedì allora cominci a trovarti a disagio se ti trasferisci da un'isola dei caraibi in una cittadina texana dove si gira con speroni e pistole e si fa il barbecue tutte le domeniche. Ma d'altro canto che senso ha parlare di libertà se tutti la pensano allo stesso modo, fanno le stesse cose, nessuno si prende la libertà di. Per cui parliamo sempre di libertà relativa, di un certo grado di libertà, potenziale ed effettiva. Se qualcuno vi dice libertà come se dicesse una cosa infinita probabilmente si confonde con la prima volta che ha sperimentato l'orgasmo, sorridete a annuite fino a quando va a rompere le scatole a qualcun altro. Altro paradosso, stavolta a valle, della libertà, è che assume importanza in funzione di quanto poca si percepisca di averne. Come l'amore: più ne hai e più lo dai per scontato, più ti sembra inutile. Più ne dai e più ti sembra rubato, eccessivo, svalutato.

Invece in questi tempi di stupidità benestante il giusto, la libertà, l'amore sono oggettivizzati, reificati, svalutati dal materialismo come i giocattoli smontati e resi irreparabilmente inutilizzabili da un bambino curioso, per vedere come sono fatti dentro, come funzionano; se lo fai con una cosa viva poi non ti stupire se diventa fredda e morta. Se non lo fate ora non importa, ho tempo, posso aspettare, arriverà il giorno in cui mi darete ragione. Facciamo degli esempi. Quanta libertà se è necessario discriminare per dare lavoro a qualcuno? Discriminare intendo sia per motivi ideologici che economici. Per esempio non ottieni i finanziamenti pubblici perché passano dal partito al momento al potere. Oppure perché il pubblico non compra prodotti che lo identificano con una posizione politica: tipo il disco di un cantante impegnato che si è schierato a favore o contro un canditato alle presidenziali. E la libertà è un prezzo molto alto da pagare quando significa rifiutare di essere pagati per quel che si fa, e in molti casi lavorare si riduce a quello: venire pagati per cose in sé prive di valore.

Ma anche la possibilità di accoppiarsi è un valido incentivo a pensare le cose che ti fanno sentire libero e non quelle che ti fanno sentire strano. Dire le cose che ti procurano click sul tasto 'mi piace' da parte degli altri e non quelle che la gente inizia a far finta di non conoscerti. La libertà ha un prezzo altissimo, sempre, che può arrivare a dare la vita, a morirci sopra. Quei finali da morì povero ma felice, morì in prigione ma in pace con se stesso, venne torturato ma non rinnegò né una volta né tre. Di libertà se ne riempie la bocca chi si schiera dalla parte dove la libertà è gratuita, perché quelli che conoscono il prezzo della libertà autentica sanno che è un pessimo affare. Chi combatte per la libertà combatte per imporre la propria perché non esiste potere, istituzionale o emergente dalla coercizione della maggioranza, che non sia illiberale. Non è un discorso anarchico, l'anarchia tratta la libertà come l'ateismo tratta dio: escludendolo, squalificando l'interlocutore, ignorando il problema.







[Da qui si può smettere di leggere.]





Nel paese in cui sono nato e in cui vivo, per fare un esempio che conosco ma anche altrove è la stessa cosa, anche peggio, è la società umana che è fatta così, dal branco di primitivi che vivono nelle grotte ai giaccacravatta sempre in riunione a commentare grafici. Nel paese in cui vivo non esiste una destra di stampo anglosassone, perfino il termine 'destra' è offensivo. Di conseguenza tutto ciò che non è considerato di sinistra diventa automaticamente sospetto, brutto, malvagio. Un clima dove la mancanza di libertà si misura in quanti si dichiarano di sinistra, tantissimi, e quanti di destra, nessuno. Siamo pieni di attori, cantanti, scrittori, giornalisti, presentatori, calciatori, comici, musicisti, registi, professori, scienziati, industriali, sociologi, medici, tutti di sinistra o la massimo di centro, cattolici moderati, liberali riformisti. Di destra? Nessuno. Solo quelli iscritti a qualche partito che si richiama a valori della destra socialista del primo '900 che non sanno fare altro e prendono abbastanza soldi da sopportare la valanga di merda che si tirano addosso ogni volta che aprono bocca. Eppure siamo un paese libero. In Italia ci vantiamo di essere il paese più libero del mondo. Scommetto che anche i cubani si ritengono liberi in uno stato libero, una parte di essi, magari quelli che lavorano per il Leader Maximo, il Migliore, e vedono Cuba come un'isola con le fantastiche cadillac color pastello, la musica, i sigari, il rum e le belle ragazze: un paradiso per l'uomo con le palle, vedi alla voce Hemingway. Nei fatti Cuba è una dittatura dove la libertà, quella consentita e soprattutto quella esercitata, è pochissima. C'è gente che in Italia si sente libera allo stesso modo dei cubani, conformandosi al sistema, aderendo alle aspettative, non accettando di farsi spada che divide per farsi testimone vivente di una scelta di vita che va oltre, mira all'eterno, vuole dare significato a un'esistenza che non viene ridotta al quotidiano e al materiale. Non sto dicendo che sia sbagliato essere di sinistra, sto dicendo che dove non esiste la destra (la destra liberista di stampo anglosassone, non la destra televisiva della piccola borghesia, non la destra sociale del fascismo e del nazismo) è pretenzioso fingere di vivere in un paese libero. Da noi qualsiasi argomento non di sinistra viene utilizzato per etichettare di 'destra' chi lo esprime e per disprezzarlo e deriderlo come persona. Si prendono le singole persone e se ne fanno macchiette, si va a scavare nella vita privata per dimostrare che chi ha detto quella cosa di destra è una persona orribile. Al contrario se emerge qualcosa a carico di una persona di sinistra ci si volta dall'altra parte, si perdona, si inventano giustificazioni, si ribaltano le accuse facendo insinuazioni. Capite che ambientino? Uno appena appena furbo secondo voi cosa fa? Uno che vuole fare carriera da che parte si mette? Rischia di beccarsi una pistolettata nella gambe per aver firmato un articolo? Di venire ammazzato per strada per essere stato consulente di un Ministero? Esagero? Andiamo ancora più nel dettaglio: se dici troppe tasse fai demagogia perché le tasse sono belle e la colpa è degli evasori. L'immigrazione è un problema? Sei razzista, gli immigrati ci servono, fanno lavori che noi no, fanno figli che noi no. Statalismo? Sei anarchico, neoliberista, non ami l'Italia che i partigiani sono morti evviva Garibaldi. Aziende pubbliche? Finanziamenti pubblici? Vuoi la privatizzazione selvaggia, vuoi togliere diritti al popolo. I servizi pubblici sono costosi e di infima qualità? Servono più soldi, lo stato deve investire di più, è colpa dei tagli orizzontali. Il mercato è soffocato dalla burocrazia? Vuoi il far west nell'economia. I tempi e i modi della giustizia sono da terzo mondo? Attacchi la magistratura. Terrorismo rosso? Colpa dei servizi segreti deviati e della P2. Questioni etiche morali come aborto famiglia eutanasia? Sei un bigotto cattopirla baciapile amico dei preti pedofili, oppure un berlusconiano puttaniere corruttore padrone del vapore. Troppo debito pubblico? Colpa di agenzie rating e speculatori che ci hanno messo sotto attacco. Troppa inflazione? Colpa della finanza e dell'Europa dei banchieri che ci hanno messo nei pigs. La crisi economica? Colpa di wall street e di Bush. Troppa spesa pubblica improduttiva? Vuoi togliere il pane di bocca a chi non arriva a fine mese. Israele? Palestina! Usa? Imperialismo, individualismo egoista, luogo infernale dove il capitalismo fa morire di fame i poveri per strada e i malati senza soldi non vengono curati. Polizia? Assassini, fanatici delle armi incapaci di ribellarsi al potere. Questo è un paese libero, figurati se non lo fosse. Sentiamo, sei libero di scegliere di tirarti addosso i romani e i farisei, vivere tutta la tua vita isolato, solo tu e la tua cazzo di libertà, oppure puoi farti i cazzi tuoi, se proprio non vuoi partecipare cerca almeno evitare di metterti di traverso, pensa a fare soldi costruendo mobili nella falegnameria di papà e andare a pescare con gli amici nel weekend, cosa fai? In Italia, oggi, tu, che ti credi tanto libero, quanto facile ti viene esserlo? Quante opinioni non di sinistra hai? Non che me ne freghi, a me la politica fa schifo, tutta, ma non posso parlare di libertà così, sui generis, senza entrare nel merito per paura che sennò magari a qualche militante fanatico gli va il sangue alla testa e la bava alla bocca.

martedì 13 marzo 2012

giusto per ogni x compreso tra

Giusto in matematica significa il risultato cercato, l'unico valido. Quando fai finta che la morale sia un sottoprodotto della logica, a sua volta proiezione di un metodo scientifico, dentro un complesso teoretico di assolutismo razionale, a quel punto ci si è spinti troppo oltre, è andato perduto il contatto con la realtà. Si tratta di una deriva intellettuale positivista molto in voga da parecchi anni, un incubo a occhi aperti di conformismo imposto dalla scienza che attraversa tutte le espressioni della vita umana, intacca la sfera ludica e quella lavorativa, il privato e il sociale. La delimitazione del campo di una variabile nel caso dei valori, in questo caso la giustizia, declinata in equità, solidarietà, uguaglianza, non viene applicato. La matematica non muta il campo di applicabilità di un teorema a seconda di convenienza o consenso, non viene deciso a maggioranza se le rette sono parallele solo in un piano euclideo. Nel campo morale invece non esistono valori che sono tali o meno a seconda del punto di vista: pensate al cannibalismo, all'incesto, passate alla presunzione di innocenza e alla non imputabilità dei minori. Quando uno scienziato vi parla di giusto e sbagliato in termini indiscutibili, come se stesse parlando dei buchi neri o della termodinamica, mettetevi a urlare e scappate, oppure sorridete e fate finta di niente che tanto prima o poi si muore tutti lo stesso.

La democrazia moderna invece si basa esattamente su questi due principi cardine in concorrenza fra di loro: il consenso e la maggioranza. Per avere consenso devi dare dei diritti, ovvero dei soldi, perché di solito i diritti implicano spendere soldi per garantirli. La maggioranza è di per sé ingiusto come principio generale per ottimizzare un processo decisionale: il fatto che lo vogliano in tanti significa solo che sono in tanti a desiderare che vengano spesi soldi per garantire questo o quel diritto. Il diritto alla salute implica un costo, lo stesso la scuola, la sicurezza, l'aria pulita, produrre e consumare, tutto ha un costo e qualcuno lo deve pagare. Qui scatta l'inghippo che porta al fallimento: sono i ricchi che devono pagare. Logico, se uno è povero con cosa paga che non ha un manco un tollino bucato in saccoccia? Se servono soldi li vai a prendere a chi li ha. E quando dico soldi intendo risorse materiali. Immaginate un paese povero dove non esistono industrie ma solo coltivazione e allevamento, perché no? Forse non può esistere la giustizia in un paese povero? Certo che può, a patto che il livello dei servizi garantiti dallo stato per diritto siano di pessimo livello. I soldi li vai a prendere ai ricchi, a chi coltiva e alleva. La matematica stessa dice che esiste un punto in cui conviene non coltivare e non allevare perché ti girano i coglioni quando tu ti stai ammazzando di lavoro e quando vai al bar vedi uno che campa di sussidi statali e manco ti ringrazia, anzi, ti insulta.

Abbiamo dunque la democrazia come sistema di governo di lusso, per paesi ricchi, dove si prendono i soldi dei ricchi per garantire dei diritti. Sembra una forma di altruismo legalizzata ma non lo è. Si tratta di uno scambio: i ricchi pagano la pace sociale, è un contratto. Pagano le forze dell'ordine e la magistratura, che sia la masnada del feudatario o i corpi speciali del presidente, per vivere sicuri e tranquilli. Pagano la scuola pubblica perché si pensa che gli stupidi, se li istruisci e gli dai la paghetta settimanale, si convinceranno di essere dei nobili geniali e si comporteranno come si deve, tranne il venerdì sera, che si devono pur sfogare. È qui che si comincia a comprendere il meccanismo delle democrazie socialiste. Sono socialiste a prescindere che permettano o meno la proprietà privata, il profitto, l'interesse sul capitale. Sono socialiste a prescindere che utilizzino le elezioni per scegliere i governanti o ci sia un principe, un dittatore, un generale, un presidente. Sono socialiste quando garantiscono servizi pubblici, quando utilizzano un metodo progressivo di imposta, quando sfruttano il consenso per andare al potere e poi si trovano obbligati a garantire diritti costosi trovandosi di fronte al un bivio: o li garantisci a un livello scadente o li finanzi, con inflazione e svalutazione o con debito pubblico che grava sulle future generazioni. Non è difficile da capire, non so perché nessuno si decide a parlarne, forse si aspetta che finisca il petrolio, che i bilanci statali esplodano, non saprei.

Ricapitoliamo. Ogni diritto ha un costo che nei paesi poveri implica servizi di livello scadente o deficit di bilancio statale. La democrazia è uno strumento che necessita consenso e il consenso si ottiene combattendo per il riconoscimento di nuovi diritti, sempre più costosi, dal diritto di parola al diritto alla casa, dal diritto di protesta al reddito erogato dallo Stato a tutti i cittadini in possesso dei requisiti. Si passa da tasse pagate dai contribuenti in cambio di un servizio, per quanto scadente, quale può essere la polizia o le fognature, una vaccinazione obbligatoria o un ponte, a tasse pagate per cose 'giuste' di per sé. Si passa un valore di convenienza oltre il quale è preferibile essere poveri, essere dalla parte di coloro che non si addossano il peso economico dell'intera faccenda, e il circolo vizioso del socialismo si manifesta in odio verso chi è ricco perché 'non è giusto' e amore verso chi è povero, verso nuovi diritti premianti/punitivi nei confronti di chi non rientra nei parametri del valore medio, della mediocrità. Qui c'è il confine, qui finisce il campo entro il quale ha significato il teorema del giusto e sbagliato. Fino a quando il paese è abbastanza ricco per potersi permettere livelli crescenti di politiche socialiste va tutto bene. Va bene se ha pozzi di petrolio, industrie che esportano, miniere, foreste, poca popolazione in rapporto alle risorse disponibili sul territorio. Altrimenti inizia a impoverire sistematicamente i ricchi, che nel caso dei ricchi di un paese povero sono i poveri di un pese ricco, e qui parte il confronto tra Stati, perché se non è giusto all'interno dei confini nazionali, perché dovrebbe esserlo tra europei e africani, tra asiatici e americani?

Per cui teniamo presente il lato economico nelle discussioni politiche. Il giusto e lo sbagliato di per sé non significano niente. Il mondo intero è sbagliato. L'universo è sbagliato. Dio è insensibile e non risponde alle preghiere, non fa più miracoli e se ne frega del povero Giobbe. Muore l'eroe e l'empio campa mill'anni. Da decenni la febbre positivista illude i suoi discepoli riguardo alla possibilità di un mondo più giusto, sempre più giusto, in compagnia di un'economia delle risorse infinite che promette un mondo sempre più ricco, una medicina col miraggio di un mondo sempre più sano. C'è questa curva iperbolica della fede in promesse vane che è così romantica da commuovere i più ingenui, sempre alla ricerca di consolazioni nel mondo reale, di progetti in grado di sconfiggere la soggezione che si prova di fronte all'autorità invisibile e insensibile dell'universo panteista, ma post-spinoziano, un new age da natura matrigna, la disperazione di un orfano vendicativo alla ricerca dei veri genitori, come i protagonisti dei cartoni animati giapponesi, delle favole ottocentesche, dei racconti educativi e della trame da film che si trascinano a conclusione di quest'epoca agli sgoccioli, questo capitolo della cultura a cui restano pochi decenni di vita. Da oggi cercate di tenerlo presente, se ci riuscite, mentre venite bombardati dai media e fate tutto quello che ci si aspetta da voi, mentre vi fate venire l'acquolina davanti alla pubblicità e accettate di avere le reazioni emotive previste dal comiziante indignato in vena di omelie elettorali, quando sognate dentro a un libro o a un film e poi odiate lo specchio per settimane intere.


(Geronimo, capo di una tribù Apache, a bordo di una Locomobile Model C, nel 1904. Geronimo è quello al volante.)

lunedì 5 marzo 2012

parola aramaica che significa frantoio

Certi intellettuali, moderni tribuni che sfogliano un manuale studiato all'università come se fosse il codice civile del gusto, inquisitori evoluti il cui testo sacro è un compendio di regole che vanno per la maggiore. Certi intellettuali, soldati in guerra per la conquista del senso critico così dediti alla causa da essere pronti a sacrificare il buon gusto. Poi vedi lo scrittore che insulta il cantautore nel giorno del suo funerale e al contrario vedi l'attore che esalta il pittore anche se l'ha sempre detestato, sguazzando nella pantomima, la scena madre del comportamento adeguato. Certi intellettuali piromani che sfruttano l'effetto incidente, dove al posto del corpo da estrarre dai rottami fumanti dell'autovettura c'è un autore che guarda fuori dalla finestra, prigioniero di un'opera data alle fiamme.

Perché oggi nessuno si ferma a guardare un bel gesto, nessuno applaude l'eccelso, nessuno è alla ricerca del bello e del buono, no, è considerato ingenuo, infantile, poco realista, atto pusillanime di chi non vuole accettare un mondo schifoso, le realtà depressiva, un mondo da odiare. Se non ti arrabbi sei complice dei pochi che stanno bene e se ne fregano dei molti che stanno male. Se punti il dito per esaltare e non per indicare la posizione del nemico, allora sei un agente del male che inganna e illude sulla durezza della vita e la malvagità umana. Un ambiente ideologico dove solo il potere è in grado di salvarci, punendo il male, abbattendo coloro che non combattono al fianco degli eroi protagonisti di una storia-avventura marxista-holliwodiana, i ribelli, i bastian contrari, i protagonisti di storie che vendono milioni di copie.

Si devono scartare le opere belle, le opere così così, si devono trovare le opere brutte e darsi da fare su quelle, in modo che il pubblico si fermi a buttare monetine nel cappello, metta una firma, dedichi cinque minuti di tempo prezioso, faccia audience, clicchi, non cambi canale, per la possibilità di osservare nascosti dietro un cespuglio, un monitor, un foglio di giornale, ci si goda lo spettacolo di un peccatore che paga per i suoi peccati, un brutto che viene deriso dal comico o spiegato dallo scienziato o rimproverato da un cavaliere protettore dell'estetica. Persone intente a litigare fra di loro su tutto, dando importanza a sciocchezze solo per un questione di principio, di partito preso, sfacciati per non rimetterci la faccia, in un duello di insulti legittimi combattuto fino all'ultimo brandello di reputazione.

E chi critica il critico passa dalla parte del torto, perché ci si appella alla libertà, al diritto. Chi critica il critico diventa l'avvocato difensore della vittima sacrificale, dell'imputato, della strega, del capro espiatorio del giorno. Il pubblico si emoziona quando entra in gioco l'avvocato difensore, è come vedere qualcuno che si mette tra i leoni e i cristiani. Spesso è la vittima stessa che cerca di difendersi, col critico che si finge dispiaciuto e fa l'occhiolino al pubblico, come dire povero autore, mi fa pena, non voglio infierire. Quando salta su un avvocato difensore invece si può parteggiare, fare il tifo, innocentisti e colpevolisti, buoni e cattivi, nel solito gioco delle parti che ti sembra la norma per via che chiunque lo trova insopportabile non lo può contestare senza entrare a farne parte, e allora si allontana, sta zitto, così che sembri normale allo spettatore che al mondo non esista niente all'infuori dello scontro tra le parti in causa.

Questo è il grande inganno del conformismo sociale, oggi si fa in televisione quel che si faceva al Colosseo. Cambiano i contenuti, cambiano i supporti mediatici, ma non cambia l'essere umano, che sia preso singolarmente o in logiche di gruppo. Ci sono periodi in cui si cercano le cose belle per stare bene e periodi in cui si cercano cose brutte per stare male. Perché si gode a star male e si gode a far star male gli altri, si gode a trasformare un gesto violento in un atto di giustizia, come gli occhi spalancati e i grandi sorrisi della folla che assiste alle impiccagioni in piazza. Si è tutti bambini, bambini che giocano a fare i grandi. E fin qui si può dire è così, non importa, faccio finta di niente, ma dall'altra parte quando trovi uno che si appassiona a qualcosa che reputa bella, di cui ti elenca i pregi, che ti consiglia di provare, ti chiede di avere fiducia, ti invita a lasciare tutto e seguirlo, ecco che sospetti il marketing, la truffa, perché nessuno fa niente per niente, la propaganda e le campagne promozionali.

Non c'è più niente di bello e solo del brutto si può esser sicuri. Non c'è più niente di buono che non si ottenga punendo il cattivo. Ecco perché è così importante proteggere con tutte le proprie forze, per impedire che si spenga la piccola fiammella di virtù che da qualche parte tutti noi dobbiamo pur avere, o aver avuto. A volte succede che sia faticoso convincersi che non sia futile e viene voglia di ritirarsi nella pace relativa della solitudine, a parlare da soli o con chissà chi. A volte si prende nota del fallimento di condotte davvero anticonformiste, che sono tali non perché vogliono cambiare qualcosa ma perché aspirano a non cambiare, al paradosso del far parte di una comunità alla quale non sentiamo di appartenere, e a quel punto soffriamo davvero la mancanza di un amore qualunque, anche provvisorio, fittizio, mercificato, perché immergersi nella realtà, rendersi concreti, non è comunque sufficiente a placare il bisogno di appartenere a qualcosa di più grande di noi, di guardare in alto, lontano.