tag:blogger.com,1999:blog-23246485434520087592024-03-21T09:43:46.717-07:00Titolo a casoRaffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.comBlogger115125tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-3290131705205642262012-04-20T03:37:00.000-07:002012-04-20T04:01:40.658-07:00Incognito<div style="text-align: justify;">
La letteratura, come qualsiasi attività umana, necessita di riconoscimento. L'appagamento dell'autoreferenziale fa capo a capacità critiche e risorse di autostima chiamate a superare la forza dirompente dell'ostracismo, l'arma sociale preferita nelle società umane che nemmeno le scimmie sono così crudeli da utilizzare. Puoi essere l'orologiaio più capace del mondo e non trovare non dico acquirenti per le tue sveglie, ma nemmeno esperti in materia disposti a fare pubbliche ammissioni. Ci vuole una grande forza interiore per fare a meno del riconoscimento pubblico, ufficiale, è rivoluzionario l'atteggiamento del fuori concorso, di chi non partecipa alla competizione perché non condivide le regole o denuncia la soggettività delle premiazioni. Perché se fai orologi puoi dimostrare che i tuoi sono più precisi, ma non puoi dimostrare nulla se scrivi, canti, reciti, fotografi, pensi, fai cultura.
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È facile paragonare all'onanismo la pratica di chi non rivolge la sua produzione a un pubblico. È facile paragonare a facili costumi chi dà via la sua produzione gratuitamente. Il paragone col sesso è calzante: se lo fai per te stesso non va bene, se lo fai gratis al primo che passa non va bene, se lo fai a pagamento col primo che passa è già più accettabile, e in fondo è quello che fanno tutti coloro che hanno successo. È raro che qualcuno venga riconosciuto per un lavoro non espressamente finalizzato a gratificare un acquirente ben identificato, che sia l'adolescente con soldi in tasca per comprare canzoni d'amore, che sia il partito politico che vuole modificare i comportamenti sociali, che sia il cittadino medio che occupa una fascia di mercato lasciata scoperta. Se invece pensate davvero che la cultura sia un fiore spontaneo allora vi lascio tranquilli a brancolare nei dolci pascoli dell'ingenuità.
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Prendete per esempio il testo di una canzone di un cantautore famoso, di quelli che gli danno le lauree honoris causa, che ogni tanto salta su qualcuno a dire che dovrebbero insegnarle a scuola. Sembra un testo fantastico, pieno di emozione e sentimento, di una profondità abissale in grado di far piangere i sassi, lo è fino a quando non immaginate che l'abbia scritto un liceale brufoloso sconosciuto, uno che si comporta male, dice le parolacce e fa il buffone. A quel punto ditemi che non andate in tilt. Non c'è il personaggio sul palco, vestito così, coi capelli così, il tatuaggio, il trucco, oppure con l'aria normale del bravo ragazzo, insomma non c'è materiale per dargli un riconoscimento ufficiale. Se il vostro cameriere scrivesse una poesia e ve la mostrasse voi lo guardereste come si guarda un cane finito sotto la macchina. La stessa poesia riportata in tv e sui giornali, citata da giornalisti e trasmessa alla radio diventa un capolavoro.
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Non è colpa di nessuno. È così che funziona. Il pubblico, tranne rare eccezioni, non è in grado di giudicare da sé il valore di opere culturali. La gente si appoggia al riconoscimento ufficiale. Una volta questo riconoscimento veniva dall'alto, c'era un establishment, un'intellighenzia che decideva chi riconoscere. Nelle dittature venivano riconosciute solo opere grate al Partito, il resto era underground, era dissidenza, era rivoluzionari-reazionari che rischiavano galera, tortura, campi di rieducazione e condanne a morte. Adesso l'underground è diventato nazional-popolare, adesso il riconoscimento è dato dalle copie vendute e non dai premi della giuria, adesso sei scrittore perché il tuo libro è stato pubblicato, lo sei ancora di più se hai venduto tante copie. Adesso ci sono case discografiche, case editrici, vere e proprie industrie commerciali che non hanno nulla di culturale ma fanno un investimento sull'autore, analizzando le preferenze di mercato, programmando la sua carriera a tavolino, comprando la popolarità dell'autore adottato e inserito nella scuderia aziendale a suon di promozione e visibilità mediatica.
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Ecco perché io ho scritto qui sul web, in questi anni, solo per mio figlio, per dimostrargli che non ho mai avuto paura di mostrarmi per quello che sono, che non ho niente da nascondere, mio figlio è il mio unico pubblico, l'unico pubblico che mi sia mai interessato. Ecco perché non me ne frega niente, in fondo, di essere riconosciuto dal mondo quando parlo del mondo, dell'economia, della filosofia, dell'arte, e me ne tornerò presto a farmi gli affari miei, a giocare a gw2, fare passeggiate, dedicarmi a hobby privati che non necessitano né aspirano ad alcun riconoscimento pubblico, tornerò a far finta che non esista questo baraccone mediatico e neppure i clienti che gli danno modo di funzionare. Perché anche l'amore ha bisogno di riconoscimento per esistere, non puoi dire di aver sperimentato l'amore se hai sempre e solo amato te stesso, perfino un dio non sarebbe tale senza qualcuno in grado di riconoscerlo come tale. Ma anche pretendere di essere dio è superbia, foss'anche dio a pretenderlo, il risultato è che siamo liberi, e per me essere libero e avere la capacità di rendermene conto è più che sufficiente, anche a costo di dover bastare a me stesso.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuCZRSA_a8GCel33m9q_HIKUO3vXm4NVyoLNGEnu2y_0vX69aK_rI-6-ADSSua22YIaxr68Xuef4gY3hZM-QePz3ZrRKn2BVQX1xNZQN2clWVCOsib_G8j_bMWLPJoK4rNNqseEhfc/s1600/santa+block.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuCZRSA_a8GCel33m9q_HIKUO3vXm4NVyoLNGEnu2y_0vX69aK_rI-6-ADSSua22YIaxr68Xuef4gY3hZM-QePz3ZrRKn2BVQX1xNZQN2clWVCOsib_G8j_bMWLPJoK4rNNqseEhfc/s320/santa+block.JPG" width="320" /></a></div>
<br /></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-26281293089222117682012-04-11T03:06:00.000-07:002012-04-11T03:06:04.547-07:00Omeopatia<div style="text-align: justify;">
Premetto che io sono un deficiente. Come deficiente ho il diritto di dare del deficiente a chi mi pare, è come se un nano dà del piccoletto a qualcuno. Detto questo parto col dare del deficiente a tutti quanti. Se qualcuno vuole darmi del deficiente di rimando, tipo specchio riflesso all'asilo, per me va bene, non ho problemi a ritenermi un deficiente. A me piace sentirmi un deficiente, perché i deficienti ignorano, fischiettano camminando sotto i carichi sospesi e non gli cade mai in testa il pianoforte come nei cartoni animati, e se anche gli cade pazienza, non se ne sono accorti. Anch'io non voglio rendermi conto di niente, voglio essere un deficiente sereno e spensierato, che si gode le piccole cose e ha sempre il sorriso in tasca. Che non si sente responsabile di niente,anzi, gli altri si devono sentire responsabili di me, che sono solo un povero deficiente. Quindi se qualcuno vuole darmi del deficiente come io do del deficiente agli altri, si accomodi, sfonda una porta aperta.
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A proposito di deficienti. All'inizio avevo il dubbio che l'impressione di un mondo pieno zeppo di deficienti fosse sbagliata. All'inizio pensavo fosse un problema mio, che vedevo deficienti ovunque, ero una specie di psicotico asociale meritevole solo di incappare nella sottile e crudele punizione sociale che si concretizza nella solitudine e nel senso di colpa: vai in un angolo e riflettici sopra, come si fa coi cani che hanno pisciato sul tappeto. Mi dicevo smettila di vedere deficienti ovunque, smettila di arrabbiarti per la sensazione sgradevole di avere a che fare solo con deficienti. Mi dicevo il mondo non è pieno di deficienti, è solo un effetto ottico deformante. Ragionavo: se davvero ci fosse pieno di deficienti la specie sarebbe estinta. Pregavo: dicevo liberaci dal male e intendevo liberaci dai deficienti, me compreso se è necessario, npon mi tiro indietro. Questo per far capire quanto mi spaventasse l'idea che ci fosse pieno di deficienti, un po' come essere sul pianeta delle scimmie. Cioè, lo siamo, intendo scimmie poco evolute. Cioè, in effetti lo siamo, scimmie molto poco evolute. Ok, come non detto, riparto dall'inizio.
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All'inizio pensavo che la paranoia del ritenersi in balia dei deficienti fosse imputabile a media imbottiti di deficienti. Mi credevo che ci fosse pieno di persone intelligenti, solo che erano tenute fuori dal giro e imboccate con libri di merda, tv di merda, giornali di merda, politici di merda, gente di merda. Mi dicevo è una specie di tirannia dei deficienti che tiene in schiavitù una maggioranza di intelligenti a cui si impedisce di parlare e di fare. E con questa certezza illusoria e consolatoria ho tirato avanti parecchi decenni. Ero un deficiente contento, convinto di essere circondato da intelligenti nascosti nei cespugli, mascherati da deficienti. Una setta segreta di intelligenti stava organizzando la rivoluzione per liberarci dalla tirannia dei deficienti, era solo questione di portare pazienza, aspettare, dar modo agli eventi di realizzarsi. Un materialismo storico dove al posto dei poveri c'erano gli intelligenti, altrettanto numerosi a desiderosi di riscatto sociale. La fantascienza profetizzava energia gratis in abbondanza per tutti, immortalità, iperrazionalismo esasperato con picchi di amore per l'alveare, l'annichilimento dell'individuo che è come accettare di essere inutili replicabili deficienti corpi meccanici.
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Un grande spot pubblicitario, una immensa campagna elettorale, dove trionfa l'ottimismo della ragione, dove nutrire fede nella scienza assicura un paradiso tecnologico alle future generazioni. Tutte balle, tutte stronzate. Bisogna essere deficienti per mettere in piedi una Storia che si svolge nel mondo come una fottuta narrazione dove è previsto un lieto fine alla disney per non deprimere consumatori e consumi. Meno male che sono un deficiente, pensa la sofferenza che implica essere intelligenti in un mondo di deficienti. Io voglio essere deficiente, di più, voglio essere più deficiente della media, voglio non capire un cazzo, non sapere un cazzo. Voglio mangiare dormire scopare ridere, una bella vita romantica con tanto di vecchiaia serena, con quella luce diffusa da vetro appannato che utilizzano nei film quando vogliono simulare la commozione. Voglio essere un deficiente che crede a tutto, a qualsiasi religione e all'ateismo, mi bevo tutto, dagli occhiali da sole firmati che mi fanno assomigliare all'attore famoso all'arrivo dei vulcaniani col motore a impulsi, mi bevo che un giorno saremo tutti uguali, la stessa faccia lo stesso destino, non esisteranno più i poveri e il pianeta distrutto si rivelerà una balla raccontata dal governo per farci stare buoni, come le brutte favole che si raccontano ai bambini deficienti, tutto quadra, infatti io sono un bambino deficiente, e anche tu.
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All'inizio pensavo che la statistica fosse così, come una collina: tante persone intelligenti in cima e qualche deficiente giù in fondo, nella valle, dove c'è poco ossigeno. Poi ho riflettuto che di ossigeno c'è n'è meno ad alta quota. C'era qualcosa che non tornava, vuoi vedere, mi chiedevo ridendo per l'assurdità dell'ipotesi, che il mondo è veramente, davvero davvero, pieno zeppo di deficienti? Vuoi vedere che essere deficiente è la normalità? Ah, che sospiro di sollievo, allora io che sono deficiente vuol dire che sono normale. Che fortuna, pensa la sfiga se fossi intelligente, mi sentirei di merda in mezzo a milioni e milioni di deficienti. Per questo ci tengo moltissimo a essere un deficiente, se mi dai del deficiente ti ringrazio, ti rispondo almeno, speriamo, faccio il possibile. Perché la verità è che gli intelligenti sono pochi. Essere intelligente è come avere una grave malattia mentale, è come essere schizofrenici o cretini, la percentuale di intelligenti è la stessa di quelli che si credono napoleone, o che si credono molto intelligenti e invece sono deficienti nella media, la differenza è solo che gli intelligenti lo sono davvero, pensa che depressione se sei davvero intelligente e non ti crede nessuno, ti dicono sì sì, adesso prendi la pillolina e mettiti tranquillo.
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A un certo punto è arrivato internet e ho capito che sbagliavo, i deficienti non erano solo dentro ai media, non era una dittatura dei deficienti. La cosa più importante di internet è che ha dimostrato al di là di ogni dubbio che il mondo è composto in stragrande maggioranza di deficienti. Siamo in balia dei deficienti, e io che stavo aspettando la rivoluzione dei superdotati, non nel senso di grandi cazzi, nel senso di intelligenti. Ho scoperto invece che sarebbe una dittatura qualora al potere ci fossero gli intelligenti, perché sono pochi. Se facessimo davvero che governa il più intelligente allora fanculo la democrazia, perché il voto significa che ha ragione la maggioranza e siccome la maggioranza è fatta di deficienti fai tu due più due, che io non ci arrivo, è troppo complicato per me. La statistica dice che sono molto pochi gli intelligenti e si tratta di una legge biologica, non dipende dall'istruzione obbligatoria o da quanto uno si sforza, sennò io adesso mi concentro e divento il gemello di brad pitt. Quei pochi intelligenti poi non stanno complottando un bel niente, se ne stanno zitti per mimetizzarsi meglio, per non dare nell'occhio, non assumersi responsabilità, non venire sbranati.
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Gli intelligenti fanno l'unica cosa intelligente da fare: si arrendono alla realtà e pensano solo a sfruttare il sistema proprio come un deficiente qualsiasi, un furbetto qualsiasi, un ammanicato qualsiasi, un qualunque amico di amici in cerca di scambio di favori, perché alla fine l'intelligenza oggi è ininfluente, non conta, anzi, è un handicap perché il deficiente non si ferma di fronte a niente, è manipolabile e pronto a seguire la corrente. Al dunque servono attrezzi pesanti e uomini muscolosi in grado di eseguire lavoro materiale, armi potenti e uomini addestrati a usarle, oggi l'intelligenza si misura in quanti soldi hai e quanti sostenitori hai e che carriera hai fatto. L'intelligenza oggi si misura in popolarità e risultati economici, gli sponsor che hai alle spalle, come hai fatto a fregare qualcuno, come sei riuscito a vincere, soldi donne potere. E mi sono pure reso conto che è sempre stato così, nei secoli, al punto che i personaggi storici noti per la loro intelligenza ci sembrano animali dello zoo, matti strani che fan numeri da circo, attori scelti dallo sponsor per una campagna promozionale sull'intelligenza come prodotto di lusso: diventa anche tu un galileo con l'aiuto dei nostri prodotti culturali, con quel messaggio ingannevole tipico dei desideri irrealizzabili, compra il nostro prodotto e diventerai il cavaliere o la principessa delle favole. È un mondo in cui l'intelligenza è diluita fino alla disintegrazione, in omaggio al mito dell'omeopatia, e la persona intelligente si deve vergognare, deve sentirsi diversa, strana, deve stare attenta a dire delle pirlate ogni tanto, a fare il buffone, che qui si è tutti primi fra pari, qui siamo tutti uguali e chi è diverso viene emarginato, se va bene, eliminato se insiste a non volersi uniformare, e se vedi qualcuno bruciare non ti azzardi nemmeno a sputargli addosso perché magari se lo merita e rischi di essere accusato dalla folla di complicità con il bonzo.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-67807492800131267022012-03-22T02:55:00.000-07:002012-03-22T02:55:23.194-07:00Liberi di non esserlo<div style="text-align: justify;">
Come il giusto non è mai completo anche la libertà non mai assoluta. Dato un sistema di regole qualsiasi ci sarà sempre qualcuno che si sente fin troppo libero e chi si sente prigioniero. È un fenomeno sociale anch'esso paragonabile a eventi fisici, che obbediscono a leggi universali o comunque a vincoli di realtà. Anche parlare di libertà è spesso solo un modo per imporre un volere che si ritiene preferibile il linea di principio o per via delle finalità che si perseguono. Sono tante le parole chiave che simboleggiano l'assolutismo ideologico di un'epoca che ha fatto suo l'estremismo sentimentale e il fondamentalismo positivista, esplicitandoli all'interno di un'economia sviluppata per mezzo di un'impennata tecnologica unica e irripetibile, basata su risorse destinate a un rapido esaurimento. Questione di decenni e ci lasceremo alle spalle una parentesi durata più di due secoli. Tutto è collegato, non si può parlare di cultura come qualcosa che avviene al di fuori delle concrete situazioni esistenziali della popolazione, che ignora guerre, ideologie, invenzioni, redditi, diritti. E parlare di cultura significa anche parlare di libertà, se si ha la libertà di farlo.
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Non si ha la libertà di parlare della libertà per tanti motivi: perché è una parola sequestrata da un partito politico o da un movimento eversivo, perché in un certo periodo storico o in un certo luogo geografico è una parola che viene associata a altre parole meno condivisibili tipo libertà sessuale, libertà dei mercati, libertà di movimento di merci e persone. La libertà è anch'esso un valore bifronte, una lama a doppio taglio, come il giusto di cui ho parlato qualche giorno fa e come tanti altri concetti che servono per dividere e non per unire, come quel tizio venuto a portare il fuoco sulla terra, no, non Prometeo, nemmeno un qualsiasi lucifer mitologico, quell'altro. La libertà è più complicata da gestire per via dei paradossi che genera fin dal principio, quando si discute fra il dire e il fare. Perché si può dichiarare che esiste la libertà di, che è lecito, che si può, ma non basta a impedire che ci sia paura a esercitarla, o se non paura convenienza, o preferenza per quieto vivere. È qui che si distingue una società libera da una che no, uno stato libero da uno che no.
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Per esempio puoi garantire la libertà di pensarla come si vuole, di dire quello che si vuole, di credere in quel che si vuole. Grandissime libertà. Fondamentali per l'espressione completa di un essere umano. Eppure nei fatti queste libertà non esistono. Mai. Da nessuna parte. Non solo il mondo è ingiusto ma adesso salta fuori che la libertà è un'illusione. Nessuno è libero. Siamo solo liberi di crederci tali. Dove andremo a finire, signora mia? Che tempi viviamo! Non voglio nemmeno ascoltare certe sciocchezze, andiamo via. Prego, signora, l'uscita è da quella parte, liberissima di tapparsi le orecchie. Dicevo la libertà è solo di chi non si trova in condizione di doverla esercitare. Ti senti libero se ti esprimi con belati, hai le corna e sei circondato da caproni. Ti senti libero se sei biondo con gli occhi azzurri e sei circondato da svedesi. Ti senti libero se le tue opinioni, quello che pensi e quelli che hai la libertà di dire, coincide con quello che pensa e dice la gente attorno a te. Il giorno in cui tutti dicessero cose che ti irritano cominceresti a capire cosa significa libertà.
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E fin qui non sarebbe nulla. Semplice dialettica, dialogo, confronto, amorevole fratellanza, convivenza pacifica. Se ti piace sgozzare galletti e imprigionare anime in vasi di terracotta invocando il baron samedì allora cominci a trovarti a disagio se ti trasferisci da un'isola dei caraibi in una cittadina texana dove si gira con speroni e pistole e si fa il barbecue tutte le domeniche. Ma d'altro canto che senso ha parlare di libertà se tutti la pensano allo stesso modo, fanno le stesse cose, nessuno si prende la libertà di. Per cui parliamo sempre di libertà relativa, di un certo grado di libertà, potenziale ed effettiva. Se qualcuno vi dice libertà come se dicesse una cosa infinita probabilmente si confonde con la prima volta che ha sperimentato l'orgasmo, sorridete a annuite fino a quando va a rompere le scatole a qualcun altro. Altro paradosso, stavolta a valle, della libertà, è che assume importanza in funzione di quanto poca si percepisca di averne. Come l'amore: più ne hai e più lo dai per scontato, più ti sembra inutile. Più ne dai e più ti sembra rubato, eccessivo, svalutato.
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Invece in questi tempi di stupidità benestante il giusto, la libertà, l'amore sono oggettivizzati, reificati, svalutati dal materialismo come i giocattoli smontati e resi irreparabilmente inutilizzabili da un bambino curioso, per vedere come sono fatti dentro, come funzionano; se lo fai con una cosa viva poi non ti stupire se diventa fredda e morta. Se non lo fate ora non importa, ho tempo, posso aspettare, arriverà il giorno in cui mi darete ragione. Facciamo degli esempi. Quanta libertà se è necessario discriminare per dare lavoro a qualcuno? Discriminare intendo sia per motivi ideologici che economici. Per esempio non ottieni i finanziamenti pubblici perché passano dal partito al momento al potere. Oppure perché il pubblico non compra prodotti che lo identificano con una posizione politica: tipo il disco di un cantante impegnato che si è schierato a favore o contro un canditato alle presidenziali. E la libertà è un prezzo molto alto da pagare quando significa rifiutare di essere pagati per quel che si fa, e in molti casi lavorare si riduce a quello: venire pagati per cose in sé prive di valore.
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Ma anche la possibilità di accoppiarsi è un valido incentivo a pensare le cose che ti fanno sentire libero e non quelle che ti fanno sentire strano. Dire le cose che ti procurano click sul tasto 'mi piace' da parte degli altri e non quelle che la gente inizia a far finta di non conoscerti. La libertà ha un prezzo altissimo, sempre, che può arrivare a dare la vita, a morirci sopra. Quei finali da morì povero ma felice, morì in prigione ma in pace con se stesso, venne torturato ma non rinnegò né una volta né tre. Di libertà se ne riempie la bocca chi si schiera dalla parte dove la libertà è gratuita, perché quelli che conoscono il prezzo della libertà autentica sanno che è un pessimo affare. Chi combatte per la libertà combatte per imporre la propria perché non esiste potere, istituzionale o emergente dalla coercizione della maggioranza, che non sia illiberale. Non è un discorso anarchico, l'anarchia tratta la libertà come l'ateismo tratta dio: escludendolo, squalificando l'interlocutore, ignorando il problema.
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[Da qui si può smettere di leggere.]
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Nel paese in cui sono nato e in cui vivo, per fare un esempio che conosco ma anche altrove è la stessa cosa, anche peggio, è la società umana che è fatta così, dal branco di primitivi che vivono nelle grotte ai giaccacravatta sempre in riunione a commentare grafici. Nel paese in cui vivo non esiste una destra di stampo anglosassone, perfino il termine 'destra' è offensivo. Di conseguenza tutto ciò che non è considerato di sinistra diventa automaticamente sospetto, brutto, malvagio. Un clima dove la mancanza di libertà si misura in quanti si dichiarano di sinistra, tantissimi, e quanti di destra, nessuno. Siamo pieni di attori, cantanti, scrittori, giornalisti, presentatori, calciatori, comici, musicisti, registi, professori, scienziati, industriali, sociologi, medici, tutti di sinistra o la massimo di centro, cattolici moderati, liberali riformisti. Di destra? Nessuno. Solo quelli iscritti a qualche partito che si richiama a valori della destra socialista del primo '900 che non sanno fare altro e prendono abbastanza soldi da sopportare la valanga di merda che si tirano addosso ogni volta che aprono bocca. Eppure siamo un paese libero. In Italia ci vantiamo di essere il paese più libero del mondo. Scommetto che anche i cubani si ritengono liberi in uno stato libero, una parte di essi, magari quelli che lavorano per il Leader Maximo, il Migliore, e vedono Cuba come un'isola con le fantastiche cadillac color pastello, la musica, i sigari, il rum e le belle ragazze: un paradiso per l'uomo con le palle, vedi alla voce Hemingway. Nei fatti Cuba è una dittatura dove la libertà, quella consentita e soprattutto quella esercitata, è pochissima. C'è gente che in Italia si sente libera allo stesso modo dei cubani, conformandosi al sistema, aderendo alle aspettative, non accettando di farsi spada che divide per farsi testimone vivente di una scelta di vita che va oltre, mira all'eterno, vuole dare significato a un'esistenza che non viene ridotta al quotidiano e al materiale. Non sto dicendo che sia sbagliato essere di sinistra, sto dicendo che dove non esiste la destra (la destra liberista di stampo anglosassone, non la destra televisiva della piccola borghesia, non la destra sociale del fascismo e del nazismo) è pretenzioso fingere di vivere in un paese libero. Da noi qualsiasi argomento non di sinistra viene utilizzato per etichettare di 'destra' chi lo esprime e per disprezzarlo e deriderlo come persona. Si prendono le singole persone e se ne fanno macchiette, si va a scavare nella vita privata per dimostrare che chi ha detto quella cosa di destra è una persona orribile. Al contrario se emerge qualcosa a carico di una persona di sinistra ci si volta dall'altra parte, si perdona, si inventano giustificazioni, si ribaltano le accuse facendo insinuazioni. Capite che ambientino? Uno appena appena furbo secondo voi cosa fa? Uno che vuole fare carriera da che parte si mette? Rischia di beccarsi una pistolettata nella gambe per aver firmato un articolo? Di venire ammazzato per strada per essere stato consulente di un Ministero? Esagero? Andiamo ancora più nel dettaglio: se dici troppe tasse fai demagogia perché le tasse sono belle e la colpa è degli evasori. L'immigrazione è un problema? Sei razzista, gli immigrati ci servono, fanno lavori che noi no, fanno figli che noi no. Statalismo? Sei anarchico, neoliberista, non ami l'Italia che i partigiani sono morti evviva Garibaldi. Aziende pubbliche? Finanziamenti pubblici? Vuoi la privatizzazione selvaggia, vuoi togliere diritti al popolo. I servizi pubblici sono costosi e di infima qualità? Servono più soldi, lo stato deve investire di più, è colpa dei tagli orizzontali. Il mercato è soffocato dalla burocrazia? Vuoi il far west nell'economia. I tempi e i modi della giustizia sono da terzo mondo? Attacchi la magistratura. Terrorismo rosso? Colpa dei servizi segreti deviati e della P2. Questioni etiche morali come aborto famiglia eutanasia? Sei un bigotto cattopirla baciapile amico dei preti pedofili, oppure un berlusconiano puttaniere corruttore padrone del vapore. Troppo debito pubblico? Colpa di agenzie rating e speculatori che ci hanno messo sotto attacco.
Troppa inflazione? Colpa della finanza e dell'Europa dei banchieri che ci hanno messo nei pigs. La crisi economica? Colpa di wall street e di Bush. Troppa spesa pubblica improduttiva? Vuoi togliere il pane di bocca a chi non arriva a fine mese. Israele? Palestina! Usa? Imperialismo, individualismo egoista, luogo infernale dove il capitalismo fa morire di fame i poveri per strada e i malati senza soldi non vengono curati. Polizia? Assassini, fanatici delle armi incapaci di ribellarsi al potere. Questo è un paese libero, figurati se non lo fosse. Sentiamo, sei libero di scegliere di tirarti addosso i romani e i farisei, vivere tutta la tua vita isolato, solo tu e la tua cazzo di libertà, oppure puoi farti i cazzi tuoi, se proprio non vuoi partecipare cerca almeno evitare di metterti di traverso, pensa a fare soldi costruendo mobili nella falegnameria di papà e andare a pescare con gli amici nel weekend, cosa fai? In Italia, oggi, tu, che ti credi tanto libero, quanto facile ti viene esserlo? Quante opinioni non di sinistra hai? Non che me ne freghi, a me la politica fa schifo, tutta, ma non posso parlare di libertà così, sui generis, senza entrare nel merito per paura che sennò magari a qualche militante fanatico gli va il sangue alla testa e la bava alla bocca.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-23909805415084830302012-03-13T02:54:00.000-07:002012-03-13T03:01:36.539-07:00giusto per ogni x compreso tra<div style="text-align: justify;">
Giusto in matematica significa il risultato cercato, l'unico valido. Quando fai finta che la morale sia un sottoprodotto della logica, a sua volta proiezione di un metodo scientifico, dentro un complesso teoretico di assolutismo razionale, a quel punto ci si è spinti troppo oltre, è andato perduto il contatto con la realtà. Si tratta di una deriva intellettuale positivista molto in voga da parecchi anni, un incubo a occhi aperti di conformismo imposto dalla scienza che attraversa tutte le espressioni della vita umana, intacca la sfera ludica e quella lavorativa, il privato e il sociale. La delimitazione del campo di una variabile nel caso dei valori, in questo caso la giustizia, declinata in equità, solidarietà, uguaglianza, non viene applicato. La matematica non muta il campo di applicabilità di un teorema a seconda di convenienza o consenso, non viene deciso a maggioranza se le rette sono parallele solo in un piano euclideo. Nel campo morale invece non esistono valori che sono tali o meno a seconda del punto di vista: pensate al cannibalismo, all'incesto, passate alla presunzione di innocenza e alla non imputabilità dei minori. Quando uno scienziato vi parla di giusto e sbagliato in termini indiscutibili, come se stesse parlando dei buchi neri o della termodinamica, mettetevi a urlare e scappate, oppure sorridete e fate finta di niente che tanto prima o poi si muore tutti lo stesso.
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La democrazia moderna invece si basa esattamente su questi due principi cardine in concorrenza fra di loro: il consenso e la maggioranza. Per avere consenso devi dare dei diritti, ovvero dei soldi, perché di solito i diritti implicano spendere soldi per garantirli. La maggioranza è di per sé ingiusto come principio generale per ottimizzare un processo decisionale: il fatto che lo vogliano in tanti significa solo che sono in tanti a desiderare che vengano spesi soldi per garantire questo o quel diritto. Il diritto alla salute implica un costo, lo stesso la scuola, la sicurezza, l'aria pulita, produrre e consumare, tutto ha un costo e qualcuno lo deve pagare. Qui scatta l'inghippo che porta al fallimento: sono i ricchi che devono pagare. Logico, se uno è povero con cosa paga che non ha un manco un tollino bucato in saccoccia? Se servono soldi li vai a prendere a chi li ha. E quando dico soldi intendo risorse materiali. Immaginate un paese povero dove non esistono industrie ma solo coltivazione e allevamento, perché no? Forse non può esistere la giustizia in un paese povero? Certo che può, a patto che il livello dei servizi garantiti dallo stato per diritto siano di pessimo livello. I soldi li vai a prendere ai ricchi, a chi coltiva e alleva. La matematica stessa dice che esiste un punto in cui conviene non coltivare e non allevare perché ti girano i coglioni quando tu ti stai ammazzando di lavoro e quando vai al bar vedi uno che campa di sussidi statali e manco ti ringrazia, anzi, ti insulta.
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Abbiamo dunque la democrazia come sistema di governo di lusso, per paesi ricchi, dove si prendono i soldi dei ricchi per garantire dei diritti. Sembra una forma di altruismo legalizzata ma non lo è. Si tratta di uno scambio: i ricchi pagano la pace sociale, è un contratto. Pagano le forze dell'ordine e la magistratura, che sia la masnada del feudatario o i corpi speciali del presidente, per vivere sicuri e tranquilli. Pagano la scuola pubblica perché si pensa che gli stupidi, se li istruisci e gli dai la paghetta settimanale, si convinceranno di essere dei nobili geniali e si comporteranno come si deve, tranne il venerdì sera, che si devono pur sfogare. È qui che si comincia a comprendere il meccanismo delle democrazie socialiste. Sono socialiste a prescindere che permettano o meno la proprietà privata, il profitto, l'interesse sul capitale. Sono socialiste a prescindere che utilizzino le elezioni per scegliere i governanti o ci sia un principe, un dittatore, un generale, un presidente. Sono socialiste quando garantiscono servizi pubblici, quando utilizzano un metodo progressivo di imposta, quando sfruttano il consenso per andare al potere e poi si trovano obbligati a garantire diritti costosi trovandosi di fronte al un bivio: o li garantisci a un livello scadente o li finanzi, con inflazione e svalutazione o con debito pubblico che grava sulle future generazioni. Non è difficile da capire, non so perché nessuno si decide a parlarne, forse si aspetta che finisca il petrolio, che i bilanci statali esplodano, non saprei.
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Ricapitoliamo. Ogni diritto ha un costo che nei paesi poveri implica servizi di livello scadente o deficit di bilancio statale. La democrazia è uno strumento che necessita consenso e il consenso si ottiene combattendo per il riconoscimento di nuovi diritti, sempre più costosi, dal diritto di parola al diritto alla casa, dal diritto di protesta al reddito erogato dallo Stato a tutti i cittadini in possesso dei requisiti. Si passa da tasse pagate dai contribuenti in cambio di un servizio, per quanto scadente, quale può essere la polizia o le fognature, una vaccinazione obbligatoria o un ponte, a tasse pagate per cose 'giuste' di per sé. Si passa un valore di convenienza oltre il quale è preferibile essere poveri, essere dalla parte di coloro che non si addossano il peso economico dell'intera faccenda, e il circolo vizioso del socialismo si manifesta in odio verso chi è ricco perché 'non è giusto' e amore verso chi è povero, verso nuovi diritti premianti/punitivi nei confronti di chi non rientra nei parametri del valore medio, della mediocrità. Qui c'è il confine, qui finisce il campo entro il quale ha significato il teorema del giusto e sbagliato. Fino a quando il paese è abbastanza ricco per potersi permettere livelli crescenti di politiche socialiste va tutto bene. Va bene se ha pozzi di petrolio, industrie che esportano, miniere, foreste, poca popolazione in rapporto alle risorse disponibili sul territorio. Altrimenti inizia a impoverire sistematicamente i ricchi, che nel caso dei ricchi di un paese povero sono i poveri di un pese ricco, e qui parte il confronto tra Stati, perché se non è giusto all'interno dei confini nazionali, perché dovrebbe esserlo tra europei e africani, tra asiatici e americani?
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Per cui teniamo presente il lato economico nelle discussioni politiche. Il giusto e lo sbagliato di per sé non significano niente. Il mondo intero è sbagliato. L'universo è sbagliato. Dio è insensibile e non risponde alle preghiere, non fa più miracoli e se ne frega del povero Giobbe. Muore l'eroe e l'empio campa mill'anni. Da decenni la febbre positivista illude i suoi discepoli riguardo alla possibilità di un mondo più giusto, sempre più giusto, in compagnia di un'economia delle risorse infinite che promette un mondo sempre più ricco, una medicina col miraggio di un mondo sempre più sano. C'è questa curva iperbolica della fede in promesse vane che è così romantica da commuovere i più ingenui, sempre alla ricerca di consolazioni nel mondo reale, di progetti in grado di sconfiggere la soggezione che si prova di fronte all'autorità invisibile e insensibile dell'universo panteista, ma post-spinoziano, un new age da natura matrigna, la disperazione di un orfano vendicativo alla ricerca dei veri genitori, come i protagonisti dei cartoni animati giapponesi, delle favole ottocentesche, dei racconti educativi e della trame da film che si trascinano a conclusione di quest'epoca agli sgoccioli, questo capitolo della cultura a cui restano pochi decenni di vita. Da oggi cercate di tenerlo presente, se ci riuscite, mentre venite bombardati dai media e fate tutto quello che ci si aspetta da voi, mentre vi fate venire l'acquolina davanti alla pubblicità e accettate di avere le reazioni emotive previste dal comiziante indignato in vena di omelie elettorali, quando sognate dentro a un libro o a un film e poi odiate lo specchio per settimane intere.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6cjVFZfjht-fJwonhyphenhyphenmeOu8yXinA_eGH5KCIK7I8phP4woi2S8oggW_pmWA5I7eUB8P0YGafAqU3wLyqXq_ZyhYnaVRJFyf8D7cKJZs3PyjGpCu9vrkdm8OGd3-sQ3xnWJ78Z214-/s1600/geronimo+guida.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="258" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6cjVFZfjht-fJwonhyphenhyphenmeOu8yXinA_eGH5KCIK7I8phP4woi2S8oggW_pmWA5I7eUB8P0YGafAqU3wLyqXq_ZyhYnaVRJFyf8D7cKJZs3PyjGpCu9vrkdm8OGd3-sQ3xnWJ78Z214-/s400/geronimo+guida.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-size: x-small;">(Geronimo, capo di una tribù Apache, a bordo di una Locomobile Model C, nel 1904. Geronimo è quello al volante.)</span></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-69673433619259567422012-03-05T00:54:00.000-08:002012-03-05T00:54:13.754-08:00parola aramaica che significa frantoio<div style="text-align: justify;">
Certi intellettuali, moderni tribuni che sfogliano un manuale studiato all'università come se fosse il codice civile del gusto, inquisitori evoluti il cui testo sacro è un compendio di regole che vanno per la maggiore. Certi intellettuali, soldati in guerra per la conquista del senso critico così dediti alla causa da essere pronti a sacrificare il buon gusto. Poi vedi lo scrittore che insulta il cantautore nel giorno del suo funerale e al contrario vedi l'attore che esalta il pittore anche se l'ha sempre detestato, sguazzando nella pantomima, la scena madre del comportamento adeguato. Certi intellettuali piromani che sfruttano l'effetto incidente, dove al posto del corpo da estrarre dai rottami fumanti dell'autovettura c'è un autore che guarda fuori dalla finestra, prigioniero di un'opera data alle fiamme.
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Perché oggi nessuno si ferma a guardare un bel gesto, nessuno applaude l'eccelso, nessuno è alla ricerca del bello e del buono, no, è considerato ingenuo, infantile, poco realista, atto pusillanime di chi non vuole accettare un mondo schifoso, le realtà depressiva, un mondo da odiare. Se non ti arrabbi sei complice dei pochi che stanno bene e se ne fregano dei molti che stanno male. Se punti il dito per esaltare e non per indicare la posizione del nemico, allora sei un agente del male che inganna e illude sulla durezza della vita e la malvagità umana. Un ambiente ideologico dove solo il potere è in grado di salvarci, punendo il male, abbattendo coloro che non combattono al fianco degli eroi protagonisti di una storia-avventura marxista-holliwodiana, i ribelli, i bastian contrari, i protagonisti di storie che vendono milioni di copie.
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Si devono scartare le opere belle, le opere così così, si devono trovare le opere brutte e darsi da fare su quelle, in modo che il pubblico si fermi a buttare monetine nel cappello, metta una firma, dedichi cinque minuti di tempo prezioso, faccia audience, clicchi, non cambi canale, per la possibilità di osservare nascosti dietro un cespuglio, un monitor, un foglio di giornale, ci si goda lo spettacolo di un peccatore che paga per i suoi peccati, un brutto che viene deriso dal comico o spiegato dallo scienziato o rimproverato da un cavaliere protettore dell'estetica. Persone intente a litigare fra di loro su tutto, dando importanza a sciocchezze solo per un questione di principio, di partito preso, sfacciati per non rimetterci la faccia, in un duello di insulti legittimi combattuto fino all'ultimo brandello di reputazione.
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E chi critica il critico passa dalla parte del torto, perché ci si appella alla libertà, al diritto. Chi critica il critico diventa l'avvocato difensore della vittima sacrificale, dell'imputato, della strega, del capro espiatorio del giorno. Il pubblico si emoziona quando entra in gioco l'avvocato difensore, è come vedere qualcuno che si mette tra i leoni e i cristiani. Spesso è la vittima stessa che cerca di difendersi, col critico che si finge dispiaciuto e fa l'occhiolino al pubblico, come dire povero autore, mi fa pena, non voglio infierire. Quando salta su un avvocato difensore invece si può parteggiare, fare il tifo, innocentisti e colpevolisti, buoni e cattivi, nel solito gioco delle parti che ti sembra la norma per via che chiunque lo trova insopportabile non lo può contestare senza entrare a farne parte, e allora si allontana, sta zitto, così che sembri normale allo spettatore che al mondo non esista niente all'infuori dello scontro tra le parti in causa.
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Questo è il grande inganno del conformismo sociale, oggi si fa in televisione quel che si faceva al Colosseo. Cambiano i contenuti, cambiano i supporti mediatici, ma non cambia l'essere umano, che sia preso singolarmente o in logiche di gruppo. Ci sono periodi in cui si cercano le cose belle per stare bene e periodi in cui si cercano cose brutte per stare male. Perché si gode a star male e si gode a far star male gli altri, si gode a trasformare un gesto violento in un atto di giustizia, come gli occhi spalancati e i grandi sorrisi della folla che assiste alle impiccagioni in piazza. Si è tutti bambini, bambini che giocano a fare i grandi. E fin qui si può dire è così, non importa, faccio finta di niente, ma dall'altra parte quando trovi uno che si appassiona a qualcosa che reputa bella, di cui ti elenca i pregi, che ti consiglia di provare, ti chiede di avere fiducia, ti invita a lasciare tutto e seguirlo, ecco che sospetti il marketing, la truffa, perché nessuno fa niente per niente, la propaganda e le campagne promozionali.
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Non c'è più niente di bello e solo del brutto si può esser sicuri. Non c'è più niente di buono che non si ottenga punendo il cattivo. Ecco perché è così importante proteggere con tutte le proprie forze, per impedire che si spenga la piccola fiammella di virtù che da qualche parte tutti noi dobbiamo pur avere, o aver avuto. A volte succede che sia faticoso convincersi che non sia futile e viene voglia di ritirarsi nella pace relativa della solitudine, a parlare da soli o con chissà chi. A volte si prende nota del fallimento di condotte davvero anticonformiste, che sono tali non perché vogliono cambiare qualcosa ma perché aspirano a non cambiare, al paradosso del far parte di una comunità alla quale non sentiamo di appartenere, e a quel punto soffriamo davvero la mancanza di un amore qualunque, anche provvisorio, fittizio, mercificato, perché immergersi nella realtà, rendersi concreti, non è comunque sufficiente a placare il bisogno di appartenere a qualcosa di più grande di noi, di guardare in alto, lontano. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4wShs6tBqCsYsYsRJT0TtPpwPq2JRN5v00FuOzHznkRwZl2Z3ClBFOmaUbbNkCtYmgobyQamwET4sCyu5hN3HZ7GGRQE-44GYJKWsZP9-7OTAOYdhxVyScHwswhYzFaPWv21lnZg-/s1600/expression-visage-electricite-Duchenne-Boulogne-08.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4wShs6tBqCsYsYsRJT0TtPpwPq2JRN5v00FuOzHznkRwZl2Z3ClBFOmaUbbNkCtYmgobyQamwET4sCyu5hN3HZ7GGRQE-44GYJKWsZP9-7OTAOYdhxVyScHwswhYzFaPWv21lnZg-/s320/expression-visage-electricite-Duchenne-Boulogne-08.jpg" width="260" /></a></div>
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-36485747973228187832012-02-24T03:21:00.002-08:002012-02-24T04:01:48.567-08:00dire cose positive su internetPosso dire cose positive su internet. In mezzo alle tante cose negative collegate a chi lo utilizza come strumento per raggiungere finalità criminali con mezzi innovativi, diversi dal puntare in faccia una pistola a qualcuno, sabotare la concorrenza, scogliere nell'acido i figli di chi tradisce la cosca. Per bruciare la biblioteca di Alessandria oggi ti basta togliere la corrente o usare un potente magnete, tutti gli archivi di internet sono destinati a sparire, anche solo per sopravvenuta obsolescenza. Posso dire anche cose positive, che è raro e piacevole incontrare qualcuno che non ti rovescia addosso ansia e terrore di questi tempi, ogni fonte d'informazione che campa sul sensazionalismo non vede l'ora di farti venire voglia di chiuderti in casa, sederti in un angolo buio, abbracciarti le ginocchia, dondolarti e bofonchiare preghiere che rimarranno inascoltate o maledizioni dirette a sospetti colpevoli. Cose positive, ottimismo, buonumore, il sonno della ragione, la luce della ragione, il grande amore, le piccole cose. C'è il sole oggi, tra un mese è primavera, facciamo discorsi piacevoli.
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Per esempio internet permette di rispondere ai grandi fratelli che forgiano il pensiero unico modellando opinioni dominanti, rovistando la broda nel grande calderona junghiano del sapere ancestrale. Jung ha ipotizzato, senza saperlo, questa internet fatta di entità mentali che si connettono agli archetipi durante il sonno, la trance, l'esperienza mistica. Per esempio su Facebook posso rifiutare le pubblicità, dicendo perché. Posso esprimere un parere vincolante sulla cultura costruita, diffusa, espressa tramite la pubblicità. Posso oppormi al potere devastante del marketing, uno dei tanti dei del moderno pantheon dove mercurio è il culto della velocità, giunone la lussuria, venere l'estetica, giove la scienza, marte la virilità e via dicendo. Non è cambiato niente, questa faccenda del viviamo in un mondo nuovo è una truffa, è sempre il solito vecchio mondo, la solita vecchia gente.
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Ma dicevo rifiutare la pubblicità, dire perché non vuoi ricevere specifici messaggi, Facebook ti offre un elenco: poco interessante, fuorviante, contenuti sessualmente espliciti, è contro le mie opinioni, contenuti offensivi, ridondante. Poter dire a qualcuno tu dici cose che non condivido, tu sei fuorviante. Ah, che soddisfazione. Ricevo pubblicità di ogni tipo: medicinali scontati canadesi, attrezzi per allargare il pene, gioco d'azzardo, prodotti per la forfora, giochini che creano dipendenza, orologi di lusso scontati, dentisti ungheresi, provini per lanciare i bambini nel mondo dello spettacolo. Senza contare gli avvisi falsi di banche, poste, siti di aste, ebay, amazon, paypal, tutta roba falsa, per mandarmi a inserire i miei dati su siti contraffatti. E lettere di ragazze che vogliono conoscermi meglio, dirigenti africani disonesti che vogliono esportare clandestinamente lingotti d'oro, madri vedove che chiedono soldi per scaldarsi nel rigido inverno nordico, tutta roba falsa. Ma posso dire cose positive di internet, tipo punire i pubblicitari con un click, da questo momento sei nella mia lista nera e non potrai mai più molestarmi con le tue allettanti profferte e sai perché, perché ho trovato la tua inserzione poco interessante. In una di queste hanno usato la faccia di uno degli attentatori delle torri gemelle, per dire, e a questa che motivazione si può dare alla propria censura individuale?
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Posso dire cose positive di internet anche riguardo alla scienza. Qualcuno ha finanziato degli scienziati per dimostrare il limite di velocità della luce. Come dire ragazzi potete dire e=mc2 o che sono possibili le macchine del tempo. Nel secondo caso ci vorranno ulteriori investimenti, esperimenti, verifiche, gente che continua a giocare allo scienziato spesato da chi, non lo so, forse dai contribuenti, dai clienti ignari di industrie interessate, da filantropi che vogliono essere sepolti in orbita perché adorano la scienza, soprattutto a fumetti che hanno fatto la felicità di un'infanzia per altri versi orribile. Un po' come fare beneficenza con i soldi altrui, ci si sente bene senza retrogusti amarognoli. È come la pubblicità, la fanno a spese nostre senza consultarci e ce la tirano addosso come gli pare e piace. Come le armi e lo spedire tizi vestiti da omini michelin sulla luna. Alla fine noi subiamo e basta, ma con internet almeno puoi approfondire la notizia data in pompa magna da governo come sponsor ufficiale e dai media compiacenti, che campano di soldi pubblici e amicizie faziose in partiti a loro volta sovvenzionati dalle tasse, che regalano copie, in bilico sul macero, megafoni della guerra di opinioni che ci tiene distratti, la dialettica degli schieramenti sui cui si fonda la democrazia. Ebbene puoi approfondire la notizia con internet, non ti tocca limitarti al parere ufficiale di un giornalista qualunque che diventa famoso in base alle volte che appare sui media, più fai presenza e più diventi autorevole, come i presentatori televisivi che nelle pause ti consigliano quale prosciutto mangiare e su quale divano sederti, i commercianti al mercato che gridano la freschezza del pesce, le puttane sulla statale.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijm1k4K8U4VUHDKML9m3nUkHmPWv2LKyNYYxlTaq2_NiRanHc97F1_EiYQBK-fW6xpbd1DHiKALIBGE17AaJWfxPTwvaj_crlhVsPJAeA5amq5ZA1wreLP9cmUNi-rbid94BZx-_zg/s1600/fb+why+not.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="247" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijm1k4K8U4VUHDKML9m3nUkHmPWv2LKyNYYxlTaq2_NiRanHc97F1_EiYQBK-fW6xpbd1DHiKALIBGE17AaJWfxPTwvaj_crlhVsPJAeA5amq5ZA1wreLP9cmUNi-rbid94BZx-_zg/s320/fb+why+not.JPG" width="320" /></a></div>
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[punto in cui si deve smettere di leggere, da qui in poi vado a braccio e fuori tema]
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Cose positive su internet, ne ho da dire, anche su chi ci vuole guadagnare e non è Facebook, è uno qualunque che mette Adsense di Google, scrive cose provocatorie, mette foto di persone nude, anche foto vecchie in bianco e nero di nudisti postatomici, per dire, o il quadro l'origine del mondo, fanno i furbi, c'è pieno di furbetti su internet ma ho detto che oggi c'è il sole e che dirò cose positive su internet. Puoi leggere articoli di stampa straniera, è una cosa positiva, c'è perfino il modo di tradurla al volo se non conosci l'inglese. È molto utile avere accesso alla stampa straniera quando il tuo paese è 64° nella classifica della libertà di stampa, quando vivi in una dittatura, quando ti viene il dubbio che tutte le tue opinioni siano state prodotte da un'intellighenzia colpevolmente disonesta o ingenuamente stupida, complice di una nomenclatura obsoleta agli ordini di una classe dirigente irresponsabile, incapace e inadeguata all'esercizio del potere. Magari ti viene da chiederti, se leggi quello che scrivono persone straniere intelligenti, colte, responsabili, oneste, dico magari ti fai delle domandi, abbandoni la spocchia tipica di chi crede di sapere tutto lui perché c'ha dietro un apparatchik che gli fornisce le risposte da dare per vincere le battaglie elettorali. Perché mettetevi nei panni di uno che vuole vincere, diventare importante, finire nei libri di storia, avere la possibilità di indirizzare grosse quantità di denaro, il tutto ammantandosi dell'aura del salvatore, del messia apparso sulla scena politica per portare giustizia in questo mondo corrotto, benessere ai poveri, salute ai malati. Immaginatevi una vita di privilegi, benefit, milioni nelle casse del partito, portaborse. Immaginatevi che uscite a dire che non ce n'è abbastanza per tutti, che la vita è dura. Perdete, non vi vota nessuno. Dovete dire cose positive, che risolverete la crisi energetica e sconfiggerete il cancro. Dovete fare come certi nonni che arrivano con pennarelli, tric e trac, giocattoli vietati e cattive abitudini, che quando se ne vanno i figli attaccano con i paragoni e le domande sul perché si deve obbedire ai genitori, fino a che punto si deve sopportare tutto questo. Su internet ci sono anche siti di populisti, a bizzeffe, di complottisti, di estremisti, vale come per la pubblicità, lo spam, la scienza, tutto quanto. Ma se uno deve dire cose positive ci sono anche i libri e i film stranieri che rimarrebbero inaccessibili senza la pirateria del p2p, non bisogna vietarla, è come i film di Rambo, se non fosse arrivato Rocky a gridare Adriana nei nostri cinema, Swarzy terminator, Alien, non dico che parleremmo russo e ci saluteremmo col pungo alzato e ci daremmo del tovarich a vicenda strimpellando la balalaika, ma la musica americana, la letteratura americana, il sogno americano, l'etica del capitalismo protestante, pensate che la gente faccia la fila per comprarsele? Pensate che i governi non vedano l'ora di importare idee rivoluzionarie? No, piuttosto tendono a bloccare ogni diffusione di cultura potenzialmente dannosa per la propria parte politica. Una cosa positiva di internet alla fine è anche la pirateria, essì, dico una cosa un po' così, che alla mia età non sta bene, la diffusione non selezionata da editori politicizzati o comunque polizia ideologica, distribuzione gratuita di cultura, anche se poca, anche se in bottiglie gettate a mare e affidate alle correnti, anche se mischiata a tanta pornografia violenza attività ludica propaganda. Per esempio il neo cardinale di New York, Timothy, ha consigliato un film con Martin Sheen durante il suo discorso al concistoro, il film 'The way', che magari un giorno lo guarderò e ne parlerò, fatto sta che in Italia non si trova, perché uno dovrebbe passare giorni e giorni a cercare un modo per pagarne la visione quando con internet ce l'ha in lingua originale sottotitolato entro sera? O rinuncia o delinque. La soluzione è impedirgli di vederlo o fargli pagare un paio di dollari dopo che ne ha visto mezzo per capire se vale la spesa? Oppure si può dare la colpa a sua eminenza che l'ha consigliato, insinuare che sapesse che qui non è disponibile e che quindi avrebbe incentivato la prateria digitale, accusarlo di istigazione a delinquere come si fa con i siti che pubblicano i torrent. Facciamo tintinnare le manette, istituiamo tribunali speciali, sguinzagliamo i dobermann, creiamo club esclusivo di tecnofili, creiamo un monopolio e otteniamo tutte le esclusive. Se uno compra il diritto di guardarlo poi lo può prestare a qualcuno? Lo può guardare assieme a qualcuno che non ha pagato? La guerra per il diritto d'autore su internet è persa in partenza, non c'è chiave hardware o mercato chiuso che tenga, come gli store digitali che ti chiedono la carta di credito e se gliela dai te li sposi a vita, come gli occhialini 3D per impedire che la gente registri con la videocamera e lo metta in rete. Ops, sono andato lungo, mi son distratto perché è partito un pezzo in cuffia da otto minuti. Per dire che lo so che la pirateria su internet è sbagliata perché non finanzia i produttori di contenuti (oltre all'industria che campa sulla edizione e promozione e distribuzione nel mercato pre-internet), ma la questione del chi seleziona e chi promuove e chi fa da mecenate (paga i conti) va oltre la giurisprudenza e interessa la cultura come motore per il progresso spirituale (nel senso di non materiale) dell'umanità intera. Pagare per vedere la pietà di Michelangelo, per guardare gli appunti di Leonardo, per leggere le riflessioni di un intellettuale ha senso perché anche Michelangelo e Leonardo devono mangiare e pagare le bollette, ma ha meno senso se servono al suo manager per svernare alle Bahamas o per dare lavoro a certi travet e passacarte che con internet non hanno più motivo di esistere. Il business dell'intrattenimento non paga più come una volta, lo star system cigola da tutte le parti, a furia di chirurgia estetica si finisce per assomiglia sempre di più al mostro che ci si porta nascosto dentro.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpHI3l0XP3eGySV6ASBNXjhKmybIZRyXRliI0vH6ZvmSQija7M1fMeTd-Y8Ozr7cuvgqVDSQoJJWfB7rcHhyphenhyphenz1u1QNGnvSbGo1c7LT5tDUHckYXYaIMde5LkvvyUq2FzYoJyhE2a8g/s1600/selciato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpHI3l0XP3eGySV6ASBNXjhKmybIZRyXRliI0vH6ZvmSQija7M1fMeTd-Y8Ozr7cuvgqVDSQoJJWfB7rcHhyphenhyphenz1u1QNGnvSbGo1c7LT5tDUHckYXYaIMde5LkvvyUq2FzYoJyhE2a8g/s320/selciato.jpg" width="320" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-64833792594434959702012-02-14T02:17:00.000-08:002012-02-14T02:31:14.011-08:00End of trasmission.<div style="text-align: justify;">
Col passare degli anni si scoprono diverse cose, nessuna delle quali piacevoli. Una delle cose che si scoprono con l'età è che non si può anticipare la conoscenza, trasmettere la sapienza, capitalizzare la saggezza. L'esperienza può assumere diversi significati: ripetere un esperimento di persona e verificarne gli esiti previsti, vivere un accadimento sulla propria pelle per comprendere il 'cosa si prova a' (nei film romantici è un lait motiv il 'tu non sai cosa sto provando' - 'e invece lo so perché anch'io una volta' - 'baciamoci sposiamoci facciamo tanti bambini'), oppure un avere il tempo di ragionare e giungere a conclusioni che ci rendono capaci di giudizi più corretti, più giusti, più umani. Una delle rivelazioni fondamentali che si conquistano invecchiando è che ci si sbaglia quando si crede di aver capito, che col tempo si resta fregati dal noi stesso più giovane che credeva di aver capito tutto e invece adesso si scopre che non aveva capito niente. Questo tipo di esperienza è diversa da quelle elencate prima, è un esperienza che non facciamo ma ci viene fatta, è un'esperienza che attraverso di noi viene a esistere dentro di noi, si nutre della nostra vita per trasformarci.
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La scienza può indurre a pensare che l'esperienza sia qualcosa di trasmissibile per via genetica o culturale. Ci sono persone immerse in un'ipotetica realtà oggettiva dove tutto è materia e pertanto analizzabile, spiegabile, modellabile, digeribile. In questa fede cieca di un mondo che si esaurisce nel macinare l'ignoto con la mente per renderlo scibile, un sapere meccanicistico paragonabile al presente che macina futuro rendendolo passato, tutto diventa archiviabile, consultabile, intellegibile a priori. La vita come materia scolastica dove non ti serve averla combattuta per sapere cos'è la guerra, non ti serve averne esperienza al di fuori di un ambito intellettuale. Di questi tempi c'è la seccante tendenza a dare ogni cosa per appresa, interiorizzata, superata, in uno slancio verso il nuovo, il non ancora sperimentato da nessuno, terre inesplorate, invenzioni, ricerche, che se negli anni '60 era un modo simpatico di fare gli eccentrici oggi è insistere a dare capocciate al muro in un vicolo cieco.
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Trasmettere geni ai figli non è come trasmettere esperienza. Tramandare riti, nozioni, esempi, proverbi, raccomandazioni, leggi morali, non permette alle nuove generazioni di nascere imparate, di poter fare a meno di esperire, sbagliare, rendersi conto delle proprie mancanze. Non è possibile far tendere l'umanità a una situazione dove l'esperienza escluda tutto ciò che è già stato esperito da altri in precedenza. La vita non è un teorema, che da quando l'ha dimostrato un matematico del passato noi lo diamo per scontato. Anche pretendere dai figli che la loro conoscenza profonda della vita e del mondo parta dall'accumulo di esperienza fatta dai padri è una forma di violenza. Sapere con la mente non è come sapere col corpo. Tirare una linea fra ciò che sapiamo con la mente ma non abbiamo intenzione di sapere anche con il corpo è il fondamento della coscienza: so cosa mi potrebbe capitare se deciderò di fare quella esperienza e decido liberamente di conseguenza. I padri possono solo mettere in guardia, non possono impedire ai figli di commettere i loro stessi errori.
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Sapere anche con il corpo è una delle cose che avvengono con l'età. Magari ti è morto il cane che eri piccolo e per decenni l'hai saputo con la mente, è un ricordo, un'esperienza intellettuale che però effettui con il corpo chissà quanto tempo dopo. Ti svegli una mattina e mentre pensi a tutt'altro ti ritrovi a sentire, a capire, a provare l'esperienza di quel lutto o il dolore per quella volta che ti han preso in giro o che hai perso o che sei stato respinto. Così come quella volta che hai avuto fortuna, hai ricevuto un regalo o una cortesia, hai trovato qualcosa. Non esiste un modo per evitare il processo cognitivo legato all'avanzare dell'età. Non esiste un modo per comunicare o trasmettere questo tipo di esperienza che non ha niente a che fare con la scienza e il suo limitato approccio all'esistenza. Non credo nemmeno che esista una parola specifica, scientifica, per definire la percezione di un mutamento di consapevolezza legato a una comprensione che emerge, quando emerge, da un gomitolo di vita vissuta. Ma scommetto che adesso che ve ne ho parlato vi siete accorti che anche voi, almeno una volta, avete fatto esperienza di un sapere fatto di contenuti non esprimibili a parole, una certezza intima e profonda che non deriva da una formula scritta su una lavagna. </div>
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-90228831400175936442012-02-06T03:46:00.000-08:002012-02-06T04:16:58.111-08:00operiamo i distinguo<div style="text-align: justify;">
Tiriamo un linea ipotetica e mettiamo di qua i paesi ricchi, con le loro più o meno evolute e più o meno fittizie democrazie, di là i paesi poveri con i loro governi deboli o forti, corrotti o virtuosi, col capo di stato che di solito indossa uniformi carnevalesche o si maschera da esponente delle classi meni abbienti. Nel mezzo paesi così così, che non hanno un tessuto produttivo e nemmeno università che sfornano brevetti: sono ricchi per un colpo di fortuna, hanno risorse naturali che permettono al potere di pagare in contanti, valuta estera pregiata, benessere e pace sociale. Se vogliamo capirci qualcosa dobbiamo fare un po' di ordine, stabilire dei criteri per classificare gli elementi in base a fattori che reputiamo discriminanti: la soluzione che mi piace di più è quella dei soldi. Se vuoi capire qualcosa di quello che succede intorno a te la prima cosa che ti consiglio di fare, quando e per quanto possibile, è di seguire i soldi. La morale si piega al mutare di interessi e al frantumarsi di equilibri, gli accordi saltano con facilità doppia di quella che è servita a stipularli, la verità diventa evanescente per via di prove che spariscono, testimoni che muoiono o ritrattano, nuove evidenze sbucate dal nulla. Ma i soldi no, i soldi sono l'unica traccia concreta che si lasciano dietro gli avvenimenti. Lo storico legge la storia con gli occhiali del suo tempo e il filtro della cultura e i pregiudizi del suo credo politico, ma il contabile no, il contabile scrive i soldi sono passati da questa mano e quell'altra. Diamo un'occhiata a come si muovono i soldi, tipo i 70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione italiana deve dare a fornitori privati che aspettano da mesi e che si è pensato di pagare in titoli di stato, salvo poi fare marcia indietro e gridare all'assalto speculativo quando i mercati hanno reagito com'è normale che reagissero. I giornalisti italiani che campano di finanziamento pubblico e lavorano per fare propaganda a partiti politici che a loro volta campano di finanziamenti pubblici non seguono i soldi, non spiegano la realtà, no, loro raccontano, narrano, esprimono opinioni, fanno i sentimentali e i moralisti, costruiscono uno spettacolo teatrale che di volta in volta è tragedia o commedia o farsa. L'Italia è al 64mo posto nella classifica dell'informazione, da decenni i media sono spartiti fra due editori, Berlusconi e De Benedetti, in guerra fra di loro, il terzo attore da poco nell'arena è la Telecom, azienda telefonica che ha il monopolio dell'infrastruttura, il resto dei media se lo dividono i partiti politici, i mafiosetti, gli amici degli amici. Seguire i soldi è uno dei modi più diretti per disegnare la mappa delle correnti sotterranee evitando le stronzate che sparano i professionisti della comunicazione.
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Ma l'Italia non mi interessa più di tanto, e ancora meno interessa al mondo un paese di 60 milioni di abitanti. L'India sono più di un miliardo, la Cina pure, che senso ha stare qui a parlare di uno staterello nato un secolo e mezzo fa, ancora pieno di analfabeti, frammentato e diviso, cementificato e sovraffollato (ha la stessa popolazione della Francia su metà del territorio), privo di risorse naturali. L'Italia sbruffona e truffaldina che sta cercando di sbolognare il proprio debito direttamente, senza più passare da svalutazione della lira e tassa occulta da inflazione. Abbiamo 600 milioni di africani pronti a raddoppiare o triplicare non appena ci sarà un po' di cibo e qualche medicina. Anche gli europei sono circa 600 milioni. Gli asiatici sono il doppio del resto della popolazione mondiale. Bene, torniamo all'inizio, guardiamo ai paesi ricchi e democratici, i cristiani, gli occidentali, quelli che hanno inventato l'industria, che per primi sono scappati dalla campagna per vivere nelle città. Sono i paesi che hanno costruito le macchine, telai vapore treni aerei calcolatori mitragliatori. I paesi che hanno formalizzato teorie scientifiche filosofiche economiche, hanno ammucchiato e modellato il sapere. I paesi che hanno scoperto fertilizzanti e vaccini, inciso musica e stampato libri per diffonderli e non per preservarli, per divertire e non per educare, paesi che hanno agito con la gioia e l'irresponsabilità di bambini per i quali non esisto un futuro di cui preoccuparsi ma solo un domani migliore. Seguite i soldi, i soldi grossi: armi, droga, petrolio, manodopera. I soldi che viaggiano materialmente su navi gigantesche e quelli che viaggiano su cavo: interessi e diritti (non solo d'autore ma anche brevetti industriali: chimica, medicina, tecnologia, diritti di sfruttamento del marchio come del terreno). Seguite i soldi e vedrete che i paesi poveri vendono terra ai paesi ricchi, vendono droga, vendono materie prime, vendono lavoratori privi di diritti che costano poco. Intendiamoci: i soldi non sono cattivi, sono solo uno strumento di pagamento, se non ci fossero i soldi useremmo conchiglie, sangue, oro, schiavi. Non sto dicendo che i soldi sono un problema, che la finanza è il braccio del demonio e la ricchezza il marchio del male, non siate così ingenui e sempliciotti, se volete giocare all'inquisizione rivolgetevi a un regime totalitario. Dico che i soldi ci aiutano a capire i rapporti fra le parti che effettuano scambi, perché tutti effettuano scambi, anche respirare è uno scambio di atomi spiccioli per ossigenare i nostri corpi. Noi stati ricchi abbiamo qualcosa che gli altri vogliono e gli altri hanno qualcosa che noi vogliamo, i soldi servono solo a capire chi ha comprato cosa da chi e il potere da sempre si esprime nel gestire la ricchezza, il potente è colui che vanta diritti, legali o divini, democratici o aristocratici, guadagnati o conquistati o derubati, su cose e persone.
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Potete divertirvi da soli a individuare e commentare i flussi di denaro. Paghiamo produttori di droga per vedere drogati ai giardinetti (non che gli ubriaconi siano più eleganti, ma quelli non cercano alcolici importati di contrabbando, i soldi vanno a onesti coltivatori e distillatori che nelle pubblicità di un tempo vestono giacche da camera di velluto con le toppe, fumano pipe di radica e siedono davanti al caminetto con segugio acciambellato ai piedi della poltrona di pelle borchiata, nelle pubblicità attuali giovani alla moda si mettono in posa nella scenografie di locali futuristici e fanno sesso con atletici amanti incontrati per caso). Paghiamo produttori di petrolio perché possano costruire alberghi grattacieli nel deserto e finanziare a carico nostro le varie tribù che garantiscono il mantenimento dello status quo (il ricatto di chiudere i rubinetti e il costante rischio di interventi armati per impedire che facciano collassare le nostre economie è mitigato solo dai soldi, dal fatto che i soldi che diamo loro cesserebbero non solo di arrivare nei conti svizzeri di governanti corrotti o previdenti – si assicurano una pensione di vecchiaia in caso di rivolte congiure ghigliottine – ma anche di avere valore – trovarsi con miliardi di dollari e di euro privi di valore, che incubo. Poi cos'altro, ah, gli schiavi, gente che vive in fabbrica, ci mangia e ci dorme, ci lavora per 16 ore al giorno, si uccide perché i soldi dell'assicurazione – nel caso di ditta occidentale con sede all'estero che impiega manodopera locale, perché altrimenti non ha diritto a niente, cosa ti aspetti da chi fa pagare ai tuoi parenti il costo del proiettile che ti sparano nella nuca? – basteranno a mantenere per decenni i famigliari del caro estinto. Paghiamo stranieri perché schiavizzino al posto nostro, che noi siamo troppo civili per farlo di persona. Seguite i soldi, che ci vuole? Noi siamo popolazioni vecchie che bevono pillole azzurre per scopare fino a cent'anni però col preservativo o ricorrendo all'aborto. Siamo persone ricche e anziane che hanno indebitato figli e nipoti non solo per investimenti produttivi, e quello sarebbe anche altruista, ma per spendere e basta, per tenere alti i livelli di consumo necessari a giustificare incrementi di produzione e con essi tassi di disoccupazione accettabili e domanda di moneta sufficiente a garantire copertura per le esigenze del welfare. Noi produciamo – dico noi ma alcuni dei paesi ricchi manco quello - solo intrattenimento che viene piratato via internet e brevetti che vengono copiati e sfruttati confidando nel fatto che si abita lontani, si deve dimostrare l'illecito, si deve fare e rifare un processo, insomma semmai avrai un rimborso alla fine ci rimetti comunque in bolli consulenze parcelle. Siamo vecchi obesi e vecchie ritoccate col bisturi con l'armadietto pieno di medicine, il frigor pieno di roba sterilizzata, il totemico impianto audiovisivo in salotto, e viviamo soli, barricati, diffidenti, abbiamo paura di perdere tutto, chi tanto e chi poco. Produciamo automobili e vernici, mobili e vestiti, ma l'intera nostra produzione di oggetti materiali è destinata a perdere quote di mercato perché sono capaci anche i paesi poveri a fare quello che facciamo noi, solo che a loro costa meno – almeno per adesso, e ci vorranno decenni prima che i prezzi siano omogenei a livello globale, ammesso che si riesca a rendere omogeneo un prezzo frutto di monopolio sulle risorse senza usare la forza di un'espropriazione da parte di un'autorità pubblica mondiale, ma anche allora avremmo comunque un pianeta che non regge né la nostra sete di risorse né il nostro numero di aspiranti a un benessere medio minimo garantito a tutti, che tu nasca in africa in alaska, nella foresta o nel deserto. Quando sarà passata l'epoca del fuoco e avremo bruciato tutto il bruciabile per inseguire un modello di sviluppo basato su crescita infinita e risorse inesauribili, motivato da una cultura tardo romantica idealista e scientificamente utopistica (come guarderanno gli uomini del futuro all'uomo che saltella sulla luna, con allegria? stupore? rabbia? tristezza? sarà un simbolo di che cosa?), chissà se ci ricorderemo come si fa a ripartire da un qualche punto del passato e prendere una strada diversa, e se sarà possibile farlo. Basta che non mi dite che mangeremo alghe e dentifricio su un'astronave, perché se voglio ascoltare idiozie adesso oltre a giornali e tv c'è anche internet: ho solo l'imbarazzo della scelta.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPxh8v5VilyuF3KQUCxUWnXy6NcWAXJcxUgISPHDgr9ARye7awLepOX6JrPrc24c8TbNiLeuYg_YACpCSgUTqpZNs412XzRoAwIMFDzX2AN8eaDQXkHp92-AkoPT-OkKqrtW-7qJI7/s1600/paguro.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPxh8v5VilyuF3KQUCxUWnXy6NcWAXJcxUgISPHDgr9ARye7awLepOX6JrPrc24c8TbNiLeuYg_YACpCSgUTqpZNs412XzRoAwIMFDzX2AN8eaDQXkHp92-AkoPT-OkKqrtW-7qJI7/s1600/paguro.jpg" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-17569962578207122852012-02-02T03:04:00.000-08:002012-02-02T03:04:04.102-08:00Carta canta<div style="text-align: justify;">
Franzen dice che le cose su carta sono preferibili perché non vanno soggette a cambiamenti, dice che i file spariscono, vengono modificati, che sul monitor stai leggendo una porcheria e il momento dopo un capolavoro. Non ha detto capolavoro, ha detto Jane Austin, ma suppongo volesse dire letteratura. Ha detto che le cose digitali sono fatte per non durare, nel senso che vengono scritte come nelle news, che non hanno pretese di lunga scadenza, non cercano nemmeno di essere piacevoli per lungo tempo. Qui potremmo perderci le ore a discutere di consumismo, intrattenimento, se esista l'arte popolare, ma in sostanza dice che se metti su carta fai un gesto simbolico forte, è come se dici queste cose le ho scritte con la presunzione che abbiano un valore degno di essere reso disponibile nel lungo periodo. Che ci metti l'impegno, la faccia, ti giochi la reputazione, non puoi cancellarlo o modificarlo come un post su un blog. L'arte come religione, l'ha chiamata così, ci è arrivato da solo, perché anche le cose su carta non durano, e ci sono cose su carte che sono lì solo a testimoniare l'errore di chi pensava meritassero non solo la stampa in copia unica, il che avrebbe senso nella logica dell'edizione come imprimatur culturale, ma addirittura la diffusione a mezzo stampa. Franzen è un po' monacale, anche dove dice che si deve spegnere tutto, tv e internet, per concentrarsi in maniera esclusiva e totale sul proprio lavoro, sul proprio dono intellettuale al mondo, questo è la mia letteratura, prendete e leggetene tutti. È proprio vero che per continuare a rispettare un autore di cui si magnificano le opere è necessario non conoscerlo mai di persona, perché Franzen non ha mai avuto bambini attorno, non ha mai scritto nei locali della pausa caffè di una lavanderia industriale, non ha mai subito il rumore del traffico, il tubare dei piccioni sul tetto e il rosicchiare dei topi nelle pareti, le sirene antifurto dei vicini in ferie. La funzione ieratica dell'autore è così aristocratica da suscitare invidia e senso di ingiustizia, anche in presenza di meriti innegabili, laddove si presta a giustificare un censo allargato a chi invece meriti non possiede se non quello di trascinare verso il basso gli standard per adeguarli ai gusti dei potenziali clienti. Franzen, non voglio fare nomi, ma sappiamo tutti e due che esistono intere saghe che sul monitor le chiameresti porcherie e su carta come le chiami? Quindi il discorso è più complesso di così, ti stimo troppo per insinuare che hai fatto il furbo quando ti è venuto in mente che il settore in cui lavori campa con roba stampata su carta, roba il cui valore non cambia a seconda del supporto, altrimenti incidiamolo nella pietra, quanto dev'essere importante un'opera letteraria per meritarsi la pubblicazione su pietra? Quanto i dieci comandamenti? Ha fatto bene Salinger a mendare tutti a fare in culo, a non rispondere neanche al telefono, è quello che farò anch'io appena esce gw2, e più vai avanti con l'età e più è facile che spari cazzate, è meglio stare zitti se non si ha intenzione di scendere a patti con se stessi e vendersi agli emissari del marketing. Se vuoi parlare devi essere un King, che la critica non lo digerisce e può dire quel che gli pare senza il rischio di perdere la corona di un Roth o di un DeLillo, per citare i più recenti, scrittori che assurgono alla soglia dell'empireo e non gli rimane a quel punto che perdere terreno, abbruttirsi, tornare a indossare pian piano i panni dell'uomo normale, senza superpoteri attribuiti da giurie di loro impari, osannanti e proni di fronte a cotanta maestria. King rappresenta il plebeo, l'antieroe del sistema aristocratico che, nei fatti, è la realtà di ogni arte, dove si tende al sovrumano, all'assoluto, con i contenuti religiosi che Franzen percepisce. King che da parecchio la vive male, si sente respinto con motivazioni pretestuose, che reputa di incarnare meglio la funzione della letteratura come narrazione che sfrutta il piacere dell'intrattenimento per impartire insegnamenti morali o trasmettere esperienze formative. Il nonno preistorico che tiene occupati i ragazzini raccontando antiche e terrificanti battute di caccia. King è il bardo, Franzen lo sciamano. King ti vendeva il miglio verde a fascicoli settimanali per fare il Dickens, Franzen è in grado di classificare un libro tenendo conto di parecchi indicatori qualitativi, King vendeva scritti su internet quando internet la usavano ancora in pochi, the plant mi pare si chiamasse quel racconto, e non lo faceva perché aveva bisogno di soldi come all'inizio carriera, quando spediva racconti ai giornali per pagare le bollette, per Franzen invece internet è troppo generalista, sarebbe come mettere un approfondimento sulla situazione geopolitica mediorientale del New York Times fra le pagine di Amazing Stories. Franzen è lo scrittore che, al momento, reputo il migliore autore vivente nel campo della letteratura, ma scrive, come dice lui stesso, 'per chi ama leggere', ovvero per chi è in cerca di prodotti di fascia alta, di lusso, che hanno l'ambizione di durare se non in eterno almeno quasi, e questa è una posizione nobile, romantica che più romantica non si può, ma che nasce minoritaria per motivi intrinseci: l'élite è per definizione la crème de la crème, laddove il sistema di selezione meritocratica funziona e, anche laddove funziona e solo i migliori eccellono, si deve pagare il dazio alla sovrastruttura di potere che seleziona anche in base a contenuti adeguati alla morale dominante, allo spirito dei tempi. Per cui il mecenate, che sia il capo dei barbari, l'imperatore, il gran sacerdote, il ricco mercante o il mercato/la massa dei consumatori, in ogni caso vedremo premiare i peggiori che dicono alla maestra quello che alla maestra piace sentirsi dire. In questo la religione di Franzen, è lui che la chiama così, è tradizionalista e conservatrice, il suo dio non è l'arte in sé ma la cultura della società in cui vive, l'occidente in decadenza che va scoprendo di essere in inferiorità numerica e in debolezza di intenti, fragile di carattere e privo di guida, ridicole scimmie senza dio agli occhi di motivatissimi poveri e ignoranti ma pronti a indossare un cintura esplosiva, o a mangiare e dormire in fabbrica, lavorando per due soldi, costruiscono merce per noi, sono soldati pagati da noi per farci la guerra. La posizione che gratta gratta, accomuna i sedicenti di sinistra ai sedicenti di destra (non la destra fascista e socialista italiana ma la destra liberale anglosassone), i progressisti e i conservatori in questa grande schizofrenia che affligge la cultura in generale e la nostra cultura in particolare. Gli uni e gli altri che si sentono a disagio con l'abbattimento di ogni élite meritocratica per mezzo di criteri di valutazione del capitalismo di mercato che tengono conto solo del fatturato e utilizzano strumenti push di marketing privi di intenti educativi, anzi, spesso forniscono modelli di comportamento delinquenziali. Per non avere più i vincoli del mecenate, uno qualunque, palese e conosciuto, ci siamo affidati al nulla. Non esiste più un motivo per distinguere destra e sinistra, ci sono solo vari gradi di libertà, vari gradi di qualità, dove mamma sinistra e papà destra litigano mentre la casa brucia, il nostro pianeta, al quale strappiamo ogni anno il doppio delle risorse che più rinnovare e ci avviamo a consumare del tutto ciò che non può nemmeno rinnovare. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikOVWtBHgYeuUAfLGmAMdmRPA6CBMoZ5Fqn4BV38E5LKdfPn6gxazYypm1zlOJcr83H9b0-ndxL7eesyzYSm__JUli_WkPsJM5IBaJ3Xl-Wd-53eW2srxolLBYCWvQSdhtDNo6gKiv/s1600/liutaio.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEikOVWtBHgYeuUAfLGmAMdmRPA6CBMoZ5Fqn4BV38E5LKdfPn6gxazYypm1zlOJcr83H9b0-ndxL7eesyzYSm__JUli_WkPsJM5IBaJ3Xl-Wd-53eW2srxolLBYCWvQSdhtDNo6gKiv/s320/liutaio.JPG" width="272" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-77003573187149057322012-01-27T02:07:00.000-08:002012-01-27T04:31:02.111-08:00con metodo scientifico<div style="text-align: justify;">
Oggi è la giornata della memoria. Si leggono cose preparate da giorni per far bella figura, cose riproposte come a tirare fuori l'album fotografico di famiglia, si leggono cose di gente che partecipa alla celebrazione mediatica per guardare nell'obbiettivo e salutare la mamma, si leggono cose di gente che spara nemmeno contro i defunti, che anche i defunti ormai sono polverizzati, spara contro i fantasmi e non per ricordare ma per far rivivere il passato, come quelli che si vestono da soldato nordista e fanno finta di morire rotolando nell'erba, sotto gli occhi di spettatori divertiti. Il rischio di iniziative culturali come questa, la riflessione pubblica e collettiva sul dramma dell'olocausto, è l'effetto spettacolo, l'infezione dell'intrattenimento che trasforma ogni argomento in attrattiva, venite fatevi avanti siore e siori. Si valuta in termini di feedback l'iniziativa poco o molto interessante, a prescindere dai contenuti, si avverte la necessità di una tragedia che si presti a venire replicata senza perdere pubblico, come le serie tv che possono chiudere dopo la puntata pilota o andare avanti decenni. Si percepisce tutto questo in varie occasioni delle quali la giornata della memoria è una di queste, e quanto il non partecipare ti fa sentire in colpa, sentimentalmente egoista, romanticamente sterile, empaticamente limitato, tanto il partecipare ti fa sentire complice del sistema propagandistico superficiale, emotivo, irrazionale, acritico, che non approvi. Sia l'anno scorso che quello prima ho voluto mettere il dito anch'io nella ferita sempre aperta del antisemitismo e, nonostante la premessa liberatoria, è quello che sto facendo anche quest'anno.
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Vedremo fotografie, filmati, leggeremo poesie, diari, tutto materiale che accusa i colpevoli come se fossero quattro stronzi sbucati fuori dalla fogna e avessero preso il potere di notte, mentre i buoni dormivano, e una volta sul trono del re avessero dato ordini indiscutibili per via di un incantesimo malvagio che rende schiavi. L'olocausto sembrerebbe opera di robot schiavizzati con la magia da mostri arrivati al comando con la truffa. Dite la verità, è questo che avete dentro alla testa, ecco perché non ho mai tutto quell'entusiasmo nell'unirmi ai riti di gruppo, non è per una forma di asocialità malata o presuntuosa, no, è perché non voglio sentirmi complice dell'inganno culturale. L'olocausto è stato il frutto naturale di un'epoca di socialismo scientifico, di scienza applicata alla società. Parliamo di Darwin, di Lombroso, di esplorazioni, di schiavismo, di rivoluzione industriale. Non si può trattare il nazismo come una cosa a parte, differente dalla altre dittature europee o addirittura estranea alla cultura prevalente nell'occidente. Non c'è niente di separato nello sviluppo organico del pensiero occidentale, la tecnologia influenza la storia che influenza la filosofia che influenza la medicina e via dicendo. L'olocausto non l'hanno fatto gli alieni, l'abbiamo fatto noi, anche noi adesso che ne parliamo schierandoci dalla parte dei buoni. Mettetevelo bene in testa che voi non siete i buoni, neanche se sputate sui nazisti, neanche se chiedete scusa, voi siete colpevoli due volte se vi credete innocenti. Se voi foste nati nella Germania di Hitler avreste pensato che fosse tutto giusto e normale, scientificamente dimostrato, moralmente accettabile. Chiaro? Voi non siete innocenti! Tantomeno siete buoni!
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Se voi foste l'aristocrazia francese di fine 700 avreste pensato che la marmaglia stava esagerando. Se foste russi sotto Stalin avreste esultato alla notizia di un vicino di casa scoperto dalla polizia segreta e spedito in Siberia. Voi non sedete nel banco della giuria, o siete nell'elenco delle vittime o siete sul banco degli imputati. Non giudicare e non verrai giudicato non significa non giudicare apertamente per paura delle ritorsioni o astieniti ipocritamente dal giudicare, significa che nel momento in cui giudichi vieni giudicato. Il giudizio sull'olocausto, in particolare, è un giudizio su di noi come umanità, un giudizio su come gli esseri umani siano in balia di correnti culturali sulle quali non hanno alcun potere se non quello di testimoniare estraneità a posteriori, rinnegando qualsiasi coinvolgimento con cieca insistenza, per una due tre volte di fila se necessario. Tirarsene fuori, togliersi di dosso la colpa come fosse polvere sui vestiti, qualcosa di estraneo, e invece non è niente che viene da fuori, fatta da altri, che possiamo prendere, legargli al collo una collana di responsabilità e cacciare a pedate nel deserto. L'olocausto è colpa di tutti, anche di noi che celebriamo il giorno della memoria come a dare una pacca sulle spalle di solidarietà a gente che con noi non c'entra. E vedi gente che ogni giorno dell'anno esprime posizioni violente e assolutiste, oggi e solo oggi apre una parentesi di comprensione viscerale delle vicende umane come chi porta i fiori freschi sulla tomba dei genitori per il giorno di ognissanti.
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Per cui sì, partecipo anche quest'anno, ma sto in disparte, come al solito, sto in fondo, nell'ombra, e sto zitto, non rovino la festa a nessuno. Farò finta di niente a chi mi guarda il naso e annuisce come se avesse capito qualcosa di me che nemmeno io comprendo, a chi maledice i colpevoli quando dovrebbe maledire tutti noi per essere come siamo. L'olocausto è il frutto più vistoso del socialismo scientifico che mira a eliminare i pezzi difettosi o non congruenti, che siano i geneticamente imperfetti, gli individui che non si sacrificano per il bene comune, che sia popolo o nazione. Nazismo è una contrazione di nazional-socialismo, è volkswagen che vuol dire auto del popolo, è industrializzazione e mito del superuomo niciano che in russia è stalin che significa acciaio e in america è clark kent. Non possiamo isolare la Germania e dire loro sono stati cattivi e noi no perché hanno fatto quello che avremmo fatto anche noi se avessimo trovato il coraggio. Perché tutto il mondo occidentale la pensava esattamente come i nazisti su tutto, chiaro? Riuscite a capirlo al volo o ve lo dico più lentamente? Le pubblicazioni sulle riviste scientifiche in tutto il mondo moderno puntavano dritte lì. Le pubblicazioni universitarie su temi filosofici puntavano dritte lì. I concetti espressi sotto forma di arte puntavano dritti lì. L'olocausto è il punto del corpo dove ha colpito il proiettile culturale sparato dall'umanità contro se stessa. La cultura dell'uomo occidentale, ovvero dell'intero mondo civilizzato, non si è neppure fermata a prestare soccorso, è andata avanti come se fosse inciampata.
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Voi pensate che il nazismo sia diverso dal comunismo, dalle tante dittature nel mondo che si esprimono realizzando varianti del progetto ideologico del socialismo scientifico, una visione del mondo positiva e luminosa, come direbbero certi invasati, un lungo percorso verso la perfezione più o meno condiviso dalla maggioranza, sostenuto dalla voce pubblica delle élite che indirizzano l'operato delle classi dirigenti profetizzando rivoluzioni, teorizzando spiegazioni almeno plausibili, sventolando proiezioni statistiche ad hoc. Un mondo dove si è buoni per legge e il diritto ha fondamento nelle leggi naturali. Ebbene, voi siete nazisti. Voi volete eliminare chi non rientra nei vostri parametri. È normale, succede da sempre, è una dinamica di gruppo che si riscontra anche negli animali. Siete stati adolescenti, sapete cosa vuol dire essere dentro o fuori da un gruppo. Se dovete scegliere fra il salvare un parente o uno sconosciuto voi scegliete il parente. Se qualcuno al posto vostro compie di nascosto azioni che vi portano vantaggi, che sia eliminare la concorrenza, imprigionare i terroristi, uccidere feti femmine per contenere la popolazione, distruggere ecosistemi per farvi stare al caldo d'inverno, voi state zitti e fate finta di niente, preparare discorsi difensivi per un domani in cui vi venisse chiesto di rendere conto della vostra inerzia, vi preparate a manifestare pubblicamente cordoglio e pentimento, a chiedere scusa per quello che han fatto gli altri, i cattivi, a vostra insaputa. Per cui cosa volete che vi dica? Che siamo tutti ebrei? Va bene, ma alcuni di più e altri di meno, e non dirò che io lo sono di più, ma di certo in molti lo sono di meno.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-89611434221615416372012-01-24T02:46:00.000-08:002012-01-24T02:46:28.922-08:00Press enter to continue<div style="text-align: justify;">
Dovremmo porci dei limiti anche per internet, come per tutto il resto, non solo in termini di quantità giornaliera, ma di assimilazione totale: fissare una tacca e dire oltre questo punto non ce ne sta più. O scadenze temporali definitive, tipo vado avanti fino a quando esce guild wars 2, oppure per altri cinque anni. E poi basta, passare ad altro, mettersi uno zaino in spalla e stare in giro per anni. Ha senso crescere un figlio per sempre? Certo che no, non è un'estensione di noi stessi. Allora perché facciamo finta che ci siano prolungamenti della garanzia, periodi indeterminati, ci prendiamo in giro su quello che siamo in grado di fare e per quanto possiamo continuare senza stancarci, senza crollare, senza diventare parte integrante di quel che facciamo, perdendo noi stessi nella trappola di amnesie volontarie. A me sembra testardaggine, un combattimento fra galli, la lotta istintiva che viene innescata per la gioia degli scommettitori, un rito spartano da tragedia classica che dopo un po' non fa più ridere, nemmeno piangere, non fa più niente, ci lascia indifferenti, esausti, come dopo aver letto notizie orribili, tutti i giorni leggiamo notizie orribili mentre beviamo il caffè, sdraiati sul divano, non ci interessa più niente, darci quelle notizie serve solo a darci argomenti per fare conversazione. Leggi di bambini che muoiono, anche oggi un bambino di due anni cade all'indietro dalla sedia e finisce con la testa in un mobile a vetri morendo con la carotide tagliata. Noi riceviamo la notizia e passiamo oltre, come se cambiassimo frequenza col telecomando dell'attenzione, della riflessione. Non siamo cattivi ma assuefatti, colmi fino all'orlo, anestetizzati dall'abitudine.
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Viviamo dentro a un videogioco, dentro a molti videogiochi, che sono film interattivi dove siamo protagonisti immortali, quando muori premi reset e carichi l'ultimo salvataggio effettuato. Per quanti sbagli tu possa compiere ti viene permesso di arrivare alla fine comunque, imparando dai tuoi errori, perseverando, con l'insistenza irrazionale di un animale che lotta per istinto. Il videogioco horror dove accadono cose terribili intorno a noi solo per ricordarci che dobbiamo essere forti, trovare la via d'uscita prevista dal creatore del gioco, non perdere la speranza e la prontezza dei riflessi, si deve restare concentrati a godersi l'intrattenimento per cui abbiamo pagato. E il videogioco romantico per eccellenza, con fate draghi cavalieri elfi, amore e magia, grandi soddisfazioni, riconoscimenti, arrivare alla vecchiaia come quegli indiani in comunione con gli spiriti al punto da dire 'oggi è un bel giorno per morire'. È un meccanismo automatico che non ha responsabili, che non sottende volontà o responsabilità, si tratta del grande respiro del mondo, lo spirito dei tempi, la necessità degli equilibri. Noi siamo incasellati in un meccanismo che noi stessi difendiamo perché sentiamo di farne parte, ci sentiamo in debito e in colpa nei suoi confronti, abbassiamo lo sguardo in sua presenza, siamo ancora bambini, siamo tutti bambini, anche e soprattutto chi è convinto di no. Siamo bambini che passano la vita a cercare di capire come si fa a smettere di essere tali, che provano a smettere di esserlo, che si convincono di esserci riusciti. Ma se davvero non fossimo più bambini stamattina dovremmo essere tutti immobili a fissare nel vuoto, pensando alla gola squarciata di quel un bambino che muore davanti agli occhi dei genitori, agli occhi dei fratelli, ai nostri occhi.
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E invece non ci lasciamo distrarre, siamo troppo coinvolti dal gioco che teniamo fra le mani, siamo troppo impegnati a smettere di essere bambini, di fare i bambini. Non ci poniamo limiti per niente tranne che per l'essere bambini: deboli, ingenui, emotivi, ignoranti, sensibili, eccessivi. Non ci poniamo limiti quando si tratta di uccidere o di bruciare. Lavorare per sempre, arrivare dove nessuno è mai giunto prima, tutta la retorica illuminista e romantica del molto di più e molto più veloce. Alla mattina accendo il computer e vedo decine di email, commenti, il feed reader con centinaia di cose non lette, immagini non viste, battute a cui non ho riso, scandali per cui non ho storto la bocca, ingiustizie per cui non ho imprecato, pazzie che non mi hanno fatto portare le mani alla bocca o ai capelli. Dopodiché ci si aspetta che spenga e vada a buttare l'immondizia, a leggere un romanzo, a divertirmi, a fare il mio dovere di lavoratore/contribuente-consumatore. È come farsi dare la scossa, le frustate, e goderne, il masochismo del cittadino medio, obeso e depresso, in attesa di finire il gioco a furia di tentativi quotidiani, sveglia dopo sveglia, rito dopo rito, abitudine dopo abitune, senza mai averne abbastanza, senza mai arrivare a sazietà. Smettere è arrendersi, ritirarsi è perdere, bisogna stare in campo e guadagnare di più, produrre di più, battere i record, sconfiggere il nemico. Ma chi è il nemico? Siamo pieni di nemici invisibili e lontani, immateriali proprio come quelli dei videogiochi. Non sono avversari concreti, sono bersagli che ci servono per poter sparare a qualcosa che non siano i nostri famigliari, i nostri alleati, noi stessi allo specchio. Fatevi un elenco di tutti i nemici, partite pure dalla preistoria, dalle liti fra tribù per l'uso esclusivo di una sorgente. Arrivate alle crociate, alla guerra fredda.
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Non è più nemmeno questione di etica in un mondo dove l'autorità non è legittimata e la morale è relativa. Non sappiamo più nemmeno per cosa stiamo lottando, per cosa valga la pena. Il benessere ha un costo non preventivato in termini di dipendenza e dedizione, di inquinamento e sovrappopolazione. L'illuminismo, dopo aver fallito imboccando soluzioni da socialismo scientifico nazista e comunista, sta mostrando la corda dell'idealismo utopistico anche nei modelli matematici che sceglie di utilizzare per spiegare la realtà. Da ogni parte arrivano bordate delusorie (de delusion, che in inglese è una parola che indica una malattia), proprio nel momento di massimo splendore della civiltà illuministico-romantica, proprio quando l'intera umanità si è messa a praticare il culto del benessere, con l'entusiasmo di chi non vede un limite alle possibilità umane, di chi utilizza una matematica che non prevede vincoli materiali, statistiche basate su condizione temporanee del passato e del presente che non dureranno in eterno. Non siamo capaci di ipotizzare i limiti e irridiamo chi ci prova, gli diamo del thomas maltus, gli diciamo che ci saranno tecnologie innovative e che non è aver fede ma ragione perché in passato ci sono state, in passato è andata così. Illuminismo romantico che si aspetta una schermata di aiuto, un romantico intervento divino o la scoperta scientifica del cheat godmode, e nel frattempo va avanti come ha sempre fatto, in bilico sull'overdose, ti alzi dal letto che sei già stanco, lavorerai per pagare debiti, il futuro che amavi tanto adesso ti tiene in pugno, corrergli incontro diventa sempre più faticoso, il videogioco non è più così bello come quando ci hai giocato la prima volta, ignorare bambini che muoiono di morte violenta, per distrazione, per stupidità, ignorare i bambini dicendoti non è colpa mia, non è colpa di nessuno, il videogioco ce ne vuole per far finta che ti piaccia ancora, devi mentire quando te lo chiedono, devi continuare a sorridere, a mostrare sicurezza, a comportarti da adulto, non puoi spegnere il computer, non puoi nemmeno dire va bene ci gioco ma solo fino a questo punto, fino a quando ne ho avuto abbastanza, no, devi finirlo, devi continuare fino alla morte per non sentirti una nullità.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-59190402369590639482012-01-16T05:50:00.000-08:002012-01-16T06:04:33.977-08:00guardi l'uccellino e dica cheese<div style="text-align: justify;">
Siamo incapaci di moderazione. La moderazione è un lusso che i depressi e i bipolari non possono permettersi. C'è un prima e un dopo, il prima è quando le malattie non esistevano, non si erano formate o non erano state create, non avevano un nome, non erano classificate, descritte, sottoposte a rigidi programmi di sperimentazione, studiate e interpretate alla luce di. Nel prima c'è una cosa che si vuole oppure no, la semplice logica shopenhaueriana della volontà come sovrano superegotico del desidesirabile, dove una cosa è buona o cattiva prima di una morale a decretare giudizi condivisi. Nel mondo infantile del prima si tratta di impedire che venga esaudita la volontà di cose immorali o obbligare l'avverarsi di cose moralmente encomiabili, perché quasi mai si vuole ciò che è bene e non si vuole ciò che è male. Non si vogliono medicine amare, si vuole prevalere sull'avversario. Il prima è quando si ipotizzava che la volontà individuale fosse naturalmente erronea, il male necessario del mondo, il dopo è quando si ipotizza che la volontà individuale vada distrutta a favore del bene comune, il paradiso in terra. Il dopo non è finito, è ancora in vigore, un dopo in cui dalla moderazione della volontà si è passati all'eccesso di moderazione, smarrendoci in alienazioni pubbliche e private dove ci si sfoga in termini di autodistruzione per compensare una volontà annichilita e favorire la completa vittoria di una qualunque dittatura morale.
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Non siamo più capaci di alcun tipo di moderazione, perfino la moderazione deve essere eccessiva o non essere. La modestia deve essere così manifesta da diventare motivo di vanto: ecco il modesto vanitoso. Qualsiasi presunta virtù diventa un pretesto per l'esibizione di capacità superiori in una competizione senza premi per i vincitori. Si corre a vuoto come criceti nella ruota della gabbietta, e qui entra il gioco il relativismo morale, perché quando c'è un codice ben preciso di comportamento, per cui la società premia o punisce, e viene messo in discussione succede che chiunque può scegliere i propri obiettivi, utilizzare la volontà non come nel prima, dove volontà e necessità morale si riconoscevano a vicenda, ma come prima del prima, quando il mondo era selvaggio e i rapporti umani animaleschi, quando la volontà non riconosceva alcuna utilità a regole con finalità sociali, di gruppo o di specie, superiori alla dimensione del singolo, pre-umanistiche e pre-illuministiche. Inseguendo la supremazia della morale e del sociale sulla volontà e sull'individuo, abbiamo finito per dimenticare la funzione dell'una e dell'altra, abbiamo perso la capacità di stare in equilibrio e di cercare un significato all'interno di un concetto di salvezza in grado di prescindere dalla durata della vita, dalla salute del corpo, da tutta una serie di variabili totalmente legate alla sfera individuale. Noi oggi cerchiamo la salvezza nelle macchine, nella medicina, nella ricchezza, nel successo, nel consumo, nello svago, in tutta una serie di oggetti concreti che ci lasciano vuoti e insoddisfatti.
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La moderazione oggi è debolezza, è perdita, è sputare sul diritto all'eccesso che ci vengono garantiti dal progresso scientifico, dal benessere economico, dalla libertà giuridica. Tutto deve essere vissuto con gioia e trasporto, come ho detto in apertura: chi non è contento è malato. Abbiamo vissuto una ubriacatura senza precedenti grazie alle possibilità offerte dal petrolio, la quantità di lavoro che viene svolta bruciando petrolio, la quantità di prodotti che viene costruita trasformando il petrolio, rispetto a gas e carbone il petrolio ha fatto una differenza enorme nel rendere ricca una piccola parte della popolazione mondiale. Non so se vi rendete conto che lo stile di vita dell'uomo occidentale non è sostenibile a livello globale. Questo particolare concreto ma inconfutabile viene sistematicamente ignorato, tu lo dici e chi hai davanti magari lo sente, con le orecchie, ma il suo cervello si rifiuta di processare l'informazione. Non ci salverà l'energia solare, l'idrogeno, l'atomica, le maree, niente, ok? Chiaro? Non esiste alcuna fonte di energia, fisicamente, son leggi fisiche, non sto dicendo che non si è ancora scoperta, non può proprio esistere niente che vada a sostituire il petrolio. Ci sono voluti milioni di anni, un'intera era geologica, il carbonifero, per creare i giacimenti di combustibile fossile che stiamo consumando. Poi basta, fine, quando abbiamo bruciato tutto basta, finisce una parentesi storica dell'umanità che non potrà mai ripetersi, non sto scherzando. Per cui non sto parlando di cultura come di qualcosa che non ha attinenza con la realtà, quando parlo di prima e di dopo, della moderazione nel 2012, parlo di cose concrete. La cultura ti aiuta a capire il mondo in cui vivi, non è qualcosa per noiosi sfaticati che si fanno le seghe mentali.
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Non sappiamo darci limiti in una miriade di situazioni, la pubblicità, che è la più evidente, la medicina (tra poco batteri e virus l'avranno vista sugli sforzi scientifici degli ultimi secoli e non sarà sufficiente l'ottimismo e la fiducia nel progresso a impedire agli idealisti sognatori di sbattere la faccia contro la dura realtà), la conquista dello spazio (parlano di viaggi spaziali che durano anni, secoli, dove nello spazio tutto è lì solo per uccidere la vita, la fragilissima vita di noi esseri umani: le radiazioni, la temperatura, le distanze, la gravità stessa), la stessa concezione di società andrà in frantumi alla prima sollecitazione perché è basata su presupposti artificiali e fa affidamento su condizioni più che provvisorie. Tutto in questo periodo storico è all'impronta dell'esagerazione, una continua scommessa al rialzo su se stessi, una febbre che porta a dare confidenza sempre maggiore a rischi esorcizzati con una risata, l'intero processo di razionalizzazione è intrinsecamente assurdo perché implica profezie che si autoavverano. La parola d'ordine è quella di evitare il panico, evitare il panico dei mercati finanziari, evitare il panico nella popolazione, affrontare costi previsti e perdite calcolate per impedire il collasso del sistema per tutto il tempo possibile, ritardare l'inevitabile in una corsa inutile e ridicola contro il tempo.
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La moderazione consiste anche nella capacità di reazioni composte e nel coraggio della verità. Ma noi, oggi, se creiamo un frullatore parliamo subito di futuro, di futuro con uomini frullatori o schiavi dei frullati. Facciamo il tipico errore della scienza statistica: ci basiamo sul passato per fare previsioni. Non c'è niente di più sbagliato ma è così che funziona il cervello umano e, peggio ancora, è così che funziona la testa di chi vuole usare la scienza per spiegare tutto, il determinismo scientifico per cui gli esperimenti ripetuti dimostrano e assurgono a legge universale. E invece la scienza non è uno strumento valido per tutto, non lo è di sicuro per dare salvezza all'uomo, perché anche di salvezza ha bisogno l'uomo, e privarlo del diritto a trovare salvezza fuori dalla scienza è un delitto peggiore che dare del malato a chi non abbraccia con gioia la religione dell'ottimismo smodato e immotivato nell'uomo. Il neo-umanesimo di cui si inizia a parlare deve stare molto attento a specificare nei dettagli non tanto cosa vuole diventare da grande, ma cosa non vuole diventare, perché noi uomini se facciamo guerra oggi la facciamo con l'escalation, se ci raccontiamo una storia lo facciamo con viaggi dell'eroe intrisi di romanticismo tragico, oggi tutto deve nutrire aspettative esagerate e chi ne resta deluso è depresso, chi viene schiacciato dal peso dello stress è demotivato, è malato, deve curarsi, il realismo e la moderazione sono dannosi e repellenti, il pessimismo è contagioso e pericoloso. La religione dell'ottimismo dice che se pensi positivo ti accadono cose belle e il suo rovescio della medaglia, la superstizione del pessimismo, dice se pensi negativo verrai punito. In ogni caso non ti moderare mai, 110%, dacci dentro, sii te stesso, non ammettere mai una debolezza, se non puoi essere santo allora pecca fortissimamente e con la massima convinzione, la mentalità del vincente che non si arrende mai, il mondo è ai tuoi piedi, veni vidi vici.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQYDFaVXL3hIk2XbQPuU7xcKn8bodjQHrlGoX5crI_ipNdrVjEB95uUgWMQBMcOTz6q184kp1V_PpxxsiplqrAAt11wz-2rcLCZgW5xIFq3aPeZSRP_ipUH4Ex86BC0KwjsmP2zmE4/s1600/tell.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQYDFaVXL3hIk2XbQPuU7xcKn8bodjQHrlGoX5crI_ipNdrVjEB95uUgWMQBMcOTz6q184kp1V_PpxxsiplqrAAt11wz-2rcLCZgW5xIFq3aPeZSRP_ipUH4Ex86BC0KwjsmP2zmE4/s320/tell.JPG" width="272" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-46768129376528303682012-01-10T03:08:00.000-08:002012-01-10T03:08:07.257-08:00con un poco di zucchero la pillola va giù<div style="text-align: justify;">
Prendiamo il concetto di lavoro, e quindi di tempo libero, di salute, e quindi di benessere. Ora descriverò come la cultura odierna interpreta, o meglio impone all'uomo intellettualmente passivo, l'unità di misura delle masse, l'uomo che se il suo cervello avesse le mani non saprebbe nemmeno allacciarsi le scarpe, l'uomo che al massimo ri-produce il pensiero altrui mediante citazioni, analisi comparate, approfondite critiche, ma di suo non incrementa il patrimonio culturale in senso qualitativo, può solo aumentare la quantità di materiale fino a soffocare e schiacciare qualsiasi tentativo di comprensione al di fuori di un circuito ieratico, da casta mandarina, dove perfino il linguaggio non è più immediatamente accessibile e fruibile da un postulante cadetto apprendista. La cultura anch'essa come prodotto, come avviamento aziendale protetto da accordi di riservatezza, segreto industriale, know-how e capitale immateriale che si ammortizza vendendo nozioni a clienti bisognosi di un certificato per accedere ai club esclusivi delle professioni. Anche la cultura ha subito lo stesso processo che la cultura stessa ha riservato all'oggetto del suo agire, alla ragione della propria esistenza: al sapere. Il sapere esce dal trattamento materialista come merce, è la notte delle vacche nere, dove tutto è merce, tutto è concreto o non è, ha significato solo in quanto siamo noi a dargliene uno e tutto morirà con noi e niente esiste al di fuori di noi. Ma scendiamo di un gradino, parliamo di concetti più semplici: lavoro, salute, anche il singolo che viene condotto al guinzaglio dai padroni del vapore culturale e intellettuale, l'atomo sociale imbevuto di propaganda che è viene chiamato a fornire la risposta predigerita a domande retoriche di contenuto morale.
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Lasciamo perdere la cultura, che è noiosa per definizione, e facciamo due chiacchiere sul lavoro. Oggi cos'è il lavoro? Oggi è uno stile di vita e una garanzia di reddito. Addirittura noi ce l'abbiamo nella costituzione, il lavoro, altri ci hanno messo la felicità, la giustizia, l'amore, noi ci abbiamo messo il lavoro. La nostra economia consiste nel dare soldi ai poveri affinché svuotino i magazzini delle fabbriche permettendo che i loro soldi vengano usato per pagare gli operai. Non produciamo merce, come altri paesi, no, da paese socialista che si rispetti noi produciamo lavoro. Gli altri producono elettronica, chimica, siderurgia, noi no, noi ci proponiamo sul mercato mondiale come consumatori, diciamo ai nostri amici produttori di merci che loro senza di noi vanno in recessione, che hanno bisogno di qualcuno che compri e che consumi, e che devono finanziarci. È così che ci si trova un debito pubblico enorme, finanziando a debito il benessere e scaricandolo sulle generazioni future, mal che vada, perché a un certo punto magari dichiari fallimento, consolidi, inflazioni, svaluti, insomma chi ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto. Potrei spiegarvelo in modo incomprensibile, usando paroloni, ma ho lasciato a casa il mio costume da mandarino alla corte dell'imperatore. Ma torniamo al lavoro, stavamo parlando del lavoro, oggi il lavoro non è l'unico modo, faticoso porco e ingrato, di procurarsi da vivere, oggi il lavoro è una componente dell'equazione benessere sociale nell'ambito di una politica totalitaria e assolutista nata dalla decomposizione del romanticismo in materialismo e dalla scoperta del petrolio. È semplice, lo può capire anche l'uomo che non ha mai aperto un libro se glielo spieghi con parole semplici e facendo esempio concreti, solo che se glielo spieghi poi come fai a guidare una società che non fissa il telescermo, non guarda unicamente nella direzione in cui punti il dito? Tu, uomo che ti credi al culmine di una parabola evolutiva, devi continuare a sognare e obbedire, non devi sapere, non devi capire, non devi nemmeno pensare, devi solo lavorare e comprare, e nel tempo libero devi fare figli.
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Infatti limitiamoci a parlare del lavoro, ma anche della salute. Oggi la salute è un dovere, i medicinali sono strumenti che danno accesso alla bellezza, intesa come status symbol. Se sei bello allora sei sano, se sei brutto o vecchio allora sei malato, contaminato, marchiato dalle cicatrici del vaiolo, sei butterato come un delinquente un malvivente un avanzo di galera, non hai più diritto di lavorare e, lo sanno tutti, quando smetti di lavorare muori, vuoi forse morire? Sei depresso, mentalmente disturbato, hai tensioni suicide? Se sei bello allora sei anche sano, sei equilibrato, sensibile e intelligente, mente sana in corpo sano, sei onesto e affidabile, sei 'buono', la qualifica morale che si misura da una parte in termini di successo professionale – sei persona che fa un lavoro prestigioso, persona che viene ricompensata dal mondo con grosse somme di denaro per bilanciare i suoi sforzi altruistici - dall'altra parte in termini di estetica – sei persona elegante pettinata profumata bella pelle aspetto giovanile muscoli tonici, sei persona che viene premiata dal mondo come frutto dell'incesto meccanico fra natura e scienza, con l'eterna giovinezza il buonumore la saggezza divenuta realtà nell'incarnato tinta delicata. Abbiamo dunque lavori dai connotati esoterici (con linguaggi dedicati e vocabolari iniziatici), lavori che identificano il senso della vita con il proprio ruolo all'interno di una ragnatela relazionale fatta di riti e apparenze, abbiamo ospedali-spa, farmacie-profumerie, la malattia che diventa esperimento di estetica del raccapriccio e salute che diventa esercizio di accanimento salutista. Tutto questo è esplicita rappresentazione del dominio culturale del fine a se stesso, e qui si entra nel filosofico, l'impossibile autosufficienza di un umanesimo privo di un aggancio nell'assoluto, non necessariamente ontologico, qui si declina vistosamente l'ideologia del relativismo nella concezione del lavoro e della salute dei nostri giorni, ma è un cancro culturale con metastasi diffuse nei concetti più disparati, prendiamo se volete anche gli opposti di lavoro e salute, prendiamo tempo libero e benessere (benessere come mancanza della necessità di un prodotto salutare).
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Il tempo libero oggi è noia, è spreco di vita, è spreco di denaro come mancata occasione di acquisto e consumo. Oggi il valore della vita è dato dalla capacità di spesa e vince chi allontana nel tempo la morte di più perché così facendo avrà avuto più tempo per accrescere il reddito e i consumi, migliorando la qualità della sua vita, accrescendo il proprio benessere, massimizzando la propria soddisfazione. Quando dal sociale si scende all'individuale, con il destino della masse che si dispiega insieme al divino nella Storia, da Hegel a Marx, e diventa malessere esistenziale in forzature razionali pragmatiche e disumanizzanti, ci accorgiamo che qualcosa non funziona, l'uomo decerebrato intuisce che l'origine di una sensazione di profondo disagio viene da fuori di sé ma cambia idea quando la grande voce tonante del grande fratello mediatico gli assicura che è lui, è colpa del suo peccato originale capitalista, legato all'egoismo, al mettere le proprie esigenze davanti a quelle altrui, è lui a essere disfunzionale, bipolare, antisociale. Non c'è bisogno di sottolineare quanto sia religiosa la pretesa del materialismo di essere orgogliosamente ateo. Assistiamo alla sistematica confusione del paradossale in un sistema che premia l'assolutismo totalitario fingendo di essere la risposta razionale alla fragilità dell'individuo, proprio come una chiesa confessionale, dove la comunità accoglie in seno con amore l'eretico che sia disposto a pentirsi a diventare un fervente adoratore, un martire volontario, trovando finalmente un senso alla propria individualità problematica annullandola nel sociale protettivo di un amore severo post-genitoriale per adulti rimasti orfani. La differenza con una chiesa è che lo Stato (o un'organizzazione criminale ben organizzata) ha la forza fisica di imporre le proprie leggi, farle rispettare, portarti via i tuoi averi e sbatterti a marcire in prigione (o farti frequentare per decenni i tribunali per difenderti, perché altrove si deve dimostrare la colpevolezza, da noi si deve provare l'innocenza, da noi finisci in carcere, ci stai dei mesi senza essere stato processato, e poi si vedrà, con calma). Non sto dicendo che l'anarchia (già me li vedo i trinariciuti sbomballare di far west e liberismo) sia preferibile, lo specifico per prevenire i soliti benaltristi e gli specialisti di trucchi retorici sempre in agguato.
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Ma dicevo il tempo libero, oggi bisogna riempirlo. I calvinisti e gli stakanovisti a braccetto, la caccia al debosciato, all'approfittatore, al magnapane a tradimento, e i mandarini della cultura, che se il loro cervello avesse i piedi li userebbe per inciamparci, non ti dicono niente, non ti spiegano niente, a te uomo formica in balia degli eventi, a te che annaspi alla ricerca di una spiegazione a misura della tue limitate capacità mentali, non ti fanno dare un'occhiata la manuale delle istruzioni. Andiamo avanti a chiacchierare, parliamo del ruolo dell'intrattenimento come prodotto di consumo misurato in termini di controvalore temporale, nel senso che ogni attività richiede tempo e il valore del tempo aumenta man mano che lo si cede come moneta invisibile. Il tuo tempo libero è vuoto se non ti intrettieni, e il vuoto significa cadere nel vuoto, significa il nulla, la morte, tu se hai del tempo libero e non lo sfrutti vuol dire che hai del tempo morto e il tempo morto uccide anche te. Il tempo libero deve essere vivo, non devi sprecarlo, devi investirlo in attività ludiche e alienanti, in questo risiede la denuncia di nichilismo e cultura di morte ripetuta molte volte da una minoranza di esponenti di religioni non (più) statualizzate, una cultura figlia menomata del romanticismo in cui viene sublimato il tabù della morte reale, concreta, pur incevandone il consumo in dosi industriali sotto forma di cronaca o fiction. È uno dei molti controsensi di cui ti ho già detto poco fa, uomo qualunque, paradossi sviluppati dall'evoluzione di una modalità superficiale di esercitare il pieno dominio di una comprensione, pur necessariamente limitata, della realtà. È la visione di una barbarie culturale sostenuta dalla tecnologia petrolifera, materialmente prolifica di merci ma intellettualmente sterile. È la modalità estintiva del piacere epicureo che si trasforma in edonismo onanistico, del sacrificio stoico che diventa spettacolarizzazione dell'altruismo, una imposizione egalitaria che sacrifica la libertà individuale in nome di una libertà collettiva di là da venire, che tarda per via di attriti conservatori e controrivoluzionari, una dispersione altruista di risorse sottilmente diverso dall'egoismo utilitarista quando si rivela intrinsecamente costruttivo e accumulante. Caro uomo consumatore lavoratore che non capisci neanche lontanamente di cosa sto parlando, io sono contento per te, ti voglio bene, beati i semplici, vorrei essere nei tuoi panni, la conoscenza aumenta il dolore, la scuola non dovrebbe essere obbligatoria, dovremmo viver come bruti, ho questo dubbio a volte che saremmo molto più felici se vivessimo nel medioevo, nell'età del bronzo, nella preistoria.
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Mi sono distratto, dicevamo del lavoro, della salute, del tempo libero, del benessere, è proprio la ricerca spasmodica di un benessere fatto di oggetti inutili, di fatto, che non aumentano il benessere spirituale, non ti fanno sentire meglio, non ti rendono felice, anzi, ti senti male all'idea che devi lavorare per pagarli, per comprarne di nuovi, che ormai non puoi farne a meno, ti servono per lavorare, per vivere, sono il tuo polmone d'acciaio. Il benessere non è più inteso come libertà dal dovere ma come diritto al lusso, tutti hanno diritto a tutto, nessuno vuole doveri quando può avere diritti, e il tempo che una volta veniva dedicato all'approfondimento, al pensiero, al sentimento, oggi viene dedicato alla cura del corpo, alla messa a punto dello strumento di lavoro per eccellenza, il proprio corpo, da utilizzarsi per avere successo, vale a dire un lavoro giocoso che frutta fama ammirazione, in una parola audience, e soldi a palate dagli sponsor pubblicitari da spendere in benessere fisico. Questo è il libro che ci leggono i mandarini prima di metterci a letto, queste sono le favole che fanno di noi cavalieri e principesse, con animali parlanti e cattivi destinati a perdere. L'attività di arricchimento interiore fatto con le proprie mani, senza lasciarsi imbottire passivamente dalla merce dei mandarini, viene oggi percepito come spreco di energie. Il tempo che una volta veniva giudicato immorale ogni volta che serviva a divertire - che viene da diversivo, da distrazione, distogliere l'attenzione, disinteressarsene, non porsi domande, ignorare apposta, fregarsene - oggi viene esaltato come forma d'arte esistenziale, e lo slogan dei mandarini è: lasciaci lavorare, non ti preoccupare, ce ne occupiamo noi, tu pensa solo a divertirti.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1eG8f6c40Je6MG3omBW3pocyPuUkR913h7LtCrWCpVOlklwQzp2XNjoWP9mLP0zozq0UMfO7_FUEf-AeNCQ5X0wYdSJAMI-01a4k9V4rpGFyrgPHmDK2XNqsP6j415RswV9Saeaev/s1600/life+stages.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1eG8f6c40Je6MG3omBW3pocyPuUkR913h7LtCrWCpVOlklwQzp2XNjoWP9mLP0zozq0UMfO7_FUEf-AeNCQ5X0wYdSJAMI-01a4k9V4rpGFyrgPHmDK2XNqsP6j415RswV9Saeaev/s320/life+stages.JPG" width="206" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-32861974541599406882012-01-09T01:39:00.000-08:002012-01-09T01:40:38.466-08:00L'era della congestione<div style="text-align: justify;">
La società è anche un luogo affollato, è prima di tutto un luogo affollato. Prima di essere un'astrazione, una categoria, un modello, la società è un posto fisico condiviso, di natura pubblica, come una piazza concreta o virtuale dove si forma l'opinione dominante mediante il dibattito fra i campioni (nelle scuole americane è materia di studio, il sostenere una tesi, l'argomentare, da noi si fa casino e vince chi urla di più o picchia più forte, e anche questa è una differenza in termini di civiltà, se non di mentalità radicata nel passato, dove da una parte si lottava per libertà e indipendenza dalla monarchia, di qua si combatteva per sostituire il potente altrui con il potente del nostro campanile). Mi sono perso, dicevo la società come luogo fisico di incontro e confronto, dove matura e si svolge la vita collettiva, dove si prendono decisioni che riguardano tutti e diventa importante uscire vincitori nella battaglia per il controllo sulle risorse pubbliche. Chi domina la piazza ottiene il diritto al comando, è così da sempre, sia che lo ottenga da dittatore utilizzando esercito e polizia segreta, sia che ottenga il voto della maggioranza con gli strumenti della propaganda direttamente, con la complicità dei media, o indirettamente, facendo leva sul populismo. La società come luogo fisico è cambiata nel tempo, viviamo l'era della congestione informativa, dove è ormai impossibile avere certezze maturate in ambito razionale sia per carenza di strumenti intellettuali nella gente (non è vero che miliardi di persone non possono sbagliarsi tutte assieme, che la cosa giusta da fare emerge dai grande numero di chi esprime una preferenza a riguardo) che per quantità di materiale oggettivamente impossibile da assorbire. Per cui ci si schiera e basta, a prescindere, si decide che di qua ci sono i buoni e di là i cattivi e si discrimina fra le migliaia di fonti per selezionare quelle adatte a sostenere la nostra squadra, go go go party go!, la politica da stadio, ma neanche, che gli atleti li selezionano, qui invece ci va chiunque riesca a garantire un ritorno economico in termini di legislazione favorevole ai sostenitori della causa.
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Oggi anneghiamo nell'informazione selezionata. Ormai non è nemmeno più chi produce l'informazione a fare al differenza, non servono articoli lunghi e approfonditi dove si riferiscono e si spiegano i termini della questione, lasciando addirittura al lettore la possibilità di farsi un'idea propria, no, adesso si scrive direttamente l'invettiva, l'arringa, si dà direttamente al lettore il materiale da ripetere a pappagallo contro i tifosi dell'altra parte politica, anche se nella realtà non li incontra mai, le persone al bar, all'edicola, in fila alla cassa, non discutono di politica, non si strappano i capelli a vicenda sulla notizia scandalosa del giorno. I più agguerriti si ritrovano in piazza, appunto, per riconoscersi fra di loro, per gridare tutti insieme arbitro venduto, viva noi abbasso voi, senza che ci sia mai, nelle piazze, uno scontro fra tifoserie che non sia destinato a sfociare nella guerra civile, perché o sei minoranza, e allora vai in piazza a litigare contro la maggioranza dei votanti e contro la democrazia, o sei maggioranza e allora vai in piazza a manifestare contro te stesso, o sei circa la metà degli aventi diritto e allora cosa facciamo, ci ammazziamo l'uno con l'altro? Questa è la piazza dei nostri giorni, il luogo fisico in cui si concretizzano i rapporti sociali nell'era della congestione informativa, un posto diverso da quello di secoli fa solo per via della quantità di gente che la occupa e della quantità di voci che si sovrappongono e gridano per farsi sentire, e internet come piazza virtuale e globale ne è l'apoteosi. Non è per nulla diversa dalla piazza di secoli e secoli fa, è ora di finirla con la presunzione dei figli del petrolio di credersi antropologicamente migliori dei loro predecessori e dei contemporanei che non li seguono nelle loro scelte di pensiero, perché lo schema gregario e acritico dell'opinione pubblica si estende alla miriade di caratteristiche private del vivere. La pressione conformista assume connotati totalitari nel momento in cui la piazza, intesa come quella parte di società che si esprime sui canali mediatici con la pretesa di rappresentare un popolo intero, ti mette di fronte all'evidenza che il mondo è pieno zeppo di gente che ti dà molto fastidio, basta sapere che c'è al mondo gente così e diventa più brutto vivere, più difficile sorridere. Non è come uscire di casa andare nella piazza semideserta del tuo paese e incontrare uno che suona il clacson, sputa per terra, che tu pensi va bene, è uno, uno solo, non vale la pena di punirlo e di rovinarsi l'umore. La piazza mediatica ti ripete, giorno dopo giorno, lo fa da decenni, lo fa sempre di più, con incremento esponenziale, che i tifosi della tua o altrui squadra sono tanti, non è uno, sono milioni, sono dappertutto.
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La canea dell'informazione ti priva oggi più che mai della rassicurante e confortevole sensazione di avere uno spazio vitale inviolabile, una dimensione personale, sacra e intoccabile, di libertà e purezza, dove ti è possibile e garantita un'esistenza in piena e totale serenità. La convivenza pacifica viene avvelenata da una costante necessità di distinguo, richieste di schieramento, chiamate alle armi simboliche. La piazza odierna ti segue dentro casa, ti rende dipendente, ti fa compagnia, i media veicolano e amplificano l'infezione costruendo mitologie tascabili a breve scadenza, distruggendo qualsiasi tentativo individuale di integrità responsabile, di maturazione creativa. Col tempo il canale diretto tra la bocca del potere e l'orecchio del suddito si è accorto della pericolosità del mezzo e si è trasformato per disinnescare l'arma che ha permesso e permette con una facilità agghiacciante l'installarsi delle dittature totalitarie. Per impedire l'abuso di un potere distruttivo abbiamo sacrificato la necessità di un potere costruttivo. Nell'era della congestione ci attacchiamo a mammelle sempre più sterili, rifiutandoci di abbandonare il nido, di ammettere l'aver imboccato un vicolo culturale romantico quanto si vuole ma cieco, è un fatto. Non ci si vuole arrendere all'evidenza, non si vuole abbandonare il benessere fittizio rubato ai posteri per tornare indietro nel tempo a imboccare una strada diversa da quella del Progresso di cui ci ostiniamo a riempirci la bocca a sproposito. Passiamo a speculazioni di seconda mano, poi di terza e di quarta, fino a privare di senso e significato qualsiasi tentativo di comprensione, inficiando il concetto stesso di gnosi, irridendo gli sforzi di chi si illude che esista la possibilità di un fondamento. La decadenza del pensiero occidentale si misura non solo nelle crisi economiche, di valori, nel degrado dei costumi o nell'inquinamento, ma anche nella fragilità, nella paura, nella dipendenza, nell'incapacità dei singoli uomini, come elementi di un corpus comunitario, di abbandonare una strada senza uscita ma comoda, accogliente, fresca e umida e buia, perfetta per nascondersi e rintanarsi. Il coraggio di ridiscutere i principi e risalire alle radici è come trovare ogni mattina un motivo valido per svegliarsi.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrwDMuhskBgcJl2tWrzqdqwmaoEFVqgaRwTBeWW4EeU1_UUuT0SU6-dJX_ol7vvGVDoUk0pzfQaij8FpxXlHQZJ_-tbcRyEgdpN3ZbdGXD1DMw4epa3B-B7Yh_A8Rlao7j90nmaKp6/s1600/mouth.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrwDMuhskBgcJl2tWrzqdqwmaoEFVqgaRwTBeWW4EeU1_UUuT0SU6-dJX_ol7vvGVDoUk0pzfQaij8FpxXlHQZJ_-tbcRyEgdpN3ZbdGXD1DMw4epa3B-B7Yh_A8Rlao7j90nmaKp6/s320/mouth.JPG" width="221" /></a></div>
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<br /></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-83529245611357711522011-12-19T01:21:00.000-08:002011-12-19T01:22:16.598-08:00galline meccaniche covano uova sintetiche<div style="text-align: justify;">
Scusate oggi sono di cattivo umore, il che capita spesso, lo so, per cui saltate pure questo post, non leggetelo, se lo leggete poi non ditemi che non vi avevo avvisato. Si tende a spostare l'attenzione sui soldi, come se ci fosse un diritto ai soldi, alcuni parlano di reddito minimo garantito, come se stampare una banconota equivalesse a creare ricchezza. Non è così. Chi lo pensa è ignorante, chi lo afferma è ignorante e pure pericoloso, il che fa di lui un imbecille che dovrebbe starsene a casa, andare a spalare la merda, non in tv e sui giornali, in quel circo barnun che è diventata la politica e l'informazione in molti paesi del mondo, Italia compresa. Stampare moneta non crea ricchezza, non innesca l'osannata crescita di cui si riempie la bocca anche il tuttologo dei giardinetti, il reddito minimo garantito, come qualunque manovra monetaria espansiva non suffragata da necessità sistemiche provoca solo svalutazione e inflazione. Capisco che piacciono a chi vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma lo dovrebbero dire: signori, voglio farvi diventare poveri, voglio tassare redditi e risparmio, perché è quello che fa l'inflazione e la svalutazione, rende carta straccia le banconote, chi ha messo via dei soldi che oggi valgono 100 domani varranno 10. Per quello conviene sempre far debiti nei paesi governati da classe dirigenti social-buffonesche come la nostra, dove lo stato per primo è così indebitato da avere interesse nell'ammazzare il potere d'acquisto della propria moneta. Noi viviamo in un paese così, l'Italia, soffocati dalla retorica e dalla propaganda, dove stai zitto perché anche urlare non serve a niente, se non lo dice un comico alla tv non ha valore, e il comico deve essere schierato politicamente.
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Quindi potete comprare valuta straniera o indebitarvi nell'attesa che esploda la bomba inflattiva, non ci sono altre soluzioni nei paesi socialisti, anche se a molti preferiscono definirsi keynesiani, si camuffano perché non va più di moda dirsi socialisti, ma attaccano comunque liberisti e liberali, sbertucciano il capitalismo perché è facile nei paesi liberi profetizzare rivoluzioni per raccogliere il malcontento, che non difetta mai, la gente è sempre arrabbiata per qualcosa contro il governo, e diventare ricchi e famosi. Vi prendono per il culo, no, non quelli che rischiano la pelle per realizzare una forma qualunque di civiltà organizzata, ma quelli che vi dicono che se non siamo diventati ricchi è colpa di chi ci governa, ci ha governato, ci governerà. Gente, popolo, quando capirete che la politica è tutta una presa per il culo sarà sempre troppo tardi. L'unico sbocco che può avere la politica delle illusioni è la dittatura, e quando lo diventa allora stanno zitti anche coloro che nei paesi liberi si potevano permettere di fare casino. Perché quando il benessere finisce finisce anche la libertà. Lo ripeto per venire incontro alle limitate capacità mentali di certi buontemponi: la libertà è vincolata al benessere, se finisce il benessere finisce la libertà, la pace, la giustizia, tutto quanto. Immaginate solo cosa accadrebbe se domani mattina i supermercati fossero chiusi, se gli scaffali fossero vuoti, se il cibo aumentasse di prezzo e costasse troppo anche per chi riceve soldi gratis dallo Stato per starsene buono. È per il pane, per la fame, che scoppiano le rivoluzioni, con buona pace di chi è cresciuto a pane e mitologia eversiva. E conosco pazzi scatenati che ridacchiano all'idea che un popolo ridotto alla fame sia un prezzo tutto sommato modesto da pagare se innesca il Cambiamento, la Svolta, l'Avvento della Nuova Era.
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Questa è l'Italia oggi, una civiltà illusoria, e come l'Italia molti altri paesi post-industriali che scommettono sull'economia digitale per allontanarsi ancora di più dai settori primario e secondario. Per chi non lo sapesse, facile in un pese di semianalfabeti come l'Italia, pieno di laureati che non sanno nemmeno leggere e scrivere in italiano corretto, il settore primario è quello agroalimentare, la terra, il bestiame. Il secondario è l'industria, la chimica, l'acciaio. Il terziario è tutto il resto. È da qui che nasce la folle idea che anche il denaro si sia terziarizzato, per via di strumenti finanziari derivati che lo hanno reso concreto, così che stampi moneta e crei ricchezza, che è come dire che il cibo cresce sugli scaffali del supermercato, che le macchine le costruiscono i simpatici aiutanti di babbo natale. È pazzesco, lo so, ditelo a me che ogni giorno leggo articoli e assolto esponenti delle classe dirigenti sparare cazzate galattiche sulla crisi e su come risolvere la crisi e sui colpevoli della crisi. Non so nemmeno perché butto il tempo a oppormi al carrarmato mediatico dell'informazione come quel tizio cinese, è come gridare all'angolo di una strada mentre ci sono ovunque i megafoni di ho chi min che ripetono nastri registrati, tazebao di propaganda su tutti i muri, gente iscritta al Partito che picchia come dissidente o collaborazionista chi non se ne sta zitto e buono a testa china. Questa è la politica, menarsi per vincere le elezioni e gestire il denaro pubblico per darlo agli amici e ai sostenitori, anche in termini di posto di lavoro. Se non lo avete capito, e non lo avete capito, lo dimostrano i milioni di persone che non hanno gli strumenti intellettuali per capire qualcosa di più complicato delle regole del gratta e vinci, allora ve lo meritate di essere trattati come scervellati da chi esercita il potere.
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Siamo una società di deficienti, senza offesa, governate da deficienti, senza offesa, e informate da deficienti, senza offesa. Questo è, così è, rassegnatevi, mettetevi il cuore in pace, era così secoli fa, anche se viene il sospetto che col tempo le cose siano solo peggiorate, è così ora e sarà così anche un domani. Ciò che volevo spiegare in questo post è molto più semplice, riguarda l'importanza sottovalutata del settore primario e secondario, sì, voglio denunciare la pericolosità insita nel progressivo abbandono di campi e stabilimenti. Vogliono tutti lavorare in ufficio, diventare medici avvocati commercialisti, al massimo liberi professionisti che denunciano redditi da poveracci e fanno la vita da milionari. Nessuno vuole nemmeno sentir parlare di agricoltura o di fabbrica, al massimo i camerieri, temporaneamente, mentre finiscono gli studi e si mettono in fila per un posto da professore. Guardiamoci in faccia, ditemi che non è vero se avete il coraggio. Produciamo pasta, per esempio, con farine provenienti da chissà dove. Importiamo carne e latte. Il pesce sta sparendo da tutti i mari per eccesso di pesca, mediterraneo compreso. Non solo si diffondono malattie rapidamente per il movimento materiale di merci e persone, ma specie importate distruggono ecosistemi. Questa è la realtà, altro che finanza e titoli derivati e armonizzazione fiscale dei paesi aderenti alla moneta unica. Questa è l'economia che produce ricchezza: campi che producono più grano di quello usato per seminarli, bestiame che si riproduce, questa è la base di qualsiasi economia. Tutto il resto funziona a corrente o a benzina. Il profitto non è che questo: la differenza fra quante pocere ho oggi e quante ne avevo l'anno scorso. Non è un peccato, non è immorale, il profitto è un fatto, è la misura della ricchezza prodotta. Lo si misura in soldi perché i soldi sono l'unico modo di capire se una pecora vale più di un maiale, traduci in soldi, esprimi un valore monetario. Basta con le cazzate che spara chi non sa niente di economia, basta con questo clima da inquisizione nei confronti dei soldi, della ricchezza, la ricchezza è materiale, non finanziaria, se stampo una banconota con su scritto vale una vacca non vuol dire che da oggi al mondo c'è una vacca reale, concreta, in più. La ricchezza la si produce materialmente ed è sottoposta a vincoli materiali precisi: una mucca produce al massimo tot litri di latte, non puoi modificarla geneticamente affinché produca nafta, non puoi farla diventare grossa come un palazzo. Se produci un miliardi di palline dando lavoro a un miliardo di persone ma quelle cacchio di palline non se le vuole comprare nessuno da quando c'è sulla piazza chi le produce e vende a metà prezzo è inutile che te la prendi con gli speculatori di Betelgeuse sulle loro astronavi fatte di soldi. Ci sono dei vincoli, il più importante tutti è l'intero pianeta, quanta gente può sopportare il pianeta, che livello di benessere massimo è consentito e per quante persone. Se non si capiscono o si negano per motivi elettorali queste relazioni fisiche semplicissime è inutile parlare di economia e di politica.
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Lo ripeto a voce alta per chi ha problemi di comprendonio: tutto il resto va a corrente o a benzina. La corrente devi immagazzinarla dentro a batterie (o enormi bombole di idrogeno, certo certo, è arrivato lo scienziato ecologista della domenica, prego si accomodi, che l'idrogeno scoppia, te lo dico così, en passant, scoppia, e molto, idrogeno essere sostanza che scoppissima facile facile), sai quante batterie ci vogliono se domani mattina le centrali elettriche a carbone, petrolio, e atomica chiudono? Sai che il petrolio non si produce ma si estrae e un giorno finisce? Mi sembra di dire cose rivoluzionare e invece sono banalità che nessuno dice, anzi, le nasconde, meglio dare la colpa al denaro. Il petrolio e l'energia elettrica hanno consentito alla popolazione mondiale di crescere fino ai sette miliardi attuali. L'industria e il terziario hanno assicurato un benessere diffuso il quale a sua volta ha permesso ai governi di abbandonare l'uso costante e normale della forza per il mantenimento della pace sociale e dell'ordine e per la difesa della sicurezza e del diritto. Se la gente sta bene, ha lo stomaco pieno, vive a lungo, non viene picchiata o violentata per strada, insomma è normale che poi la morte diventi un tabù, che tutti vogliano vivere per sempre su questo pianetino o su un altro, più pulito, meno corrotto, nella galassia vicina. Oggi se dici campi o dici stalle la gente si spaventa, ti guarda come se gli fai schifo, si immagina le mani rese nodose dalle vesciche, la puzza di merda di vacca e di gallina, si immagina il gesto di ammazzare un animale e sbudellarlo e scuoiarlo per poi mangiarselo. Le nuove generazioni si aspettano che non si torni indietro, pretendono che il lavoro sporco lo facciano altri individui non meglio precisati, forse i robot di alfa centauri. Le nuove generazioni vogliono passare dalla paghetta per fare cose piacevoli e chiamarle lavoro alla pensione per fare cose piacevoli e chiamarle hobby. E per fare tutto questo basta stampare banconote della nostra bella valuta nuova e forte, c'è pieno di straccioni là fuori, miliardi di disgraziati da schiavizzare e il bello è che loro ti devono ringraziare e tu passi per il loro salvatore. Ricordatevelo quando incontrate l'ennesimo sepolcro imbiancato che mente sapendo di mentire o che non sa nemmeno di cosa sta parlando. Anzi, non ricordatevelo, dimenticate tutto quello che vi ho appena detto, altrimenti vi rovinate l'umore, meglio dare ascolto a questi quattro deficienti che danno la colpa al nemico ideologico e promettono che presto arriverà il salvatore, come nei film, l'eroe, il predestinato, l'eletto, a sistemare tuttecose. Si basano sul passato, quando l'opec alla fine aumentava la produzione di petrolio, quando si aprivano nuovi mercati per le esportazioni, le solite ricette che hanno imparato dai nonni mandandole a memoria senza nemmeno capirle e che oggi, ancor di più domani, non hanno più senso. D'altronde non hanno dato spazio a intere generazioni, la mia per esempio, e se glielo fai notare ti dicono che dovevi prendertelo, il potere, con la ribellione, come hanno fatto loro, i sempre giovane anche se cado a pezzi, i sicari che non mollano la presa sul collo né dei padri, strangolati ai tempi, né sui figli, strangolati in seguito. La generazione degli asfissianti, altro che del baby boom, la generazione che ti toglie l'aria, la generazione degli idioti simpatici.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0gPA_vd_va9QpK7aeyeUZEQSI1i0pnzUZPuM_GgcGLpjpN1wVK9dmJcrIFnpt1VhxHz8SHfTQErzOIY5EwTEBvq1YdZXFya0fWzt5njrpPsjpVTmL8VPy7CreIFnBXYRWGDh3ROQJ/s1600/b-gallery-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0gPA_vd_va9QpK7aeyeUZEQSI1i0pnzUZPuM_GgcGLpjpN1wVK9dmJcrIFnpt1VhxHz8SHfTQErzOIY5EwTEBvq1YdZXFya0fWzt5njrpPsjpVTmL8VPy7CreIFnBXYRWGDh3ROQJ/s320/b-gallery-2.jpg" width="220" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-59164804216615225032011-12-09T00:29:00.001-08:002011-12-09T23:03:55.952-08:00Effetto Franzen.<div style="text-align: justify;">
Si tende a non parlare del presente, a tenere per sé le riflessioni sul presente, per evitare complicazioni, implicazioni, ritorsioni, per evitare di dare l'impressione di vantarsi o di lamentarsi, di fare i drammatici o i superficiali, perché non va mai bene come sei, quel che fai, come ti rapporti a, il modo in cui reagisci. Nel presente si naviga a vista se si ha un minimo di intelligenza o di esperienza, di sensibilità o di educazione, altrimenti si procede a carrarmato, conosci anche tu quelli che sanno tutto loro, che ti insegnano come si fa, che si stupiscono di te perché non gridi, non ti ribelli, che se non ti imponi non ottieni, che ti devi conquistare tutto, che hai diritto a tutto. Nel presente, parlo per me, si tende a evitare lo stress, si passa gran parte del tempo a prepararsi per subire lo stress, e col tempo le fonti di stress si moltiplicano, perfino l'assenza di fonti di stress diventa una fonte di stress. C'è un tempo in cui fai tutto quello che devi fare perché è quello che ci si aspetta da te, studi latino, per esempio, anche se il latino è una lingua morta che ti fa schifo al, stai nel traffico cantando l'ultimo successo alla radio, e quando ti viene da riflettere a te come corpo vivente in una scatola e ti viene da chiederti perché, che senso ha, scacci i pensieri, gridi contro un altro automobilista che tanto mica ti sente, mica ti vede, mica se ne accorge, e se ne sbatte se pure ne accorge, dato che ti sei appoggiato sul clacson e sputi saliva con gli occhi invenati come una scimmia resa pazza da una consapevolezza crudele.
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C'è un momento nella vita in cui si supera una frontiera, anzi, ci sono molti momenti così, ma oggi voglio parlare di una frontiera particolare, quella che da un po' mi ci riferisco come effetto Franzen. Non perché sia imputabile a Franzen, solo perché mi sono accorto di esserci entrato mentre leggevo Franzen. È una frontiera simile al presente, di cui non si parla per tanti motivi, fra i quali il problema di prospettiva, che quando lo si vede per intero il presente è andato, è troppo lontano. Come quegli anziani che hanno la faccia tosta di farti capire che ci sono già passati, che non ti invidiano la presenza di spirito che ti causa struggimento e ti rende famelico, gli anziani che annuiscono e ti dicono passerà, starai meglio, come a dire tu finirai o non finirai come me, tu troverai la via, la verità e la vita, andrà tutto bene, sei nato per dimostrare che ho ragione, che è possibile, che non farai i miei stessi errori. Gli anziani che esibiscono quella patina di menefreghismo egoista con la pretesa che venga scambiata per la superiorità e il distacco tipici di chi ha capito l'importanza di, il segreto della, che ha trovato i soldi per pagare i conti del dolore, della colpa, degli errori di gioventù. Gli occhi di chi è soddisfatto oppure no, di chi è stato svuotato e riempito troppe volte, di chi si aspettava chissà cosa ma va bene così, la grande consolazione di sapersi accontentare senza cadere nell'abuso di farmaci.
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Lo chiamo effetto Franzen quello che interrompe il meccanismo di implicazione, di adesione formale, alle liturgie della civiltà, l'immedesimazione con il teatro pubblicitario, i media come anfiteatro dove si mangiano i poveri, gli sfigati, i perdenti, i malati, dove si impara a evitare tutto ciò che potrebbe identificarci con la parte sbagliata della società, quella brutta, vestita male, coi denti storti, claudicante. La frontiera della partecipazione, dove perdono peso le balle dei politici più invitati e le opinioni dei giornalisti più cliccati, dove le statistiche puzzano e le battute dei comici sono meno tristi delle risate che provocano. L'effetto Franzen è quando sai che l'ennesimo prodotto di intrattenimento non sarà soddisfacente, va persa una chiave, come nell'assuefazione, serve musica a volume sempre più alto, serve più violenza, più parolacce, più sesso, altrimenti non mi diverte più, e alla lunga subentra l'anestetico, l'arto fantasma che succede l'amputazione, o l'atrofizzazione dell'organo del piacere, una forma di atarassia colma di panico, come quando ti rendi conto di essere sul punto di annegare. L'effetto Franzen che riconosci come un'eco che al posto di ridursi progredisce diventando assordante, l'eco di tutte le volte che hai abbandonato qualcosa o qualcuno, certi giocattoli, figurine fumetti favole, telefilm, certe canzoni e certi libri che avresti giurato inestinguibili, che alcuni – saranno sinceri o solo stupidi? - si portano dietro fino alla morte come legati da un patto di sangue, un debito perenne per aver riempito vite così ristrette da stare dentro a un ditale.
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Non possiamo parlare del presente e non possiamo mangiare a stomaco pieno, l'effetto Franzen ti provoca la nausea, non riesci più a leggere libri che ti sembrano tutti uguali, film che ricalcano trame abusate, e ti chiedi quanta vita hai davanti e come farai a riempirla, dove troverai sostanze in grado di scatenare nel tuo corpo la soddisfazione, anche piccola, anche temporanea, la voglia di costruire che ti viene quando ti danno i componenti di un oggetto mai visto prima, dal funzionamento inimmaginabile, e un manuale di istruzioni scritto in una lingua sconosciuta. L'effetto Franzen è quando la probabilità che succeda viene percepita come mutata drasticamente verso il basso, quando inizi a chiederti se è normale trovare interessanti i documentari, quando ti accorgi che è da qualche giorno, mese, anno, che hai preso la folle abitudine di, quando leggi un libro che qualche anno l'avresti buttato via dopo due pagine, quando scopri di avere più pazienza del necessario, e annuisci a un giovane incazzato, gli dici tu devi conquistare il mondo, tu hai diritto al meglio, tu sei pieno di energia, se una bomba a orologeria, tu devi fare cento figli, diventare miliardario, comandare gli eserciti, ma soprattutto ritardare gli effetti Franzen, devi restare stupido, ignorante, animalesco, la tua odiosa naturalezza è ciò che ti tiene al riparo dall'autodistruzione, il sapere ti avvelena, giovane Icaro, l'intelligenza ti uccide, benvenuto a Pandemonio. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbvnk9onTbbFvGKDwk3HZ0Flc4AIdvEnoGD80UNJrFpmESakv4zS6sisWL4C0CXbTxll-6tFb77CwYU2A5TS95nlLzZhORt41B-LOJChUF2pH5ducdIVZB6rtmfN0fs7NP-MC92Pbv/s1600/BD28.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbvnk9onTbbFvGKDwk3HZ0Flc4AIdvEnoGD80UNJrFpmESakv4zS6sisWL4C0CXbTxll-6tFb77CwYU2A5TS95nlLzZhORt41B-LOJChUF2pH5ducdIVZB6rtmfN0fs7NP-MC92Pbv/s320/BD28.jpg" width="320" /></a></div>
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-4698307648419079712011-12-05T02:34:00.001-08:002011-12-05T03:12:41.281-08:00crescita e progresso<div style="text-align: justify;">
La maggior parte dei ragionamenti sull'economia di chi non sa niente di economia sono l'equivalente di chi va a bestemmiare in chiesa e non ha mai aperto un libro di filosofia. Gli ottimisti ritengono che sia uno dei tanti problemi risolvibili aumentando l'istruzione. C'è questa diffusa credenza popolare che certi comportamenti siano dovuti a scarsa istruzione. Si percepisce una certa vergogna di fronte alla possibilità di fare affermazioni più drastiche, per esempio che gli esseri umani si differenziano sotto moltissimi aspetti, uno dei quali è l'intelligenza, declinata in capacità di capire, in comprensione emotiva, creatività, percezione dei modelli, strutturazione dei concetti e via dicendo. Una delle grandi bugie dei nostri tempi, una delle tante, è che l'intelligenza sia una variabile neutra, che dipenda tutto dall'istruzione, intesa non come educazione o rieducazione delle masse, perlomeno non esplicitamente, quanto la sensibilità dell'animo di chi accede alle nozioni e le fa proprie. E le nozioni devono essere quelle giuste, suggellate dall'imprimatur del pensiero unico dominante, le nozioni che trasformano magicamente un deficiente egoista violento, per dire, in un gentile cittadino altruista, laico e progressista. L'intelligenza è una discriminante non soggetta a procedure democratiche egualitarie e solidali, come tale dev'essere rifiutata come elemento discriminatorio che distrugge il tessuto sociale e vanifica la prosperità. Lo capite anche voi in che melassa propagandistica nuotiamo. Il sessantotto a noi ci fa il solletico, siamo diventati una dittatura ideologica che il grande fratello scappa a piangere dalla mamma. In questo ambiente culturale si deve muovere con attenzione e delicatezza chi non riesce a omologarsi e conformarsi, specialmente in tempi di crisi economica dove finalmente ci sono un po' di poveri incazzati da lanciare contro i nemici: i ricchi, lo stato, la chiesa e vari nemici del popolo a piacere. Questo è la parte di follia politica che chiameremo del progresso, per distinguerla dalla follia economica che chiameremo della crescita.
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La crescita del fatturato, delle quotazioni, del prodotto interno lordo, della produzione, del reddito, del benessere. Se dal lato della politica sono così pazzi da proporre teoremi assurdi come l'istruzione come strumento in grado di supplire alle varie forme in cui si esprime l'intelligenza umana, il che è come dire che se fai copulare con belle donne un uomo egoista e violento quello ti diventa San Francesco, dall'altra parte non sono meno pazzi quando applicano funzioni matematiche che ipotizzano crescite reali insostenibili. Sono vere e proprie malattie mentali collettive. Nel singolo si capisce che uno è matto quando lo vedi che si pianta una forchetta nella mano o grida contro il muro, quando invece la follia è collettiva fai più fatica a riconoscerla, se non hai termini di paragone. Perché i regimi impediscono al popolo di ricevere informazioni oltreconfine? Non solo i comunisti, tutte le dittature non vogliono che si abbiano termini di paragone in grado di far capire alla gente che si è in presenza di una follia collettiva. Ecco perché i media ci riempiono la testa di cazzate tipo la colpa di tutto questo è della finanza e dei suoi diabolici meccanismi capitalistici, o che devono pagare gli evasori, i ricchi, i cocainomani col suv. Spero per voi che abbiate il minimo di intelligenza e di istruzione sufficienti a capire che sono cazzate perché io non ho più tempo da perdere né voglia di spiegare, si fa prima a lasciar perdere, sono talmente tanti i matti ignoranti e stupidi là fuori che più li lasci in pace e meno c'è il rischio che se la prendano anche con te. È più furbo, che brutta parola, furbo, ma alla fine è quella che ti salva, gli italiani la conoscono bene, quando la politica e l'economia si separano dalla realtà, e lo fanno spesso e volentieri, la follia è assicurata passando dall'individuo alla massa, dalla concretezza all'astrazione, la cosa migliore rimane approfittare degli spiragli, delle contraddizioni, delle opportunità. Questo fanno gli italiani, oggi più che mai: sopportano la follia del potere che si esprime nei rapporti di forza economici e politici, che utilizza i media per condurre il gregge degli elettori, stupidi e poco istruiti, raccontando fesserie.
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Quando si è giovani si tende a classificare come meschino e rinunciatario l'atteggiamento di chi non tende alla realizzazione di futuri meravigliosi a portata di mano, di chi non partecipa in modo attivo alla vita politica. Col tempo si impara che fra i tanti modi a disposizione per buttare via il tempo, quello dell'idealismo è fin troppo simile al sacrificio dei bonzi, l'ascetismo masochista della politica appare per quello che è: la speranza di chi non ha niente di meglio su cui scommettere, la stolta promessa di un paradiso in terra, la cerca del graal, o la confortante sensazione di far parte di un gruppo su cui fa leva il cinico o l'ingenuo populista di turno. Perché al dunque la politica si riduce a questo: un lavoro come un altro, trafficare coi soldi delle tasse e coi i posti di lavoro negli stipendifici pubblici, dall'istruzione alla sanità alla sicurezza alla municipalizzate, nei panni di un vescovo del partito-chiesa che tessera i fedeli-elettori. Nel frattempo passano gli anni, i decenni, si è troppo vecchi per confessare di aver sprecato mezza vita a inseguire sogni ascoltando balle, i giovani vi guardano come esempi mentre percorrono le vostre tracce e non riuscite a dir loro che non portano da nessuna parte, che non siete stati buoni padri, non siete nonni saggi come il babbo natale sulle lattine della cocacola, e continuate a vendere la vostra religione di sentimenti hollivudiani, eroismi postindustriali, fede nella scienza e nel domani è un altro giorno, il pacchetto culturale della follia collettiva, leccato e infiocchettato per bene. Questa è la parte politica, quella economica si compenetra e si realizza nel benessere facile e abbondante per tutti, nei consumi che tirano la produzione che tira il lavoro che tira il welfare che tira le tasse che tira. È la follia del marketing, più pazzi dei politici ci sono solo i tizi del marketing, quelli che li chiama il direttore generale e gli chiede come intendi aumentare il fatturato, dobbiamo espandere i margini, ci serve di fare più soldi soldi senza rompere il giocattolo e allora quelli del marketing tirano fuori l'equivalente delle cazzate politiche, dicono usiamo i soldi dei clienti acquisiti per favorire l'ingresso di nuovi clienti, scomponiamo l'offerta in cinque miniofferte applicando modifiche unilaterali al contratto e rendiamo difficoltoso ai clienti la procedura per disdettare. Senza parlare delle illusioni propinate con la promozione e la pubblicità.
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Crescita e progresso sono emanazioni culturali del sistema produttivo industriale (e non del grado di libertà economica di uno Stato, minimo nello statalismo, massimo nell'anarchia). In crisi ci sono andati i valori del progresso e della crescita (e non il capitalismo dopo il già avvenuto crollo del comunismo). La follia collettiva consiste nel non riconoscere e ammettere il vincolo che esiste tra benessere materiale (ovvero capacità di sfruttare risorse naturali, se ce ne sono, o know how, o costo del lavoro e altri fattori di vantaggio concorrenziale – si parla di funzioni economiche reali, concrete, che non dipendono dal grado di prevalenza del pubblico comunistoide o del mercato liberistoide) e possibilità di utilizzare parte dei guadagni realizzati dal sistema produttivo nel suo complesso per spenderli
in politiche progressiste, dove si aspira a società utopisticamente perfette che non sono e non saranno mai a costo zero. Adesso ci si lamenta che il giocattolo si è rotto perché non fornisce più i soldi che servono a creare la società dell'ammmmore e si grida, si pretende, si ordina alla politica di aggiustarlo, così, come se fosse solo questione di volontà, come se bastasse bastonare i mercati, gli speculatori, come se ci fossero colpevoli esterni che ci stanno facendo la guerra, come se non si trattasse di costo di petrolio e gas, di costo del lavoro, di debito pubblico, di Cina nel wto con i suoi miliardi di cinesi poveri che lavorano come schiavi, di un tessuto microimprenditoriale privo di potere contrattuale e di economie di scala, di infiltrazioni di stampo mafioso, di Africa infernale fatta di signori della guerra e carestie. Gli stupidi e ignoranti e matti guardano solo dentro al loro piccolo giardino, affermano che andava tutto bene fino a quando qualcuno ha sbagliato, ci ha ficcati in questo casino, che se ci fosse stato al governo un altro (Chi? L'ennesimo uomo della provvidenza? Un condottiero? Un imperatore straniero?) non avrebbe permesso l'avverarsi di questa situazione spiacevole e adesso saremmo come la Scandinavia, avremmo i soldi che ci escono anche dal bu
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRQZv7tIr3GO11uHNuISXgkxtWCZ67ztxFbc12tv_rkpDKEs5DHu3vqrSRKnpvgHkXIClDZlZVN4dSCE3ga_s5uAvIf_kUBnXB3lr8zcn8NgGk_v7njh36NnRlnV8G5Bl0VmhkvNXi/s1600/theet.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRQZv7tIr3GO11uHNuISXgkxtWCZ67ztxFbc12tv_rkpDKEs5DHu3vqrSRKnpvgHkXIClDZlZVN4dSCE3ga_s5uAvIf_kUBnXB3lr8zcn8NgGk_v7njh36NnRlnV8G5Bl0VmhkvNXi/s320/theet.jpg" width="247" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-65735964991022324002011-11-23T02:02:00.001-08:002011-11-23T06:20:50.545-08:00La speranza è rimandata a domani<div style="text-align: justify;">
C'è stato un periodo che tutti davano l'idea di aspettare il parto, la mezzanotte di capodanno, l'estrazione della lotteria. Ti dicevano vedrai adesso che c'è l'internet, vedrai che cambiamenti, vedrai cosa scoppia, la rivoluzione. Passano gli anni e pur di continuare a crederci mi vengono a dire che è grazie a internet che in certi paesi ci sono manifestazioni, ci sono rivolte, che son cose che tutti aspettavamo da chissà quanto tempo e finalmente, grazie a internet, adesso stanno succedendo. La musica è un file, il film è un file, il libro è un file, siamo liberi dai supporti, non sei contento? Le probabilità di una tempesta magnetica dovuta a un brillamento solare sono molto basse, non c'è bisogno di stampare tutto per paura che vada via la luce o che si rompano i computer. Quando, rivoluzione dopo rivoluzione, internet non combina niente di spettacolare e il mondo rimane il vecchio bastardo di sempre, in quel momento un po' di imbarazzo si percepisce nei meno invasati, nei fedeli meno accaniti, in coloro che tengono da parte un margine di ragionamento nel loro buttarsi a piedi uniti nell'avventura del momento. Perché là fuori le persone normali sono tante, sono quelli che garantiscono la sopravvivenza delle competizioni sportive, che alimentano il commercio, che godono ricevendo sogni in dosi pubblicitarie quotidiane.
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Parlo degli esseri umani, di comuni esseri umani, della gente qualsiasi. Non facciamo finta di non renderci conto di cosa è davvero la gente, là fuori, quella che non ha tre lauree, quella che non discute di politica nei salotti dell'alta società ma al massimo scende in piazza a far casino per conto del populista di turno, la gente che non scrive, non legge, al massimo appare a fare pirlate in tv, la gente che poi anche quella che si tira fuori dalla massa, la gente che si veste da aristocratica e non sa niente, sicura che l'immagine nella società moderna basti e avanzi, la gente che sta recitando la parte del benestante privilegiato e si trattiene, evita gli eccessi per lavoro, pubblicamente, e in privato si dà o comunque si darebbe, se solo riuscisse a concederselo, ai festini sessodroga, alle pokerate, alla guerra, al di tutto e di più, devozione remissiva agli istinti più bestiali, alle peggio tentazioni distruttive e autodistruttive. È così che funziona la mente di tutte le creature viventi e l'uomo può ritenersi al centro dell'universo solo nella misura in cui riesce a concepirsi differente dagli animali, evoluto, portatore sano di scintilla divina, a costo di vivere nell'illusione, quella che fa credere che sia solo questione di tempo e tutto finirà per il meglio, di questi tempi, mentre secoli fa l'opinione era invece che tutto sarebbe finito in un gran botto con giudizio morale a seguire, come nelle trasmissioni dove si critica e disserta su xfactor o il grande fratello.
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Adesso che ci siamo intesi sulla gente, quella che sospira leggendo le riflessioni sull'innamoramento di Alberoni (bellissime, fantastiche, se sbagli a parlare magari ti becchi una querela e noi non la vogliamo, una querela, quindi Alberoni per noi è un fottuto genio, lo amiamo), la gente che guarda i film che fanno molto ridere o molto piangere, le emozioni, ah, che gran cosa le emozioni, i sentimenti, che senti le farfalle nella pancia e i brividi e scarsa salivazione e tremolio alle gambe, no, quella è ricaduta sul sistema nervoso centrale di una lesione subdurale, ma non son pratico, forse mi confondo, insomma tutto ciò che non implica la fredda analisi di una realtà deludente e priva di speranza, tutto ciò che invece stimola il cervello a produrre sostanze legate alla tranquillità, al desiderio sessuale, all'appetito, al buonumore, sono ormoni, enzimi, sono gli stati mentali che rendono le droghe, dall'alcol alla metanfetima, dall'aspirina alla morfina, così studiate, sperimentate e apprezzate. Parliamo di gente drogata e assuefatta da questa o quella cultura, che sia il millenarismo o il romanticismo, che sia il sogno americano o la scienza sociale nazi-comunista. La gente è questa, non veniamo a raccontarci che là fuori è pieno di asceti e cervelloni, non prendiamoci in giro ipotizzando un'umanità da fantascienza, evoluta al limite della perfezione o sul percorso che conduce a un paradisiaco futuro terreno ricolmo di meraviglie.
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Ogni volta che c'è qualche novità si registra l'eccitazione degli attendisti, degli assuefatti alla droga dell'irrazionale ateo e mondano, di quelli che si ammazzano in gruppo con veleno perché il santone ha previsto l'arrivo dell'astronave madre stasera dopo cena, quelli che si curano coi cristalli e vantano i pregi dell'omeopatia, quelli che si sentono blade runner perché abitano in un bilocale alla periferia di una grande metropoli e quelli che vivono su un pianeta virtuale frutto della loro fantasia e ti sembra di vedergli un triangolo sopra la fronte come ai Sims, quelli che sono così educati e civili e altruisti da rompere le balle a tutti su inquinamento, malattie, problemi, valori, una lista di scassamento di palle lunga così e poi scopri che sono i primi con l'armadio pieno di scheletri inconfessabili. E comunque di proposte alternative accettabili e prive di costi spaventosi zero, non ne hanno, ma l'importante è esprimere sentimenti positivi, non avere mai quel fastidioso e antipatico atteggiamento negativo, poco costruttivo e non collaborativo. Non venitemi a dire che la gente non è così, che bisogna avere fiducia nell'innata bontà umana, dal buon selvaggio al contratto sociale, ho letto qualcosa anch'io, non è che chi non la pensa come te è perché non ha letto questo o quel vangelo filosofico al quale nessuno può resistere più di un'ora senza convertirsi. Son tutte balle, se arriva una carestia la gente fa di tutto per non morire di fame. Se aggredisci lui o la sua famiglia quello ti salta al collo. La politica serve solo a fare il possibile per evitare che la gente si comporti come gli piacerebbe, o come si troverebbe costretta a fare, o come si sente giustificata a fare.
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Ma veniamo al dunque, al fatto che la gente a un certo punto era ed è tutta lì davanti a internet in attesa del miracolo. Quale miracolo esattamente non si sa, qualcosa di esplosivo, culturalmente e politicamente parlando. Son passati decenni e ancora io non vedo niente, ma se ti poni come termine l'infinito qualcosa di positivo da imputare a internet vedrai che prima o poi succede. È come aspettare una crisi economica per poter finalmente dire visto, lo avevo profetizzato, questo dimostra che ho sempre avuto ragione a criticare il sistema vigente. Come lo scontro con il sistema editoriale, con l'accusa di scegliere solo roba adatta alla gente di cui sopra, roba da vendere per fare profitti, la solita menata contro il mercato capitalista, come se il mercato non fosse solo il luogo dove si incontra chi ha qualcosa da vendere e chi ha interesse a comprarlo. Ma oggi lasciamo da parte le solite stupidaggini sull'economia. Internet a ben guardare è piccolo, se togli la fuffa ti resta in mano poco o niente, io tutti queste menti geniali che si diceva non avessero successo perché venivano tenuti fuori dal sistema tradizionale per colpa di società segrete, alieni, gli speculatori, le corporazioni, la mafia, gli illuminati... Dove sono, adesso che sono liberi di esprimersi, tutti questi geni incompresi e vittime del sistema, perché io non li trovo nemmeno su internet. Delle due l'una: o internet come territorio per l'emersione spontanea delle eccellenze ha fallito, o non c'è nessuna folla di geni che attendeva solo l'avvento di internet per emergere. La gente è sempre pronta a lasciarsi illudere, a dare in pasto le proprie speranze al primo pifferaio che passa. Il paradosso è che il rifiuto del razionale è, in definitiva, la scelta più razionale, dato che l'alternativa è il nulla. L'evoluzione porta all'estinzione i meno adatti e la gente di cui sopra non si estinguerà mai per lasciar posto a una specie che può esistere solo nell'immaginazione di poeti e visionari. Il razionale è senza speranza, l'intelligenza ti uccide, se hai la fortuna di essere stupido è tutto più facile, hai solo da scegliere in quale presunta menzogna crepare, scommettendo su verità indimostrabili. Pensiamoci prima di inalberarci la prossima volta che uno stupido ci darà dello stupido, da un certo punto di vista bisognerebbe rispondere: grazie, non sarebbe male, se mi dai anche del gregario istintivo sono ancora più contento.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_M0jGDhTh-feZg0m-sLO4zYQHZpilY1DroB2gGwaPLruRs1bMA_rs91-gEX1N_zTxcbgAqlEkuj8dKmYkKBvzFCV_VrEGvdPuq8o4bloZVDkJU9fZQqNTquJITSxssw8dGgJ1YwjB/s1600/tira+la+palla.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_M0jGDhTh-feZg0m-sLO4zYQHZpilY1DroB2gGwaPLruRs1bMA_rs91-gEX1N_zTxcbgAqlEkuj8dKmYkKBvzFCV_VrEGvdPuq8o4bloZVDkJU9fZQqNTquJITSxssw8dGgJ1YwjB/s320/tira+la+palla.JPG" width="320" /></a></div>
<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-60249372810479010132011-11-17T01:56:00.001-08:002011-11-17T02:15:53.021-08:00Gabbie confortevoli.<div style="margin-bottom: 0cm;">
Un modello organizzativo viene implementato con esercizio d'imperio. Nessuna forma organizzativa spontanea si autoregolamenta in un ambiente libero da vincoli oggettivi. Internet non è un ambiente libero, anzi, è quanto di più lontano vi sia dal grado di libertà vigente nel mondo reale. Sono un po' stanco degli osanna a internet, dopo decenni dalla sua invenzione sarebbe ora di chiudere il party di benvenuto. Internet è un ambiente fortemente strutturato, non ha nulla di libero se non la finta sensazione di non essere individuabili, fatto ottenibile per mezzo di reti virtuali private che rendono immediatamente sospetto chi ne faccia uso. Se internet fosse anonima diventerebbe possibile compiervi reati nella certezza dell'impunità, e questo non lo vuole nessuno, o meglio, diciamo che nessuno è disposto a sostenere il crimine apertamente, a parte gli anarchici irriducibili che pur di avverare la democrazia
diretta sono disposti a scendere a patti con la dittatura della
maggioranza.</div>
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Questa favola di internet come humus di forme associative innovative che possono fare a meno dell'autorità, della gerarchia, delle regole formali è una bella favoletta che nasconde un pungiglione velenoso: le regole sono innestate nel sistema fisico, nell'hardware, nei chip, nelle centraline, nei firewall, nei grandi hub attaccati alle dorsali transoceaniche. Internet in realtà è una dittatura scientifica dove le regole stanno nella tua larghezza di banda, nei tuoi diritti di accesso, nella capacità di organi senza nome e senza volto di disconnetterti e di isolarti, di tracciarti e di monitorarti, di costruire dossier su di te analizzando la tua attività. Se succedesse nel mondo vero come ti sentiresti? Se sapessero sempre dove sei, cosa fai, cosa ti piace, che problemi finanziari di salute famigliari hai come ti sentiresti? Se potessero chiuderti in casa premendo un bottone come ti sentiresti?
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Quindi perfavore basta con la religione del digitale, gli orgogliosamente atei che darebbero via un rene per l'ultima cazzata geekissima perché internet li fa sentire liberi, possono fare commenti acidi usando uno pseudo che alla lunga li descrive meglio del loro vero nome, inizia la fase dell'alienazione, della dipendenza, non fate finta di non sapere di cosa sto parlando. Gente che si sente protagonista della vita politica perché può insultare impunemente il governo sui siti web di giornali e tv, che prega per il boom di contatti sul blog sognando di vivere di rendita grazie ai banner di adsense. Internet è uno strumento di comunicazione e come tale configura una piattaforma organizzativa prima ancora di ramificarsi in applicazioni commerciali, politiche, amatoriali, prima di specializzarsi in ambiti sempre più circoscritti per consentire lo scambio di materiale informatico (in senso ampio, da informazioni vere e proprie a software e materiale audiovisivo).
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Come una qualsiasi piattaforma organizzativa anche internet necessita di una regolamentazione del funzionamento sotto forma di autorità con poteri più o meno vasti. Si può accettare che tale potere venga gestito in ottica finalizzata al decentramento, per rispetto di sovranità nazionali (dove oscurano determinati siti o hanno facoltà di shut down) o di prerogative legate al diritto (dove aziende dominati si premurano di sottoscrivere policy corporative con slogan del tipo noi lavoriamo per il bene, noi siamo i buoni, noi facciamo beneficenza, noi rispettiamo l'ambiente, e via dicendo, allo scopo di non perdere il potere e soprattutto l'influenza, effettiva o potenziale, che risiede materialmente nelle loro server factory). L'accesso a internet si paga, anche se fosse gratuito ha dei costi, molto elevati, che ricadrebbero sull'intera comunità, non è gratis, internet, e non lo sarà mai, va a corrente, ha bisogno di pezzi di hardware e di gente che li assembla, fa manutenzione, programma, gestisce.
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Internet dunque non è libero e non è gratuito, pertanto fatemi la cortesia di piantarla coi magnificat. Addirittura internet si presta a ulteriori irrigidimenti. Alcuni parlano già da anni a proposito di una tassa su internet. Alcuni hanno già realizzato delle subnet con accesso sottoposto a identificazione certa e il servo della neodittatura digitale è stato osannato dalle oligarchie industriali che, come succede sempre, hanno ammaestrato le masse antropomorfe e decerebrate trasformando un tycoon in una specie di profeta mediatico in dolcevita. Il sogno di ogni dittatura è di mettere un marchio sulla fronte o sulla mano dei sudditi, e l'internet recalcitrante alle imbragature non piace ai rappresentanti del potere costituito. Nel mondo reale ti appioppano il codice fiscale appena nato, se i tuoi genitori non vanno a chiederlo a tuo nome non ti permettono di uscire dall'ospedale. Ti appioppano un numero di carta di identità, di passaporto. Ti appioppano palle al piede, tatuaggi sul braccio, divise e uniformi, badge, impronte digitali, fotografie, scansioni della retina. Prima di internet è stato il telefono l'effigie della bestia che ha fatto proseliti e ha permesso di schedare ogni singolo cittadino, tu chiedi una linea telefonica e ti arriva a casa il canone tv da pagare, nelle dittature per chiedere una linea telefonica devi dimostrare di averne bisogno o essere mebro del Partito. Il numero telefono come esempio di marchio sulla fronte o sulla mano di giovannea memoria. Sulla fronte perché te lo ricordi a memoria, sulla mano perché risiede nel gesto rituale della chiamata. L'indirizzo ip statico non è vincolante per il controllo, è tutto loggato dai provider, tengono registrato tutto quello che fai per tre mesi, obbligo di legge, non lo sapevi? E se ancora non ti basta come grado di completo e fedele asservimento all'idolo del progresso, dello scientismo, chiamalo come ti pare, allora entra nei club esclusivi digitali, dove collegando il tuo nome, il tuo codice fiscale, il tuo numero di carta di credito (ovvero il tuo numero di conto corrente bancario), prendendo gran parte dei numeri corrispondenti alla tua persona e legandoli a un solo numero, il codice di un chip, che sia un telefonino, un tablet, un e-reader, diventerai la cellula di un organismo sociale in grado di accoglierti nel suo caldo abbraccio elettronico e nel suo paradiso di eccitanti e piacevoli attività digitali. Il passo successivo sarà il chip sottocutaneo, i cani ce l'hanno già, mettetelo ai vostri bambini e dite addio alla paura di fughe o rapimenti, compi un gesto altruistico, metti la tua mente e tua mano al servizio del unità di calcolo centrale, dove l'individuo vale zero e la rete-società vale infinito.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-33031766208307612442011-11-08T02:05:00.000-08:002011-11-08T02:06:14.396-08:00il resto è conversazione<div style="text-align: justify;">
Nella Germania iperinflattiva del dopoguerra c'era un detto: meglio prendere un taxi perché lo paghi a fine corsa. Esiste tutta una filosofia del denaro prodotta da chi il denaro non sa cosa sia. Il denaro viene legato alla colpa di averne troppo, di spenderlo male, di adorarlo. Quando devi costruire una trama che si regga sulla passione ci puoi mettere una donna, il potere o il denaro, e se vuoi che sia approvata dai buonisti deve avere un finale romantico, dove qualcuno o qualcosa interviene per imporre con la forza il trionfo del bene. Nessuno di questi tempi vuole finali realisti, dicono che sono tristi, come se la vita non lo fosse, come se bastasse nascondere i malati dentro agli ospedali, i delinquenti nelle prigioni, i matti negli incubi. Sono quasi due secoli che impera la dittatura del romanticismo e adesso che sta andando in crisi inizierà a mordere come un animale in trappola. Se è ancora sul trono è perché non si trova con cosa sostituirlo. Fa comodo una forza persuasiva sentimentale in grado di modellare il significato della realtà, di rendere prevedibile la pubblica opinione e di permettere una guida che non ricorra sistematicamente alla violenza per disincentivare la naturale propensione gregaria delle persone a una crescente degenerazione morale.
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Ma non voglio dipingervi il quadro della situazione culturale alla stregua di eidolon della crisi economica. L'origine della crisi economica risiede nel modello culturale alla base delle scelte fondamentali della politica che si traducono solo in seconda battuta in decisioni condivise riguardo per esempio all'impianto progressivo delle imposte o a soluzioni per contenere le conseguenze di una fase recessiva. Chi non sa di cosa parla cerca di darvi a bere che è una fase, che il progetto complessivo è comunque valido, che è tutta colpa del capitalismo e in particolare della finanza, ovvero del denaro. È come se qualcuno vi dicesse che è normale correre su un piede solo per tutta la vita e che le vesciche sono colpa della scarpa, che è sufficiente aggiustarla o buttare la vecchia per la nuova e si potrà riprendere a saltellare su un piede solo per un altro paio di secoli. Il che è anche possibile, la parte più spaventosa è che non solo è possibile trascinare il romanticismo per altri secoli, ma è anche possibile sostituirlo con qualcosa di peggio: sbagliavamo a credere che si dovesse usare un piede solo e procedere a saltelli, abbiamo scoperto che si deve strisciare sulla pancia.
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La grande sovrastruttura del socialismo è palesemente contro natura, nel senso che è ovvia la funzione riparatrice della coscienza civile nei confronti di meccanismi spietati che non consentono la sopravvivenza dei meni 'fortunati'. Si tira in ballo la fortuna, il caso, non hanno di meglio d offrire come spiegazione della diversità, a meno di inserire nell'equazione una sorta di vendetta/opportunità divina dai propositi complessi e tutto sommato insondabili. La bestia nera dello scientismo, così spaventato da tutto ciò che è inspiegabile dalla ragione da volerlo eliminare. Il romanticismo impone un lieto fine e questo lieto fine la scienza e la filosofia lo ottengono eliminando fisicamente ogni fonte di colpa o distorsione caotica. Ho parlato qua, alcuni interventi fa, della soluzione dei dilemmi morali tramite l'eliminazione dei contenuti delle leggi morali (se elimini dio non ha più senso il primo comandamento, se elimini la famiglia non esiste più il tradimento coniugale, se elimini la proprietà non ha più senso il furto, e via dicendo). Allo stesso modo la scienza tenta inutilmente da decenni di eliminare le diseguaglianze togliendo di mezzo i diseguali. Comunismo e nazismo sono la stessa cosa: l'applicazione del principio romantico che in filosofia cancella (annichilisce) la morale vanificando i precetti, nella scienza elimina i malati, i brutti, i poveri, i deficienti.
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Ma sono partito con l'intenzione di parlare solo del denaro, non della religione del socialismo reale con le sue ingenuità e le sue aberrazioni. Il socialismo come prodotto culturale è implementazione del romanticismo che ha figliato l'ateismo scientista e nichilista. Il problema è che l'unica alternativa che ci viene in mente è antisociale, individualista e immorale. Un problema che risale a Sparta e Atene, non è roba nuovissima, inutile che vi fate prendere dall'eccitazione, non è una novità di quelle con cui vi ha abituato la pubblicità e la retorica progressista che ogni cosa dev'essere nuova, pulita, splendente, più bella, più forte, più resistente, più eccitante e gioiosa. E vissero felici e contenti, lunga vita e prosperità. No, la vita di solito non lo è e chi non si rassegna finisce depresso e drogato, comunque infelice e insoddisfatto. Al punto che quando arriva un terremoto, un'alluvione, una crisi economica la gente è felice di poter giustificare la sua animosità senza volto, la sua rabbia provocata da un mondo che non si conforma alle aspettative. Se la prende con i potenti, con i ricchi, con gli immorali (di solito donne 'puttane'). È il romanticismo, baby, va avanti da quasi due secoli e tu ci sei nato dentro, ci vivi dentro e non te ne accorgi, come i famosi pesci di Wallace: salve ragazzi, com'è l'acqua?
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Ma io volevo parlare del denaro, solo del denaro. Il denaro è un sistema di misura del valore. Il valore è dato dall'incontro tra quando è possibile incassare e quanto si è disposti a pagare in un dato momento. Il valore dipende anche dal quando e dal dove, un ghiacciolo, per esempio, vale meno in inverno, in Alaska. Il denaro è solo questo: uno strumento per effettuare scambi senza gli intoppi e le seccature del baratto. Il denaro può solo essere troppo o troppo poco. Se è poco la banche non hanno nulla da prestare e calano gli investimenti, spendi oggi e recuperi in tot anni, calano i consumi, non ti finanziano la sostituzione della macchina, e di conseguenza calano i prezzi, la produzione, e di conseguenza scattano i licenziamenti. Non è il denaro in sé a provocare tutto questo, è la sua scarsa disponibilità. Non è colpa delle banche se c'è poco denaro, non è colpa dei governi se il denaro viene a mancare. Si tratta del sistema, non del sistema capitalista, non c'entra niente il capitalismo nel discorso, la stesa cosa può accadere in qualsiasi sistema, capitalista o comunista che sia, ovunque si utilizzi il denaro si accettano le regole che determinano il funzionamento di qualunque strumento di pagamento. La finanza tratta solo del rischio legato al prestito, allo scorrere del tempo, al verificarsi di condizioni più o meno limite. La gente parla del denaro come parlasse del tempo, oggi piove, sì, e la colpa è degli speculatori.
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Il motore dello sviluppo basato sulla crescita infinita è attuato sia nel capitalismo che nel comunismo, voglio essere chiaro su questo. Nei paesi comunisti si produce come nei paesi capitalisti, non aumenta il numero di pezzi stampabili da una pressa idraulica a seconda che si assuma il rischio imprenditoriale una società di capitali privati o lo Stato. L'aumento di popolazione è l'unica risorsa sulla quale i regolatori di mercato non hanno controllo, perfino sul prezzo del petrolio si può influire, a costo di fare una guerra se necessario, ma sulla popolazione no. La crescita infinita non solo presuppone risorse naturali infinite (e già questo basta per affermare che è una logica necessariamente di breve periodo, smith o non smith), ma anche una continua fonte di manodopera a basso reddito che sostenga i consumi. Masse motivate all'acquisto della qualunque, povere e poco istruite, che accettino lavori di merda per paghe di merda. Altrimenti devono trovare schiavi da fuori, d'importazione. Se poi, adesso che sapete tutto questo, volete andare in piazza a occupare, agitare cartelli, respirare lacrimogeni, far casino, sai che roba, sono molto impressionato, cercate di divertirvi che siete giovani (se siete vecchi mi fate solo pena).
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Anche troppi soldi non va bene, ma è sempre meglio che pochi, per via della finanza, quella stessa finanza che ora viene accusata di ogni male. Se la finanza non avesse pompato soldi nel sistema l'unica cosa che sarebbe accaduta è che la crisi sarebbe capitata prima. La finanza ha rimandato il peggio dando modo ai governi di sistemare le cose. Come chi fa un prestito a un padre di famiglia che sta attraversando un periodo difficile. Solo che il periodo difficile non è temporaneo ma prolungato, l'ingresso nel mercato di nuovi attori (è un termine tecnico, in economia si chiamano attori nel senso che agiscono, non che recitano) ha creato un fortissimo disequilibrio, uno sbilancio con ripercussioni che avremmo potuto evitare solo continuando a isolarci, noi paesi occidentali dico, tenendo fuori il resto del mondo, quello sì ricchissimo, ma di gente povera e ignorante che non vede l'ora di seguire le nostre orme, solo che recuperano uno svantaggio di secoli in tempi rapidissimi perché la tecnologia, la conoscenza, permette salti di passaggi. Un selvaggio non si deve reinventare la ruota per costruire una fabbrica di biciclette, gli basta assumere un ingegnere appena uscito da un'università occidentale. Noi invece siamo ricchi di gente istruita e benestante che non sa nemmeno cos'è il denaro, e nessuno glielo spiega, non sento dire da nessuno le cose che scrivo io. Eppure sono cose semplicissime, non ci vuole un genio per capirle.
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Se la carenza di denaro è nociva, anche se ineluttabile quando l'amministrazione pubblica consuma una fetta esagerata della ricchezza nazionale, il caso di molti paesi più socialisti di altri, ovvero garantiscono standard di benessere che il sistema produttivo non può assolutamente permettersi spendendo cifre che non possono venire parificate dal prelievo fiscale. Quando i soldi se ne vanno tutti al sostegno del bilancio statale i soldi vengono a mancare, ma qui si innesca la finanza, buona o cattiva. Perché oggi vi spingono a odiare la finanza? Presto detto, perché per il socialismo la finanza buona è quella che immette liquidità. Perché è buona la finanza che aumenta la quantità di denaro in circolazione? Presto detto, perché crea inflazione e svalutazione, permettendo al governo di esternalizzare il costo delle politiche socialiste. L'inflazione è una tassa sul denaro. Solo chi è in possesso dei titoli di credito (ogni singola banconota è un titolo di credito che permette di esigere un controvalore dalla corona/tesoro/emittente) perde ricchezza. Il solo fatto di essere ricchi implica un costante e inesorabile impoverimento dovuto a erosione del potere d'acquisto. Musica per le orecchie del socialista ma anche per lo Stato assistenziale, per il voto di scambio, per le mille possibilità di spesa improduttiva e di corruzione e di alterazione dei principi concorrenziali nelle mani del potere. Per chi non è ricco ma ha debiti, come lo Stato, l'inflazione è un ulteriore toccasana perché riduce il valore dei debiti. La svalutazione invece riduce automaticamente l'esposizione con i creditori esteri. Chi ha investito in valuta locale vede deprimersi il controvalore.
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No so perché nessuno ve lo spiega. Spero che non sia un segreto di stato e di non pagare conseguenze per averne parlato. L'equazione è smaccatamente lineare: stampo moneta per finanziare la crescita, affinché gente povera e ignorante diventi ricca e istruita, dopodiché mi serviranno nuovi poveri e ignoranti, nell'ipotesi che le materie prima siano sempre abbondanti e a buon mercato e che l'inflazione non superi mai il livello tale da far preferire il taxi perché si paga a fine corsa, o da ritrovarmi nel paradosso comunista delle tasche piene di soldi ma negozi vuoti, o da spingere gli stranieri a non comprare i miei titoli né accettare la mia valuta in pagamento perché ritenuta carta straccia a causa delle continue svalutazioni. Spero che adesso abbiate capito un po' meglio come funziona il denaro e che la prossima volta che vi invitano a manifestare sprechiate qualche secondo a chiedervi perché e per chi lo state facendo. Se invece vi piace far parte della massa, siete inguaribili romantici, allora accomodatevi, che magari riuscite a farvi riprendere dalla tv e diventate famosi per i warholiani quindici minuti.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXc3LYotuvqcuyRghNPIzFxzIxSPz4w4-6nU-peQYq1Pen-kJgB2wfrBZWiyW5zWqOY74DSI_2DzmAx_emHb3_aR3DHk5_PijQ13u8pkAM6K8f6FGvPV5JJ8Wv53zvwDYgGT0lO5AQ/s1600/Crime-520x694.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXc3LYotuvqcuyRghNPIzFxzIxSPz4w4-6nU-peQYq1Pen-kJgB2wfrBZWiyW5zWqOY74DSI_2DzmAx_emHb3_aR3DHk5_PijQ13u8pkAM6K8f6FGvPV5JJ8Wv53zvwDYgGT0lO5AQ/s320/Crime-520x694.jpg" width="240" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-51574102465984058942011-11-02T03:39:00.000-07:002011-11-02T04:03:41.449-07:00Lo zen e l'arte di sbattersene<div style="text-align: justify;">
L'artista non lavora. Le cento semplici regole per diventare un artista sono uno stratagemma per vendervi un libro. Chi ha capito che c'è un sacco di gente che vorrebbe diventare un artista ha convenienza a sostenere la grande bugia universale del tutto è possibile, basta volerlo, basta applicarsi. Il trucco del motivare la gente è vecchio come il mondo: schiavi obbedite e siate onorati di trascinare macigni per la gloria del tempio di Ra. Verrete ricompensati. In questa vita o nella prossima, in questo mondo o nell'altro. Chiamano artisti i venditori di se stessi, i commercianti di oggetti numerati e articoli degni di un aristocratico. Diventa nobile comprando uno di questi, entra a far parte dell'élite sostenendo queste idee e i nostri progetti. L'arte di fabbricare orologi, di pronunciare un discorso, di presentare lo stacchetto delle ballerine. In questo periodo di demolizione pensavano di fare la rivoluzione e invece stavano solo demolendo. La famiglia, i valori, l'autorità, la giustizia, tutto quanto, per rimpiazzarli con traguardi asintotici e promesse irrealizzabili: tutti belli, tutti ricchi, tutti uguali. Uguali a che? Allo stampino platonico? La favola del progresso fa sempre più fatica a essere credibile, la propaganda si distingue sempre meno dalla pubblicità. Ma dire queste cose è lavorare, mentre l'artista non lavora.
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L'etica del lavoro mortifica l'esigenza creativa. Il lavoro è l'orizzonte degli afflitti alla ricerca di gratificazione materiale e al contempo morale, l'artista si muove sul piano spirituale, al di sopra delle equazioni di cui si ciba la ragione. Il lavoro serve per essere riconosciuti dentro a un ruolo, per identificarsi con una carica, per godere il peso di responsabilità straordinarie. Il lavoro serve per vivere il mito dell'etica protestante, laddove è premiato lo sforzo e domina la meritocrazia, oppure per sopportare il mito dell'etica cattolica, laddove il lavoro è il modo per emendarsi in una perenne condizione di colpa che si rinnova. In ogni caso la povertà è vergogna, la disoccupazione infamia, il successo diventa l'espressione della benevolenza divina che nel protestante viene applaudita e nel cattolico viene rimproverata. In entrambi i casi il lavoro come dimostrazione di sanità fisica e mentale, dove chi non lavora è malato, è stupido, è malvagio, è criminale. Nel protestante chi non lavora viene punito, nel cattolico viene recuperato. Ai lavori forzati questi, nei campi di rieducazione quelli. La politica ai raggi x è religione, codificazione della morale in tavole della legge. L'artista si muove in una dimensione più complessa.
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L'artista non lavora. Il lavoro serve per vivere, l'arte serve per morire. Si lavora per acquisire dei diritti che altrimenti non si possono avere. Questo significa che ci deve essere gente che non ha se non lavora perché se non serve lavorare per ottenere un diritto allora perché faticare, per altruismo? Per sport? Per senso del dovere? Si lavora per esercitare il possesso o la proprietà su qualcosa, esercitare il potere su qualcuno. Il protestante tende a non dare nulla a chi non se lo guadagna, il cattolico tende a dare tutto anche a chi non lavora. I due estremi li chiamano capitalismo e comunismo, la via di mezzo liberalismo e socialismo. L'artista non ha nulla a che fare con il lavoro. L'artista non crea le sue opere per ricavarci di che vivere, realizza una pulsione per affrontare la morte e con essa la vita come immagine speculare, da speculazione, riflessione, riflettere. Il lavoro prevede organizzazione, controllo, economie e diseconomie, ripetizione. Il lavoro è tutto ciò che un artista non deve fare. La crescita professionale passa da conoscenze, dalla raccomandazione del parente o del politico o del prete, tessere di partito, militanze, compromessi, è una faccenda politica come ho spiegato sopra.
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Anche spiegare non è arte, è lavoro. L'artista non spiega, si guarda bene dallo spiegare, l'artista fa. Il lavoro, compreso spiegare, è inutile per finalità di lungo periodo, puoi spiegare forse qualcosa, forse a qualcuno, ma il mondo è troppo grosso da smuovere per un uomo solo, e l'artista è la quintessenza della solitudine, come chiunque si ponga di fronte all'oceano, all'orizzonte, all'infinito. L'artista si rivolge a pubblico ideale, fatto di tanti se stessi. L'artista non crea per avere un pubblico, crea nonostante il rischio di avere un pubblico. Se un artista pensasse a persone vere che lo leggono, ascoltano, guardano, capirebbe quanto la gente vera è distante dal suo pubblico ideale e non muoverebbe più un dito, a nessun prezzo. L'artista è un uccello in gabbia che viene nutrito dal mecenate, è l'uccello che non semina, non miete, non riempie i granai, un'esistenza che gioisce in totale abbandono e fiducia fino allo struggimento e all'afflizione. Chi lavora produce intrattenimento, non c'è nulla di mistico nel ciclo di produzione, commercio e consumo. Il popolare di oggi sarà l'esclusivo di domani, il progressista di oggi sarà il conservatore domani. La perdita di qualità si verifica quando il valore è decretato dall'indice di gradimento, quando l'arte è valutata in termini di tempo-lavoro. L'artista non lavora, il valore non è calcolato o ricavato da curve di preferenza in condizioni di ottimo paretiano. Non esiste pubblico ma discepoli. L'artista è un maestro suo malgrado per chi si sforza di ricreare il palcoscenico mentale sul quale si esibiscono le opere, e più è grande la maestria dell'artista più è difficile scalare la vetta che dà accesso al punto di vista privilegiato dell'autore.
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L'artista sceglie di diventare quello che è già in potenza, risponde a una chiamata che gli impone una fatica cento volte superiore a quella di qualunque lavoro perché non deve essere fatto dalle mani dell'uomo ma per mezzo delle mani dell'uomo. Il lavoro viene prima, nell'esercizio, nella cultura, nell'applicazione, nei requisiti dell'arte, la dimestichezza con le regole e con gli strumenti. Tutto ciò che è mestiere. Il mestiere può essere lavoro manuale o intellettuale molto sofisticato, ma non può essere arte. L'arte è un gradino oltre, non dà a qualcuno quello che vuole, desidera, abbisogna. L'artista autentico dà e toglie certezze, nuove angolazioni, prospettive originali, crea necessità e domande e non sempre le soddisfa e risponde. E non gioca. Questa cosa che se non è lavoro è un gioco, che se non ti pagano è un hobby, ecco, basta, è questo il pubblico che l'artista deve ignorare per non deprimersi e suicidarsi, un corpo fatto di milioni di persone che dicono scempiaggini e non capiscono niente. Per riallacciarmi a quanto sopra, si capisce perché i grandi maestri sopravvivono dove ci sono mecenati e cattolici, e perché l'arte pop è sbocciata dove ci sono commercianti e protestanti.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbXAolEWbuizJ3EwvWc5UirrHX2SgmqNWWlAgC_oc6xCIf_FIp57mGL3_XlOixz4FL5L_-EBb5Iuc3qY0i5W0ijkiX2WswGnXwn9cKQihkbB2BiS2wSWaB7rubLE70EqaOssAt8_Qa/s1600/hell.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="226" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbXAolEWbuizJ3EwvWc5UirrHX2SgmqNWWlAgC_oc6xCIf_FIp57mGL3_XlOixz4FL5L_-EBb5Iuc3qY0i5W0ijkiX2WswGnXwn9cKQihkbB2BiS2wSWaB7rubLE70EqaOssAt8_Qa/s320/hell.JPG" width="320" /></a></div>
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Questa foto ha vinto <a href="http://www.ciwem.org/competition-and-awards/environmental-photographer/epoty-competition-results-2011.aspx">il concorso CIWEM</a>. Kathmandu, Nepal, questi due bambini vivono con la nonna accanto alla discarica. Ogni giorno cercano tra i rifiuti qualcosa che si possa rivendere per comprare del cibo. Se non trovano niente la nonna li sgrida. A volte non trovano niente di utile per giorni e al piccolino viene molta fame. Adesso venite a raccontarmi della morte di gente famosa idolatrata dai media che vale meno della spazzatura in cui rovistano ogni giorno a mani nude questi bambini e chiedetevi se esiste davvero un motivo per non morire così, tutti quanti, in massa, di colpo, su due piedi, senza finire di parlare o iniziare a pensare.<br />
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Il post finisce qua, il seguito è per chi ha l'impressione di non aver capito bene.
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P.S.: la cruna dell'ago. Basta. Non è un ago da cucito. C'erano due porte, una per le carovane, una per la gente a piedi. L'ingresso per gente a piedi era una porticina troppo piccola per un cammello, specialmente se carico di merce, aveva un nome che è stato tradotto cruna dell'ago ma non è un ago. Per dire, il corpo fatto di milioni di persone di cui sopra, non lo sa, non sta bene dirlo perché sono potenziali clienti/amici/elettori, ma siccome l'artista non lavora e non vende, l'artista lo può dire che il pubblico è una massa di stupidi e ignoranti e che la cosa più zen da fare a riguardo del pubblico è sbattersene i c
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A proposito di cammelli e ricchi. La ricchezza è creare un capitale da lasciare ai figli, che sia una mandria o un appartamento. L'illusione di ricchezza con cui vi fanno lavorare invece è una truffa perché non vi dicono che gran parte della vostra ricchezza svanisce col tempo. Vi ammazzate di fatica, arrivate a compiere azioni di cui vi pentite o vi dovreste pentire, al fine di mettere insieme una ricchezza che evapora. Se diventate ricchi siete costretti a spendere tutto in consumi, che sia l'ultimo cellulare o droga, una vacanza o ballerine, vestiti o gioco d'azzardo. Non vi danno modo di investire capitalizzando. Il capitalismo, liberista o socialista, come vi pare, non c'è più. Stanno bastonando un cavallo morto, ucciso dallo statalismo e dal socialismo. La ricchezza ve la mangiano con l'inflazione e la svalutazione, con le tasse sui beni reali che comunque necessitano di manutenzione. Anche se mettete assieme tanta ricchezza da far contenti gli eredi avrete comunque lavorato molto più del necessario: il valore di quanto avete strappato al mondo è una misera frazione dell'intero. Secoli fa avreste ottenuto lo stesso lavorando meno, siete schiavi della crescita forzata e lo chiamate progresso. Siete come i cammelli della parabola, sfruttati per un lavoro che non è necessario e carichi di roba che non vi serve, vi piacerebbe entrare dalla porta piccola ma non è solo il fatto che avete e/o volete trascinare/sfoggiare quintali di roba, è che siete stupidi come un animale, cammello o somaro o bue, scegliete voi quello che preferite. Dove va la ricchezza che lo Stato vi sottrae? Come spendono i vostri soldi i partiti? Per finanziare le vincite elettorali future? Fino a quando aumenta la popolazione, aumentano le fabbriche, cementifichi e asfalti tutto, apri supermercati e inventi nuove feste per scambiarsi regali, insomma ficchi carbone nella caldaia e la locomotiva tira anche se aggiungi vagoni, ma a un certo punto le leggi della meccanica, della termodinamica, la forza di gravità, insomma, a un certo punto ti ritrovi a bastonare un cavallo morto, il punto in cui siamo noi: troppa popolazione, troppo inquinamento, scarsità di risorse che diventano sempre più care, troppo consumo che son tutti obesi e impasticcati. Ecco, questo è lavorare, scrivere per un pubblico, l'artista invece è quello che scrive senza l'obiettivo che il pubblico capisca il lavoro che c'è dietro, e non vuole nemmeno pensare all'esistenza di un pubblico vero, là fuori, che si limita a un giudizio approssimativo perché è un corpo fatto di milioni di individui senza cervello che non possono, per fare un solo e chiaro esempio, pensare alla cruna dell'ago come a qualcosa di diverso che una cruna dell'ago in cui passa il filo da cucito.
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L'approfondimento finisce qua, se qualcuno ha ancora l'impressione di non aver capito per favore non me lo dica, non lo voglio sapere, non voglio feedback, non ci sono schede da compilare per capire quanto è soddisfatto il cliente del servizio o per inoltrare delle lamentele, faccia finta che non esisto e vada a leggere un bestseller o a guardare un blockbuster.
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<br />Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-26707102250686680612011-10-25T02:25:00.001-07:002011-10-25T05:12:31.901-07:00Utilitarismo, individualismo e tecnocrazia.<div style="text-align: justify;">
I media, con la stupidità che li rende indistinguibili da chiunque prenda una notizia battuta da un'agenzia stampa e decida di commentarla o meno a seconda di quanto si presti a essere strumentalizzata a fini di propaganda. I media attribuiscono al Papa un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, un 'organismo' costituito durante il Vaticano II che si propone di 'stimolare' i cattolici e promuovere sviluppo paesi poveri e pace nel mondo. Avrei preferito parlare, che ne so, della gente a cui piace vedere altra gente che rischia la vita come se sopravvivere equivalesse a sconfiggere la morte. Gente che tifa per chi vince e si unisce al coro delle prefiche di chi lascia le penne. Anche gli animali lo fanno, con l'unico obiettivo di riuscire a scopare o di mangiare il cadavere. E invece arriva questa nota che dice cose interessanti, le cose più rivoluzionarie alla fine arrivano sempre dai presunti custodi della tradizione. Adesso parlano, tra l'altro, di governo mondiale. Ne sentivo parlare negli anni '70, ero piccolo ma l'epopea del progresso contava una miriade di seguaci pronti a qualunque sacrificio pur di realizzare quella specie di razionalismo robotico da scientismo totalizzante. Un problema culturale ancora attuale, purtroppo, nonostante i vistosi fallimenti di tutte le strutture concettuali che tentano di prescindere dall'innata imperfezione umana, dalla tensione all'errore dell'essere umano. Pur di non abbandonare un progetto che richiede individuo disumanizzati e perfetti, cerca di aggiustare gli uomini, di eliminare i bug a costo di eliminare tutti gli individui non compatibili con il sistema. Di dittature che spediscono dissidenti e inadatti nei campi di rieducazione o di concentramento ce ne sono ancora in giro, e parecchie, nel mondo.
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Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, non il Papa, ha pubblicato un nota, non un'enciclica, contenente una critica e una proposta. Parliamo prima della proposta: si tratta di incontro/confronto globale fra tutti i popoli e le nazioni finalizzato alla realizzazione di un'autorità mondiale incaricata di appianare i contrasti, organizzare la distribuzione delle risorse, smussare le differenze per annullare le divisioni. Un mondo pieno di gioia e armonia, una specie di paradiso in terra, ecco, non sto dicendo che è un piano utopistico perché quando parli con un prete il più delle volte è un invasato, un visionario, un soldato di Cristo. A certi livelli si presuppone che i preti abbiano esaurito la carica eversiva della fede che a loro piace considerare alla stregua di un sentimento altruista, un impulso succedaneo all'appagamento sessuale pregiudicato dal voto di castità. Invecchiando di solito vengono toccati dalla saggezza dell'esperienza come chiunque altro, tranne poche eccezioni che non stiamo a indagare. Ecco perché il Papa di solito è vecchio, intelligente e colto, e non giovane, battagliero e avventato. Bisogna dirle queste cose altrimenti la proposta del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace magari viene fraintesa. Nello specifico si propone, al fine di regolamentare l'economia globalizzata per impedire eccessi e distorsioni, l'istituzione di un governo mondiale con tanto di leggi mondiali, un'ONU con poteri esecutivi, la subordinazione degli stati nazionali a una autorità sopranazionale in grado di imporre la fiscalità con finalità solidaristiche fra paesi, di gestire la scarsità delle risorse per dividerle in modo equo, insomma il governo mondiale che c'era nei fumetti, dove il Presidente della Terra (che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ci veda bene il Papa?) telefonava alla sede della lega dei supereroi quando l'umanità chiedeva aiuto per fronteggiare una minaccia planetaria che stava per distruggere il mondo.
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Non mi sto prendendo gioco del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Sono sicuro che sono a conoscenza del fenomeno del free raider, della teoria dei giochi, della neutralità del capitalismo come sistema di regole rispetto alle scelte di chi entro quelle regole si muove e prende decisioni. Non sono degli sprovveduti o degli stupidi, suppongo, al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, sanno benissimo anche quante persone deve ospitare al massimo il pianeta per consentire a tutte una qualità di vita dignitosa, per via del nulla si crea dal nulla, della povertà relativa, dell'entropia che mai diminuisce, che una parte dell'energia viene consumata dal processo che serve per produrre energia. Sanno tutto, ci scommetto, eppure mi propongono un'autorità mondiale con tanto di superpoteri, del tipo questo mese carestia in Somalia ergo resto del mondo manda 10% riserve di cereali stop, seguono dettagli operativi stop. Oppure Cinesi siete in troppi non fate più figli per 40 anni o uccidete il 60% degli ultrasessantenni. Oppure inglesi tre volte più ricchi dei birmani prego versare differenza sul conto corrente numero. “Dalla Torre di Babele allo Spirito di Pentecoste”, hanno perfino inventato lo slogan, che io quelli del marketing li detesto, son delle serpi, ma in questo caso farò finta che sia una parola d'ordine da occupazione scolastica negli anni di piombo, qualche vecchio trombone che ha avuto un attacco di nostalgia dentro al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, da ora PCGP, che sembra la sigla di qualche partito rivoluzionario marxista sudamericano. Senti qua: “passare dallo spirito di Babele, dove regna la divisione o l’unità di facciata, allo Spirito di Pentecoste, che è il disegno di Dio per l’umanità, vale a dire l’unità nella diversità”, quando sento nominare Dio da qualcuno che mi dice di conoscere il disegno di Dio a me vengono i brividi e tendo a scappare, ma al PCGP non sono matti, al massimo dicono queste cose per accarezzare le menti semplici, come i politici che fanno i comizi davanti a gente che sventola bandiere, lo sanno che stanno dicendo delle gran cazzate ma alla gente piace venire rassicurata, esaltata, sostenere il condottiero (almeno fino a quando fallisce e allora lo fa a pezzi e ne cerca uno nuovo).
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Per cui la proposta, ripeto per chi si è distratto, è questa: un'autorità pubblica mondiale. Lo scopo principale è di tipo pratico, il governo mondiale. Lo scopo secondario è annientare tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia. Come può un'autorità pubblica mondiale distruggere queste tre 'ideologie devastanti'? Già definirle ideologie devastanti è sintomo di un disturbo mentale molto serio, ma facciamo finta tromboni utopia PCGP i vecchi telefilm di fantascienza, non ti sto dando ragione come si dà ragione ai matti. Queste ideologie come si esprimono? Indovinato? Esatto, nell'economia e nella finanza. È lì che volevano arrivare, quelli del PCGP, a consigliare una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, tanto per cominciare. Una tassa sulla produzione di inquinamento. Questa autorità mondiale avrebbe molto a cuore il bene comune, è ovvio, come ho fatto a non arrivarci da solo?, e ci consentirebbe di 'recuperare il primato dello spirituale e dell’etica e, con essi, il primato della politica sull’economia e la finanza', viva la politica etica e spirituale, abbasso l'economia e la finanza utilitariste, individualiste e tecnocratiche. Guardate che questi del PCGP le stanno sparando grosse, non sto scherzando, questi sono professionisti del machiavellismo travestiti da preti, addirittura, per prevenire accusa di paternalismo, mettono le mani avanti a danno del paternalistiche alle politiche nazionali iperprotettive che impediscono ai mercati alti livelli di efficienza e di efficacia. Questi sono professionisti, ti ribaltano addosso l'accusa prima ancora che la pronunci. Peccato che qui si incartino correlando efficacia/efficienza dei mercati a una non meglio precisata etica, ovvero un insieme di regole convenzionali che non sono frutto di considerazioni razionali ma di concertazione maggioritaria o di imposizione autoritaria. Anche al PCGP parlano di economia senza averla studiata? No dai, non possono essere così ingenui da pensare di sparare cavolate e passarla liscia, forse spiegano i dettagli in un allegato di settemila pagine che mandano su richiesta dell'interessato.
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Ma veniamo alle premesse, giuste, a sostegno della tesi, sbagliata. È retorica di primo livello, se le mosche hanno le ali come gli uccelli e entrambi volano, allora gli aerei dobbiamo costruirli con un numero di zampe che va da due a sei. Sembra logico, ma è una cazzata. Le tre 'ideologie devastanti': utilitarismo, individualismo e tecnocrazia sono espressione naturale delle pulsioni umane, non sono sovrastrutture delle quali possiamo e dobbiamo fare a meno per essere uomini più completi o puri o meritevoli. Nessuna autorità mondiale potrà mai 'superare' (la nota del PCGP è piena del verbo superare, forse si sentono alla guida di una formula uno) né quelle tre ne altre decine di caratteristiche della realtà che collidono con i progetti miranti alla perfezione (e qui sì che Babele ci sta). L'utilitarismo è una necessità del sistema prima che una consapevole applicazione umana nel senso previsto dal naturale evolversi della situazione. Puoi opporti a ciò che è oggettivamente utile al perseguimento dello scopo del mondo, di un governo, di un gruppo, di un individuo, ma non puoi opporti alle equazioni sottostanti. Se quando è nato Gesù si stimano 200milioni di persone in tutto il mondo e oggi siamo in 7 miliardi non possiamo far finta che non sia una variabile da tenere in considerazione nella formulazione di soluzioni tanto e più di valutazioni di ordine etico o di opportunismo. Un vincolo materiale non è indizio di materialismo. PCGP, mi spiego? L'individualismo è un'altra qualità imprescindibile dell'uomo. L'uomo nasce individuo, si rappresenta come tale di fronte a sé e di fronte a Dio, possiede coscienza solo del sé. Credersi in grado di comprendere e assorbire l'alterità è superbia (anche qui Babele ci sta), incaricarsi di agire anche per conto degli altri in nome dell'altruismo è inganno. Non esiste società se non di individui liberi e indipendenti, non esiste famiglia laddove i componenti sono considerati meccanismi che partecipano di un corpo istituzionale e non essenziali componenti di un corpo mistico. L'individualismo è applicazione del libero arbitrio e non deve essere sacrificato a esigenze di ordine superiore.
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Ci rimane la tecnocrazia. È una delle tante teste del mostro che domina le nostre vite e modella l'ambiente in cui siamo prigionieri. Limitarsi alla tecnocrazia è come indicare nell'influenza stagionale la summa di tutte le malattie mentre è solo la più comune e visibile. È vero che non possiamo opporci alla scienza applicata che ci persuade col marketing, quando non ci obbliga per legge, a utilizzare marchingegni di cui potremmo fare a meno. Lo fa per il nostro benessere, la nostra comodità, la nostra sicurezza, la nostra salute. Siamo nelle mani della scienza e a lei ci rivolgiamo nella speranza che scopra il segreto della bellezza, della gioia e della vita eterna. I sacerdoti della scienza continuano a fare promesse e a nutrirci di sogni, la pillola dell'intelligenza, i viaggi nel tempo e nello spazio interstellare, la società matematicamente progettata per eliminare ogni differenza, robot che fanno tutto il lavoro, energia gratuita e abbondante, una vita facile tutta da godere mentre quel che si ottiene è stress, traffico, inquinamento, uniformi, meno tempo libero, meno libertà, condizionamenti, vergogna, droghe, pressioni, violenza, disperazione. Ma siccome il PCGP non può scagliarsi contro la scienza o gli dicono che è creazionista, reazionario, bigotto, antimodernista, allora il PCGP deve evitare scontri frontali e ricorrere a mezzucci come la tecnocrazia, abbassa il livello della discussione al moralismo assai noto agli ipocriti, quello che tiene separati pensare e agire in una prospettiva di accettazione e perdono, e il PCGP allora dice che “è necessario colmare il divario tra formazione etica e preparazione tecnica evidenziando la sinergia tra 'praxis' (agire morale) e 'poièsis' (agire tecnico e produttivo)”, una sintesi che ha troppo dell'Hegeliano (così si spiega tutto quell'uso che fa il PCGP del verbo superare?). Ancora Hegel, ancora percorsi storici finalizzati, millenarismo babelico da paradiso robotico dentro un romanzo di fantascienza, ancora il primato della politica da affiancare alla delusione della realpolitik, ancora il massimalismo, il determinismo, e tutta la pappardella già ingoiata e digerita negli ultimi secoli che ha ucciso milioni di persone con la scusa di andare oltre, di venirne fuori. Ma non dobbiamo prendercela con il PCGP, cosa dovrebbe dire di diverso? La Chiesa quando esercita potere temporale si occupa dell'umanità intera e non dei singoli uomini che la compongono, il potere spirituale è demandato a quegli stessi individui che non vengono presi in considerazione dal PCGP, si sa che nelle grandi visioni politiche le strategie si fanno militari e i singoli diventano pedine inutili e sacrificabili.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlz_rwypRfKnxtnq9CPZuwxy2kVKjR9j0xcY9t6hZ8ILnvfknfmzECdnS5a7O1jfnxIlSpcJDU_YONxVltyNOhbywkCHuR-of7s1vRkOObqjYdyhwmPRjQPldh4t8-DUnePplatcVu/s1600/holy+water.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="237" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlz_rwypRfKnxtnq9CPZuwxy2kVKjR9j0xcY9t6hZ8ILnvfknfmzECdnS5a7O1jfnxIlSpcJDU_YONxVltyNOhbywkCHuR-of7s1vRkOObqjYdyhwmPRjQPldh4t8-DUnePplatcVu/s320/holy+water.JPG" width="320" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-59974487327159879692011-10-20T02:39:00.000-07:002011-10-20T23:33:43.673-07:00Le cerchie e i gironi.<div style="text-align: justify;">
(disclaimer: scusate, un'altra cosa lunga, ormai l'ho scritta e la mando, così com'è, che ho smesso di rileggere e correggere quel che scrivo da decenni, si vede che è periodo di chiacchiere, va così, logorrea, poi magari sto zitti per giorni e giorni, parla degli indignati, credo, di economia, di Leon, dei socia network, del fatto che se ti butti affoghi anche tu, della stupidità, di Sturm und Drang, insomma la solita roba da vecchi brontoloni, se vuoi leggere allora leggi sennò non leggere, giovane ragazzo del futuro, ciao, fa' come ti pare)<br />
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Non ho più una vita sociale come l'avevo quando andavo al bar o al campetto dell'oratorio, ma ho delle persone classificate come amici su facebook, anche se non so chi siano. Con alcuni di loro si verifica uno scambio di opinioni da un paio di decenni, altri invece li ho incontrati da poco. Scriviamo delle cose dentro a facebook e poi ci chiediamo che figura ci faremmo nel caso dovessimo cliccare mi piace oppure addirittura commentare. Perché c'è la complicazione che poi altra gente ancora più sconosciuta si accorgerebbe della nostra esistenza, della nostra volontà di evidenziare un contatto mediante il click, e partirebbero i pettegolezzi 'ma chi è?', come se tu gli sei piombato in casa senza telefonare prima, che poi manco ti conosco ma chi ti ha invitato? Per cui i social network, per chi non lo sapesse, funzionano che se devi fare pubblicità a te stesso o a tuoi prodotti va bene, dici delle cose, cerchi di fare il simpatico, come quando facevi pirlate per metterti in mostra da bambino, però a un livello più equilibrato, socialmente accettabile. Altrimenti parli per anni e anni con gente che non sai nemmeno chi è e in fondo non te ne frega nemmeno di saperlo, così se si ammala o muore a te basta togliere dalla lista, dalla cerchia, non devi nemmeno sforzarti di provare dispiacere.
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Ci sono le liste, le cerchie, per tenere lontano la gente senza che se accorga, come a scuola che ti voltavi e le ragazze stavano ridacchiavano fra di loro e tu fingevi di non pensare che stessero ridendo di te, facevi l'occhiolino, la linguaccia, e loro ti dicevano che scemo. Ecco, eri in una lista bloccata, eri in una cerchia di esclusi. Così puoi far vedere il tuo diario segreto sollo alle amiche del cuore, puoi nascondere a familiari e conviventi i tuoi piccoli traffici da testa bassa e mani in tasca. Per esempio io ho una manciata ridicola di amici e li ho comunque divisi in famiglia, scuola, mmorpg, conoscenti e bloccati. Non ho la lista amici veri e propri, non so perché ma li ho finiti, mi ostino a considerare di averne ancora due vivi dei quali potrei fidarmi a chiedergli di farmi un favore nel caso mi succeda qualcosa di improvviso, cose così, uno era in classe con me alle elementari, l'altro al liceo. Entrambi li sento più o meno una volta all'anno, per gli auguri via sms. Sono delle icone dell'amicizia, sono degli amuleti viventi. Per il resto parlo con gente morta, parole scritte da così tanto tempo che adesso è difficile capirle, ti sembra che nel passato la gente fosse molto stupida, è come prendere in mano un attrezzo sporco e arrugginito e chiedersi a cosa cazzo potesse mai servire una tale mostruosità tecnologica. Oppure parlo con gente che deve ancora nascere, cercando di spiegare loro che non devono pensare che la gente del mio tempo sia stupida perché anche loro nel futuro lo saranno, forse un po' meno, può darsi, ma forse un po' di più.
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Nonostante l'idea che il livello di stupidità degli esseri umani, sia presi singolarmente sia come società sia come umanità nel suo complesso, sia più o meno costante nel tempo, ovvero parecchio alta, ben al di sopra della soglia di pericolo, come quando un malato inizia a far male a se stesso e agli altri ma non c'è il medico, l'ospedale, gli infermieri, ci sei solo tu che ti si rizzano i capelli in testa e non sai dove scappare, ecco, la sensazione in linea di massima è quella del panico controllato. Solo che a volte il controllo sei stanco e ti lasci andare e rischi contatti umani. Nel film 'The professional' Leon dice "Il fucile è la prima arma che si impara ad usare perché ti permette di mantenere una certa distanza dal cliente. Più ti avvicini a diventare professionista, più riesci ad avvicinarti al cliente. Il coltello per esempio, è l'ultima cosa che si impara." I rapporti umani sono essenzialmente dolorosi, che ci sia o meno intenzione, perché a volte ci si fa male anche da soli, anche facendo attenzione a metterci tutto l'amore possibile. Ma che tipo di amore? Viviamo l'epoca del romanticismo, l'amore di questi tempi è spesso venato di masochismo. Ma qui entriamo in un altro argomento, stavo parlando di rete sociale, il fenomeno del momento, la copia tascabile dello Sturm und Drang for dummies, la catena di montaggio per tigri di carta, dove viene forgiato il futuro del mondo (virtuale).
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Cerco di evitare il più possibile i social network perché poi mi scappa un commento, un battuta, e su internet ogni fiocco diventa valanga. Ragazzi del futuro, lo so che la gente è stupida, lo so che lo è chi segnala la pagliuzza della mediocrità, della sciatteria, definendola una riduzione generale della qualità dovuta alla tv e a chi ritiene responsabile dei contenuti della tv come strumenti educativo di massa. Lo so, ragazzi del futuro, e allora? Cosa posso farci? Credete che serva dire guardate che allora anche internet. Guardate che non è solo in Italia. Guardate che non si è ridotto il livello di qualità massimo raggiungibile, è piuttosto l'effetto dell'aumento del numero di voci che influisce sulla media. La democrazia come media delle opinioni è necessariamente populismo e demagogia. Sono cose che ai ragazzi del futuro sembreranno così lampanti da ipotizzare che il popolo a quei tempi fosse tenuto soggiogato dal potere e ipnotizzato dalla propaganda. Quello che diciamo noi dei popoli del passato, dagli unni agli assiri, dai nazisti ai comunisti. Eppure le masse si muovono come branchi di pesci, come sciami di api, come formiche eccitati dai feromoni. Vogliono che succedano cose determinanti, cambiamenti epocali, essere protagonisti o, se proprio, almeno testimoni, quando la testa del re viene spiccata dal collo e rotola nel cesto, quando la città dei nemici viene messa a ferro e fuoco, quando l'incarnazione del male viene impalata.
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L'altro aspetto è sia commerciale che espressione di vanitosa superbia. La blasfemia è ribellione a parole come la violenza è ribellione nel gesto. E da sempre paga il ruolo del bardo, che incita rollando sul tamburello, soffiando nella tromba, scrivendo ballate, cantate, poemi omeriche o scespiriani. E il bardo di basso livello diventa giullare, diventa buffone, diventa ubriacone da prendere a calci ridendo quando diventa seccante. Noi abbiamo questo tipo di scadimento culturale anche nella nobile arte del narrare, intrattenimento che va dalla geisha alla vecchia puttana tossica e sifilitica di periferia. Ragazzi del futuro, lo so, sono stupido ma sono entrato nell'università più prestigiosa d'Italia, e forse d'Europa, superando rigidi test d'ammissione su conoscenze capacità potenzialità e quoziente intellettivo, sono stupido anch'io, va bene, ma non più di tanto. Lo so che è da stupidi rinchiudere tutto questo negli stretti ambiti di una malattia che riguarda solo chi guarda certi canali televisivi, chi vota un certo partito, chi la pensa in un modo piuttosto che in un altro su questioni politiche o si rifiuta di superare dilemmi etici e morali semplicemente cancellandone l'esistenza, come si cancella il furto eliminando la proprietà, cosa rubi se niente e è di qualcuno?, si elimina il primo comandamento eliminando Dio, è tutto così semplice, vero?, ma poi cosa ti resta in mano? Ragazzi del futuro, è inutile cercare di far ragionare le masse, è come cercare di far volare le montagne prendendole a calci, di fermare i salmoni quando decidono che è ora di tornare a casa.
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Per esempio su internet negli ultimi giorni è stato un proliferare di frasi legate all'indignazione mondiale. Gente che va in piazza a protestare come sempre ci va, per un motivo o per l'altro. E quindi gente che nella vita fa tutt'altro si mette a parlare di economia come se la studiasse da una vita, come se usare i soldi ti rendesse esperto della materia, la stessa semplificazione che ti fa dire se mettiamo i bambini nel kibbutz nessuno ha madre e padre e tutta quella roba di Freud possiamo finalmente buttarla nella spazzatura. Demolizione della cultura, che diventa essa stessa sovrastruttura, oppio, e la ricerca di una spiegazione che non escluda la complessità viene scambiata per accanimento terapeutico. Arrendetevi alla banalità del reale. Un mondo di slogan dove no c'è più spazio per niente, cartelloni pubblicitari ovunque, vite tenute in ostaggio dalla modernità al punto da mandare nel panico chi è abituato a redditi da benestante e non ha idea di come si possa sopravvivere senza una buona lavanderia sotto casa e la banda larga. Quindi giù a lottare per mantenere lo status quo, a indignarsi per la crisi, a cercare colpevoli da punire. A volte quando sento dire assurdità mi viene da dire ma perché al posto di economia e politica, di cui sai poco o niente, non parli di laparotomia sottocostale, di simbionti azotofissatori, di costante di Planck, otterresti gli stessi risultati. Ma io non sono il tipo che manifesta, non sono quello che si mette alla testa del corteo o a capo della guarnigione, non sono quello che muore da eroe o non vede l'ora di farsi mettere in croce, gli direi caro Padre, bevitela tu quella merda. O forse no, fin che non lo vivi non lo puoi mica sapere, per esempio lo so che quando uno si tuffa per salvare uno che sta affogando di solito affoga pure lui, però se vedi un bambino che sta affogando come reagisci nella vita vera, gli fai ciao con la mano?
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Anche oggi sto andando lungo, ma come fai a riaccumere tutta questa roba? Non trovo divertente né piacevole buttare il mio tempo a spiegare cose che per me sono elementari, se le trovassi già dette e scritte altrove non starei qui a sbattermi per fare arrivare informazioni ai ragazzi del futuro, che poi magari pensano che non ci aveva pensato nessuno e facciamo brutta figura come intera generazione. Volevo solo dire che stavolta la politica ha deciso di scaricare la responsabilità sui mercati nel tentativo di introdurre leggi che permettano ai governi di controllare i mercati e per avere la scusa di tassarli. I governi hanno speso troppo e hanno speso male e questo ha prodotto alti debiti pubblici e economie malfunzionanti. Quando la Cina è entrata nel WTO ha sconvolto dinamiche che stanno ancora cercando nuovi punti di equilibrio economico. I governi, dove per governi intendo gli Stati, non destre e sinistre spesso fittizie e di comodo all'interno delle singole realtà, realtà che vanno da tanta gente su poca terra con poche risorse, come l'Italia, a poca gente con tanta terra e risorse naturali (tipo gas e petrolio), governi che si trovano a non poter più garantire i livelli di spesa storici è logico che siano entrati in grosse difficoltà nel continuare a chiedere il consenso dell'elettorato. Governi che hanno foraggiato spesa improduttiva per garantire la pace sociale, per finanziare voto di scambio e accordi con le mafie o le multinazionali, insomma per tutto tranne che investimenti che si ripagano nel futuro. Governi che se la prendono con i mercati, gli 'speculatori' (uhhhh, che paura, mordono), al fine di impedire declassamenti e crolli dei prezzi, seguendo la folle logica che ho già spiegato sopra del se elimini i mercati elimini anche la crisi dei mercati, se riusciamo a essere noi quelli che decidono i prezzi di mercato non dobbiamo più preoccuparci che gli 'speculatori' comprino e vendano a prezzi che non ci piacciono per niente. Ragazzi del futuro, lo so che a voi sembra che sto dicendo delle cose banali, ma queste cose non le sento né leggo da nessuna parte, può darsi che sono io l'unico a sbagliare, l'unico stupido al mondo che non si unisce al branco, in tal caso meglio così. I governi ormai non possono più aumentare le tasse, anche mettere la Robin tax o altre tasse non farebbe che allungare un'agonia che va avanti da decenni, da quando si è innescata la corsa alla crescita, possono solo tagliare lentamente sperando che le cose si aggiustino e che non scoppino rivolte, oppure possono dare il potere all'ennesimo dittatorello eccitato e pieno di sé che si crede in missione per conto di dio e usa la forza per aggiustare economia e società a martellate.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtw14UEB5Kwg52jPS_QRXwOLDeMUVu5W_8N3tfKhRzYP1takdkUDGkGgxg8vG7A1s1W-8iTU96yNn9lK2aqv1LyLfKGxEkAMZuchrbgNR3VIgF9h1y0AdkVMhQOD3KnIVxIp9m-7mb/s1600/fool.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtw14UEB5Kwg52jPS_QRXwOLDeMUVu5W_8N3tfKhRzYP1takdkUDGkGgxg8vG7A1s1W-8iTU96yNn9lK2aqv1LyLfKGxEkAMZuchrbgNR3VIgF9h1y0AdkVMhQOD3KnIVxIp9m-7mb/s320/fool.jpg" width="320" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-52050285255819471832011-10-17T03:24:00.001-07:002011-10-17T03:24:34.289-07:00EntropiaL'effetto più vistoso della tecnologia si è manifestato nella produzione e distribuzione di storie. Storie che vanno da una frasetta a centinaia di pagine, fino allo stream of consciousness da fantascienza di un chip che legga il pensiero in diretta, da una singola immagine a ore di filmato, fino alla vita trasmessa da una webcam dentro all'occhio, da un jingle a musica suonata per ore, fino al concerto infinito di un computer che compone dirige e suona tutti gli spartiti girando in orbita sulle nostre teste. Il costo di produzione è diminuito, ci sono tastiere e programmi di videoscrittura, ci sono macchine fotografiche e telecamere digitali, ci sono strumenti musicali virtuali. E la capacità dell'autore materiale? Quanto rara e preziosa è, al momento, la capacità di manipolare parole, immagini, suoni? A giudicare dalla quantità di materiale in circolazione si direbbe che non è così difficile produrre materiale, anche se poi interviene la statistica e bisogna capire la qualità media, se si alza, se si abbassa, se sparisce del tutto, se al contrario c'è in giro molta più roba di qualità. E qui sorge il problema della selezione, che un tempo era legato alla distribuzione delle copie materiali. L'editore selezionava, produceva copie, le proponeva al pubblico. Adesso no. La selezione è sparita, è un bene o un male, dipende da chi selezionava cosa, per esempio se c'è un partito politico che usa soldi pubblici per finanziare autori propagandistici no, non va bene. Dopo qualche decennio di selezione hai influito sulla società con intenti educativi o rieducativi e non è detto che sia meglio di come sarebbe qualora lasciata libera di crescere senza condizionamenti culturali. Una delle critiche è proprio quella di aver lasciato a internet il ruolo didattico già pessimo svolto dalla tv commerciale, ovvero la tv che deve proporre programmi spazzatura che piacciono molto al fine di incassare proventi pubblicitari e non tv elitaria che guarda solo chi non ha alternative preferibili. Si dice che se prima la tv rovinava la gente, almeno c'era una regolamentazione, un controllo per tentare di evitare gli eccessi, anche se col tempo è diventato sempre più blando il concetto di eccesso, si sono allargate a dismisura le maglie della tolleranza su ciò che fa scandalo e ciò che fa audience. Si inizia ora a parlare di vietare per esempio il porno di internet ai minori, mettendo un blocco rimovibile su richiesta dell'abbonato al servizio internet maggiorenne. Nel frattempo il web offre tutto a tutti, senza nessuno che seleziona ufficialmente i prodotti se non chi si occupa di marketing virale, il resto è frutto di passaparola.
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Il costo per produrre è calato, la selezione è svanita assieme al monopolio della distribuzione, quest'ultima resa gratuita da supporti immateriali come i file ospitati gratuitamente dai server, il costo della promozione pubblicitaria è rimasto solo per prodotti legati alla filiera produttiva, scrittori già famosi che sfruttano il libro di carta come oggetto di culto più che di cultura, film con budget milionari che cercano sempre nuovi modi di rivitalizzare le sale cinematografiche, cantanti che hanno spostato l'attenzione dagli introiti per copie di dischi venduti a numero di biglietti venduti per i concerti dal vivo. La scelta di creare una porzione di rete chiusa, dove per accedere devi dare il tuo numero di carta di credito e usate un apparecchio anch'esso blindato, ha reso felice il sistema di produzione e consumo analogico al punto da trasformare in una specie di semidio di cartapesta il tizio marchiato mela. E il mondo si è dimostrato felice di trovare un oasi simil televisiva, dove si possa andare quando l'entropia provoca ansia, confusione, irritazione. Perché è questo che si prova quando non si sa cosa scegliere, non c'è nessuno a dirmi cosa piace a moltissime persone e soprattutto cosa piace agli idoli mediatoci, gli opinion makers, alle persone che passano la vita a classificare i prodotti per aiutarci a scegliere cosa comprare, i consigli per gli acquisti, come pensarla riguardo a questo fatto, dove andare per manifestare a favore di questo o contro quello, a chi mandare una email con scritto cosa, insomma l'ultima versione di grande fratello. Senza una guida si piomba nella paura e nel caos, un grande fratello è lì pronto per accoglierci sotto la sua ala protettiva e amorevole. A volte è un dittatore, a volte un profeta, a volte qualcuno che sorride o grida rivolto alla telecamera. Nessuno vuole essere solo, nessuno vuole essere l'unico allo stadio che fa il tifo, il primo a tirare la pietra, nessuno vuole indossare qualcosa che gli procurerà risate di scherno, nessuno vuole sporcarsi la camicia, inciampare, andare a sbattere, scoprire di avere tutti gli occhi addosso quando vorrebbe passare inosservato o scoprire di passare inosservato quando vorrebbe avere tutti gli occhi addosso.
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Soldi e fama, in fondo è solo l'ambizione a muovere la maggior parte di chi cerca di vendere qualcosa, compreso se stesso, al maggior numero di persone possibile. La ricerca del successo come scopo della vita. Ne ho già parlato, mi pare. Ma internet sta rendendo vano questo modello a prescindere da chi seleziona cosa, se è il partito comunista e tu sei un dissidente vai in prigione anche se hai preso il nobel, o dal livello di meritocrazia di una società, cosa che rende possibile il sogno americano, senza meritocrazia puoi essere bravo quanto vuoi ma ti passa davanti il raccomandato, il leccapiedi, l'amico dell'amico. Con internet tutto questo viene messo in crisi. Non c'è bisogno di essere criminali informatici per sapere che ci sono a disposizione, almeno fino a quando l'autorità non deciderà di dare un giro di vite alla libertà sul web, centinaia, migliaia di prodotti da tutto il mondo. Tanto che la difficoltà principale sta nell'ostacolo linguistico, servono traduttori per infrangere la barriera, non è una cifratura da far decrittare con forza bruta da processori sempre più veloci. Ci sono così tante storie al momento on line, potenzialmente tesori di cui guardo solo copertina, leggo il titolo o guardo la locandina, pensando a quanto tempo dovrei perderci per verificarne la qualità, per rendermi conto di aver speso bene o male del tempo sempre più prezioso. Si rimane paralizzati e si vuole un grande fratello, un selezionatore professionista, un investitore che ci abbia scommesso sopra grosse somme di denaro, un pubblicitario che ne valorizzi i punti di forza e mi renda appetibili anche le peggio stronzate. Ne vale la pena o nel frattempo mi perdo qualcosa di meglio? Se sì, cosa? C'è davvero qualcosa che mi sto perdendo? O è tutto un succedaneo nel niente originario, figli di un capostipite banale, senza cappello, senza baffi a manubrio, le mani sul ginocchio e la posizione a trequarti per il ritratto dipinto a olio. E mai esistito davvero un filone d'oro dell'arte? O le cose belle sono state pescate a caso e sono sopravvissute nel tempo per un colpo di fortuna? Perché ho già dedicato anni di vita a riempirmi di schifezze. Anche roba spacciata per toccasana universale, che dopo la tua vita non sarà più la stessa, e invece al dunque si rivela sbobba. Di tutto quello che ho visto e letto c'è poco o niente di cui non potrei fare a meno, alla quale imputo una causa del mio essere diventato quel che sono, un mattone fondamentale senza il quale crollerei su me stesso. Qualche film, qualche libro, qualche immagine. Ma la maggior parte di quanto proposto dal sistema dei selezionatori è entertainment di bassa lega. Quel tipo di intrattenimento che ti aiuta a vivere facendoti scordare che sei vivo, che hai una vita vera, che i giorni, i mesi, gli anni passano e tu no stai crescendo come una pianta sana e robusta, mentalmente sei rimasto un bonsai, tenuto nel buio confortevole dell'intrattenimento.
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E mi chiedo anche se potrei raccontare una storia che non esista già là fuori, da qualche parte, che vada a toccare certi tasti, son come le note, sono emozioni, sono dilemmi morali, sono buoni e cattivi esempi? No, non potrei. Esiste già tutto, qualcuno ha già detto quello che andrebbe detto, non ci resta che recuperare le stesse cose, ancora e ancora, ripeterle con altre parole, dentro a storie differenti, con musiche inaudite eppure familiari fin dal primo ascolto. Tutto è compiuto. Tutto è già successo, il futuro è solo un colpo di coda, un eterno ritorno, un sentire bussare alla porta e spaventarsi oppure no, impaurirsi oppure no, arrabbiarsi oppure no. Perdersi nell'entropia di un mare di cose che nel tempo si riveleranno non così importanti, non così irreparabili, diventeranno foto ingiallite, ricordi selezionati di grandi storie sentimentali dalle quali sembrava pendere, appesa a un filo troppo sottile, nientemeno che l'esistenza e l'equilibrio mentale, quando era solo intrattenersi a vicenda, tenersi per mano, dare spiegazioni, proiettare ombre. E allora scrivere come opera decostruttiva e semplificatoria? Già fatto, la mercificazione e massificazione dell'arte. Tanto vale scrivere elenchi, numeri, percentuali, cronache, musiche monotone da ascensore, storie belle da ascoltare anche se non dicono niente, cambiare la vita, in meglio o in peggio, che importa, per farsi compagnia, per gestire il coma, la totale privazione sensoriale da eccesso di esposizione, la realtà virtuale ora in formato vita vera, oggetti esposti in bella mostra, merce posizionata con cura dentro una cornice accattivante, esche dalle quali siamo separati mediante una vetrina pulita, da uno monitor o uno schermo televisivo, la terza dimensione del desiderio con tanto di prezzo scontato, solo per pochi, solo per oggi, restate con noi, non cambiate canale, e noi sbattiamo contro le pareti come pesci in un acquario, specchiandoci. Là fuori c'è già tutto, il messia è già arrivato, proprio quando ti sei alzato dal divano per andare un momento in bagno, un momento al frigor, senza uscire dal coma, senza abbandonare la sicurezza del polmone d'acciaio. Non rimane altro da dire, da cantare, da scrivere, da disegnare, se non per aumentare l'entropia, per aggiungere dati alla curva statistica del gradimento e della qualità, che va da largo intrattenimento a per appassionati del genere.
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Pertanto a cosa serve, oggi, essere ambiziosi, se non diventare rotelle di meccanismi che ti rendono cosa? Ricco, quanto vuoi diventare ricco? Quanti soldi ti servono? Cosa ci compri? A cosa sei disposto a rinunciare pur di diventare ricco? Perché tutto a un prezzo, anche la ricchezza ha un prezzo, oh, se ce l'ha. Famoso? Non ti interessano i soldi ma vuoi diventare famoso? Nel senso che la gente ti ama o nel senso di passare alla storia? La gente non ti ama per sempre, e anche quando ti ama non è che ti ama come pensi tu, magari ti ama come si amerebbe un gatto o un ricordo di infanzia, un vecchio zio che vedi ogni tanto e racconta barzellette e ti mette in mano dei soldi quando se ne va. Vuoi essere amato come? Come un dio? Come un padre? Come una madre? Come il figlio che sei stato o non sei stato? Passare alla storia per cosa? Per aver inventato qualcosa? Quante volte pensi in un giorno agli inventori del passato? Vuoi essere ricordato come un grande artista? Quanti artisti del passato ascolti normalmente, a parte mozart nelle pubblicità dei cioccolatini trasmessa alla radio mentre sei incolonnato con la macchina in tangenziale, intendo. Ricapitoliamo: le probabilità si successo sono minime, in ogni caso no diventerai ricco e se anche lo diventerai non è quello per cui produci storie, che siano di parole, immagini o suoni. Se vuoi diventare ricco apri un supermercato, una catena di fast food, un sito internet per il gioco d'azzardo. È così che la gente di solito diventa ricca, è molto più probabile diventare ricchi così che ottenendo successo come artisti. Inoltre non vuoi nemmeno passare alla storia: avere il proprio nome su una lapide al cimitero e dentro a un'enciclopedia non cambia molto, la tua vita può comunque essere stata fenomenale o una merda totale, piena di un senso di riconoscenza luminoso o piena di una tragica consapevolezza di inutilità. Non è la soluzione al problema della vita né a quello della morte quella che ci viene proposta dal marketing.
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La risposta è altrove, non sarò certo io a dirti dove, il biglietto per arrivarci non è in vendita, ognuno nasce col proprio ed è libero di decidere se usarlo o buttarlo via, se credere che serva davvero a raggiungere una destinazione o sia solo una presa in giro. Certo, l'ambizione porta risultati, se e quando li porta, concreti e immediati, concede la meritata gratificazione per l'impegno profuso. Ma l'ambizione non è un meccanismo automatico, dove se non sei bravo lo diventi, che le cose basta volerle e tutto è possibile, se non sei fortunato lo diventi, che le occasioni bisogna procurarsele e non si deve aspettare che cadano dal cielo. L'ambizione se ci guardi dentro scopri che solo voglia di consolazione, bisogno di rivalsa, impulso naturale di competizione, di vincita, di ammirazione, l'equivalente sociale della spinta animale a scegliere o venire scelti mentre si cerca il partner geneticamente migliore in circolazione per accoppiarsi e riprodursi. L'ambizione se la guardi da vicino è solo insicurezza, solitudine, fragilità, disperazione, e ti accorgi che tutto quello che davvero ha avuto importanza nella tua vita ti è stato regalato, ti è stato donato da chi non aveva bisogno o possibilità di ambire a niente che si possa ottenere in questo mondo. I libri che ti hanno detto la verità quando tu avevi bisogno di bugie, o viceversa, i film che ti anno mostrato la realtà quando tu avevi bisogno di fantasia, o viceversa, i disegni che ti hanno fatto sentire bene quando volevi sentirti male, o viceversa, non sono stati fatti da qualcuno che voleva far soldi o diventare famoso, come un uccellino non canta per tuo piacere personale, quello succede solo alle principesse delle favole. Non c'è niente di male a coltivare delle ambizioni, purché restino il mezzo e non il fine. Un conto è fare delle cose che ti riempiono comunque la vita e che faresti anche se fuori dalla finestra ci fossero le macerie di una guerra mondiale e branchi di lupi affamati che ti aspettano sbranarti, e nel fare queste cose speri di venire pagato così da non dover fare quella cosa orribile che è lavorare, ovvero fare cose che non ti piacciono per niente, perché se ti piacciono non è lavoro nemmeno se ti pagano, e che le persone per cui ti stai sbattendo, che si presume siano persone a cui tieni, delle persone per le quali provi gratitudine, o l'amore per i figli, anche solo te stesso in un delirio di egocentrismo, qualcuno che possa un giorno, chissà, apprezzare lo sforzo. Anche se sai che è tutto inutile, che è già stato detto tutto, che là fuori c'è un mare di entropia pronto a ingoiarti e farti sparire dal tempo e dallo spazio. Un altro conto è fare delle cose perché sono quel tipo di cose che potrebbero renderti ricco e famoso, fare delle cose che possono renderti simile a quel tizio, uno o più di uno, che invidi, o che vuoi surclassare, imitare, scoprire il suo segreto e diventare come lui, oppure fare delle cose che reputi fichissime, attività da supereroi, cose diverse dal lavorare come magazziniere, come contabile, diverse dal mettere le mani in bocca alla gente per trapanare via le carie, cambiare i pannolini ai vecchi con l'alzhaimer, mungere la vacche, scendere in miniera. Vuol dire anche quello l'ambizione, una via di fuga, un paradiso artificiale, un biglietto che, a differenza dell'altro, sai esattamente dove ti può portare ma non sai se ti piacerà davvero arrivarci e, soprattutto, non sai se ti piacerà il viaggio mentre ci vai. Sto proprio diventando un vecchio barboso e rompipalle, faccio discorsi che se li avessero fatti a me da giovane sarei morto dalla noia, si vede che a una certa età il cervello perde colpi e si chiacchiera per ore e si finisce per fare predicozzi indigesti come questo.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidklBoy72maJxbssDGjZcmlE6A-j0ZbYzwYEFoMuNBCgLt73c2xcp31XaGlWFvcvjilrOf2MZN5OAbSjcWlvdw7LCLzZt1QQbkPk094uapvz8LHri7_Oi9CbLJbVwevvvqTSwcm5Ov/s1600/palombaro.JPG" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="320" width="159" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidklBoy72maJxbssDGjZcmlE6A-j0ZbYzwYEFoMuNBCgLt73c2xcp31XaGlWFvcvjilrOf2MZN5OAbSjcWlvdw7LCLzZt1QQbkPk094uapvz8LHri7_Oi9CbLJbVwevvvqTSwcm5Ov/s320/palombaro.JPG" /></a></div>Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2324648543452008759.post-83669352760576834262011-10-10T03:21:00.000-07:002011-10-10T04:10:41.075-07:00Aristocrazia 2.0La mia generazione vien subito dopo quella degli anni '60, coi loro fiori nei cannoni e le dive sulla Croisette, i motori ruggenti del ribelle Dean che sposa idealmente la Marilyn bambola medicina per tenere su il morale dell'incompreso contemporaneo. Siamo il frutto di venticinque immagini al secondo, noi dei '70 siamo nativi televisivi come ora gli zeri sono i nativi digitali. I nostri modelli sono Star Trek, con i ruoli definiti dal colore della tutina elasticizzata, cibo che esce da un ricompositore molecolare, nemici ben definiti e primitivi che vanno convertiti più che sconfitti, abbracciati più che annientati. Anche Star Trek si è evoluto, passando ai nativi digitali, adesso il suo equipaggio non contiene solo rappresentanti di tutte le etnie del pianeta terra, unite dentro una sola e unica cultura, quella dell'occidente e in particolare degli Usa. Adesso Star Trek è ultraglobalizzata, universalizzata, ha incorporato il fattore multiculturalità con la convivenza tra specie aliene. I punti più alti di questa aristocrazia culturale si realizza nelle stazioni spaziali, sulle navi che percorrono le rotte commerciali e diplomatiche. L'orizzonte degli idealisti non si comprime mai, non sarebbero idealisti se permettessero ai loro desideri si scendere a patti con la realtà. Gli idealisti sono una parte dell'aristocrazia culturale che travalica le distinzioni tra scienziati, filosofi, ingegneri, borghesia commerciale, intellettuali.
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Gli idealisti sono gli ambiziosi che, in alcuni casi, possiedono carismi (dal greco: dono) particolari che, uniti a fortuna e caso, all'essere nodi di particolari reti relazionali, al farsi creatori di bisogni nuovi o fornitori di prodotti che soddisfano bisogni nuovi mai considerati prima, danno luogo a persone simbolo in grado di mobilitare le masse. Le masse stanno appunto all'estremo opposto degli aristos (dal greco: migliore), in un ambiente in cui la meritocrazia ha appunto l'obiettivo di far emergere i migliori. La meritocrazia è aristocrazia, dove i migliori non sono definiti da una linea di sangue o decretati per investitura reale o papale, la meritocrazia è l'imborghesimento dell'aristocrazia nobiliare, il passaggio dall'origine per diritto morale, giuridico o divino, del riconoscimento pubblico all'origine per dimostrazione quasi-scientifica, come risultato della vincita di una competizione. Le masse invece rimangono tali. La curva statistica gaussiana che descrive quasi tutte le distribuzioni statistiche di una caratteristica all'interno di una popolazione sufficientemente numerosa si applica anche ai fattori di aristos o merito: una piccola percentuale soddisfa certi requisiti e il resto è massa. Se non si capisce questo non si scopre il bluff della rivoluzione digitale che nutre favole visionarie e omelie di santoni piene di ottimismo per il futuro e fiducia nell'evoluzione darwiniana.
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Le masse sono quelle che hanno bisogno di idoli, di totem, di vitelli d'oro lari del focolare, amuleti contro il malocchio, riti per scacciare il demonio, pozioni d'amore o per cancellare le fatture. Non è religione, come vorrebbero gli atei o chi fugge e ridicolizza la religiosità come una qualunque espressione di superstizione. La religione è un'altra cosa, una faccenda da aristos come tante altre, come il sapere, come l'esperienza, come le molte capacità che posso essere sopra o sotto la media, riflettere, elaborare, unire i puntini, cogliere nessi, immaginazione, creatività, analisi, gli esseri umani possono scalare le vette così come possono sguazzare nel fango, entrambe sono scelte lecite e rispettabili, frutto del libero arbitrio. Ogni attività umana formalizzata e basta su criteri di selezione si ritrova con sacerdoti, sciamani, santi e soldati che combattono l'esercito dell'avversario coi suoi mille nomi. Quando vi trovate di fronte a un militare, un prete, uno scienziato, un giornalista, un medico, tenete sempre presente che è un elemento di un macchinario molto grande, che macina cultura da molto tempo, un omino del lego che si distingue dalla massa entrando a far parte di una particolare aristos. Anche il criminale cerca di essere il migliore nel suo campo. Anche il politico. È una tensione umana che solo con un grosso sforzo di volontà può essere abbandonata senza viverla come una rinuncia e un sacrificio.
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Nessuno vuole essere l'ultimo, l'uomo qualunque, neanche per ottenere una forse vita forse eterna, forse un giorno, ammesso che esista dio, chissà, chi può dimostrare che non siano tutte fesserie inventate dall'uomo per giustificare il suo fallimento, non vergognarsi del suo essere un perdente che non si distingue nella folla, un elemento insignificante che fa numero nella massa? La religione protestante e il suo affermare che dio premia i migliori con il successo non è né la causa né l'effetto del fenomeno culturale che è al momento in atto nel mondo, lo stesso vale per il capitalismo e il libero mercato che si accompagna alla perfezione col il protestantesimo così come il socialismo si accompagna bene al buonismo perdonista cattolico, anche se è vero che nei paesi ricchi protestanti sono molto più comuni che altrove i suicidi di chi non accetta di essere destinato da dio a essere un perdente senza valore. In questo paradigma, riconducibile esclusivamente alle emanazioni storicizzate del macchinario culturale descritto poc'anzi, si è fatto strada internet: uno strumento pensato per fare evolvere le masse nella direzione voluta dall'aristos, al fine di realizzare la società desiderata dagli idealisti, che sono sempre altruisti, nessuna massa sostiene un idealista, o una formazione politica animata da idealismo, che promette un futuro in cui l'aristos diventa ricco e famoso e le masse rimangono tali. Il problema è che internet sta fallendo, su tutta la linea. Come ha fallito prima di internet la tv. La tv ha creato consenso attorno a valori e modelli comuni, ha creato il cittadino americano di provincia con una macchina due figli e un mutuo. La tv ha modellato le masse, verissimo, ha creato mercati, ha diffuso sermoni e documentari e dibattiti elettorali. La tv ha fatto su larga scala quello che un uomo dotato di potere avrebbe ottenuto lavorando sugli abitanti di un piccolo villaggio medievale. La tv ha creato il villaggio culturale globale quanto il petrolio ha creato il villaggio industriale globale.
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È qui che fa il suo ingresso internet, con la possibilità di una comunicazione non più unilaterale distrugge il caposaldo di qualsiasi sistema di potere, che sia aristocratico nel senso antico del termine, ovvero basato sulla tradizione, sul mantenimento del patrimonio, dell'esercito, e sul matrimonio e filiazione come contratto fra potentati, o che sia un potere di aristos come selezione meritocratica, fingendo che non esistano variabili legate al caso, alla fortuna, alle conoscenze, alle opportunità, dove sei nato, da quale famiglia, dove hai studiato, che lingua parli, che colore ha la tua pelle, parli inglese e con quale accento? Con internet si annienta qualsiasi forma di aristos controllata e valutata da altrettanti aristos. La tv permetteva di imporre alle masse prodotti comunque selezionati da persone con l'obiettivo di educare (o rieducare, nel senso terribile dei sistemi totalitari) i cittadini o da persone che danno alle masse quello che vogliono pur di fare audience e incassare proventi pubblicitari. Con la tv il dibattito era proprio questo: cosa è meglio trasmettere, qualità poco gradita o immondizia molto gradita? Lo stesso discorso del cibo, insalata salutista o schifezza che rende obesi?
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La storia ci ha dimostrato che le masse vogliono essere intrattenute piacevolmente mentre, sdraiate sul divano, mangiano porcherie. Internet lo fa molto meglio della tv, permette alla massa di snobbare completamente qualsiasi tipo di suggerimento possa venire da un'aristocrazia che non sia basata sul criterio della popolarità. Il paradiso del marketing, l'arte di indirizzare le masse utilizzando sentimenti, impulsi, la vasta area dell'irrazionale che governa le scelte umane: non è bello ciò che è bello ma ciò che piace. Se riesci a far cliccare il tuo prodotto a un milione di persone altre dieci milioni seguiranno, e così via. Gli aristos sono creati dalla popolarità e dal successo, e questo è il meno, diventa più inquietante quando la popolarità e il successo diventano a loro volta un prodotto industriale, un servizio commerciale. Le masse in fondo vogliono sentirsi tali, vogliono un personaggio che li faccia sentire parte di un gruppo, vogliono innamorarsi dell'eroe e piangere quando muore come sono stati abituati a fare fin da piccoli con i cartoni animati. Vogliono succhiare il midollo della vita, andare al massimo, restare affamati e folli, gli slogan che esprimono la contraddizione profonda fra il diktat calvinista al dovere di lavorare al massimo, il darsi da fare come premio a se stesso, e allo stesso tempo gli slanci epicurei del godersi la vita come fanno i protagonisti della pubblicità.
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Oggi sto andando lungo ma sono argomenti tosti, non si possono riassumere in due parole. Potrei andare avanti per altre pagine e pagine ma a quale scopo? Se anche riuscissi a spiegare per filo e per segno la realtà quella non smetterebbe di essere quello che è, anzi, non c'è niente di peggio della consapevolezza senza rimedio per sentirsi inermi e inutili, tutto è vanità e la conoscenza aumenta il dolore (Qoelet) E io non volevo nemmeno parlare di questo. Volevo parlare di cosa faranno se la massa utilizzerà le possibilità della rete per fare quello che le riesce meglio: mandare al rogo streghe, impiccare il signorotto locale, marciare sul villaggio vicino, invadere scappando dalla carestia. Che in internet si traduce nel pubblicare foto di persone che vogliamo danneggiare, diffamare la concorrenza usando pseudonimi e server dislocati in capo al mondo, rovinare la reputazione del chirurgo che non è riuscito a salvare un nostro caro. Bullismo, truffe, furto di dati sensibili, esibizionismo, è solo una piccola parte delle attività di chi approfitta del suo essere invisibile nella massa, protetto dalla massa, e anzi vendicatore di torti contro le masse, ribelle contro il sistema, cellula di un corpo rivoluzionario digitale che sovvertirà l'ordine costituito che è ingiusto, vecchio, incompatibile con i nuovi formati. L'ipotesi che la gente smette di essere stupida e malvagia nel momento in cui entra nel magico mondo del digitale è come minimo azzardata.
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Volevo parlare invece dei nativi digitali, dei nostri bambini. Della maestra che non ha 80 anni e mi dice della progressiva perdita di capacità di analisi e di manualità pratica che riscontra nei bambini delle elementari. Bimbi bravissimi a mettere un dito sullo schermo per tirare l'uccellino con la fionda virtuale ma che non capisce l'utilità di azioni ludiche svincolate dall'entertaiment, così che costruire una fionda vera è troppo difficile, noioso, complicato, ci vuole troppa pazienza, troppa concentrazione, troppa conoscenza teorica, troppa abilità gestuale. Addirittura recenti studi dimostrano che l'esposizione di un bambino a dieci minuti di cartoni animati a movimento rapido, ovvero dove i personaggi, al fine di immettere il maggior quantitativo di storia possibile, si muovono più veloci di quanto è naturale che facciano, e il bambino non riesce più a disegnare correttamente, cerca di replicare il dinamismo marinettiano di una realtà artificiale o virtuale che dir si voglia. Volevo parlare della tendenza a sistemi chiusi per rassicurare l'utente che sacrificano la tensione naturale dei bambini alla sperimentazione, aprire per vedere com'è fatto, rompere, affrontare imprevisti e ostacoli nel percorso espertivo di maturazione personale. Tutto ciò non è possibile su apparecchi venduti come status symbol, come traguardo estetico, come tecnologia nascosta che lavora senza bisogno dell'utente che non deve fare niente, solo muovere il pollice, l'equivalente digitale del mettersi sul divano a guardare la tv mangiando schifezze. Qui torniamo alle masse, alla curva gaussiana, all'idealismo di uno strumento che gioverà alle masse che si scontra contro il successo ottenuto vendendo alle masse oggetti ad alto contenuto di emozione, per la gioia del marketing che può usare slogan suadenti e infidi come 'lo sanno usare anche i bambini'. I bambini come soggetti adulti fisicamente o mentalmente menomati, le masse come bambini, con la sensazione che ci sia una mamma a coccolarli e un papà a tener lontani i pericoli. Bambini che non giocano davvero ma giocano a giocare, attaccati a una tecnologia che si presenta come una bicicletta e si rivela un polmone d'acciaio.
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9dgp_NATgc2TifDpv0BPe7KUgsMmz4uIIFxAywWt6iYqTx3T2vIhvCtLKF4pQMo3gl18rtBsfwM7RZKzXPQOhUBwgjxKSsPtPPp9qtCKpx1xOG9H1Sw4oJhCTYNjzyS35jWYfd2BU/s1600/stay.jpg" imageanchor="1" style="margin-left:1em; margin-right:1em"><img border="0" height="162" width="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9dgp_NATgc2TifDpv0BPe7KUgsMmz4uIIFxAywWt6iYqTx3T2vIhvCtLKF4pQMo3gl18rtBsfwM7RZKzXPQOhUBwgjxKSsPtPPp9qtCKpx1xOG9H1Sw4oJhCTYNjzyS35jWYfd2BU/s320/stay.jpg" /></a></div>
Raffaele Birlinihttp://www.blogger.com/profile/16178501836950150195noreply@blogger.com0