lunedì 6 febbraio 2012

operiamo i distinguo

Tiriamo un linea ipotetica e mettiamo di qua i paesi ricchi, con le loro più o meno evolute e più o meno fittizie democrazie, di là i paesi poveri con i loro governi deboli o forti, corrotti o virtuosi, col capo di stato che di solito indossa uniformi carnevalesche o si maschera da esponente delle classi meni abbienti. Nel mezzo paesi così così, che non hanno un tessuto produttivo e nemmeno università che sfornano brevetti: sono ricchi per un colpo di fortuna, hanno risorse naturali che permettono al potere di pagare in contanti, valuta estera pregiata, benessere e pace sociale. Se vogliamo capirci qualcosa dobbiamo fare un po' di ordine, stabilire dei criteri per classificare gli elementi in base a fattori che reputiamo discriminanti: la soluzione che mi piace di più è quella dei soldi. Se vuoi capire qualcosa di quello che succede intorno a te la prima cosa che ti consiglio di fare, quando e per quanto possibile, è di seguire i soldi. La morale si piega al mutare di interessi e al frantumarsi di equilibri, gli accordi saltano con facilità doppia di quella che è servita a stipularli, la verità diventa evanescente per via di prove che spariscono, testimoni che muoiono o ritrattano, nuove evidenze sbucate dal nulla. Ma i soldi no, i soldi sono l'unica traccia concreta che si lasciano dietro gli avvenimenti. Lo storico legge la storia con gli occhiali del suo tempo e il filtro della cultura e i pregiudizi del suo credo politico, ma il contabile no, il contabile scrive i soldi sono passati da questa mano e quell'altra. Diamo un'occhiata a come si muovono i soldi, tipo i 70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione italiana deve dare a fornitori privati che aspettano da mesi e che si è pensato di pagare in titoli di stato, salvo poi fare marcia indietro e gridare all'assalto speculativo quando i mercati hanno reagito com'è normale che reagissero. I giornalisti italiani che campano di finanziamento pubblico e lavorano per fare propaganda a partiti politici che a loro volta campano di finanziamenti pubblici non seguono i soldi, non spiegano la realtà, no, loro raccontano, narrano, esprimono opinioni, fanno i sentimentali e i moralisti, costruiscono uno spettacolo teatrale che di volta in volta è tragedia o commedia o farsa. L'Italia è al 64mo posto nella classifica dell'informazione, da decenni i media sono spartiti fra due editori, Berlusconi e De Benedetti, in guerra fra di loro, il terzo attore da poco nell'arena è la Telecom, azienda telefonica che ha il monopolio dell'infrastruttura, il resto dei media se lo dividono i partiti politici, i mafiosetti, gli amici degli amici. Seguire i soldi è uno dei modi più diretti per disegnare la mappa delle correnti sotterranee evitando le stronzate che sparano i professionisti della comunicazione.

Ma l'Italia non mi interessa più di tanto, e ancora meno interessa al mondo un paese di 60 milioni di abitanti. L'India sono più di un miliardo, la Cina pure, che senso ha stare qui a parlare di uno staterello nato un secolo e mezzo fa, ancora pieno di analfabeti, frammentato e diviso, cementificato e sovraffollato (ha la stessa popolazione della Francia su metà del territorio), privo di risorse naturali. L'Italia sbruffona e truffaldina che sta cercando di sbolognare il proprio debito direttamente, senza più passare da svalutazione della lira e tassa occulta da inflazione. Abbiamo 600 milioni di africani pronti a raddoppiare o triplicare non appena ci sarà un po' di cibo e qualche medicina. Anche gli europei sono circa 600 milioni. Gli asiatici sono il doppio del resto della popolazione mondiale. Bene, torniamo all'inizio, guardiamo ai paesi ricchi e democratici, i cristiani, gli occidentali, quelli che hanno inventato l'industria, che per primi sono scappati dalla campagna per vivere nelle città. Sono i paesi che hanno costruito le macchine, telai vapore treni aerei calcolatori mitragliatori. I paesi che hanno formalizzato teorie scientifiche filosofiche economiche, hanno ammucchiato e modellato il sapere. I paesi che hanno scoperto fertilizzanti e vaccini, inciso musica e stampato libri per diffonderli e non per preservarli, per divertire e non per educare, paesi che hanno agito con la gioia e l'irresponsabilità di bambini per i quali non esisto un futuro di cui preoccuparsi ma solo un domani migliore. Seguite i soldi, i soldi grossi: armi, droga, petrolio, manodopera. I soldi che viaggiano materialmente su navi gigantesche e quelli che viaggiano su cavo: interessi e diritti (non solo d'autore ma anche brevetti industriali: chimica, medicina, tecnologia, diritti di sfruttamento del marchio come del terreno). Seguite i soldi e vedrete che i paesi poveri vendono terra ai paesi ricchi, vendono droga, vendono materie prime, vendono lavoratori privi di diritti che costano poco. Intendiamoci: i soldi non sono cattivi, sono solo uno strumento di pagamento, se non ci fossero i soldi useremmo conchiglie, sangue, oro, schiavi. Non sto dicendo che i soldi sono un problema, che la finanza è il braccio del demonio e la ricchezza il marchio del male, non siate così ingenui e sempliciotti, se volete giocare all'inquisizione rivolgetevi a un regime totalitario. Dico che i soldi ci aiutano a capire i rapporti fra le parti che effettuano scambi, perché tutti effettuano scambi, anche respirare è uno scambio di atomi spiccioli per ossigenare i nostri corpi. Noi stati ricchi abbiamo qualcosa che gli altri vogliono e gli altri hanno qualcosa che noi vogliamo, i soldi servono solo a capire chi ha comprato cosa da chi e il potere da sempre si esprime nel gestire la ricchezza, il potente è colui che vanta diritti, legali o divini, democratici o aristocratici, guadagnati o conquistati o derubati, su cose e persone.

Potete divertirvi da soli a individuare e commentare i flussi di denaro. Paghiamo produttori di droga per vedere drogati ai giardinetti (non che gli ubriaconi siano più eleganti, ma quelli non cercano alcolici importati di contrabbando, i soldi vanno a onesti coltivatori e distillatori che nelle pubblicità di un tempo vestono giacche da camera di velluto con le toppe, fumano pipe di radica e siedono davanti al caminetto con segugio acciambellato ai piedi della poltrona di pelle borchiata, nelle pubblicità attuali giovani alla moda si mettono in posa nella scenografie di locali futuristici e fanno sesso con atletici amanti incontrati per caso). Paghiamo produttori di petrolio perché possano costruire alberghi grattacieli nel deserto e finanziare a carico nostro le varie tribù che garantiscono il mantenimento dello status quo (il ricatto di chiudere i rubinetti e il costante rischio di interventi armati per impedire che facciano collassare le nostre economie è mitigato solo dai soldi, dal fatto che i soldi che diamo loro cesserebbero non solo di arrivare nei conti svizzeri di governanti corrotti o previdenti – si assicurano una pensione di vecchiaia in caso di rivolte congiure ghigliottine – ma anche di avere valore – trovarsi con miliardi di dollari e di euro privi di valore, che incubo. Poi cos'altro, ah, gli schiavi, gente che vive in fabbrica, ci mangia e ci dorme, ci lavora per 16 ore al giorno, si uccide perché i soldi dell'assicurazione – nel caso di ditta occidentale con sede all'estero che impiega manodopera locale, perché altrimenti non ha diritto a niente, cosa ti aspetti da chi fa pagare ai tuoi parenti il costo del proiettile che ti sparano nella nuca? – basteranno a mantenere per decenni i famigliari del caro estinto. Paghiamo stranieri perché schiavizzino al posto nostro, che noi siamo troppo civili per farlo di persona. Seguite i soldi, che ci vuole? Noi siamo popolazioni vecchie che bevono pillole azzurre per scopare fino a cent'anni però col preservativo o ricorrendo all'aborto. Siamo persone ricche e anziane che hanno indebitato figli e nipoti non solo per investimenti produttivi, e quello sarebbe anche altruista, ma per spendere e basta, per tenere alti i livelli di consumo necessari a giustificare incrementi di produzione e con essi tassi di disoccupazione accettabili e domanda di moneta sufficiente a garantire copertura per le esigenze del welfare. Noi produciamo – dico noi ma alcuni dei paesi ricchi manco quello - solo intrattenimento che viene piratato via internet e brevetti che vengono copiati e sfruttati confidando nel fatto che si abita lontani, si deve dimostrare l'illecito, si deve fare e rifare un processo, insomma semmai avrai un rimborso alla fine ci rimetti comunque in bolli consulenze parcelle. Siamo vecchi obesi e vecchie ritoccate col bisturi con l'armadietto pieno di medicine, il frigor pieno di roba sterilizzata, il totemico impianto audiovisivo in salotto, e viviamo soli, barricati, diffidenti, abbiamo paura di perdere tutto, chi tanto e chi poco. Produciamo automobili e vernici, mobili e vestiti, ma l'intera nostra produzione di oggetti materiali è destinata a perdere quote di mercato perché sono capaci anche i paesi poveri a fare quello che facciamo noi, solo che a loro costa meno – almeno per adesso, e ci vorranno decenni prima che i prezzi siano omogenei a livello globale, ammesso che si riesca a rendere omogeneo un prezzo frutto di monopolio sulle risorse senza usare la forza di un'espropriazione da parte di un'autorità pubblica mondiale, ma anche allora avremmo comunque un pianeta che non regge né la nostra sete di risorse né il nostro numero di aspiranti a un benessere medio minimo garantito a tutti, che tu nasca in africa in alaska, nella foresta o nel deserto. Quando sarà passata l'epoca del fuoco e avremo bruciato tutto il bruciabile per inseguire un modello di sviluppo basato su crescita infinita e risorse inesauribili, motivato da una cultura tardo romantica idealista e scientificamente utopistica (come guarderanno gli uomini del futuro all'uomo che saltella sulla luna, con allegria? stupore? rabbia? tristezza? sarà un simbolo di che cosa?), chissà se ci ricorderemo come si fa a ripartire da un qualche punto del passato e prendere una strada diversa, e se sarà possibile farlo. Basta che non mi dite che mangeremo alghe e dentifricio su un'astronave, perché se voglio ascoltare idiozie adesso oltre a giornali e tv c'è anche internet: ho solo l'imbarazzo della scelta.



Nessun commento:

Posta un commento