mercoledì 3 marzo 2010

C'è il grande fratello e non dici niente?

Neil Postman (1931-2003) si sbaglia. Non è vero che Huxley vince contro Orwell. In qualche modo i due hanno stretto un'alleanza.

Postman dichiara che il mondo è sfuggito dalle grinfie del grande fratello romanzesco per farsi abbracciare dal grande fratello mediatico. Non è vero. Per controllare il mondo il grande fratello si è evoluto, passando da un ruolo paterno a uno materno. È rimasta identica la natura del sistema di potere per l'esercizio del controllo sugli individui, che nasce da un'esigenza di socialità dove il conflitto venga ridotto al minimo per mezzo della gestione delle informazioni e dei comportamenti.

Combattere perché scompaia ogni forma di controllo è un ideale condivisibile solo se si suppone che gli individui possano ottenere comunque la società migliore possibile senza il supporto di una guida. E che lo vogliano soprattutto, in quanto gli obiettivi individuali sono antisociali e solo con uno sforzo di altruismo collettivo possono venire modificati in assenza di coercizione.

Qualsiasi forma di governo è una necessità e qualsiasi forma di governo adotta meccanismi di coercizione più o meno espliciti. In Orwell questi meccanismi sono immediatamente riconoscibili: per esempio il potere divulga informazioni false e chi sa la verità non la esprime perché verrebbe ridotto in stato di silenzio con la forza. In Huxley il potere non impedisce l'emergere della verità ma rende impossibile stabilire che lo sia proponendo una miriade di opinioni egualmente plausibili, nonché distrazioni che distolgono l'attenzione dall'argomento che viene così ignorato e dimenticato.

La teoria di Postman era interessante e rimane un tema molto attuale. Il fatto che non se ne sia discusso nell'opinione pubblica, nei circoli degli intellettuali pubblicisti, che non se ne parli tuttora quando è evidente che esiste un problema nella funzione che lega il potere alla società e viceversa. Il nodo fondamentale consiste nello stabilire se gli individui sentano o meno il bisogno di rapportarsi al potere facendo ricorso a strumenti intellettuali.

La risposta non è così prevedibile. Abbiamo fatto esperienza di molte situazioni in tutto il mondo nelle quali il potere riesce a intraprendere politiche assurde, disumane, senza che vi sia reazione nel popolo diversa dal completo appoggio, seppur tramite finta indifferenza. Forse il potere ha mano libera finché riesce a garantire ai singoli cose come sicurezza e benessere materiale, con l'ottimismo della promessa che le cose potranno solo migliorare.

Postman, non vedendo utilizzo della forza si limita nei fatti a dirci: guardate che non siete comunque liberi. Quello che lui ha e io invece no è la fede cieca nella possibilità di poter essere liberi, di poter ottenere una forma di governo che faccia a meno di qualsiasi tipo di condizionamento, il che comporterebbe un impossibile superamento della condizione umana.

Sarebbe sufficiente un'accettazione critica, una presa di coscienza delle forme in cui si concretizzano gli indirizzi di conformismo voluti dal potere e, con dibattito pubblico, esercitare l'analisi delle motivazioni. Sarebbe già questo un traguardo culturale ambizioso perché implica la creazione di cittadini che non solo possono ma vogliono interfacciarsi col potere. Sarebbe pertanto un esercizio di potere nell'ipotesi che la gente se ne freghi.

Allora la domanda fondamentale non è più sul potere ma sulla gente. Tutti possiedono la capacità di elevarsi al di sopra della propria vita al punto da porsi in un'ottica di criticismo dialettico? Forse non tutti. Forse anche chi potrebbe non vuole, non gli va essere diverso dagli altri. Forse alla gente basta vivere tranquilla e tutte la forme in cui il potere si esprime non sono altro che un'occasione per formare gruppo, per essere parte di qualcosa di condiviso, che sia il nazismo, il comunismo, la squadra sportiva, la trasmissione di intrattenimento che guardano tutti.

Diversamente da Postman, non credo che il potere sviluppi deformità alla Orwell o alla Huxley perché la gente non sa cosa le succede, non capisce cosa sta capitando. Il potere deve darsi da solo un codice etico perché è qualcosa di slegato dalla gente sotto il suo governo. Questa è la grande responsabilità di una classe dirigente: capire da sé quali devono essere gli obiettivi della e per la collettività. Per quanto sia sviluppato un sistema democratico non è vero che la gente sa cosa è meglio per sé e, se anche lo sa, non è detto che sia ciò che vuole la maggioranza.

In quest'ottica perdono sia Orwell che Huxley: Orwell accusa il potere di inseguire il sogno della società perfetta con tutti i mezzi possibili pur di continuare a governare. Huxley accusa la gente di aver smesso di inseguire il sogno di una società perfetta pur di continuare a lasciarsi governare passivamente. L'unica variabile dell'equazione è cosa si intende per società perfetta. Il potere deve tendere alla società perfetta, peccato che non esisterà mai tale società nel mondo reale. La società perfetta, fatta di individui in un modo o nell'altro superiori, tutti superuomini e superdonne, supergiovani e supervecchi, ma anzitutto superbuoni e superintelligenti e supersaggi, esiste solo nella mente di chi ne parla.

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