mercoledì 24 novembre 2010

Ignoranza o censura?

Il discorso di apertura dell'anno accademico in Bocconi è l'ennesima dimostrazione che qualcosa non funziona nella sfera del dibattito intellettuale italiano. I concetti espressi dal rettore, Guido Tabellini, non hanno provocato reazioni, sono stati ignorati, nella migliore delle ipotesi, o censurati, volontariamente ignorati da chi non vuole fare pubblicità al nemico. Perché questo è il clima che si respira in Italia, ti leggo di nascosto per informarmi come farebbe una spia ma non discuto con te quando dici cose sensate, non ti faccio pubblicità rischiando che le tue idee sensate facciano perdere consenso al mio partito. Il clima è lo stesso che si respirava negli anni di piombo, constatare che non si esce dal recinto della militanza ideologica è qualcosa che fa rabbia e pena allo stesso tempo. La gente per strada alla fine o si disinteressa alla politica perché non ha nessuna intenzione di diventare una persona nevrotica e litigiosa che è sempre lì a lottare su ordine del partito per qualcosa anche quando non ne vale la pena, oppure finisce per convincersi che la politica sia in pratica l'equivalente del tifo sportivo: scegli la tua squadra e dai addosso a tutti gli altri e, perché no?, anche all'arbitro.

I media che in Italia sopravvivono grazie a soldi pubblici si inginocchiano di fronte a chi potrebbe farli licenziare con una telefonata o si scagliano con l'astuzia del cane mordace per attaccare il nemico del padrone politico che li protegge. Non è un clima sereno, tranne alcuni casi che hanno rinunciato alla carriera pur di non gettare via l'integrità etica e morale, il giornalismo italiano non è professionale ma è pura militanza schierata e faziosa. È normale che sia così dove è la politica che paga direttamente gli stipendi dei giornalisti. In questa situazione si verifica una selezione delle notizie che non ha nemmeno bisogno di un ufficio censura di stampo fascista per irregimentare l'informazione e orientare in maniera fraudolenta l'opinione pubblica, infatti i giornalisti si autocensurano, oppure utilizzano i mille trucchi che mette a disposizione la retorica per manipolare, sfruttare, distorcere l'informazione in modo tale che vada a procurare vantaggio al proprio partito di riferimento. Addirittura ho sentito giornalisti considerati e rispettati (Scalfari in una recente intervista) vantarsi di fare informazione per conto di uno schieramento politico.

Se un dirigente di partito va in tv o sui giornali a esprimere un'idea stupida, banale, formulata con la baldanza del frate di un ordine minore che si allena nella sua celletta a fare prediche come farebbe un gesuita o un barnabita, il giorno dopo tutti ne parlano. Se un fatto di cronaca può venire utilizzato per sostenere posizioni lapalissiane ecco che parte un tam-tam assordante per sottolineare da che parte stanno i buoni e i puri, per gridare e manifestare la stupidità e malvagità dell'avversario politico. Nei tanti problemi enormi italiani che sono tanto evidenti quanto ignorati di certo quello del giornalismo non è di scarsa importanza dal momento che i media sono gli intermediari fra il potere politico e l'elettorato. Quello che suona assurdo è che al posto di affermare l'indipendenza dalla politica e assumere le proprie importantissime responsabilità come fucina pubblica delle idee del paese, come piazza in cui le migliori menti sono invitate a discutere di problematiche complesse e delicate, il giornalismo italiano a forza di stare in trincea per difendere il proprio partito anche quando ha torto, per attaccare l'avversario politico anche quando ha ragione, non ha più nemmeno la forza di alzare la testa.

Non è solo Tabellini, questo è solo l'ultimo esempio (il testo è qui http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=6592) dei tanti che noto e sono moltissimi e sono quotidiani, a volte addirittura sembra che una notizia stupida si riproduca e venga proposta dappertutto solo per distogliere l'attenzione da un'altra notizia che, per dovere o distrazione, è riuscita a far capolino sulla superficie dell'informazione ufficiale delle grandi testate. Anche internet riflette la situazione dei media tradizionali dal momento che i blog più seguiti, a parte quelli che, ricorrendo agli stratagemmi di marketing tipici del mondo analogico, ottengono accessi grazie alla vicendevole pubblicità e alla ramificazione dei favori e delle conoscenze reciproche, sono tenuti da giornalisti o da persone che vorrebbero fare il giornalista. Ci sono però delle eccezioni che trovano modo di esprimersi in rete dove altrove non potrebbero. Ci sono voci fuori dal coro che si sforzano di fare sul web informazione corretta e indipendente anche in Italia come succede in democrazie degne di essere chiamate tali. Purtroppo queste voci, come quella di Tabellini, vengono volutamente o scioccamente ignorate da chi fa parte di altri ingranaggi, di altri processi, dell'emanazione infettiva di quella mentalità italiana che si realizza con atteggiamenti, abitudini, regole implicite, un insieme di peculiarità immateriali che si può definire mafiosità congenita.

O forse quello che dice Tabellini, la denuncia di un problema di fondo che è squisitamente culturale, non val la pena di essere discusso, non suscita domande, non esorta a capire, non è uno spunto di riflessione gravido di conseguenze. Giudicate voi, se potete, se vi sentite liberi di avere un'opinione tutta vostra, maturata con approfondimenti e ragionamenti. Se invece trovate più comodo farvi imboccare dal partito/mamma/chiesa su tutto e vi sentite sporchi e cattivi anche solo a ipotizzare di pensarla diversamente, allora lasciate stare, leggete solo gli articoli che scrivono i giornalisti con in tasca la tessera del vostro partito, prestate attenzione solo alle notizie che il partito ritiene non siano troppo pericolose per la vostra salute mentale. Viviamo in un campo di rieducazione grosso come l'intero Stato, tormentati da una propaganda continua e martellante che avvelena l'esistenza delle brave persone di buon senso che, esasperate e rassegnate, tirano la carretta tutti i santi giorni. Poi qualcuno si meraviglia se i giovani vogliono scappare all'estero, se preferiscono restare single e disoccupati che venire imbottigliati dallo Stato più di quanto già non siano per il solo fatto di essere nati qui.


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