mercoledì 21 aprile 2010

Estrapolare.

Le possibilità che introduce la rete fanno un po' paura all'inizio. C'era un periodo che credevo davvero di essere un potenziale omicida, con tutte le ore che passavo coi videogiochi violenti. Un giorno di questi esco e ammazzo tutti, pensavo, guardavo la vecchietta che mi rubava il posto in fila e ci metteva ore a scegliere il formaggio, questo, sì, ma un pezzo più piccolo, senza crosta, me al toglie la crosta, discuteva sullo spessore del prosciutto, avevo detto un etto, non un etto e mezzo, è ancora in offerta? Mi veniva da dirle guardi signora non voglio spaventarla ma quello che ha di fronte è un potenziale stragista, no, non ha capito, non come sua nipote che si è appena laureata e ha dovuto accettare pur di lavorare, no, stragista da strage, massacro, ecatombe, sa, i videogiochi, ho squartato alieni con la motosega fino a cinque minuti fa.

Qualche dubbio mi veniva notando che la tv trasmetteva violenza da prima che nascessi, ma ero ancora un ingenuo succube della comunicazione di massa, mi fidavo, credevo che ci fossero procedure per impedire ai media tradizionali di nuocere o di dire cretinate. Non come i videogiochi, la rete in generale, che corrompe i nostri giovani, destabilizza l'equilibrio psicologico di giovani menti indifese. Il senso di colpa che mi veniva a polverizzare un mostro lanciando granate non era dovuto al fatto che eliminavo una forma di vita digitale che magari aveva una famiglia sul pianeta d'origine e, secondo canoni morali a noi incomprensibili, era considerato una brava persona. Quello che stavo compiendo era più un gesto contro la mia stessa specie, come quando finisci il piatto per via di scheletrici bambini africani.

Adesso è meno sentito il pericolo dei videogiochi, ma rimane un simbolino delinquenziale sulla fronte di chi usa la rete. Pirati che ti clonano la carta di credito. Creatori di virus. Fancazzisti perdigiorno che non combineranno mai niente nella vita. Maniaci della tecnologia che non sanno più apprezzare una giornata di sole in primavera, si fanno le seghe sui siti porno, riducono alla fame tutta una serie di professionisti: musicisti, cineasti, attori, scrittori, musicisti, giornalisti. Chiudono i cinema, negozi di dischi, i videonoleggi, i giornali di carta. Calano gli introiti pubblicitari sui media tradizionali.

C'è tutta una generazione cresciuta senza rete che sta correndo ai ripari, naviga col cellulare e usa internet per leggere lo stesso giornale che ha comprato in edizione cartacea. Forse cerca le differenze, non saprei. Gioca a poker online, così non fa la figura del malato mentale come quelli in fila dal tabaccaio a dare i numeri e grattarsi le croste. Cos'altro fa, il tecnosauro? Usa Twitter come fan club se è appena appena famoso. Facebook, gestito da società che si occupano di far finta che sia davvero il VIP a fare gli aggiornamenti. Youtube, pronto a inventare scuse se lo beccano a guardare un video che non rispetta il copyright. Google, per verificare da sé la cattiveria di quello che sta diventando l'icona dei difensori della privacy, dei paladini della concorrenza, di quelli che fino a ieri andava bene tutto poi è arrivata internet e il mondo sta andando in rovina.

Sono inarrestabili, hanno capito che non possono distruggere la rete e allora la invadono, cercano di conquistarla, di farne una colonia del mondo com'era prima, il mondo che chiamano reale per distinguerlo dal nostro che è di cartapesta. Ricalcare meccanismi di controllo che hanno funzionato per decenni: divieti, barriere, potere discriminatorio sull'importanza dei contenuti. I veri rivoluzionari sono quelli che producono senza ritorno economico. Pazzi pericolosi che vogliono eliminare qualsiasi forma di intermediazione parassitaria.

Possiamo farcela. Ho smesso di dar retta a chi mi dice che se gioco al computer divento un assassino. Ci serve aiuto però. Se Google implementasse un sistema per cui è possibile esprimere un voto sui contenuti, correlati a età, professione, interessi e quant'altro. Se fosse possibile far emergere preferenze dal basso, evitando interferenze miranti a falsare i risultati. Riusciremmo a capire davvero cosa interessa a chi. L'esperimento mi toglierebbe la curiosità di sapere finalmente se qualcosa piace a tutti perché viene spinto da investimenti di marketing o se piace solo perché nessuno sa cosa piace a persone che stimiamo molto di più di un'agenzia pubblicitaria. Che so, uno scienziato magari, i filosofi di 40 anni che vivono in Africa, gli adolescenti cinesi.

Ecco, vorrei che Google mi dicesse che questi contenuti piacciono molto ai pensionati della Florida e poco agli ingegneri meccanici spagnoli, ad esempio, o che piacciono moltissimo a chi ha 20 anni e per niente a chi ne ha 30, hanno dato voto massimo coloro che hanno figli e non interessa per niente ai single. Mi sembra di aver letto da qualche parte che Facebook sta per sviluppare una soluzione del genere, ma non sono sicuro, ero in multitasking e devo aver inserito l'evento nella ram. Se accadrà vedremo pubblicitari creare milioni di identità fittizie su Facebook per spostare la percezione della realtà o finalmente si arrenderanno?

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