giovedì 7 gennaio 2010

Fondata sul ridicolo.

L'ipotesi di modificare l'articolo 1 della Costituzione ha provocato una discussione - e già questo mi perplime – dai toni accesi – difficile trovare toni dimessi ultimamente – e la maggior parte degli interventi sono una levata di scudi: non toccate l'articolo 1!

L'articolo 1 dice “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

La questione verte su tre parole “fondata sul lavoro” e su quello che significano.

Prima di pensare a cosa significhi fondare una Repubblica sul lavoro, su cosa si può fondare una Repubblica? Non saprei.

Sul gioco? In Italia il giro d'affari del gioco è enorme, 50 miliardi di euro. Il gioco del calcio è una specie di religione nazionale. In televisione ci sono ore e ore di trasmissione dove si gioca per vincere premi e soldi. Potremmo affermare che la Repubblica italiana è fondata sul gioco?

Sull'efficienza? Sulla sicurezza? Sulla solidarietà? Sull'estetica? Sul merito? Sulla pubblicità? Sul risparmio? Sulla scienza?

Perché avere quelle tre parole nella Costituzione è meglio che non averle? Che vuol dire fondata sul lavoro? Forse il contrario di “fondata sullo schiavismo”?

In certi paesi il lavoro veniva considerato un diritto e in teoria bastava presentarsi all'ufficio competente e ti davano un lavoro. Non so se quello desiderato, quello per cui si era portati o semplicemente quello richiesto in quel momento dal sistema. Non so neanche se pagato in base a domanda e offerta o in base a tabelle ministeriali.

Ad ogni modo non credo esistano ancora al mondo paesi che garantiscano il diritto al lavoro in tal senso. Oggigiorno è piuttosto inteso come “se vuoi lavorare nessuno te lo può impedire”, ammesso che un lavoro lo trovi, che tu sia messo in regola, pagato il giusto e che tu riesca a tenertelo.

Quindi “fondata sul lavoro” non vuol dire che lo Stato deve trovarti un lavoro se non ce l'hai.

Allora vuol forse dire che se non lavori ti levano la cittadinanza? Devi lavorare fino all'ultimo fiato che hai in corpo, giorno e notte? Se accumuli ricchezza al punto da poter vivere di rendita te la tolgono perché tu possa tornare a lavorare? Ti cuciono una specie di stella di David sul cappotto se non lavori?

Mi sforzo ma non riesco a capire perché siano così importanti quelle tre parole. A me piacerebbe anche fondata sulla felicità, sulla libertà, sull'onestà, sull'onore, sulla famiglia. Sono sempre stato convinto, fin da piccolo, che chi dice di essere felice di lavorare o mente o è pazzo. Se fosse così bello da essere preferibile a, che so, giocare coi propri figli, fare l'amore con la persona amata, passeggiare su una spiaggia tropicale senza una preoccupazione in testa... beh, non si chiamerebbe lavoro, si chiamerebbe sostanza stupefacente e sarebbe illegale.

Per cui abbiamo una Repubblica fondata su una cosa brutta, che non piace a nessuno che sia sano di mente, che serve solo a procurarsi i soldi per vivere al meglio il poco tempo libero che ci lascia. Cosa cambierebbe in concreto se togliessimo la parola “lavoro” e ce ne mettessimo un'altra? Niente.

E tanto che ci siamo diciamola tutta: anche l'inno di Mameli fa schifo. Ce la vedi una grande cantante americana che all'apertura del superbowl, davanti a milioni di persone, canta la marcetta di fratelli d'italia? Si piangerebbe, non per la commozione, ma dal gran ridere.

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