mercoledì 22 giugno 2011

Totem

Bisogna tener presente che non esistono spaccature tali da separare le generazioni al punto da ritenere che ci sia una barriera di incomunicabilità fra noi e gente nata secoli fa, fra noi e gente che nascerà nel futuro. È importante affermare a voce alta che il mondo è sempre quello, le persone sono sempre quelle. Non è vero che un uomo del secolo scorso era stupido, il sapere a sua disposizione era così limitato rispetto a quello odierno da fare di lui un minorato mentale, se anche gli fosse dato modo di imparare non avrebbe potuto imparare nulla a causa di una prevalenza animale che lo rendeva più simile a una scimmia che a un uomo. Quando pensiamo a uomini del passato visualizziamo gente sporca, malata, cattiva, intenta a subire angherie dai nobili, soprusi dal potere, violenza perfino dalla chiesa. Ogni generazione esprime un atteggiamento di superiorità, più o meno intriso di condiscendenza, nei confronti delle generazioni passate. Negli ultimi secoli, con i progressi scientifici che hanno provocato a loro volta progressi economici e sociali, il fenomeno della tensione alla supremazia morale è sfociata nella superbia autoreferenziale: si è costruita l'identità collettiva per antitesi, come forma di rifiuto di un insieme di caratteristiche riassumibili nel totem dell'irrazionale.

Quando vogliono spaventarti, farti sentire inadeguato, retrogrado, povero, incolto, tutta una serie di qualifiche denigratorie, ti costringono a inginocchiarti di fronte al totem. Il principale ribaltamento di prospettiva, la revisione profonda nei criteri di rispettabilità sociale, il fantomatico riscatto dell'illuminismo, il colpo di reni post-moderno, tutto si riduce in escamotage per lasciarsi qualcosa alle spalle che è durato secoli definiti bui, per ri-trovarsi, ri-generarsi, un esperimento di resurrezione culturale dove qualcosa è andato storto, dove il risultato sono zombie, robot, macchine animate che possono simulare attività senziente senza comprenderne la natura, senza incorporare alcuno spirito vitale. Mi spiego meglio: siamo passati dal compiere sacrifici per non incorrere nelle ire di un totem irrazionale al ballare ubriachi attorno al totem del razionale. L'irrazionale si declina nella superstizione e nel terrore del soprannaturale, certo, ma anche nell'infantile stupore di fronte all'ignoto benigno fino al sacro timor d'Iddio. Il razionale si declina in filosofia morale, certo, ma anche nell'illusione di perfezioni possibili e nelle catastrofiche conseguenze degli azzardi tecnologici massificati.

Prendete lo sbarco sulla luna, cosa può meglio simboleggiare la fase dell'ascesa, il compimento della costruzione del nuovo totem? È la fase che precede la caduta, quando l'umanità si è trovata su un punto di massimo della curva del petrolio. C'è sempre qualcosa di concreto sotto ogni mutamento della Storia, in questo caso è l'oro nero. Popolazioni di contadini sottomessi all'autorità civile e spirituale per secoli dominati dall'assenza di elettricità (secoli bui nel vero senso della parola), di questo stiamo parlando. Chi nasce adesso pensa che il mondo è stato costruito così dagli avi in base a un progetto millenaristico, che la realtà sia pervasa dalla Ragione, il cui totem è raffigurato ovunque sotto forma di piccoli esempi di coraggiosa sicumera e di slancio ottimistico verso un futuro sempre più luminoso, dove la luce non è più quella del sapere o dell'illuminazione interiore ma è quella dell'intelligenza applicata, dell'energia a basso costo per mantenere in funzione l'apparato produttivo della società consumistica. Il problema non è più interrogare gli spiriti per scoprire se questo è un bel giorno per morire, ma fare in modo che nessun giorno lo sia, mai più, per nessuno.

La sfida all'impossibile, è sempre la stessa storia, fin da Icaro, fin da Milton, lo sforzo iperbolico di trovare fuori di sé una motivazione per vivere. Il totem, l'idolo, gli archetipi, fate riferimento ai correlati empirici che preferite, troverete sempre il nucleo invariato dell'essere umani. La necessità di avere certezze indubitabili, la pretesa di non doversi affidare all'indimostrabile, il bisogno che viene da un mondo ostile di governare gli eventi e garantirsi la sopravvivenza. Agli occhi di chi vive qui e ora i faraoni hanno fallito, i guru hanno fallito, gli dei e le dee hanno fallito, il Dio degli eserciti che si storicizza e si identifica nel suo popolo ha fallito, il misticismo della realtà come apparenza e inganno ha fallito, le ideologie hanno fallito e via dicendo. L'unico totem che traballa ma resta in piedi è quello della ragione che in versione popolare viene adorata sotto forma di scienza i cui sacerdoti più o meno laureati vanno aumentando di numero e il cui funzionamento rimane misterioso agli occhi dei profani. Chiunque si opponga o dissenta viene accusato di non capire o di parteggiare per qualche religione da secolo buio, di ostacolare il cammino del progresso, di non essere degno di far parte del consesso umano.

Ma guardiamo da vicino alcuni effetti collaterali, alcuni prodotti di scarto, alcune conseguenze impreviste. Per esempio non esiste più il vero con la V maiuscola: la ricerca della verità è diventata una guerra di opinioni che viene condotta a colpi di argomentazioni condivisibili e l'ultima parola viene delegata a un arbitro o giudice terzo che valuta e compensa le rispettive convenienze. Neppure l'arte esiste più. Esistono modelli di successo proposti dal mercato in prima istanza e dalla comunicazione mediatica in seconda battuta, grazie a investimenti (una volta erano spese, ora sono investimenti) pubblicitari. Sportivi, intellettuali, attori, scrittori, musicisti, cantanti (adesso si chiamano performers), qualsiasi professione necessita dell'imprimatur dell'unico potere rimasto in grado di esercitare l'autorità sulla forma come sui contenuti: i media. La vita non è più riconoscimento di un'autentica e originale espressione di se stessi, non necessariamente esemplare, ma il sostegno all'artificiale proiezione di altro da sé, con i prevedibili effetti patologici sulla genuinità del proprio mondo interiore. Avete idea delle dimensioni del senso di colpa che va maturando nella coscienza collettiva? Avete idea dell'inferno individuale in cui vengono precipitati gli innocenti che si aggrappano alle promesse dell'ultimo totem rimasto a disposizione?

L'inganno della non-cultura mediatica sta producendo danni enormi. Non in termini di soldi, ma di ricchezza immateriale, fatta di energia non accumulabile nelle batterie. Mi chiedo se coloro i quali si prestano al gioco si rendono conto di essere vittime quanto gli altri, se ogni tanto fanno fatica a dormire rimuginando sul dubbio di millantare, di essere ingranaggi della banalizzazione e della mercificazione dell'inutile. La cultura da intrattenimento che mira a fare ascolti per vendere pubblicità ripagata dagli stessi fruitori/consumatori in un circolo vizioso che macina risorse umane e materiali ai ritmi folli dettati dalle esigenze di sostentamento del sistema. Tutto è diventato intrattenimento fine a se stesso. La droga è partita come sperimentazione per comprendere aspetti della realtà altrimenti preclusi (suona ridicolo ma così è in alcune culture e nella nostra con gli hippies), oggi la droga è una forma di intrattenimento. Il sesso pure. Il teatro nasce come intrattenimento e sta morendo proprio perché in un mondo fatto di intrattenimento il teatro non intrattiene abbastanza rispetto alla concorrenza, è di scomoda fruizione e sottilmente pretenzioso. La letteratura una volta era vademecum alle emozioni e ai sentimenti, era scuola di stile, era testimonianza educativa, oggi contano la trama e i personaggi, horror, draghi, vampiri, qualsiasi cosa si adatti a una trasposizione cinematografica da blockbuster, sono scrittori tutti quelli che trovano un editore, che pubblichino ricette, barzellette, libri comprati da ghost writers di professione (magari stranieri e poi tradotti male, non faccio nomi), saggi di politica a quattro o più mani per sfruttare nomi di personaggi resi famosi dall'esposizione mediatica dovuta a risultati in campi che nulla hanno a che vedere. Perfino il lavoro viene spacciato per intrattenimento, vedi posti di lavoro pieni di giocattoli per far capire che lì ci si diverte, che lavorare per alcuni fortunati è un puro e godurioso intrattenimento.

Nel mondo del razionale tutto diventa prodotto e ogni risposta irrazionale è comprensibile, governabile, trasformabile in un impulso di acquisto destinato a placare la più velleitaria delle aspirazioni, a soddisfare il più ardito desiderio conscio o inconscio. La dimostrazione ce l'abbiamo davanti agli occhi: sono i santi, i mostri sacri, morti o vivi che siano, gli intoccabili, i non criticabili, gli osannati dalle folle plaudenti che si specchiano nelle celebrità e partecipano della gloria e del successo per mezzo del fanatismo, del ruolo da supporter, del fedele di una setta dove per essere accolto ti viene richiesto solo di pagare il biglietto d'ingresso, non devi credere a niente che non sia dimostrabile. Poi qualcuno si sveglia una mattina e gli viene da chiedersi se per caso manchino dei valori, se forse non è il caso di fermarsi un momento a riflettere, se val la pena vivere così, se sia davvero il miglior modo di vivere. Certo, quale alternativa? Se cercare un nuovo totem portasse a trovarne uno peggiore dell'attuale? Si può pensare che la risposta verrà a galla nel futuro o che sia stata smarrita da qualche parte nel passato. Quello che non vi dicono è che non può durare, che le risorse sono scarse, che il pianeta non regge più di tot persone, che rinnovare promesse a oltranza non le fa avverare.

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