lunedì 20 giugno 2011

Elementi di bonus malus

Uno dei tentativi di razionalizzare che tengono impegnati i sacerdoti del positivismo e i predicatori dello stato etico riguarda il confine tra la responsabilità e la colpa, la suggestione del sentirsi buoni compiendo in effetti azioni dannose. Il relativismo morale che svuota di ogni valore la decisione d'imperio, la sottomissione a una autorità riconosciuta: una cosa è potenzialmente dia buona che cattiva fino a quando non si adotta un criterio per stabilire un giudizio condiviso. Lo stesso requisito della condivisione è una delle molteplici crepe che rendono fragile l'intero palazzo della pretesa oggettività dei risultati, secondo un procedimento che di scientifico ha solo la pretesa. La colpa come elemento di convenzione: la maggioranza, il consiglio degli anziani, il referendum ha fatto emergere la necessità sociale di ritenere perseguibile a norma di legge, che ne so, un esempio a caso, l'evasione fiscale o l'aborto o la guida in stato di ebrezza. L'illusione della morale oggettiva, dell'etica come semplice dipanamento di un'evoluzione della giurisprudenza che viene guidata dalle preferenze è ciò che porta ai tentativi di orientamento delle masse ottenuto con il convincimento, l'indottrinamento o la persecuzione dei dissidenti. Sto scrivendo queste righe non perché voglia ottenere effetti concreti, cambi di governo, autorizzazioni al commercio di prodotti o a sperimentazioni discutibili. Voglio solo invitarvi a riflettere sull'acquario culturale nel quale state nuotando. Se l'esistenza è qualcosa di più delle reazioni chimiche, se esiste un pensiero svincolato dalla legge causa effetto impossibile da prevedere analizzando le scariche elettriche fra i neuroni, allora forse pensarci o non pensarci è più di una scelta voluttuaria, forse ne va della vostra vita.

Non so se riesco a farvi comprendere la condizione di una scialuppa di salvataggio nel bel mezzo di un uragano. Se visualizzate i vettori che uniscono i punti nodali della questione la prima reazione fisica sarà di smarrimento, di aver abbandonato una nave irrimediabilmente compromessa per ritrovarsi su una piccola scialuppa, o addirittura potendo contare su un misero salvagente. Per questo non posso biasimare chi preferisca ignorare il mio punto di vista e starsene comodo in cabina ripetendo a se stesso che va tutto bene. Perché in realtà non va bene per niente, in realtà il percorso del pensiero occidentale (ovvero del pensiero filosofico al momento più avanzato del pianeta) ci ha portato a restare orfani, senza più nemmeno un dio-padre cui affidarci, la nostra fonte di autorità e quindi di disciplina, di orientamento, di conoscenza, è stata spodestata in favore del possibilismo vincolato alla dimostrazione (e anche qui, per quanto molti si sforzino di ignorarlo, Popper ha strappato il tappeto sotto ai piedi di coloro che è giusto se non dimostri il contrario, facendolo diventare è giusto per adesso e fino a quando non verrà dimostrato il contrario). Oggi è giusto o sbagliato in base allo scopo più votato dagli aventi diritto. Oggi è bene o male a seconda di quanto venga considerato tale da coloro i quali sono autorizzati dalla legge a definirsi scandalizzati. Per questo girano libri patetici che invitano a indignarsi, sortendo lo stesso effetto della pubblicità di un lassativo. Non voglio invitare a riflettere sull'importanza del coordinamento, dell'integrazione, della selezione, tutta le vecchie parabole sul ruolo del pastore di un gregge, nessuno compra qualcosa per sentirsi pecora, chiedetelo a chiunque si occupi di pubblicità. Il ruolo del marketing, logico, ci arrivate da soli, non offendo la vostra intelligenza in spiegazioni inutili.

Quello che voglio studiare invece oggi è un altro aspetto della questione morale, più piccola, meno sociologica e più ermeneutica: la comprensione del bene e del male. Quanto può essere autentica e originale, diretta, senza mediazione culturale, la comprensione del valore morale di un'azione o perfino di un evento? Il nichilismo ci ha portato a rifiutare qualsiasi forma di sovrastruttura nel tentativo di superare la tradizione dell'esegesi e spingersi a una relazione univoca con il reale e dunque con la verità, con la V maiuscola o minuscola, per rifondare l'uomo e l'umanità su basi più profonde, così profonde da risultare svincolate perfino dall'esigenza del dualismo. Ma questo è l'uragano, il nichilismo non affonda navi, è solo la naturale esplosione di energia che è andata accumulandosi nei secoli, che le navi affondino è una conseguenza involontaria, fatto sta che molti di noi si sono buttati in acqua nel tentativo di trovare la salvezza individuale mentre altri sono rimasti a fingere che sia ancora possibile una salvezza collettiva. Da una parte abbiamo pecore in cerca di pastore, uno qualunque, che sia una pop star, un'ideologia rivoluzionaria, qualsiasi cosa che prometta più o meno solennemente di aprire il mare in tempesta e permettere l'attraversamento in totale sicurezza dei fedeli. Essì, la fiducia è una caratteristica umana che, con la speranza, fa da portabandiera all'irrazionale e all'impossibilità di un'esistenza dedicata in modo esclusivo all'esercizio della ragione. Per cui la domanda è: quale ragione? A tutti coloro i quali insistono nella molestia del positivismo come fonte esclusiva di giustificazione morale chiedo: quale ragione? A tutti gli orfani parricidi che si adombrano nel venire paragonati alle pecore chiedo: quale ragione?

La ragione, se genera mostri da chissà quante teste e corna nel sonno, allora lo fa anche e soprattutto da sveglia. Perché sono mostri nel senso originario della parola (qualcosa che genera stupore) i prodotti di una ragione che parte da presupposti e fissa postulati con pretese di supremazia sulla vertigine dell'ignoto. Perché a ben vedere la ragione non ci ha portato a conoscenza di nulla se non di una pallida rappresentazione della ragione stessa. Ora, prevengo l'astiosa gioia dei polemici, nessuno qui sta facendo affermazioni speculari sulle possibilità fondative dell'irrazionale al di là di tensioni coercitive mascherate da altruismo paternalista. Sono così stufo della voglia di litigare di soldati in guerra per la conquista del nulla. Chi vuol capire capisca, chi non vuol capire si arrangi. Sarebbe già il raggiungimento di un buon equilibrio riconoscere la coerenza di chi afferma che è in atto una cura omeopatica, ovvero che la ragione tenta di smarcarsi dal dualismo manicheo del bene-male sostituendolo con uno identico ma più compatto. Sarebbe giù un primo passo rispettare la posizione critica di chi indica come sbarrata qualsiasi possibilità di superamento dell'impasse utilizzando strumenti che sono disponibili già dal secolo scorso, niente di trascendentale. L'uomo nel suo oggettivizzarsi sociale non è in grado di proiettare sul mondo la perfezione di una individualità che necessita del confronto per realizzarsi. Ogni tentativo di implementare il soggettivo per costruire regole di validità oggettiva è destinato a fallire. Ogni tentativo di liberare l'umanità dei vincoli della continuità è destinato a rivelarsi controproducente.

Alcuni semplici problemi morali per esercitare a casa il relativismo. Se non sei povero devi comprare un biglietto della lotteria per vincerla o solo per aumentare il montepremi? Se vinci devi rinunciare ai soldi, donarli a un povero che conosci di persona, donarli a un povero a caso? Se vince un ricco e se li tiene andrebbe punito? Se li usa per curare una malattia grave sua? Di sua moglie? Di un parente di quinto grado molto cattivo che sta nella stessa stanza di una bambina molto brava che in futuro potrebbe diventare Madre Teresa oppure presidente di uno stato che bombarderà uno stato nemico uccidendo milioni di persone? Se vedi passare per strada un ricco che non ha comprato biglietti della lotteria pensi che sia egoista per non aver contribuito al montepremi o che sia altruista per aver lasciato più possibilità ai poveri? Se è povero e l'ha comprato pensi che sia egoista per aver buttato soldi coltivando sogni di ricchezza al posto di nutrire i figli o che sia altruista dando una possibilità di benessere alla propria famiglia? Se l'autorità prende i soldi di chi è sterile per darlo a chi ha figli è giusto? Se li prende a chi lavora per darli ai disoccupati? In ipotesi di terribile carestia si deve far vivere i più giovani, i più forti, i più ricchi, i più intelligenti, i più buoni, le donne, come si decide chi va lasciato morire di fame per consentire la sopravvivenza degli altri? Decidiamo a caso? A maggioranza? Se ti dicono che la ragione dice che è il tuo di figlio che deve morire al fine di ottenere il risultato migliore, il risultato accettabile dalla maggioranza, il risultato che ci permette di affermare che le regole condivise sono state rispettate, tu che rispondi, mettetelo in croce? Non esiste un concetto di bene (e quindi di male) senza un'autorità riconosciuta come fonte di legittimazione del potere di esercitare la giustizia. Ma quale potere? Quale giustizia? Quale bene, quale male, quale ragione? La risposta è che nella realtà non esiste e non può esistere, o se preferite una citazione è che il suo regno non è di questo mondo.

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