venerdì 16 settembre 2011

Narrazione

Noi viviamo in una rappresentazione della realtà costruita accettando o rifiutando le opinioni e i suggerimenti che riceviamo. Raramente si assiste a un'interpretazione della realtà completamente originale, anche se spesso si considera rivoluzionaria una teoria in realtà è semplicemente nuova in quanto inedita. È per questo motivo che il possesso dei canali informativi e il controllo sui contenuti divulgati riveste da sempre grande importanza per il potere. Non per semplice mantenimento dello status quo o comunque tendenze conservative o, peggio, retrograde, ma per un'esigenza di indirizzo e guida e conduzione. L'evolversi della società non è emersione naturale dell'ordine da situazioni caotiche, senza autorità il sistema tende, come tutti i sistemi, all'entropia. L'ipotesi che l'anarchia organizzata, come unica soluzione razionale per l'autoregolamentazione, si basa sul postulato di una tendenza automatica all'ottimizzazione. È una sovrastruttura logica del razionalismo assolutista, dove non viene nemmeno contemplato il trionfo dell'irrazionale, non viene nemmeno calcolato il fattore fuzzy.

Messo da parte l'idealismo utopistico, che sia anarchico o razionalista o millenarista, voglio essere chiaro nel dichiarare necessaria la gerarchia sociale e ineluttabile la narrazione culturale. Lo ripeto per la terza volta: non esiste una realtà rappresentabile senza ricorrere al filtro dell'insieme dei fattori culturali predominanti nel periodo storico e nel gruppo sociale di riferimento, occorre una responsabilità di comando e gestione per soccorrere l'assenza di un meccanismo evolutivo automatico in grado di garantire mutamenti culturali non degenerativi. Tu pensi la realtà usando gli strumenti che ti forniscono gli intellettuali e gli intellettuali sono responsabili, nel bene e nel male, dello sviluppo culturale e di conseguenza materiale della società. Non esistono società che possono fare a meno di questa visione o narrazione condivisa, in cui ogni singolo individuo vive in un suo proprio mondo non integrato. Non esistono società in cui non prevalga una specifica interpretazione della realtà voluta e sostenuta per mezzo del potere. Funziona così, che ti piaccia o meno.

Il seme del cambiamento, che può significare miglioramento o peggioramento – se la parola cambiamento ti fa immediatamente pensare a passaggio desiderabile è per quanto sto dicendo dall'inizio: vivi dentro a una scatola costruita dagli intellettuali funzionali agli obiettivi di un potere a sua volta influenzato dagli intellettuali: è la dialettica politica. Il seme del cambiamento, dicevo, si trova nell'eredità culturale accumulata nei millenni. Alla fine i vincoli matematici nulla possono contro la forza dell'irrazionale, l'umanità tenderà sempre a obiettivi che premiano il lato sentimentale, o propriamente definito 'umano'. Le discipline umanistiche da sempre lottano contro i paletti del razionale nella loro spinta ideale verso l'agognata perfezione. Ogni apllicazione umana dei valori si esprime per mezzo di approssimazioni. La giustizia, per esempio, non è mai perfetta, ci sarà il caso minato dal dubbio, ci sarà il meglio un innocente dentro che tanti colpevoli fuori, ci sarà il reato che fino a ieri non lo era o che fino a ieri lo era e domani chissà. Come la giustizia tutti gli altri valori che cercano di passare dalla colpa in ambito morale individuale alla sanzione sociale.

Le narrazioni che convivono in questo periodo all'interno della singola società sono molteplici, specialmente in quelle più ricche, dove la comunicazione non è limitata dal potere nei contenuti come lo era in passato. L'effetto sul singolo è l'ebrezza della libertà e un totale spaesamento di fronte alle opzioni di scelta, al punto che anche non scegliere diventa una scelta, oppure – è questo è l'aspetto più preoccupante – scegliere l'opinione più popolare, la più cliccata o linkata o sponsorizzata o diffusa da personaggi famosi. La creazione di una personalità, di un essere umano mentalmente maturo, un tempo seguiva un percorso fissato da un potere (più o meno responsabile, consapevole, saggio) sia nei tempi che nei contenuti, esisteva una narrazione di sé come individuo e come elemento sociale, adesso la formazione è in balia di scelte demandate a soggetti reputati in grado di provvedere da sé allo specchio nel quale vedersi riflessi e accettati. Non c'è più un potere ipergenitoriale che ti corregge e incoraggia e approva, esistono i modelli proposti dai media e il gruppo-branco col quale si condividono attività pratiche e interessi.

Per esempio, prendiamo la cornice culturale consumista. È lecita quanto qualunque altra narrazione svincolata da imposizioni autoriali, esempio di cultura open source come è considerato oggi qualsiasi sistema concettuale, e ritenere preferibile uno o l'altro significa esprimere un giudizio morale del tutto opinabile. Potremmo parlare di una ideologia politica o di una religione a caso, anche il relativismo cade nella trappola scavata con le proprie mani. Nella logica della narrazione consumista per esempio non c’è spazio per il pessimismo e la depressione. Tutto ciò che deprime i consumi viene stigmatizzato. La precipitazione nel reale della narrazione si esplicita nelle situazioni reali quando vengono ignorate o, peggio, occultate, in modo che ci si possa sentire parte di una società privilegiata che può permettersi una felicità ignorante in quanto non consapevolmente egoista, che anzi risolve l'ipocrisia buonista per mezzo di un se compri questo aiuti x, adotta a distanza y, parte del ricavato va in beneficenza, visione che viene traslata in una fede religiosa e in un voto politico a sostegno di partiti-chiese in grado di sublimare il senso di colpa di uno stile di vita superiore ai propri mezzi, come singolo e come società.

Ecco, anche oggi lo spunto ve l'ho dato, ora potete divertirvi a trovare e analizzare da voi le narrazioni nelle quali molti di noi sguazzano senza nemmeno rendersene conto.


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