mercoledì 11 maggio 2011

Fattore umano.

Nella vita avrai sempre a che fare con singole persone. L'inferno sono le altre persone, diceva Sartre, nel suo schifo per l'autocoscienza esistenziale, fragile illusione utilizzata per ingannare la consapevolezza del nulla. Non il filosofo più simpatico del mondo, e molti arrabbiati come lui che battono la testa sul muro del pianto che li separa dall'assoluto, dall'infinito, dall'ideale, dall'utopia. La prigione della concretezza, la semplice necessità del male, l'insignificanza dell'attuazione quando non esiste durevolezza del presente e le possibilità della logica infinitesimale, rubata all'analisi dei limiti prima del paradiso di Cantor e dell'esponente dimensionale, vanificano ogni pretesa di valorizzazione. Certo, il fattore umano non avrebbe alcun peso se l'esistenza non comportasse la desolazione provocata dall'incessante rinnovarsi della separazione dolorosa che ci definisce per negazione, io sono io in quando non sono altro da me. Un 'se' mediante il quale è stata costruito un discorso filosofico dalle pretese definitive come l'esistenzialismo, molto lontano dalle semplificazioni narcisistiche, autoreferenziali, self supporting e self confident degli ontologici prima maniera, quelli del principio primo che non ha bisogno di conferme dall'esterno. Tutt'altro, gli altri non sono il prodotto dell'io senziente, la proiezione, l'elaborazione - lo sono, ma in termini psicologici semmai, non prettamente esistenzialistici – ma gli altri sono ciò che contribuiscono al fondamento della possibilità di autopercezione genuina, separata, mediata e sostenuta dal confronto con gli altri. Gli altri sono l'inferno per l'individuo, strano detto da uno che sta raccontando per lìuomo ciò che viene da sempre raccontato nelle principali religioni mondiali, un filosofo che si dichiara ateo contro ogni previsione e decide di sostenere la fede esclusiva nell'uomo in atteggiamento difensivo, come se temesse il ripetersi della morte dell'umanesimo sperimentata in uno dei periodi più bui della storia, alla quale Sartre partecipò di persona, durante il quale la cultura si spinse sulla strada dello scientismo assecondando un rigetto covato per secoli nel nido della metafisica ignorante (ignorante per forza di cose, non per scelta). Eppure è proprio lui che parla di uomini, di responsabilità personali, per nulla eterodirette o sovrastrutturali, sarebbe più coerente aspettarsi di sentirlo accusare gli altri, quegli stessi altri che sono l'inferno per ciascuno di noi, che non necessitano di conflitti eterei nel campo di battaglia concettuale per sortire effetti deleteri sullo svolgersi nel mondo reale delle nostre drammaticamente singole e intrecciate esistenze. Allora che senso ha preoccuparsi di influenze culturali sui possibili comportamenti quando non si tratta altro che l'avverarsi di una delle infinite e altrettanto valide possibilità di esistenza? La risposta è che anche Sartre è un individuo, è l'inferno altro per qualcuno e forse anche per se stesso volendo approfondire l'analisi.

Bene, ma non volevo parlare di questo. Volevo in realtà cogliere l'occasione di fare la mia bella citazione dotta per suggerire una riflessione in termini molto più discorsivi sull'importanza degli altri sulle nostre vite. È importante per la nostra salute fisica e mentale non ipotizzare e confidare nell'esistenza di meccanismi in grado di bypassare il fattore umano. Ci saranno sempre individui che commettono errori di valutazione o di giudizio, che occupano posti di responsabilità senza le necessarie capacità o vittime di confusione temporanea nel momento più sbagliato per alcuni e migliore per altri. Il mondo è fluido, la realtà è cedevole, l'equilibrio non esiste la fuori, è dentro alle vostre orecchie, per il mondo il fatto che riusciate a stare in piedi è del tutto privo di importanza o significato. Non siete niente, non sapete niente, non avete nessuna importanza se non per quegli altri che sono disposti a concedervene (o a privarvene). Gli altri possono benissimo negare la vostra esistenza, depauperare è un termine abbastanza corretto, non riconoscervi meriti e diritti che vi sembrano naturali, razionali, giusti. La storia ci mostra percorsi emblematici con la pignoleria del postulante che aspiri al noviziato, lasciando con dolo passare il messaggio che la storia sia una macchina per produrre senso a tentativi, ottenendo prodotti via via meno scadenti, con meno difetti, che insomma vi sia una tensione al perfetto. Tutto ciò è criminale, è truffaldino, la verità è che la storia ha solo prodotto voi, la vostra generazione, voi che siete vivi adesso, qui, e non dovete niente a chi vi ha preceduto ed è morto. Voi che dovete faticare per anni al fine di recuperare e impossessarvi di un'eredità culturale che diventa anno dopo anno più ingombrante, più pesante, più difficile da maneggiare, più disgustosa da consumare. Molta di quella roba è stata mangiata, metabolizzata, digerita, e infine espulsa, decidete voi se rigettata o evacuata, col risultato di ottenere zuppe pre-masticate che insegnano come insegnare o minestroni più indigesti per imparare a essere vecchi fin da giovani. In tutto questo metteteci gli altri, quelli che singolarmente decidono la vostra vita, decidono se promuovervi, se accusarvi di qualcosa, se ritenervi idonei, se stare con voi o abbandonarvi, se farvi ammalare o aiutarvi a guarire. Gli altri, le persone che incontrate dal primo all'ultimo giorno della vostra vita avranno il potere di influire su di essa. Non solo, gli altri come gruppo decideranno anche per voi quale prodotto sarà il più venduto, quale partito vincerà le elezioni, chi entrerà a far parte della squadra e chi ne verrà escluso. Tutto ciò avverrà su basi irrazionali, nessuna garanzia, nessun rimborso. Vi dicono di aver fede nel sistema, vi dicono che dovete credere in voi stessi, che dovete continuare a lottare, ma non vi mostrano le fosse comuni, le vite degli antieroi, le testimonianze dei perdenti. La religione dell'ottimismo è così da Sartre, l'esistenzialista che non vuole esserlo ma non sa trovare la via d'uscita e si accontenta di immaginarne una sbagliata pur di trovare uno straccio di consolazione. Dopo l'implosione dello scientismo, i rantoli dell'umanismo. Se una visione del mondo vi fa stare male, rifiutatela, se avete dentro di voi un pizzico di equilibrio, potete raddrizzare interi orizzonti. Alla fine si torna ai fondamentali e si riparte, se foste nati altrove o in un altro tempo dareste tanta importanza a ciò che in questo momento vi sembra irrinunciabile e degno di qualsiasi sacrificio? Gli stessi vostri difetti li hanno anche gli altri, voi mentite e gli altri pure, voi sbagliate e gli altri pure, voi siete a disposti a penosi compromessi pur di ottenere scopi non sempre altruistici, anzi, pensate a voi stessi, alla vostra famiglia, ai vostri amici, non credo siate molto interessati ai destini dell'umanità quando fate tutto ciò che viene richiesto dagli impegni quotidiani. Lo stesso accade per gli altri, non sono santi/robot/ceniodi1kane, sono esseri umani esattamente come voi che non stanno cercando il masochismo del diventare poveri, avere fame, ammalarsi, morire pur di rendere felici gli altri. Gran parte del bagaglio che ci trasciniamo dietro può venire perso per strada, e quando c'è la possibilità di ripartire bisognerebbe farlo, nessuno si porta in giro una carrozza nel baule di una macchina, appositamente costruita in modo da poter ficcare un'intera carrozza con tanto di pariglia nel bagagliaio, per non perdere le scoperte e le esperienze avvenute nel corso dei secoli. Chi vi dice che senza carrozza non andrete mai davvero in nessun posto e non potrete raggiungere una destinazione reale probabilmente costruisce e vende carrozze, o non sa guidare. Gli altri saranno pure il nostro inferno, strabico ometto dai modi raffinati, tu e la scontata filantropia dei benestanti e dei benpensanti, ma gli altri sono anche in grado di convalidare il nostro biglietto per il paradiso.

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