lunedì 31 maggio 2010

Lo leggo solo se c'è la mela.

C'è stata una manifestazione a Torino. Quintali di carta in esposizione, carta stampata, rilegata, impilata, circondata da produttori, curatori, estimatori coreografi markettari e semplici curiosi. Tiro a indovinare, non c'ero. Siccome anche il libro è un prodotto, un esserino debole che striscia fra una miriade di altre opportunità di acquisto, là dove gli occhi dell'intellettuale non vedono le ghigliottine di domanda e offerta, la bocca tutta denti delle preferenze. Siccome anche il libro è un prodotto ecco il pupazzo a molla dell'ebook che diverte i più inclini alle facezie.

Quando stai affogando un ramo ti sembra una portaerei. L'iPad con la sua promessa di fare per il libro quello che ha fatto per la musica fa mettere in ginocchio gli addetti ai lavori più del Papa in Vaticano. Chiunque deve i suoi introiti alla vendita di parole scritte è in estasi, in completa adorazione di questo rametto tecnologico che gli viene proteso dalla mano prometeica dell'attuale monopolista di fatto nel mercato digitale di contenuti musicali. Non puoi entrare nel negozio se non compri un apparecchio con la mela sopra, non puoi vendere se non tramite il negozio con la mela sopra. Internet in teoria dovrebbe essere tutto l'opposto, un luogo privo di barriere fittizie che favoriscono inutili intermediazioni.

Gran parte dell'intermediazione, di qualsiasi genere, potrebbe essere concentrata in un server pubblico con procedure automatizzate per favorire l'incontro fra domanda e offerta. Quello a cui assistiamo invece è una convergenza di interessi capace di dar luogo a una replica di tutto ciò che avremmo preferito superare e lasciarci alle spalle con l'ausilio di internet. Fortuna vuole che permanga nel tessuto sociale la volontà di perseguire ideali che, pur non favorendo il mantenimento dello status quo e pertanto in conflitto con gran parte del sistema economico ancorato a modelli di mercato analogici, renderanno obsoleta questa formula commerciale giustamente ritenuta 'magica' in quanto contraria alla razionalità e frutto in modo quasi esclusivo di logiche di marketing. Google è un faro in tal senso, con la sua filosofia originaria dell'intermediazione gratuita, e forse per questo viene così pesantemente, e inutilmente, ostacolato.

Immaginiamo un mondo con tre mercati per musica, libri, video. La mela, la pera e la banana come marchi distintivi. Dovremmo forse dotarci tutti di tre diverse apparecchiature per accedervi? Il vantaggio competitivo è stato ottenuto in modo grezzo, arrivando per primi e piantando la bandiera in territorio vergine. Come gli antichi conquistadores. Questo non significa che la situazione sia destinata a rimanere immutata senza una legge che imponga ai competitori di astenersi dal concorrere. Per questo abbiamo visto le fretta con cui ci si è precipitati a lanciare l'iPad, un prodotto oggettivamente incompleto, difettoso e difettante, e non lo dico io, lo dicono gran parte degli esperti, anche se concludono con grida di esaltazione e giuramenti di fedeltà eterna come invasati fondamentalisti post-moderni.

Tutto questo per dire cosa? Il libro. L'ebook. Davvero è ragionevole supporre che un cambiamento del mezzo produca cambiamenti nella domanda creando nuovi consumatori? Se mi piace la letteratura sceglierò il mezzo che preferisco e mi adatterò a mezzi scomodi pur di soddisfare il mio bisogno. Ma se non mi piace? Forse che un libro su un monitor, letto ad alta voce da una modella, proiettato sul muro, soddisfa bisogni diversi da un libro su carta? L'iPad soddisfa bisogni psicologici puerili spesso indotti dal marketing, ma il libro sull'iPad è sempre lo stesso libro. Se non lo leggo su carta non lo voglio nemmeno se me lo impiantate nella memoria mentre dormo.

Sono discorsi semplici, me ne rendo conto, eppure sembra che non li faccia nessuno. Sono tutti concentrati sul fatto che verrà aperto un negozio di libri della mela e, siccome milioni di persone comprano l'iPad, unico modo di comprare in quel negozio, di conseguenza verranno venduti milioni di libri mela-dotati. È un circolo vizioso della peggior specie. Preferirei una più onesta analisi della domanda per esprimere valutazioni sul prodotto libro. Cosa vuole leggere la gente? Che tipo di libro consente all'editore che lo produce(analogico)/sponsorizza(digitale) di coprire i costi di intermediazione?

Forse non si è ancora capita una cosa: molti prodotti che prima necessitavano di un supporto fisico e di una complessa gestione distributiva adesso stanno diventando immateriali. Questa è la vera rivoluzione, non gli stratagemmi per consentire la sopravvivenza di chi ha sempre campato sulla consistenza materiale di prodotti che ora sono solo una sequenza di bit. L'unica qualità che rimane agli intermediari per proporsi come tali dev'essere la capacità di vagliare la qualità nel mare delle offerte, di catalogare, di rappresentare in un contesto culturale i contenuti, tutta roba che richiede capacità intellettuali più che economiche.

Il consumatore purtroppo ha sempre bisogno di una guida per orientarsi, non può da solo leggere tutto, ascoltare tutto, vedere tutto per scoprire una cosa di maggior valore in mezzo a mille altre. La pubblicità ha sempre fatto leva su questo bisogno, arrogandosi il potere di assegnare valore ai prodotti senza dover produrre giustificazioni, chiedendo semplicemente fiducia. Ora questo potere vacilla. Internet permette di accedere a informazioni che la pubblicità preferirebbe mantenere obliate perché vanificano gli sforzi di realizzare supremazie basate sull'inganno. Le reti sociali, i network gestiti da esperti, le possibilità di produrre informazione sulla qualità dei prodotti sono molteplici, strappano dai tentacoli del marketing tutta quella gente che non si lascia guidare nei suoi acquisti dagli slogan, dalle mode, da tutta una serie di motivazioni psicologiche che poco hanno a che fare con l'effettiva convenienza e con la concreta possibilità del prodotto di soddisfare bisogni reali.

Il libro è solo uno dei tanti esempi di come sia stata modificata la domanda, di conseguenza la società nel suo complesso, dalle dinamiche di mercato gestite in modo sempre più pesante e incisivo, da quello che chiamo, per riassumere con una parola, pensiero analogico al culmine del suo sviluppo. Stiamo assistendo a una lotta per la sopravvivenza del pensiero analogico e alle preghiere e alle speranze di sviluppo del pensiero digitale. Una rivoluzione appena cominciata dagli esiti tutt'altro che scontati, vorrei vivere secoli per vedere come va a finire ma non credo mi sarà concesso.

Ci sono ancora grandi esempi di letteratura, di composizione musicale, di espressioni artistiche che ignorano la domanda e offrono prodotti destinati a consumatori che non esistono, forse non sono mai esistiti, magari non esisteranno mai. Alcuni vengono pubblicati e si ha l'impressione che l'editore colto l'abbia fatto pur sapendo che ci avrebbe perso dei soldi, ma libero da un senso di colpa che il non pubblicarlo avrebbe finito per perseguitarlo in eterno. L'arte a ben vedere ha sempre avuto bisogno di mecenati, non di clienti. I clienti moderni sono stati finora guidati, volenti o nolenti, nelle loro scelte dal marketing. Il prodotto libro si è adeguato, al punto che gran parte dei libri in commercio sono fatti con lo stampino con fine di ottenere un certo volume di vendite minimo. Come il libro tutte le altre forme di arte massificata.

Dobbiamo creare personaggi mediatici, eventi speciali, tutto dev'essere sotto il segno dell'unicità, dello straordinario, in un'orgia mediatica di stordimento collettivo. Pensare che tutto questo potrebbe essere guardato un giorno con un misto di stupore, angoscia e divertimento, nel modo in cui ora guardiamo ai combattimenti tra schiavi e belve feroci negli spettacoli dell'antica Roma. È una visione di ottimismo digitale molto lontana dell'avverarsi. Ma è bello avere un futuro migliore verso cui andare, anche se la sua realizzazione è solo una scommessa azzardata, rende più facile sopportare il presente.

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