martedì 14 febbraio 2012

End of trasmission.

Col passare degli anni si scoprono diverse cose, nessuna delle quali piacevoli. Una delle cose che si scoprono con l'età è che non si può anticipare la conoscenza, trasmettere la sapienza, capitalizzare la saggezza. L'esperienza può assumere diversi significati: ripetere un esperimento di persona e verificarne gli esiti previsti, vivere un accadimento sulla propria pelle per comprendere il 'cosa si prova a' (nei film romantici è un lait motiv il 'tu non sai cosa sto provando' - 'e invece lo so perché anch'io una volta' - 'baciamoci sposiamoci facciamo tanti bambini'), oppure un avere il tempo di ragionare e giungere a conclusioni che ci rendono capaci di giudizi più corretti, più giusti, più umani. Una delle rivelazioni fondamentali che si conquistano invecchiando è che ci si sbaglia quando si crede di aver capito, che col tempo si resta fregati dal noi stesso più giovane che credeva di aver capito tutto e invece adesso si scopre che non aveva capito niente. Questo tipo di esperienza è diversa da quelle elencate prima, è un esperienza che non facciamo ma ci viene fatta, è un'esperienza che attraverso di noi viene a esistere dentro di noi, si nutre della nostra vita per trasformarci.

La scienza può indurre a pensare che l'esperienza sia qualcosa di trasmissibile per via genetica o culturale. Ci sono persone immerse in un'ipotetica realtà oggettiva dove tutto è materia e pertanto analizzabile, spiegabile, modellabile, digeribile. In questa fede cieca di un mondo che si esaurisce nel macinare l'ignoto con la mente per renderlo scibile, un sapere meccanicistico paragonabile al presente che macina futuro rendendolo passato, tutto diventa archiviabile, consultabile, intellegibile a priori. La vita come materia scolastica dove non ti serve averla combattuta per sapere cos'è la guerra, non ti serve averne esperienza al di fuori di un ambito intellettuale. Di questi tempi c'è la seccante tendenza a dare ogni cosa per appresa, interiorizzata, superata, in uno slancio verso il nuovo, il non ancora sperimentato da nessuno, terre inesplorate, invenzioni, ricerche, che se negli anni '60 era un modo simpatico di fare gli eccentrici oggi è insistere a dare capocciate al muro in un vicolo cieco.

Trasmettere geni ai figli non è come trasmettere esperienza. Tramandare riti, nozioni, esempi, proverbi, raccomandazioni, leggi morali, non permette alle nuove generazioni di nascere imparate, di poter fare a meno di esperire, sbagliare, rendersi conto delle proprie mancanze. Non è possibile far tendere l'umanità a una situazione dove l'esperienza escluda tutto ciò che è già stato esperito da altri in precedenza. La vita non è un teorema, che da quando l'ha dimostrato un matematico del passato noi lo diamo per scontato. Anche pretendere dai figli che la loro conoscenza profonda della vita e del mondo parta dall'accumulo di esperienza fatta dai padri è una forma di violenza. Sapere con la mente non è come sapere col corpo. Tirare una linea fra ciò che sapiamo con la mente ma non abbiamo intenzione di sapere anche con il corpo è il fondamento della coscienza: so cosa mi potrebbe capitare se deciderò di fare quella esperienza e decido liberamente di conseguenza. I padri possono solo mettere in guardia, non possono impedire ai figli di commettere i loro stessi errori.

Sapere anche con il corpo è una delle cose che avvengono con l'età. Magari ti è morto il cane che eri piccolo e per decenni l'hai saputo con la mente, è un ricordo, un'esperienza intellettuale che però effettui con il corpo chissà quanto tempo dopo. Ti svegli una mattina e mentre pensi a tutt'altro ti ritrovi a sentire, a capire, a provare l'esperienza di quel lutto o il dolore per quella volta che ti han preso in giro o che hai perso o che sei stato respinto. Così come quella volta che hai avuto fortuna, hai ricevuto un regalo o una cortesia, hai trovato qualcosa. Non esiste un modo per evitare il processo cognitivo legato all'avanzare dell'età. Non esiste un modo per comunicare o trasmettere questo tipo di esperienza che non ha niente a che fare con la scienza e il suo limitato approccio all'esistenza. Non credo nemmeno che esista una parola specifica, scientifica, per definire la percezione di un mutamento di consapevolezza legato a una comprensione che emerge, quando emerge, da un gomitolo di vita vissuta. Ma scommetto che adesso che ve ne ho parlato vi siete accorti che anche voi, almeno una volta, avete fatto esperienza di un sapere fatto di contenuti non esprimibili a parole, una certezza intima e profonda che non deriva da una formula scritta su una lavagna. 



Nessun commento:

Posta un commento