venerdì 18 febbraio 2011

Hive mind.

Sottotitolo: ovvero dei bambini, della morte, del branco, degli Avatar e dei Borg, e dei comunisti che li mangiano, i bambini.

Quando non fornisci ai bambini gli strumenti per sviluppare il senso critico, l'esercizio dell'intelligenza finalizzato alla cernita e alla valutazione di concetti e valori affinché possa venire sviluppata l'individualità consapevole, strutturata sulla base di convinzioni personali meditate e liberamente scelte. Quando viene impedito il verificarsi del processo spontaneo di potenziamento del senso critico e la sua carenza nel tessuto sociale si evidenzia come una forte anomalia, pericolosa e alquanto dannosa. Quando crescendo non si viene incoraggiati a dare contenuto alla propria individualità, magari per colpa di una politica che confonde individualità con individualismo, per un'evoluzione dei costumi manipolatoria e castrante, per motivi che non mi interessa al momento indagare. Quando la popolazione contiene un numero elevato di soggetti privi di individualità o privati del diritto di formarsela o di esprimerla liberamente. Quando avviene tutto ciò senza che il problema venga mai evidenziato e il cancro intellettuale perduri nella completa indifferenza di chi produce e rinnova la cultura, allora ci troviamo di fronte a una o più generazioni malate, a una società gambizzata, resa sterile, dove l'Incapacità di generare futuro si evidenzia soprattutto nel riproporre il bolo di una dialettica già iperanalizzata nel passato che si fa via via sempre più insuperabile, accompagnata dalla presenza delle vecchie generazioni che, esaurito il loro compito, perdurano fisicamente e non favoriscono passaggi di consegne, anzi, si assolvono e scaricano la responsabilità, rivendicano il ruolo salvifico tipico del rapporto genitoriale: se non ci fossi io saresti sotto un ponte.

Non si può fare sdraiare sul lettino una società intera. Possiamo però lanciare un messaggio in bottiglia e questo messaggio è lo stesso di Socrate, il conosci te stesso che come tutti i messaggi della filosofia, e della teologia, si ripropongono inesauribili e inestinguibili per indirizzare - non dico guidare, le parole hanno un senso, non tutti i sinonimi si equivalgono, scegliere la parola giusta è e dovrebbe sempre essere un'impresa ardua – l'esperienza umana nel ciclo della vita, la piccola parentesi di tempo che ci viene data per impossessarci il più rapidamente possibile di tutte le esperienze passate e usarle per strisciare, se ci riusciamo, un centimetro in avanti come individui e come specie. E invece spesso quello che ci preme è la distrazione, il non guardare là in fondo, dove ci aspetta la fine e l'ignoto dopo la fine. Per non pensarci facciamo di tutto, accettando gli inviti dei peccati e delle virtù. Questo siamo: qualcosa che si tiene impegnata per non cedere al nichilsmo di una vita priva di senso dove si nasce solo ed esclusivamente per morire, e nel frattempo si soffre. La cultura della morte indicata dal Papa, non ricordo se questo o il precedente, che si contraddistingue dal fatto che la morte viene sublimata, viene posta sotto vincolo di tabù, viene nascosta. Una cultura che esalta gioventù, bellezza, felicità, ricchezza, e così via, dove la morte è una punizione, una liberazione, qualcosa da cui sottrarsi, da affrontare rapidamente, di cui non vale la pena di preoccuparsi perché servirebbe soltanto a impedire il godimento sano e puro di chi ignora, anche se volontariamente, perché inconsapevolmente lo può fare solo un animale privo di coscienza.

Ma scendiamo di un livello, planiamo sul terreno dei comportamenti materiali, degli atteggiamenti riscontrabili nella vita quotidiana. Riassumo: mancanza di senso critico, quindi mancanza di individualità, quindi mancanza di coraggio nel prendere posizioni contrarie all'opinione dominante, quindi incapacità di sottrarsi al potere egemonico di una generazione che per evitare conflitto coi figli, per essere padri e madri amici dei figli, continua a esercitare un potere consunto, inefficace, controproducente. Ma ho detto che scendevo di livello. Parliamo allora di noi, parliamo di quando qualcuno ti dice X è forte/bravo/bello/intelligente/quelchetipare e tu X non sai chi è, cosa fai? Chiedi informazioni su X, vai a prendere la roba di X e la studi, accendi il tuo motore critico personale e, in base a quello che sei, decidi in modo autonomo su X? Oppure il tuo sostegno a X dipenderà da altri fattori, come il fatto che appaia in tv, che sia in cima alle classifiche, che il tuo eventuale appoggio non sarà criticato dai tuoi amici, dal tuo gruppo/branco di riferimento? Cambia qualcosa per te se a fornirti un'opinione su X sia un tizio qualsiasi o qualcuno che già stimi/ammiri/invidi? Oppure dipende solo dalla qualità delle informazioni su X che ricevi? Se siamo abbastanza onesti da ammetterlo, dobbiamo confessare di essere in balia degli opinion makers, dei cosiddetti testimonial che legano la loro notorietà a un prodotto e si prestano a promuoverlo e a recitare nella campagne promozionali. Non è solo una manifestazione culturale la mancanza di senso critico, è legata a fattori psicologici squisitamente umani ma anche a fattori meccanici, a logiche di produzione e consumo, alle regole di convivenza economiche che emergono e derivano dalle necessità e dai vincoli naturali.

Ma ho detto atterriamo sul sensibile. Possiamo parlare di Avatar, per fare il nome dell'ultimo film col record di incassi. Tu che sei andato a vederlo, perché ci sei andato? Perché ti interessava analizzare quanto la sceneggiatura, pur ricalcando modelli abusati in tre atti, ne uscisse arricchita da sottotrame indubbiamente riconducibili a tematiche politiche, a riflessioni ecologiche, addirittura spunti ontologici da metempsicosi tecnologica. Oppure ti han detto che con gli occhialini ti sembra che le cose ti vengano addosso? O perché è costato moltissimo e il regista è quello di Titanic? Il senso delle mie domande si riassume in: quanto hai sviluppato nella tua vita il tuo senso critico, quanto sei uscito vittorioso nella guerra per fare di te stesso, agli occhi di te stesso, una persona originale, unica, particolare? Per dirla in modo brutale, perché discutere con te dovrebbe darmi qualcosa di diverso che non mi possa dare una litigata con un bambino che ha necessariamente ancora una vaga e indefinita strutturazione del sé? Se questo vale per l'acquisto di un prodotto di intrattenimento, figuriamoci quando ci spostiamo verso cose serie: letteratura, politica, storia dell'arte, tutte quelle materie in cui non è sufficiente sfoggiare doti di raziocinio meccanico, come le materie scientifiche, ma occorre aver maturato il senso critico, o peggio ancora l'averlo potuto maturare. A cosa serve la libertà di espressione se non c'è nessuno in grado di sfruttarla per manifestare il senso critico di un'individualità responsabile?

La scienza va avanti, va bene, ma non esiste solo quella. La scienza già nel passato ci ha portato a voler aiutare l'evoluzione uccidendo tutti quelli non in grado di favorire l'adattamento progressivo della specie. La scienza ha prodotto il comunismo e il nazismo, voglio essere chiaro su questo. Non è stata un'aberrazione irrazionale motivata dalla fede o dai sentimenti inesprimibili, non è stata l'apparizione di una mente sociale, la cosiddetta hive mind da regina dei Borg, che non ha tenuto abbastanza d'acconto i consigli della scienza a produrre i mostri del pozzo di Nietzche. Per questo l'unico consiglio che vorrei dare, se il mio consiglio avesse un qualche valore per qualcuno, è quello di sviluppare la propria individualità, il che non significa essere chiusi alla socialità. Individualità non è individualismo e socialità non è socialismo. Non barattate il peso di una vita consapevole per la leggerezza di una vita delegata. Lottate perché il sistema scolastico, la famiglia, la società in generale preveda il diritto e la libertà di pensare in modo autonomo e indipendente, senza nessuno che ti guarda male, ti punisce, o non ti aiuta come farebbe se tu non ti ostinassi a essere il te stesso che sei, senza nessuno che ti dice che sei scemo perché sei uno dei pochi che non pensa che X sia da applaudire e Y da fischiare.

La logica del branco è tale per cui ci deve sempre essere qualcuno fuori da branco, un debole da attaccare e distruggere, anche per semplice divertimento, ma quando non ci sono più elementi fuori dal branco questa logica, per sopravvivere, deve creare nemici all'interno delle proprie fila. È quello che abbiamo già visto succedere fin troppe volte negli stati totalitari, nelle dittature, nei regimi, ma anche nelle democrazie malate, non si deve credere di essere al riparo da tutto solo perché una volta ogni tanto ci fanno mettere una crocetta sulla scheda elettorale. Si sono visti governi portare l'economia al collasso, provocare carestie così gravi da far documentare cannibalismo diffuso, senza che si prendesse coscienza che nella popolazione era stato inibito o amputato il senso critico. A proposito, basta fare battute del cazzo sui comunisti che mangiano bambini, anche questo è un esempio di come si sente nel nostro paese la mancanza di un senso critico onesto, solo in un paese di marionette con la testa vuota si può scherzare su certe cose. È vero, i comunisti li hanno mangiati i bambini, non c'è niente da ridere, sono tragedie orribili che rimangono tali anche se non fossero successe sotto governi comunisti, però, è un fatto, è sotto governi comunisti che si sono verificati crisi economiche così gravi, sempre colpevolmente nascoste e minimizzate. È successo nella Russia di Stalin, nella Cambogia degli kmer rossi, nella Cina di Mao, nella Corea del Nord addirittura bambini rapiti, uccisi, e venduti al mercato come 'carne speciale'. È tutta roba documentata, leggete per esempio 'Cigni selvatici. Tre figlie della Cina.” di Chang Jung. Il rischio di vivere in una società massificata, deresponsabilizzata, alienata, è quello diventare misogini, misantropi, asociali, di sentirsi soli contro il mondo. È più facile seguire il gregge, e se impari a non farlo rischi di ritrovarti solo, in una selva oscura, che la dritta via eccetera.

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