venerdì 24 settembre 2010

Fuochi d'artificio.

Nel palazzo dell'ONU si incontrano un centinaio di capi si stato e noi qua come al solito teniamo il muso dei media inguazzato nella delle solite pastoie da retroguardia di provincia. Qui ci occupiamo di quei quattro rimbambiti che giocano a fare gli statisti e intanto il mondo là, fuori dalla piccola finestra di questa catapecchia in cui stiamo, va avanti. Ci piace guardarci l'ombelico. Che noia, ragazzi, come fate a lasciarvi coinvolgere, è come guardare beatiful quando sull'altro canale danno heroes. Salva la cheerleader, salva il mondo, non so voi, ma a me è piaciuta quella serie.

Alcune cose che bisognerebbe sapere. Molti inviati, tra i quali anche il nostro, quando sono sbarcati si son messi a far shopping, teatro, ristoranti, si son fatti i cacchi propri allegramente. L'Italia cosa dice all'Onu? A proposito, dirà qualcosa? Forse è meglio di no, che tanto anche se avesse qualcosa da dire probabilmente sarebbe una perla di scemenza. Meno male che almeno c'abbiamo qui il Papa, prima di aprire bocca ci pensa parecchio e qualcuno che l'ascolta lo trova sempre.

Anche la Francia non scherza: ha proposto di tassare tutte le transazioni finanziarie del mondo. Perché trattenersi, Sarko, buttati, facciamo che sequestriamo tutti i soldi in circolazione, tutti quanti. Un pugno di riso a testa e via andare. Certe idee possono venire solo a un francese o a un tedesco, i tizi che han prodotto napoleone e hitler. Con gli italiani pronti a sottoscrivere, va bene tutto basta che ci date una parte del bottino, che noi hanno avuto l'impero romano, certe cose le facciamo da quando voi andavate ancora in giro gesticolando, vestiti con stracci di pelle grezza.

Poi chi c'era? Ah, quello che soggiorna in campeggio e si diverte a pagare volontari disposti a sottoporsi a un esperimento di conversione religiosa. Ha fatto un bello show, mancavano le equilibriste sui purosangue e i suonatori in groppa agli elefanti, ma è riuscito a farmi ridere lo stesso. Uno dei tanti contro israele. Poi c'era la turchia, la palestina, l'iran e un sacco di altra gente che è andata lì solo per quello, per rinnovare l'incazzatura per un pezzo di terra regalato agli ebrei, quanti anni fa? 60? Manco ci fosse sotto un giacimento di petrolio.

Poi è arrivato Barack (un nome tipicamente anglosassone), probabilmente ha detto basta casino sennò smettiamo di sganciare palate di dollari ogni volta che vi sedete a far finta di trattare la pace. E ha di nuovo chiesto ai cinesi di apprezzare lo yuan, come se quelli non gliel'avessero messo in quel posto tante di quelle volte da potersi fidare di quello che promettono. Ma se uno ti sventola sotto il naso le cambiali che gli hai firmato non hai molta scelta.

Nel frattempo qualcuno ha seccato un console del nicaragua nel bronx, come se ci servisse un indizio chiaro per capire che la faccenda dell'incontrarsi nel palazzo di vetro è solo un modo come un altro per trattare in un luogo laicamente sacro i soliti intrallazzi che sono il tran-tran delle ambasciate e dei servizi segreti. Ma ci hanno messo qualcosa che giustifichi il costo del biglietto? Sì, l'appello generico a lavorare tutti assieme in questa fase cruciale per “una nuova era”. Wow, tutti insieme, fase cruciale, nuova era, nientepopodimeno che.

E dire che il palazzo dell'Onu è un oggettino carino, tutto quel vetro, le linee pulite, bei giardini, in riva al fiume col sole che ci cala sopra. Il 4 luglio m'ero messo in fila per entrare e quando ho scoperto che ci voleva l'invito stavo per andarmene quando una ragazza, deve aver sentito che mi lamentavo da solo a mezza voce per aver perso tempo, mi ha allungato un pass. Penso lavorasse lì dentro, quella ragazza, aveva un bel sorriso e un bel profumo, stavo per aprire bocca ma lei ha alzato una mano e ha detto non c'è bisogno che mi ringrazi, sei il benvenuto, e allora io non sapevo cosa dire e mi solo limitato ad annuire. C'era tanta gente che faceva pic-nic nei prati e c'erano bambini che correvano, poi quando è venuto buio sono partiti i giochi pirotecnici e tutti per un po' avevano la felicità negli occhi. Quello vicino a me, un peruviano, che quando gli ho detto che conoscevo un tizio di Lima prima non voleva credermi, poi mi ha offerto della roba da bere e da mangiare e mi ha raccontato delle cose che non ricordo più.

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