giovedì 4 febbraio 2010

Non sono un bamboccione, sto solo aspettando che muori.

Leggo molti interventi sul tema “bamboccioni”. La scelta del termine è infelice, esprime un pregiudizio: chi non si rende indipendente prima dei vent'anni è un grosso bamboccio. Etimologia: dal francese bamboche, vezzeggiativo di bàmbo, significa bimbo vispo e grassoccio ma anche piccola figura umana fatta di cenci che serve da trastullo ai fanciulli. Definizione: uomo goffo ed ingenuo che si lascia manovrare da altri, pupazzo, fantoccio.

Gli articoli che trovo in giro parlano di esperienze personali e raccontano tutti di uomini che, pur avendo imparato il giorno prima a rasarsi quattro peli molli sotto il naso, vanno in giro per il mondo, dormono in luridi pollai in compagnia di individui che probabilmente lavorano al circo, mangiano quello che trovano e la loro squallida e deprimente esistenza viene in qualche modo illuminata dal di dentro grazie all'energia dell'ottimismo e al vigore della gioventù.

Ora, io mi reputo moderatamente suggestionabile, ma proprio non riesco a credere che queste rievocazioni stonate non siano addolcite da una forma senile di nostalgia a scoppio ritardato. Cari tardoni, senza offesa, capisco che ci teniate a far bella figura, ma qualcuno ve lo deve dire: avete passato un periodo di merda. Andavate in giro come cani bastonati e avete avuto la fortuna di venirne fuori mentre magari quelli che dividevano con voi l'affitto del tugurio sono ancora là che tirano a campare. Forse credono che esista una specie di ricambio, come la naia. Quella sbucata dal baby boom nel dopoguerra è una generazione abituata a credere a un sacco di fesserie.

Sovrapporre un periodo storico a un altro, tipo il 1960 al 2010, cercando di tenere costante la variabile umana è un esperimento cervellotico che mi fa accapponare la pelle. Mi viene voglia di farli tornare giovani e rimetterli nelle stesse condizioni che ricordano con tanta esaltata gioia e meraviglia. Per tornare a piombo nella realtà basterebbe far loro contare quanti stipendi servivano allora e quanto adesso per comprare una casa o una macchina. Non puoi convincere la gente a correre in mezzo alla giungla dicendo io l'ho fatto e mi son divertito, solo che qua una volta c'era una strada asfaltata, che differenza vuoi che sia?

Forse sono io, è una mia deformazione del vero, ma ho come l'impressione che i padri e nonni attuali siano le due generazioni più egoiste e rapaci che siano mai esistite al mondo. Continuano a lavorare fino a restarci secchi pur di non lasciare un posto libero. Hanno contratti a tempo indeterminato e assumono a tempo determinato. Hanno inventato un sistema per cui prendono i soldi dagli stipendi dei giovani e li spendono loro sotto forma di pensione. Perfino i bambini si prendono: i genitori devono lavorare entrambi per arrivare a fine mese e i loro figli se li godono loro, i vecchi. Odiosi bastardi. Ops, scusate, m'è scappata.

Non voglio esagerare, ma perfino il mondo intero si son fumati. Ecosistema distrutto, foreste scomparse, specie animali estinte. Coralli sbiancati, ghiacciai sciolti, clima sconvolto. Non contenti dei danni causati ci ridono addosso, ci danno dei bamboccioni. Mi ci metto anch'io, anche se ho 40 anni, per solidarietà. Ci accusano di non abbracciare la filosofia pseudocalvinista del labor nobilitat quando, se fai due conti, non solo gran parte del tuo tempo ma anche dello stipendio lo spendi per lavorare. La tua vita diventa un incubo. “Uomo goffo ed ingenuo che si lascia manovrare da altri” mi sembra più adatto per chi accetta questo sistema piuttosto che esprimere una forte protesta campando a sbafo a spese del nemico generazionale.

Se a questo sommi la controspinta mediatica di un marketing incentrato sul godersi la vita, ti accorgi che i giovano hanno di che andare in cortocircuito. Da una parte ti mostrano persone eleganti che bevono alcolici come cammelli, scopano come vecchietti in stato avanzato di alzheimer imbottiti di viagra, guidano macchinoni spaziali per raggiungere pittoresche magioni assolate, passeggiano su spiagge tropicali da favola, insomma hanno trovato un pozzo di petrolio in giardino. Dall'altra ti dicono di andare a vivere da solo in uno scantinato puzzolente gestito da un egiziano che fa ballare coltelli a farfalla, lavorando come cameriere in una bettola cinese che spaccia nutrie per pollo, metter su lo stesso famiglia – ah, l'amore, come negli anni '60, uguale, vero? - col rischio di trovarti da solo con gli alimenti da pagare, ché altrimenti sei un bamboccione.

Sono completamente dalla parte dei bamboccioni. Fatevi scrivere la parola sulla carta d'identità, alla voce professione. State in casa coi genitori, vendicatevi, fategliela pagare. Un bello sciopero generazionale, altro che. L'inno al saprofita, la rivincita dei dissanguati. Una doppia rinuncia, sia allo stile di vita proposto dalla pubblicità che a quello suggerito dai vampiri schiavisti che indorano la pillola. Niente lavoro, niente tasse da pagare, niente bambini a far da vittime future in un mondo già sovrappopolato. Non sono bamboccioni, sono i nuovi edonisti, gli asceti dell'essenziale, i pionieri del downshifting, andatevi a googlare la parola, tardoni analogici.

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