lunedì 5 marzo 2012

parola aramaica che significa frantoio

Certi intellettuali, moderni tribuni che sfogliano un manuale studiato all'università come se fosse il codice civile del gusto, inquisitori evoluti il cui testo sacro è un compendio di regole che vanno per la maggiore. Certi intellettuali, soldati in guerra per la conquista del senso critico così dediti alla causa da essere pronti a sacrificare il buon gusto. Poi vedi lo scrittore che insulta il cantautore nel giorno del suo funerale e al contrario vedi l'attore che esalta il pittore anche se l'ha sempre detestato, sguazzando nella pantomima, la scena madre del comportamento adeguato. Certi intellettuali piromani che sfruttano l'effetto incidente, dove al posto del corpo da estrarre dai rottami fumanti dell'autovettura c'è un autore che guarda fuori dalla finestra, prigioniero di un'opera data alle fiamme.

Perché oggi nessuno si ferma a guardare un bel gesto, nessuno applaude l'eccelso, nessuno è alla ricerca del bello e del buono, no, è considerato ingenuo, infantile, poco realista, atto pusillanime di chi non vuole accettare un mondo schifoso, le realtà depressiva, un mondo da odiare. Se non ti arrabbi sei complice dei pochi che stanno bene e se ne fregano dei molti che stanno male. Se punti il dito per esaltare e non per indicare la posizione del nemico, allora sei un agente del male che inganna e illude sulla durezza della vita e la malvagità umana. Un ambiente ideologico dove solo il potere è in grado di salvarci, punendo il male, abbattendo coloro che non combattono al fianco degli eroi protagonisti di una storia-avventura marxista-holliwodiana, i ribelli, i bastian contrari, i protagonisti di storie che vendono milioni di copie.

Si devono scartare le opere belle, le opere così così, si devono trovare le opere brutte e darsi da fare su quelle, in modo che il pubblico si fermi a buttare monetine nel cappello, metta una firma, dedichi cinque minuti di tempo prezioso, faccia audience, clicchi, non cambi canale, per la possibilità di osservare nascosti dietro un cespuglio, un monitor, un foglio di giornale, ci si goda lo spettacolo di un peccatore che paga per i suoi peccati, un brutto che viene deriso dal comico o spiegato dallo scienziato o rimproverato da un cavaliere protettore dell'estetica. Persone intente a litigare fra di loro su tutto, dando importanza a sciocchezze solo per un questione di principio, di partito preso, sfacciati per non rimetterci la faccia, in un duello di insulti legittimi combattuto fino all'ultimo brandello di reputazione.

E chi critica il critico passa dalla parte del torto, perché ci si appella alla libertà, al diritto. Chi critica il critico diventa l'avvocato difensore della vittima sacrificale, dell'imputato, della strega, del capro espiatorio del giorno. Il pubblico si emoziona quando entra in gioco l'avvocato difensore, è come vedere qualcuno che si mette tra i leoni e i cristiani. Spesso è la vittima stessa che cerca di difendersi, col critico che si finge dispiaciuto e fa l'occhiolino al pubblico, come dire povero autore, mi fa pena, non voglio infierire. Quando salta su un avvocato difensore invece si può parteggiare, fare il tifo, innocentisti e colpevolisti, buoni e cattivi, nel solito gioco delle parti che ti sembra la norma per via che chiunque lo trova insopportabile non lo può contestare senza entrare a farne parte, e allora si allontana, sta zitto, così che sembri normale allo spettatore che al mondo non esista niente all'infuori dello scontro tra le parti in causa.

Questo è il grande inganno del conformismo sociale, oggi si fa in televisione quel che si faceva al Colosseo. Cambiano i contenuti, cambiano i supporti mediatici, ma non cambia l'essere umano, che sia preso singolarmente o in logiche di gruppo. Ci sono periodi in cui si cercano le cose belle per stare bene e periodi in cui si cercano cose brutte per stare male. Perché si gode a star male e si gode a far star male gli altri, si gode a trasformare un gesto violento in un atto di giustizia, come gli occhi spalancati e i grandi sorrisi della folla che assiste alle impiccagioni in piazza. Si è tutti bambini, bambini che giocano a fare i grandi. E fin qui si può dire è così, non importa, faccio finta di niente, ma dall'altra parte quando trovi uno che si appassiona a qualcosa che reputa bella, di cui ti elenca i pregi, che ti consiglia di provare, ti chiede di avere fiducia, ti invita a lasciare tutto e seguirlo, ecco che sospetti il marketing, la truffa, perché nessuno fa niente per niente, la propaganda e le campagne promozionali.

Non c'è più niente di bello e solo del brutto si può esser sicuri. Non c'è più niente di buono che non si ottenga punendo il cattivo. Ecco perché è così importante proteggere con tutte le proprie forze, per impedire che si spenga la piccola fiammella di virtù che da qualche parte tutti noi dobbiamo pur avere, o aver avuto. A volte succede che sia faticoso convincersi che non sia futile e viene voglia di ritirarsi nella pace relativa della solitudine, a parlare da soli o con chissà chi. A volte si prende nota del fallimento di condotte davvero anticonformiste, che sono tali non perché vogliono cambiare qualcosa ma perché aspirano a non cambiare, al paradosso del far parte di una comunità alla quale non sentiamo di appartenere, e a quel punto soffriamo davvero la mancanza di un amore qualunque, anche provvisorio, fittizio, mercificato, perché immergersi nella realtà, rendersi concreti, non è comunque sufficiente a placare il bisogno di appartenere a qualcosa di più grande di noi, di guardare in alto, lontano. 




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