martedì 12 aprile 2011

emersione

È vero che internet ha provocato, in maniera indiretta, cambiamenti che non hanno niente a che fare con la tecnologia, cambiamenti che interessano i rapporti sociali, le modalità di gestione dell'opinione pubblica, gli strumenti per il confronto e l'emersione dell'opinione maggioritaria e soprattutto i tempi di reazione concreti e quelli percepiti.

Non sto dicendo che tutto questo è un bene o un male, non sto dando giudizi di valore aprioristici, non ha nemmeno senso criticare gli effetti non voluti incolpando il mezzo, uno strumento. Infatti è vero che internet consente l'esposizione di voci che attirano nella loro orbita gravitazionale masse consistenti di pubblico (e di pubblicità) senza garanzie di professionalità, di rappresentanza garantita da controllo istituzionale. Ti basta intercettare lo sdegno qualunquista, la meschinità astiosa dell'uomo comune, per trovare seguito e approvazione. Questo può portare a presumere di essere all'altezza di un compito come se non fossero necessarie competenze o abilità particolari, come se esperienze e titoli di studio fossero in realtà barriere create dal sistema per impedire a chiunque di occupare posti di comando.

La vecchia tv richiede tempo da dedicare alla visione, non si può scegliere l'orario senza doversi accollare il costo e il fastidio di una registrazione. Internet consente di accedere a qualsiasi contenuto quando e dove si vuole, senza nemmeno subire le interruzioni pubblicitarie.

Il controllo sull'informazione dava modo al governo di modellare un popolo, una nazione, costruendola dal nulla, creandola e dandola per scontata per poi ritrovarsela nella realtà grazie a questa specie di imprinting che consente alla cultura, qualunque sia, antica o costruita dal niente in laboratorio (come hanno dimostrato gli esperimenti ideologici nazisti e comunisti) di colonizzare le nuove generazioni. Tutte le differenze, i motivi di rancore, le statistiche che dimostrano realtà scomode, vengono semplicemente ignorate e seppellite, vietando o lasciando che non siano 'messe in onda'. In questo modo tutti i problemi vengono limitati a piccole dimensioni territoriali, dal momento che la gente è stanziale, non sa cosa succede a 100 km di distanza se nessuno glielo va a dire.

Prima di internet per sapere com'era il mondo là fuori, lontano, dovevamo basarci prima su libri e stampa, poi sul cinema, infine sui programmi televisivi. L'America era quella della tv, ci sembrava di essere tutti americani, nessuno di certo si sentiva particolarmente amico dei cinesi, per esempio, o dei congolesi, non c'è un fonzie cinese. Addirittura gli italiani sono più amici fra di loro per la comune americanità assorbita per mezzo della tv che per un'italianità rimasta nei confini del fittizio. La nostra cultura è costituita soprattutto, se non unicamente, dagli stereotipi.

Alla luce di queste considerazioni si afferrano le ragioni per cui i governi ci tengono tanto a censurare internet. Se un gruppo di persone non sa, non conosce, la sua mente non si mette a evidenziare le differenze, il suo cuore non comincia a macerarsi nell'insoddisfazione, il suo spirito non comincia a desiderare condizioni di maggiore benessere.

Ecco, quello che la libertà di internet fa mancare è la possibilità del controllo. Il controllo, vale lo stesso ragionamento sull'esprimere giudizi a priori su internet, può essere buono o cattivo a seconda di chi controlla cosa. Tra l'anarchia - con le aspirazioni dell'autoprogrammazione in chi immagina che un computer prenda coscienza raggiungendo un'adeguata complessità - e la dittatura – con il sollievo di chi vorrebbe delegare tutte le responsabilità di governo a un supercomputer che riesca a fare il miracolo di mescolare il giusto e il razionale - vi sono tanti gradi di controllo possibile.

I pericoli che dall'inizio della storia hanno portato cambiamenti positivi o tragici sconvolgimenti sono sempre gli stessi: il mio vicino ha una cosa che io non ho e che mi serve, che voglio, che non è giusto che lui la possa avere e io invece no. Chi comanda sbaglia e dobbiamo punirlo per quello che ha fatto eppoi toglierlo di mezzo per far comandare quest'altra persona, che ha promesso di cambiare tutto e racconta cose molto esaltanti e commoventi e i suoi progetti ci renderanno più ricchi e più felici.

Internet è un gigantesco televisore che trasmette di tutto e i governi non possono controllare. Questo è bene se lo guardi dal lato dei contenuti di alto valore scientifico (posso studiare qualsiasi materia aprendo wikipedia, non so se mi spiego, posso vedere foto di galassie lontane, posso fare ricerche in dieci minuti che prima di internet a uno studioso avrebbero richiesto mesi, anni), artistico (posso vedere murales di tutto il mondo, alcuni molto belli e significativi, per esempio, posso leggere articoli pubblicati su giornali stranieri che vengono tradotti per me gratuitamente da un madrelingua o da un software), posso comprare cose che non trovo nei negozi. Il lato negativo è l'uso che fanno di internet i truffatori, i venditori di articoli illegali, i depravati, i terroristi, i delinquenti in generale e soprattutto i politici, che siano impiegati direttamente dalla politica o lavorino come 'giornalisti' o aspiranti tali. Su internet la politica diventa un pollaio, dove anche chi non sa di cosa parla agita la fiaccola e incita i forcaioli perché diventa inutile l'approfondimento quando il destinatario del messaggio non può capirlo. Allora vale solo chi grida di più, chi accusa più forte, chi fa promesse più allettanti. Hanno inventato parole specifiche, gli antichi, per definire i comportamenti criminali nel campo dell'informazione: demagogia, populismo, dittatura.

In questo momento storico anche la politica, come tutto il resto, si va estremizzando nelle posizioni: i due poli d'attrazione vanno dall'aristocrazia (che significa governo dei migliori, aristos vuol dire migliore, non nobile) all'oclocrazia (che significa governo delle masse, utilizzato in forma spregiativa per indicare una forma di governo transitoria che può sfociare in una forma più o meno severa di controllo autoritario). Dalla parte degli aristos abbiamo chi chiede meritocrazia e chi l'eroe che si candidi al ruolo di salvatore, chi si appella al governo perché faccia il miracolo di contrastare fenomeni globali sui quali non ha né può aver alcuna possibilità d'incisione, che siano ondate migratorie o concorrenze di paesi a basso costo della manodopera (tutte cose fra l'altro già viste in passato, alle quali anche in passato non si è potuto contrastare efficacemente senza piombare in guerre mondiali). Dall'altra parte ci sono quelli che accusano e danno la colpa di tutto all'avversario politico, quelli che vedono dappertutto complotti ai danni del popolo, che si sentono parte di un meccanismo studiato per sfruttare le masse e, una volta fatto saltare il sistema, tutto andrà a posto automaticamente.

Ecco perché io evito il più possibile quasi tutti gli argomenti che non siano il tempo atmosferico. Sono molto basse le probabilità di rovinarsi l'umore parlando di quanto caldo fa, della nuvolosità del cielo o della probabilità di pioggia nelle prossime ore. Inoltre per parlare del tempo non c'è bisogno che uno dei due interlocutori sia un aristos, possono essere entrambi i peggiori esponenti dell'oclos e non succede niente, non si finisce a litigare perché uno sostiene che piove troppo e l'altro troppo poco. È più facile stare zitti, navigare sott'acqua, senza emergere mai se non per emergenza, come quei sottomarini nucleari che hanno autonomie decennali. Si fa meno fatica, si evitano noie, si vive tranquilli e beati.

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