martedì 24 gennaio 2012

Press enter to continue

Dovremmo porci dei limiti anche per internet, come per tutto il resto, non solo in termini di quantità giornaliera, ma di assimilazione totale: fissare una tacca e dire oltre questo punto non ce ne sta più. O scadenze temporali definitive, tipo vado avanti fino a quando esce guild wars 2, oppure per altri cinque anni. E poi basta, passare ad altro, mettersi uno zaino in spalla e stare in giro per anni. Ha senso crescere un figlio per sempre? Certo che no, non è un'estensione di noi stessi. Allora perché facciamo finta che ci siano prolungamenti della garanzia, periodi indeterminati, ci prendiamo in giro su quello che siamo in grado di fare e per quanto possiamo continuare senza stancarci, senza crollare, senza diventare parte integrante di quel che facciamo, perdendo noi stessi nella trappola di amnesie volontarie. A me sembra testardaggine, un combattimento fra galli, la lotta istintiva che viene innescata per la gioia degli scommettitori, un rito spartano da tragedia classica che dopo un po' non fa più ridere, nemmeno piangere, non fa più niente, ci lascia indifferenti, esausti, come dopo aver letto notizie orribili, tutti i giorni leggiamo notizie orribili mentre beviamo il caffè, sdraiati sul divano, non ci interessa più niente, darci quelle notizie serve solo a darci argomenti per fare conversazione. Leggi di bambini che muoiono, anche oggi un bambino di due anni cade all'indietro dalla sedia e finisce con la testa in un mobile a vetri morendo con la carotide tagliata. Noi riceviamo la notizia e passiamo oltre, come se cambiassimo frequenza col telecomando dell'attenzione, della riflessione. Non siamo cattivi ma assuefatti, colmi fino all'orlo, anestetizzati dall'abitudine.

Viviamo dentro a un videogioco, dentro a molti videogiochi, che sono film interattivi dove siamo protagonisti immortali, quando muori premi reset e carichi l'ultimo salvataggio effettuato. Per quanti sbagli tu possa compiere ti viene permesso di arrivare alla fine comunque, imparando dai tuoi errori, perseverando, con l'insistenza irrazionale di un animale che lotta per istinto. Il videogioco horror dove accadono cose terribili intorno a noi solo per ricordarci che dobbiamo essere forti, trovare la via d'uscita prevista dal creatore del gioco, non perdere la speranza e la prontezza dei riflessi, si deve restare concentrati a godersi l'intrattenimento per cui abbiamo pagato. E il videogioco romantico per eccellenza, con fate draghi cavalieri elfi, amore e magia, grandi soddisfazioni, riconoscimenti, arrivare alla vecchiaia come quegli indiani in comunione con gli spiriti al punto da dire 'oggi è un bel giorno per morire'. È un meccanismo automatico che non ha responsabili, che non sottende volontà o responsabilità, si tratta del grande respiro del mondo, lo spirito dei tempi, la necessità degli equilibri. Noi siamo incasellati in un meccanismo che noi stessi difendiamo perché sentiamo di farne parte, ci sentiamo in debito e in colpa nei suoi confronti, abbassiamo lo sguardo in sua presenza, siamo ancora bambini, siamo tutti bambini, anche e soprattutto chi è convinto di no. Siamo bambini che passano la vita a cercare di capire come si fa a smettere di essere tali, che provano a smettere di esserlo, che si convincono di esserci riusciti. Ma se davvero non fossimo più bambini stamattina dovremmo essere tutti immobili a fissare nel vuoto, pensando alla gola squarciata di quel un bambino che muore davanti agli occhi dei genitori, agli occhi dei fratelli, ai nostri occhi.

E invece non ci lasciamo distrarre, siamo troppo coinvolti dal gioco che teniamo fra le mani, siamo troppo impegnati a smettere di essere bambini, di fare i bambini. Non ci poniamo limiti per niente tranne che per l'essere bambini: deboli, ingenui, emotivi, ignoranti, sensibili, eccessivi. Non ci poniamo limiti quando si tratta di uccidere o di bruciare. Lavorare per sempre, arrivare dove nessuno è mai giunto prima, tutta la retorica illuminista e romantica del molto di più e molto più veloce. Alla mattina accendo il computer e vedo decine di email, commenti, il feed reader con centinaia di cose non lette, immagini non viste, battute a cui non ho riso, scandali per cui non ho storto la bocca, ingiustizie per cui non ho imprecato, pazzie che non mi hanno fatto portare le mani alla bocca o ai capelli. Dopodiché ci si aspetta che spenga e vada a buttare l'immondizia, a leggere un romanzo, a divertirmi, a fare il mio dovere di lavoratore/contribuente-consumatore. È come farsi dare la scossa, le frustate, e goderne, il masochismo del cittadino medio, obeso e depresso, in attesa di finire il gioco a furia di tentativi quotidiani, sveglia dopo sveglia, rito dopo rito, abitudine dopo abitune, senza mai averne abbastanza, senza mai arrivare a sazietà. Smettere è arrendersi, ritirarsi è perdere, bisogna stare in campo e guadagnare di più, produrre di più, battere i record, sconfiggere il nemico. Ma chi è il nemico? Siamo pieni di nemici invisibili e lontani, immateriali proprio come quelli dei videogiochi. Non sono avversari concreti, sono bersagli che ci servono per poter sparare a qualcosa che non siano i nostri famigliari, i nostri alleati, noi stessi allo specchio. Fatevi un elenco di tutti i nemici, partite pure dalla preistoria, dalle liti fra tribù per l'uso esclusivo di una sorgente. Arrivate alle crociate, alla guerra fredda.

Non è più nemmeno questione di etica in un mondo dove l'autorità non è legittimata e la morale è relativa. Non sappiamo più nemmeno per cosa stiamo lottando, per cosa valga la pena. Il benessere ha un costo non preventivato in termini di dipendenza e dedizione, di inquinamento e sovrappopolazione. L'illuminismo, dopo aver fallito imboccando soluzioni da socialismo scientifico nazista e comunista, sta mostrando la corda dell'idealismo utopistico anche nei modelli matematici che sceglie di utilizzare per spiegare la realtà. Da ogni parte arrivano bordate delusorie (de delusion, che in inglese è una parola che indica una malattia), proprio nel momento di massimo splendore della civiltà illuministico-romantica, proprio quando l'intera umanità si è messa a praticare il culto del benessere, con l'entusiasmo di chi non vede un limite alle possibilità umane, di chi utilizza una matematica che non prevede vincoli materiali, statistiche basate su condizione temporanee del passato e del presente che non dureranno in eterno. Non siamo capaci di ipotizzare i limiti e irridiamo chi ci prova, gli diamo del thomas maltus, gli diciamo che ci saranno tecnologie innovative e che non è aver fede ma ragione perché in passato ci sono state, in passato è andata così. Illuminismo romantico che si aspetta una schermata di aiuto, un romantico intervento divino o la scoperta scientifica del cheat godmode, e nel frattempo va avanti come ha sempre fatto, in bilico sull'overdose, ti alzi dal letto che sei già stanco, lavorerai per pagare debiti, il futuro che amavi tanto adesso ti tiene in pugno, corrergli incontro diventa sempre più faticoso, il videogioco non è più così bello come quando ci hai giocato la prima volta, ignorare bambini che muoiono di morte violenta, per distrazione, per stupidità, ignorare i bambini dicendoti non è colpa mia, non è colpa di nessuno, il videogioco ce ne vuole per far finta che ti piaccia ancora, devi mentire quando te lo chiedono, devi continuare a sorridere, a mostrare sicurezza, a comportarti da adulto, non puoi spegnere il computer, non puoi nemmeno dire va bene ci gioco ma solo fino a questo punto, fino a quando ne ho avuto abbastanza, no, devi finirlo, devi continuare fino alla morte per non sentirti una nullità.



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