Oggi è la giornata della memoria. Si leggono cose preparate da giorni per far bella figura, cose riproposte come a tirare fuori l'album fotografico di famiglia, si leggono cose di gente che partecipa alla celebrazione mediatica per guardare nell'obbiettivo e salutare la mamma, si leggono cose di gente che spara nemmeno contro i defunti, che anche i defunti ormai sono polverizzati, spara contro i fantasmi e non per ricordare ma per far rivivere il passato, come quelli che si vestono da soldato nordista e fanno finta di morire rotolando nell'erba, sotto gli occhi di spettatori divertiti. Il rischio di iniziative culturali come questa, la riflessione pubblica e collettiva sul dramma dell'olocausto, è l'effetto spettacolo, l'infezione dell'intrattenimento che trasforma ogni argomento in attrattiva, venite fatevi avanti siore e siori. Si valuta in termini di feedback l'iniziativa poco o molto interessante, a prescindere dai contenuti, si avverte la necessità di una tragedia che si presti a venire replicata senza perdere pubblico, come le serie tv che possono chiudere dopo la puntata pilota o andare avanti decenni. Si percepisce tutto questo in varie occasioni delle quali la giornata della memoria è una di queste, e quanto il non partecipare ti fa sentire in colpa, sentimentalmente egoista, romanticamente sterile, empaticamente limitato, tanto il partecipare ti fa sentire complice del sistema propagandistico superficiale, emotivo, irrazionale, acritico, che non approvi. Sia l'anno scorso che quello prima ho voluto mettere il dito anch'io nella ferita sempre aperta del antisemitismo e, nonostante la premessa liberatoria, è quello che sto facendo anche quest'anno.
Vedremo fotografie, filmati, leggeremo poesie, diari, tutto materiale che accusa i colpevoli come se fossero quattro stronzi sbucati fuori dalla fogna e avessero preso il potere di notte, mentre i buoni dormivano, e una volta sul trono del re avessero dato ordini indiscutibili per via di un incantesimo malvagio che rende schiavi. L'olocausto sembrerebbe opera di robot schiavizzati con la magia da mostri arrivati al comando con la truffa. Dite la verità, è questo che avete dentro alla testa, ecco perché non ho mai tutto quell'entusiasmo nell'unirmi ai riti di gruppo, non è per una forma di asocialità malata o presuntuosa, no, è perché non voglio sentirmi complice dell'inganno culturale. L'olocausto è stato il frutto naturale di un'epoca di socialismo scientifico, di scienza applicata alla società. Parliamo di Darwin, di Lombroso, di esplorazioni, di schiavismo, di rivoluzione industriale. Non si può trattare il nazismo come una cosa a parte, differente dalla altre dittature europee o addirittura estranea alla cultura prevalente nell'occidente. Non c'è niente di separato nello sviluppo organico del pensiero occidentale, la tecnologia influenza la storia che influenza la filosofia che influenza la medicina e via dicendo. L'olocausto non l'hanno fatto gli alieni, l'abbiamo fatto noi, anche noi adesso che ne parliamo schierandoci dalla parte dei buoni. Mettetevelo bene in testa che voi non siete i buoni, neanche se sputate sui nazisti, neanche se chiedete scusa, voi siete colpevoli due volte se vi credete innocenti. Se voi foste nati nella Germania di Hitler avreste pensato che fosse tutto giusto e normale, scientificamente dimostrato, moralmente accettabile. Chiaro? Voi non siete innocenti! Tantomeno siete buoni!
Se voi foste l'aristocrazia francese di fine 700 avreste pensato che la marmaglia stava esagerando. Se foste russi sotto Stalin avreste esultato alla notizia di un vicino di casa scoperto dalla polizia segreta e spedito in Siberia. Voi non sedete nel banco della giuria, o siete nell'elenco delle vittime o siete sul banco degli imputati. Non giudicare e non verrai giudicato non significa non giudicare apertamente per paura delle ritorsioni o astieniti ipocritamente dal giudicare, significa che nel momento in cui giudichi vieni giudicato. Il giudizio sull'olocausto, in particolare, è un giudizio su di noi come umanità, un giudizio su come gli esseri umani siano in balia di correnti culturali sulle quali non hanno alcun potere se non quello di testimoniare estraneità a posteriori, rinnegando qualsiasi coinvolgimento con cieca insistenza, per una due tre volte di fila se necessario. Tirarsene fuori, togliersi di dosso la colpa come fosse polvere sui vestiti, qualcosa di estraneo, e invece non è niente che viene da fuori, fatta da altri, che possiamo prendere, legargli al collo una collana di responsabilità e cacciare a pedate nel deserto. L'olocausto è colpa di tutti, anche di noi che celebriamo il giorno della memoria come a dare una pacca sulle spalle di solidarietà a gente che con noi non c'entra. E vedi gente che ogni giorno dell'anno esprime posizioni violente e assolutiste, oggi e solo oggi apre una parentesi di comprensione viscerale delle vicende umane come chi porta i fiori freschi sulla tomba dei genitori per il giorno di ognissanti.
Per cui sì, partecipo anche quest'anno, ma sto in disparte, come al solito, sto in fondo, nell'ombra, e sto zitto, non rovino la festa a nessuno. Farò finta di niente a chi mi guarda il naso e annuisce come se avesse capito qualcosa di me che nemmeno io comprendo, a chi maledice i colpevoli quando dovrebbe maledire tutti noi per essere come siamo. L'olocausto è il frutto più vistoso del socialismo scientifico che mira a eliminare i pezzi difettosi o non congruenti, che siano i geneticamente imperfetti, gli individui che non si sacrificano per il bene comune, che sia popolo o nazione. Nazismo è una contrazione di nazional-socialismo, è volkswagen che vuol dire auto del popolo, è industrializzazione e mito del superuomo niciano che in russia è stalin che significa acciaio e in america è clark kent. Non possiamo isolare la Germania e dire loro sono stati cattivi e noi no perché hanno fatto quello che avremmo fatto anche noi se avessimo trovato il coraggio. Perché tutto il mondo occidentale la pensava esattamente come i nazisti su tutto, chiaro? Riuscite a capirlo al volo o ve lo dico più lentamente? Le pubblicazioni sulle riviste scientifiche in tutto il mondo moderno puntavano dritte lì. Le pubblicazioni universitarie su temi filosofici puntavano dritte lì. I concetti espressi sotto forma di arte puntavano dritti lì. L'olocausto è il punto del corpo dove ha colpito il proiettile culturale sparato dall'umanità contro se stessa. La cultura dell'uomo occidentale, ovvero dell'intero mondo civilizzato, non si è neppure fermata a prestare soccorso, è andata avanti come se fosse inciampata.
Voi pensate che il nazismo sia diverso dal comunismo, dalle tante dittature nel mondo che si esprimono realizzando varianti del progetto ideologico del socialismo scientifico, una visione del mondo positiva e luminosa, come direbbero certi invasati, un lungo percorso verso la perfezione più o meno condiviso dalla maggioranza, sostenuto dalla voce pubblica delle élite che indirizzano l'operato delle classi dirigenti profetizzando rivoluzioni, teorizzando spiegazioni almeno plausibili, sventolando proiezioni statistiche ad hoc. Un mondo dove si è buoni per legge e il diritto ha fondamento nelle leggi naturali. Ebbene, voi siete nazisti. Voi volete eliminare chi non rientra nei vostri parametri. È normale, succede da sempre, è una dinamica di gruppo che si riscontra anche negli animali. Siete stati adolescenti, sapete cosa vuol dire essere dentro o fuori da un gruppo. Se dovete scegliere fra il salvare un parente o uno sconosciuto voi scegliete il parente. Se qualcuno al posto vostro compie di nascosto azioni che vi portano vantaggi, che sia eliminare la concorrenza, imprigionare i terroristi, uccidere feti femmine per contenere la popolazione, distruggere ecosistemi per farvi stare al caldo d'inverno, voi state zitti e fate finta di niente, preparare discorsi difensivi per un domani in cui vi venisse chiesto di rendere conto della vostra inerzia, vi preparate a manifestare pubblicamente cordoglio e pentimento, a chiedere scusa per quello che han fatto gli altri, i cattivi, a vostra insaputa. Per cui cosa volete che vi dica? Che siamo tutti ebrei? Va bene, ma alcuni di più e altri di meno, e non dirò che io lo sono di più, ma di certo in molti lo sono di meno.
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