Siamo incapaci di moderazione. La moderazione è un lusso che i depressi e i bipolari non possono permettersi. C'è un prima e un dopo, il prima è quando le malattie non esistevano, non si erano formate o non erano state create, non avevano un nome, non erano classificate, descritte, sottoposte a rigidi programmi di sperimentazione, studiate e interpretate alla luce di. Nel prima c'è una cosa che si vuole oppure no, la semplice logica shopenhaueriana della volontà come sovrano superegotico del desidesirabile, dove una cosa è buona o cattiva prima di una morale a decretare giudizi condivisi. Nel mondo infantile del prima si tratta di impedire che venga esaudita la volontà di cose immorali o obbligare l'avverarsi di cose moralmente encomiabili, perché quasi mai si vuole ciò che è bene e non si vuole ciò che è male. Non si vogliono medicine amare, si vuole prevalere sull'avversario. Il prima è quando si ipotizzava che la volontà individuale fosse naturalmente erronea, il male necessario del mondo, il dopo è quando si ipotizza che la volontà individuale vada distrutta a favore del bene comune, il paradiso in terra. Il dopo non è finito, è ancora in vigore, un dopo in cui dalla moderazione della volontà si è passati all'eccesso di moderazione, smarrendoci in alienazioni pubbliche e private dove ci si sfoga in termini di autodistruzione per compensare una volontà annichilita e favorire la completa vittoria di una qualunque dittatura morale.
Non siamo più capaci di alcun tipo di moderazione, perfino la moderazione deve essere eccessiva o non essere. La modestia deve essere così manifesta da diventare motivo di vanto: ecco il modesto vanitoso. Qualsiasi presunta virtù diventa un pretesto per l'esibizione di capacità superiori in una competizione senza premi per i vincitori. Si corre a vuoto come criceti nella ruota della gabbietta, e qui entra il gioco il relativismo morale, perché quando c'è un codice ben preciso di comportamento, per cui la società premia o punisce, e viene messo in discussione succede che chiunque può scegliere i propri obiettivi, utilizzare la volontà non come nel prima, dove volontà e necessità morale si riconoscevano a vicenda, ma come prima del prima, quando il mondo era selvaggio e i rapporti umani animaleschi, quando la volontà non riconosceva alcuna utilità a regole con finalità sociali, di gruppo o di specie, superiori alla dimensione del singolo, pre-umanistiche e pre-illuministiche. Inseguendo la supremazia della morale e del sociale sulla volontà e sull'individuo, abbiamo finito per dimenticare la funzione dell'una e dell'altra, abbiamo perso la capacità di stare in equilibrio e di cercare un significato all'interno di un concetto di salvezza in grado di prescindere dalla durata della vita, dalla salute del corpo, da tutta una serie di variabili totalmente legate alla sfera individuale. Noi oggi cerchiamo la salvezza nelle macchine, nella medicina, nella ricchezza, nel successo, nel consumo, nello svago, in tutta una serie di oggetti concreti che ci lasciano vuoti e insoddisfatti.
La moderazione oggi è debolezza, è perdita, è sputare sul diritto all'eccesso che ci vengono garantiti dal progresso scientifico, dal benessere economico, dalla libertà giuridica. Tutto deve essere vissuto con gioia e trasporto, come ho detto in apertura: chi non è contento è malato. Abbiamo vissuto una ubriacatura senza precedenti grazie alle possibilità offerte dal petrolio, la quantità di lavoro che viene svolta bruciando petrolio, la quantità di prodotti che viene costruita trasformando il petrolio, rispetto a gas e carbone il petrolio ha fatto una differenza enorme nel rendere ricca una piccola parte della popolazione mondiale. Non so se vi rendete conto che lo stile di vita dell'uomo occidentale non è sostenibile a livello globale. Questo particolare concreto ma inconfutabile viene sistematicamente ignorato, tu lo dici e chi hai davanti magari lo sente, con le orecchie, ma il suo cervello si rifiuta di processare l'informazione. Non ci salverà l'energia solare, l'idrogeno, l'atomica, le maree, niente, ok? Chiaro? Non esiste alcuna fonte di energia, fisicamente, son leggi fisiche, non sto dicendo che non si è ancora scoperta, non può proprio esistere niente che vada a sostituire il petrolio. Ci sono voluti milioni di anni, un'intera era geologica, il carbonifero, per creare i giacimenti di combustibile fossile che stiamo consumando. Poi basta, fine, quando abbiamo bruciato tutto basta, finisce una parentesi storica dell'umanità che non potrà mai ripetersi, non sto scherzando. Per cui non sto parlando di cultura come di qualcosa che non ha attinenza con la realtà, quando parlo di prima e di dopo, della moderazione nel 2012, parlo di cose concrete. La cultura ti aiuta a capire il mondo in cui vivi, non è qualcosa per noiosi sfaticati che si fanno le seghe mentali.
Non sappiamo darci limiti in una miriade di situazioni, la pubblicità, che è la più evidente, la medicina (tra poco batteri e virus l'avranno vista sugli sforzi scientifici degli ultimi secoli e non sarà sufficiente l'ottimismo e la fiducia nel progresso a impedire agli idealisti sognatori di sbattere la faccia contro la dura realtà), la conquista dello spazio (parlano di viaggi spaziali che durano anni, secoli, dove nello spazio tutto è lì solo per uccidere la vita, la fragilissima vita di noi esseri umani: le radiazioni, la temperatura, le distanze, la gravità stessa), la stessa concezione di società andrà in frantumi alla prima sollecitazione perché è basata su presupposti artificiali e fa affidamento su condizioni più che provvisorie. Tutto in questo periodo storico è all'impronta dell'esagerazione, una continua scommessa al rialzo su se stessi, una febbre che porta a dare confidenza sempre maggiore a rischi esorcizzati con una risata, l'intero processo di razionalizzazione è intrinsecamente assurdo perché implica profezie che si autoavverano. La parola d'ordine è quella di evitare il panico, evitare il panico dei mercati finanziari, evitare il panico nella popolazione, affrontare costi previsti e perdite calcolate per impedire il collasso del sistema per tutto il tempo possibile, ritardare l'inevitabile in una corsa inutile e ridicola contro il tempo.
La moderazione consiste anche nella capacità di reazioni composte e nel coraggio della verità. Ma noi, oggi, se creiamo un frullatore parliamo subito di futuro, di futuro con uomini frullatori o schiavi dei frullati. Facciamo il tipico errore della scienza statistica: ci basiamo sul passato per fare previsioni. Non c'è niente di più sbagliato ma è così che funziona il cervello umano e, peggio ancora, è così che funziona la testa di chi vuole usare la scienza per spiegare tutto, il determinismo scientifico per cui gli esperimenti ripetuti dimostrano e assurgono a legge universale. E invece la scienza non è uno strumento valido per tutto, non lo è di sicuro per dare salvezza all'uomo, perché anche di salvezza ha bisogno l'uomo, e privarlo del diritto a trovare salvezza fuori dalla scienza è un delitto peggiore che dare del malato a chi non abbraccia con gioia la religione dell'ottimismo smodato e immotivato nell'uomo. Il neo-umanesimo di cui si inizia a parlare deve stare molto attento a specificare nei dettagli non tanto cosa vuole diventare da grande, ma cosa non vuole diventare, perché noi uomini se facciamo guerra oggi la facciamo con l'escalation, se ci raccontiamo una storia lo facciamo con viaggi dell'eroe intrisi di romanticismo tragico, oggi tutto deve nutrire aspettative esagerate e chi ne resta deluso è depresso, chi viene schiacciato dal peso dello stress è demotivato, è malato, deve curarsi, il realismo e la moderazione sono dannosi e repellenti, il pessimismo è contagioso e pericoloso. La religione dell'ottimismo dice che se pensi positivo ti accadono cose belle e il suo rovescio della medaglia, la superstizione del pessimismo, dice se pensi negativo verrai punito. In ogni caso non ti moderare mai, 110%, dacci dentro, sii te stesso, non ammettere mai una debolezza, se non puoi essere santo allora pecca fortissimamente e con la massima convinzione, la mentalità del vincente che non si arrende mai, il mondo è ai tuoi piedi, veni vidi vici.
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