Visualizzazione post con etichetta Internet. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Internet. Mostra tutti i post

venerdì 20 aprile 2012

Incognito

La letteratura, come qualsiasi attività umana, necessita di riconoscimento. L'appagamento dell'autoreferenziale fa capo a capacità critiche e risorse di autostima chiamate a superare la forza dirompente dell'ostracismo, l'arma sociale preferita nelle società umane che nemmeno le scimmie sono così crudeli da utilizzare. Puoi essere l'orologiaio più capace del mondo e non trovare non dico acquirenti per le tue sveglie, ma nemmeno esperti in materia disposti a fare pubbliche ammissioni. Ci vuole una grande forza interiore per fare a meno del riconoscimento pubblico, ufficiale, è rivoluzionario l'atteggiamento del fuori concorso, di chi non partecipa alla competizione perché non condivide le regole o denuncia la soggettività delle premiazioni. Perché se fai orologi puoi dimostrare che i tuoi sono più precisi, ma non puoi dimostrare nulla se scrivi, canti, reciti, fotografi, pensi, fai cultura.

È facile paragonare all'onanismo la pratica di chi non rivolge la sua produzione a un pubblico. È facile paragonare a facili costumi chi dà via la sua produzione gratuitamente. Il paragone col sesso è calzante: se lo fai per te stesso non va bene, se lo fai gratis al primo che passa non va bene, se lo fai a pagamento col primo che passa è già più accettabile, e in fondo è quello che fanno tutti coloro che hanno successo. È raro che qualcuno venga riconosciuto per un lavoro non espressamente finalizzato a gratificare un acquirente ben identificato, che sia l'adolescente con soldi in tasca per comprare canzoni d'amore, che sia il partito politico che vuole modificare i comportamenti sociali, che sia il cittadino medio che occupa una fascia di mercato lasciata scoperta. Se invece pensate davvero che la cultura sia un fiore spontaneo allora vi lascio tranquilli a brancolare nei dolci pascoli dell'ingenuità.

Prendete per esempio il testo di una canzone di un cantautore famoso, di quelli che gli danno le lauree honoris causa, che ogni tanto salta su qualcuno a dire che dovrebbero insegnarle a scuola. Sembra un testo fantastico, pieno di emozione e sentimento, di una profondità abissale in grado di far piangere i sassi, lo è fino a quando non immaginate che l'abbia scritto un liceale brufoloso sconosciuto, uno che si comporta male, dice le parolacce e fa il buffone. A quel punto ditemi che non andate in tilt. Non c'è il personaggio sul palco, vestito così, coi capelli così, il tatuaggio, il trucco, oppure con l'aria normale del bravo ragazzo, insomma non c'è materiale per dargli un riconoscimento ufficiale. Se il vostro cameriere scrivesse una poesia e ve la mostrasse voi lo guardereste come si guarda un cane finito sotto la macchina. La stessa poesia riportata in tv e sui giornali, citata da giornalisti e trasmessa alla radio diventa un capolavoro.

Non è colpa di nessuno. È così che funziona. Il pubblico, tranne rare eccezioni, non è in grado di giudicare da sé il valore di opere culturali. La gente si appoggia al riconoscimento ufficiale. Una volta questo riconoscimento veniva dall'alto, c'era un establishment, un'intellighenzia che decideva chi riconoscere. Nelle dittature venivano riconosciute solo opere grate al Partito, il resto era underground, era dissidenza, era rivoluzionari-reazionari che rischiavano galera, tortura, campi di rieducazione e condanne a morte. Adesso l'underground è diventato nazional-popolare, adesso il riconoscimento è dato dalle copie vendute e non dai premi della giuria, adesso sei scrittore perché il tuo libro è stato pubblicato, lo sei ancora di più se hai venduto tante copie. Adesso ci sono case discografiche, case editrici, vere e proprie industrie commerciali che non hanno nulla di culturale ma fanno un investimento sull'autore, analizzando le preferenze di mercato, programmando la sua carriera a tavolino, comprando la popolarità dell'autore adottato e inserito nella scuderia aziendale a suon di promozione e visibilità mediatica.

Ecco perché io ho scritto qui sul web, in questi anni, solo per mio figlio, per dimostrargli che non ho mai avuto paura di mostrarmi per quello che sono, che non ho niente da nascondere, mio figlio è il mio unico pubblico, l'unico pubblico che mi sia mai interessato. Ecco perché non me ne frega niente, in fondo, di essere riconosciuto dal mondo quando parlo del mondo, dell'economia, della filosofia, dell'arte, e me ne tornerò presto a farmi gli affari miei, a giocare a gw2, fare passeggiate, dedicarmi a hobby privati che non necessitano né aspirano ad alcun riconoscimento pubblico, tornerò a far finta che non esista questo baraccone mediatico e neppure i clienti che gli danno modo di funzionare. Perché anche l'amore ha bisogno di riconoscimento per esistere, non puoi dire di aver sperimentato l'amore se hai sempre e solo amato te stesso, perfino un dio non sarebbe tale senza qualcuno in grado di riconoscerlo come tale. Ma anche pretendere di essere dio è superbia, foss'anche dio a pretenderlo, il risultato è che siamo liberi, e per me essere libero e avere la capacità di rendermene conto è più che sufficiente, anche a costo di dover bastare a me stesso.


mercoledì 11 aprile 2012

Omeopatia

Premetto che io sono un deficiente. Come deficiente ho il diritto di dare del deficiente a chi mi pare, è come se un nano dà del piccoletto a qualcuno. Detto questo parto col dare del deficiente a tutti quanti. Se qualcuno vuole darmi del deficiente di rimando, tipo specchio riflesso all'asilo, per me va bene, non ho problemi a ritenermi un deficiente. A me piace sentirmi un deficiente, perché i deficienti ignorano, fischiettano camminando sotto i carichi sospesi e non gli cade mai in testa il pianoforte come nei cartoni animati, e se anche gli cade pazienza, non se ne sono accorti. Anch'io non voglio rendermi conto di niente, voglio essere un deficiente sereno e spensierato, che si gode le piccole cose e ha sempre il sorriso in tasca. Che non si sente responsabile di niente,anzi, gli altri si devono sentire responsabili di me, che sono solo un povero deficiente. Quindi se qualcuno vuole darmi del deficiente come io do del deficiente agli altri, si accomodi, sfonda una porta aperta.

A proposito di deficienti. All'inizio avevo il dubbio che l'impressione di un mondo pieno zeppo di deficienti fosse sbagliata. All'inizio pensavo fosse un problema mio, che vedevo deficienti ovunque, ero una specie di psicotico asociale meritevole solo di incappare nella sottile e crudele punizione sociale che si concretizza nella solitudine e nel senso di colpa: vai in un angolo e riflettici sopra, come si fa coi cani che hanno pisciato sul tappeto. Mi dicevo smettila di vedere deficienti ovunque, smettila di arrabbiarti per la sensazione sgradevole di avere a che fare solo con deficienti. Mi dicevo il mondo non è pieno di deficienti, è solo un effetto ottico deformante. Ragionavo: se davvero ci fosse pieno di deficienti la specie sarebbe estinta. Pregavo: dicevo liberaci dal male e intendevo liberaci dai deficienti, me compreso se è necessario, npon mi tiro indietro. Questo per far capire quanto mi spaventasse l'idea che ci fosse pieno di deficienti, un po' come essere sul pianeta delle scimmie. Cioè, lo siamo, intendo scimmie poco evolute. Cioè, in effetti lo siamo, scimmie molto poco evolute. Ok, come non detto, riparto dall'inizio.

All'inizio pensavo che la paranoia del ritenersi in balia dei deficienti fosse imputabile a media imbottiti di deficienti. Mi credevo che ci fosse pieno di persone intelligenti, solo che erano tenute fuori dal giro e imboccate con libri di merda, tv di merda, giornali di merda, politici di merda, gente di merda. Mi dicevo è una specie di tirannia dei deficienti che tiene in schiavitù una maggioranza di intelligenti a cui si impedisce di parlare e di fare. E con questa certezza illusoria e consolatoria ho tirato avanti parecchi decenni. Ero un deficiente contento, convinto di essere circondato da intelligenti nascosti nei cespugli, mascherati da deficienti. Una setta segreta di intelligenti stava organizzando la rivoluzione per liberarci dalla tirannia dei deficienti, era solo questione di portare pazienza, aspettare, dar modo agli eventi di realizzarsi. Un materialismo storico dove al posto dei poveri c'erano gli intelligenti, altrettanto numerosi a desiderosi di riscatto sociale. La fantascienza profetizzava energia gratis in abbondanza per tutti, immortalità, iperrazionalismo esasperato con picchi di amore per l'alveare, l'annichilimento dell'individuo che è come accettare di essere inutili replicabili deficienti corpi meccanici.

Un grande spot pubblicitario, una immensa campagna elettorale, dove trionfa l'ottimismo della ragione, dove nutrire fede nella scienza assicura un paradiso tecnologico alle future generazioni. Tutte balle, tutte stronzate. Bisogna essere deficienti per mettere in piedi una Storia che si svolge nel mondo come una fottuta narrazione dove è previsto un lieto fine alla disney per non deprimere consumatori e consumi. Meno male che sono un deficiente, pensa la sofferenza che implica essere intelligenti in un mondo di deficienti. Io voglio essere deficiente, di più, voglio essere più deficiente della media, voglio non capire un cazzo, non sapere un cazzo. Voglio mangiare dormire scopare ridere, una bella vita romantica con tanto di vecchiaia serena, con quella luce diffusa da vetro appannato che utilizzano nei film quando vogliono simulare la commozione. Voglio essere un deficiente che crede a tutto, a qualsiasi religione e all'ateismo, mi bevo tutto, dagli occhiali da sole firmati che mi fanno assomigliare all'attore famoso all'arrivo dei vulcaniani col motore a impulsi, mi bevo che un giorno saremo tutti uguali, la stessa faccia lo stesso destino, non esisteranno più i poveri e il pianeta distrutto si rivelerà una balla raccontata dal governo per farci stare buoni, come le brutte favole che si raccontano ai bambini deficienti, tutto quadra, infatti io sono un bambino deficiente, e anche tu.

All'inizio pensavo che la statistica fosse così, come una collina: tante persone intelligenti in cima e qualche deficiente giù in fondo, nella valle, dove c'è poco ossigeno. Poi ho riflettuto che di ossigeno c'è n'è meno ad alta quota. C'era qualcosa che non tornava, vuoi vedere, mi chiedevo ridendo per l'assurdità dell'ipotesi, che il mondo è veramente, davvero davvero, pieno zeppo di deficienti? Vuoi vedere che essere deficiente è la normalità? Ah, che sospiro di sollievo, allora io che sono deficiente vuol dire che sono normale. Che fortuna, pensa la sfiga se fossi intelligente, mi sentirei di merda in mezzo a milioni e milioni di deficienti. Per questo ci tengo moltissimo a essere un deficiente, se mi dai del deficiente ti ringrazio, ti rispondo almeno, speriamo, faccio il possibile. Perché la verità è che gli intelligenti sono pochi. Essere intelligente è come avere una grave malattia mentale, è come essere schizofrenici o cretini, la percentuale di intelligenti è la stessa di quelli che si credono napoleone, o che si credono molto intelligenti e invece sono deficienti nella media, la differenza è solo che gli intelligenti lo sono davvero, pensa che depressione se sei davvero intelligente e non ti crede nessuno, ti dicono sì sì, adesso prendi la pillolina e mettiti tranquillo.

A un certo punto è arrivato internet e ho capito che sbagliavo, i deficienti non erano solo dentro ai media, non era una dittatura dei deficienti. La cosa più importante di internet è che ha dimostrato al di là di ogni dubbio che il mondo è composto in stragrande maggioranza di deficienti. Siamo in balia dei deficienti, e io che stavo aspettando la rivoluzione dei superdotati, non nel senso di grandi cazzi, nel senso di intelligenti. Ho scoperto invece che sarebbe una dittatura qualora al potere ci fossero gli intelligenti, perché sono pochi. Se facessimo davvero che governa il più intelligente allora fanculo la democrazia, perché il voto significa che ha ragione la maggioranza e siccome la maggioranza è fatta di deficienti fai tu due più due, che io non ci arrivo, è troppo complicato per me. La statistica dice che sono molto pochi gli intelligenti e si tratta di una legge biologica, non dipende dall'istruzione obbligatoria o da quanto uno si sforza, sennò io adesso mi concentro e divento il gemello di brad pitt. Quei pochi intelligenti poi non stanno complottando un bel niente, se ne stanno zitti per mimetizzarsi meglio, per non dare nell'occhio, non assumersi responsabilità, non venire sbranati.

Gli intelligenti fanno l'unica cosa intelligente da fare: si arrendono alla realtà e pensano solo a sfruttare il sistema proprio come un deficiente qualsiasi, un furbetto qualsiasi, un ammanicato qualsiasi, un qualunque amico di amici in cerca di scambio di favori, perché alla fine l'intelligenza oggi è ininfluente, non conta, anzi, è un handicap perché il deficiente non si ferma di fronte a niente, è manipolabile e pronto a seguire la corrente. Al dunque servono attrezzi pesanti e uomini muscolosi in grado di eseguire lavoro materiale, armi potenti e uomini addestrati a usarle, oggi l'intelligenza si misura in quanti soldi hai e quanti sostenitori hai e che carriera hai fatto. L'intelligenza oggi si misura in popolarità e risultati economici, gli sponsor che hai alle spalle, come hai fatto a fregare qualcuno, come sei riuscito a vincere, soldi donne potere. E mi sono pure reso conto che è sempre stato così, nei secoli, al punto che i personaggi storici noti per la loro intelligenza ci sembrano animali dello zoo, matti strani che fan numeri da circo, attori scelti dallo sponsor per una campagna promozionale sull'intelligenza come prodotto di lusso: diventa anche tu un galileo con l'aiuto dei nostri prodotti culturali, con quel messaggio ingannevole tipico dei desideri irrealizzabili, compra il nostro prodotto e diventerai il cavaliere o la principessa delle favole. È un mondo in cui l'intelligenza è diluita fino alla disintegrazione, in omaggio al mito dell'omeopatia, e la persona intelligente si deve vergognare, deve sentirsi diversa, strana, deve stare attenta a dire delle pirlate ogni tanto, a fare il buffone, che qui si è tutti primi fra pari, qui siamo tutti uguali e chi è diverso viene emarginato, se va bene, eliminato se insiste a non volersi uniformare, e se vedi qualcuno bruciare non ti azzardi nemmeno a sputargli addosso perché magari se lo merita e rischi di essere accusato dalla folla di complicità con il bonzo.


venerdì 24 febbraio 2012

dire cose positive su internet

Posso dire cose positive su internet. In mezzo alle tante cose negative collegate a chi lo utilizza come strumento per raggiungere finalità criminali con mezzi innovativi, diversi dal puntare in faccia una pistola a qualcuno, sabotare la concorrenza, scogliere nell'acido i figli di chi tradisce la cosca. Per bruciare la biblioteca di Alessandria oggi ti basta togliere la corrente o usare un potente magnete, tutti gli archivi di internet sono destinati a sparire, anche solo per sopravvenuta obsolescenza. Posso dire anche cose positive, che è raro e piacevole incontrare qualcuno che non ti rovescia addosso ansia e terrore di questi tempi, ogni fonte d'informazione che campa sul sensazionalismo non vede l'ora di farti venire voglia di chiuderti in casa, sederti in un angolo buio, abbracciarti le ginocchia, dondolarti e bofonchiare preghiere che rimarranno inascoltate o maledizioni dirette a sospetti colpevoli. Cose positive, ottimismo, buonumore, il sonno della ragione, la luce della ragione, il grande amore, le piccole cose. C'è il sole oggi, tra un mese è primavera, facciamo discorsi piacevoli.

Per esempio internet permette di rispondere ai grandi fratelli che forgiano il pensiero unico modellando opinioni dominanti, rovistando la broda nel grande calderona junghiano del sapere ancestrale. Jung ha ipotizzato, senza saperlo, questa internet fatta di entità mentali che si connettono agli archetipi durante il sonno, la trance, l'esperienza mistica. Per esempio su Facebook posso rifiutare le pubblicità, dicendo perché. Posso esprimere un parere vincolante sulla cultura costruita, diffusa, espressa tramite la pubblicità. Posso oppormi al potere devastante del marketing, uno dei tanti dei del moderno pantheon dove mercurio è il culto della velocità, giunone la lussuria, venere l'estetica, giove la scienza, marte la virilità e via dicendo. Non è cambiato niente, questa faccenda del viviamo in un mondo nuovo è una truffa, è sempre il solito vecchio mondo, la solita vecchia gente.

Ma dicevo rifiutare la pubblicità, dire perché non vuoi ricevere specifici messaggi, Facebook ti offre un elenco: poco interessante, fuorviante, contenuti sessualmente espliciti, è contro le mie opinioni, contenuti offensivi, ridondante. Poter dire a qualcuno tu dici cose che non condivido, tu sei fuorviante. Ah, che soddisfazione. Ricevo pubblicità di ogni tipo: medicinali scontati canadesi, attrezzi per allargare il pene, gioco d'azzardo, prodotti per la forfora, giochini che creano dipendenza, orologi di lusso scontati, dentisti ungheresi, provini per lanciare i bambini nel mondo dello spettacolo. Senza contare gli avvisi falsi di banche, poste, siti di aste, ebay, amazon, paypal, tutta roba falsa, per mandarmi a inserire i miei dati su siti contraffatti. E lettere di ragazze che vogliono conoscermi meglio, dirigenti africani disonesti che vogliono esportare clandestinamente lingotti d'oro, madri vedove che chiedono soldi per scaldarsi nel rigido inverno nordico, tutta roba falsa. Ma posso dire cose positive di internet, tipo punire i pubblicitari con un click, da questo momento sei nella mia lista nera e non potrai mai più molestarmi con le tue allettanti profferte e sai perché, perché ho trovato la tua inserzione poco interessante. In una di queste hanno usato la faccia di uno degli attentatori delle torri gemelle, per dire, e a questa che motivazione si può dare alla propria censura individuale?

Posso dire cose positive di internet anche riguardo alla scienza. Qualcuno ha finanziato degli scienziati per dimostrare il limite di velocità della luce. Come dire ragazzi potete dire e=mc2 o che sono possibili le macchine del tempo. Nel secondo caso ci vorranno ulteriori investimenti, esperimenti, verifiche, gente che continua a giocare allo scienziato spesato da chi, non lo so, forse dai contribuenti, dai clienti ignari di industrie interessate, da filantropi che vogliono essere sepolti in orbita perché adorano la scienza, soprattutto a fumetti che hanno fatto la felicità di un'infanzia per altri versi orribile. Un po' come fare beneficenza con i soldi altrui, ci si sente bene senza retrogusti amarognoli. È come la pubblicità, la fanno a spese nostre senza consultarci e ce la tirano addosso come gli pare e piace. Come le armi e lo spedire tizi vestiti da omini michelin sulla luna. Alla fine noi subiamo e basta, ma con internet almeno puoi approfondire la notizia data in pompa magna da governo come sponsor ufficiale e dai media compiacenti, che campano di soldi pubblici e amicizie faziose in partiti a loro volta sovvenzionati dalle tasse, che regalano copie, in bilico sul macero, megafoni della guerra di opinioni che ci tiene distratti, la dialettica degli schieramenti sui cui si fonda la democrazia. Ebbene puoi approfondire la notizia con internet, non ti tocca limitarti al parere ufficiale di un giornalista qualunque che diventa famoso in base alle volte che appare sui media, più fai presenza e più diventi autorevole, come i presentatori televisivi che nelle pause ti consigliano quale prosciutto mangiare e su quale divano sederti, i commercianti al mercato che gridano la freschezza del pesce, le puttane sulla statale.





[punto in cui si deve smettere di leggere, da qui in poi vado a braccio e fuori tema]



Cose positive su internet, ne ho da dire, anche su chi ci vuole guadagnare e non è Facebook, è uno qualunque che mette Adsense di Google, scrive cose provocatorie, mette foto di persone nude, anche foto vecchie in bianco e nero di nudisti postatomici, per dire, o il quadro l'origine del mondo, fanno i furbi, c'è pieno di furbetti su internet ma ho detto che oggi c'è il sole e che dirò cose positive su internet. Puoi leggere articoli di stampa straniera, è una cosa positiva, c'è perfino il modo di tradurla al volo se non conosci l'inglese. È molto utile avere accesso alla stampa straniera quando il tuo paese è 64° nella classifica della libertà di stampa, quando vivi in una dittatura, quando ti viene il dubbio che tutte le tue opinioni siano state prodotte da un'intellighenzia colpevolmente disonesta o ingenuamente stupida, complice di una nomenclatura obsoleta agli ordini di una classe dirigente irresponsabile, incapace e inadeguata all'esercizio del potere. Magari ti viene da chiederti, se leggi quello che scrivono persone straniere intelligenti, colte, responsabili, oneste, dico magari ti fai delle domandi, abbandoni la spocchia tipica di chi crede di sapere tutto lui perché c'ha dietro un apparatchik che gli fornisce le risposte da dare per vincere le battaglie elettorali. Perché mettetevi nei panni di uno che vuole vincere, diventare importante, finire nei libri di storia, avere la possibilità di indirizzare grosse quantità di denaro, il tutto ammantandosi dell'aura del salvatore, del messia apparso sulla scena politica per portare giustizia in questo mondo corrotto, benessere ai poveri, salute ai malati. Immaginatevi una vita di privilegi, benefit, milioni nelle casse del partito, portaborse. Immaginatevi che uscite a dire che non ce n'è abbastanza per tutti, che la vita è dura. Perdete, non vi vota nessuno. Dovete dire cose positive, che risolverete la crisi energetica e sconfiggerete il cancro. Dovete fare come certi nonni che arrivano con pennarelli, tric e trac, giocattoli vietati e cattive abitudini, che quando se ne vanno i figli attaccano con i paragoni e le domande sul perché si deve obbedire ai genitori, fino a che punto si deve sopportare tutto questo. Su internet ci sono anche siti di populisti, a bizzeffe, di complottisti, di estremisti, vale come per la pubblicità, lo spam, la scienza, tutto quanto. Ma se uno deve dire cose positive ci sono anche i libri e i film stranieri che rimarrebbero inaccessibili senza la pirateria del p2p, non bisogna vietarla, è come i film di Rambo, se non fosse arrivato Rocky a gridare Adriana nei nostri cinema, Swarzy terminator, Alien, non dico che parleremmo russo e ci saluteremmo col pungo alzato e ci daremmo del tovarich a vicenda strimpellando la balalaika, ma la musica americana, la letteratura americana, il sogno americano, l'etica del capitalismo protestante, pensate che la gente faccia la fila per comprarsele? Pensate che i governi non vedano l'ora di importare idee rivoluzionarie? No, piuttosto tendono a bloccare ogni diffusione di cultura potenzialmente dannosa per la propria parte politica. Una cosa positiva di internet alla fine è anche la pirateria, essì, dico una cosa un po' così, che alla mia età non sta bene, la diffusione non selezionata da editori politicizzati o comunque polizia ideologica, distribuzione gratuita di cultura, anche se poca, anche se in bottiglie gettate a mare e affidate alle correnti, anche se mischiata a tanta pornografia violenza attività ludica propaganda. Per esempio il neo cardinale di New York, Timothy, ha consigliato un film con Martin Sheen durante il suo discorso al concistoro, il film 'The way', che magari un giorno lo guarderò e ne parlerò, fatto sta che in Italia non si trova, perché uno dovrebbe passare giorni e giorni a cercare un modo per pagarne la visione quando con internet ce l'ha in lingua originale sottotitolato entro sera? O rinuncia o delinque. La soluzione è impedirgli di vederlo o fargli pagare un paio di dollari dopo che ne ha visto mezzo per capire se vale la spesa? Oppure si può dare la colpa a sua eminenza che l'ha consigliato, insinuare che sapesse che qui non è disponibile e che quindi avrebbe incentivato la prateria digitale, accusarlo di istigazione a delinquere come si fa con i siti che pubblicano i torrent. Facciamo tintinnare le manette, istituiamo tribunali speciali, sguinzagliamo i dobermann, creiamo club esclusivo di tecnofili, creiamo un monopolio e otteniamo tutte le esclusive. Se uno compra il diritto di guardarlo poi lo può prestare a qualcuno? Lo può guardare assieme a qualcuno che non ha pagato? La guerra per il diritto d'autore su internet è persa in partenza, non c'è chiave hardware o mercato chiuso che tenga, come gli store digitali che ti chiedono la carta di credito e se gliela dai te li sposi a vita, come gli occhialini 3D per impedire che la gente registri con la videocamera e lo metta in rete. Ops, sono andato lungo, mi son distratto perché è partito un pezzo in cuffia da otto minuti. Per dire che lo so che la pirateria su internet è sbagliata perché non finanzia i produttori di contenuti (oltre all'industria che campa sulla edizione e promozione e distribuzione nel mercato pre-internet), ma la questione del chi seleziona e chi promuove e chi fa da mecenate (paga i conti) va oltre la giurisprudenza e interessa la cultura come motore per il progresso spirituale (nel senso di non materiale) dell'umanità intera. Pagare per vedere la pietà di Michelangelo, per guardare gli appunti di Leonardo, per leggere le riflessioni di un intellettuale ha senso perché anche Michelangelo e Leonardo devono mangiare e pagare le bollette, ma ha meno senso se servono al suo manager per svernare alle Bahamas o per dare lavoro a certi travet e passacarte che con internet non hanno più motivo di esistere. Il business dell'intrattenimento non paga più come una volta, lo star system cigola da tutte le parti, a furia di chirurgia estetica si finisce per assomiglia sempre di più al mostro che ci si porta nascosto dentro.


lunedì 6 febbraio 2012

operiamo i distinguo

Tiriamo un linea ipotetica e mettiamo di qua i paesi ricchi, con le loro più o meno evolute e più o meno fittizie democrazie, di là i paesi poveri con i loro governi deboli o forti, corrotti o virtuosi, col capo di stato che di solito indossa uniformi carnevalesche o si maschera da esponente delle classi meni abbienti. Nel mezzo paesi così così, che non hanno un tessuto produttivo e nemmeno università che sfornano brevetti: sono ricchi per un colpo di fortuna, hanno risorse naturali che permettono al potere di pagare in contanti, valuta estera pregiata, benessere e pace sociale. Se vogliamo capirci qualcosa dobbiamo fare un po' di ordine, stabilire dei criteri per classificare gli elementi in base a fattori che reputiamo discriminanti: la soluzione che mi piace di più è quella dei soldi. Se vuoi capire qualcosa di quello che succede intorno a te la prima cosa che ti consiglio di fare, quando e per quanto possibile, è di seguire i soldi. La morale si piega al mutare di interessi e al frantumarsi di equilibri, gli accordi saltano con facilità doppia di quella che è servita a stipularli, la verità diventa evanescente per via di prove che spariscono, testimoni che muoiono o ritrattano, nuove evidenze sbucate dal nulla. Ma i soldi no, i soldi sono l'unica traccia concreta che si lasciano dietro gli avvenimenti. Lo storico legge la storia con gli occhiali del suo tempo e il filtro della cultura e i pregiudizi del suo credo politico, ma il contabile no, il contabile scrive i soldi sono passati da questa mano e quell'altra. Diamo un'occhiata a come si muovono i soldi, tipo i 70 miliardi di euro che la pubblica amministrazione italiana deve dare a fornitori privati che aspettano da mesi e che si è pensato di pagare in titoli di stato, salvo poi fare marcia indietro e gridare all'assalto speculativo quando i mercati hanno reagito com'è normale che reagissero. I giornalisti italiani che campano di finanziamento pubblico e lavorano per fare propaganda a partiti politici che a loro volta campano di finanziamenti pubblici non seguono i soldi, non spiegano la realtà, no, loro raccontano, narrano, esprimono opinioni, fanno i sentimentali e i moralisti, costruiscono uno spettacolo teatrale che di volta in volta è tragedia o commedia o farsa. L'Italia è al 64mo posto nella classifica dell'informazione, da decenni i media sono spartiti fra due editori, Berlusconi e De Benedetti, in guerra fra di loro, il terzo attore da poco nell'arena è la Telecom, azienda telefonica che ha il monopolio dell'infrastruttura, il resto dei media se lo dividono i partiti politici, i mafiosetti, gli amici degli amici. Seguire i soldi è uno dei modi più diretti per disegnare la mappa delle correnti sotterranee evitando le stronzate che sparano i professionisti della comunicazione.

Ma l'Italia non mi interessa più di tanto, e ancora meno interessa al mondo un paese di 60 milioni di abitanti. L'India sono più di un miliardo, la Cina pure, che senso ha stare qui a parlare di uno staterello nato un secolo e mezzo fa, ancora pieno di analfabeti, frammentato e diviso, cementificato e sovraffollato (ha la stessa popolazione della Francia su metà del territorio), privo di risorse naturali. L'Italia sbruffona e truffaldina che sta cercando di sbolognare il proprio debito direttamente, senza più passare da svalutazione della lira e tassa occulta da inflazione. Abbiamo 600 milioni di africani pronti a raddoppiare o triplicare non appena ci sarà un po' di cibo e qualche medicina. Anche gli europei sono circa 600 milioni. Gli asiatici sono il doppio del resto della popolazione mondiale. Bene, torniamo all'inizio, guardiamo ai paesi ricchi e democratici, i cristiani, gli occidentali, quelli che hanno inventato l'industria, che per primi sono scappati dalla campagna per vivere nelle città. Sono i paesi che hanno costruito le macchine, telai vapore treni aerei calcolatori mitragliatori. I paesi che hanno formalizzato teorie scientifiche filosofiche economiche, hanno ammucchiato e modellato il sapere. I paesi che hanno scoperto fertilizzanti e vaccini, inciso musica e stampato libri per diffonderli e non per preservarli, per divertire e non per educare, paesi che hanno agito con la gioia e l'irresponsabilità di bambini per i quali non esisto un futuro di cui preoccuparsi ma solo un domani migliore. Seguite i soldi, i soldi grossi: armi, droga, petrolio, manodopera. I soldi che viaggiano materialmente su navi gigantesche e quelli che viaggiano su cavo: interessi e diritti (non solo d'autore ma anche brevetti industriali: chimica, medicina, tecnologia, diritti di sfruttamento del marchio come del terreno). Seguite i soldi e vedrete che i paesi poveri vendono terra ai paesi ricchi, vendono droga, vendono materie prime, vendono lavoratori privi di diritti che costano poco. Intendiamoci: i soldi non sono cattivi, sono solo uno strumento di pagamento, se non ci fossero i soldi useremmo conchiglie, sangue, oro, schiavi. Non sto dicendo che i soldi sono un problema, che la finanza è il braccio del demonio e la ricchezza il marchio del male, non siate così ingenui e sempliciotti, se volete giocare all'inquisizione rivolgetevi a un regime totalitario. Dico che i soldi ci aiutano a capire i rapporti fra le parti che effettuano scambi, perché tutti effettuano scambi, anche respirare è uno scambio di atomi spiccioli per ossigenare i nostri corpi. Noi stati ricchi abbiamo qualcosa che gli altri vogliono e gli altri hanno qualcosa che noi vogliamo, i soldi servono solo a capire chi ha comprato cosa da chi e il potere da sempre si esprime nel gestire la ricchezza, il potente è colui che vanta diritti, legali o divini, democratici o aristocratici, guadagnati o conquistati o derubati, su cose e persone.

Potete divertirvi da soli a individuare e commentare i flussi di denaro. Paghiamo produttori di droga per vedere drogati ai giardinetti (non che gli ubriaconi siano più eleganti, ma quelli non cercano alcolici importati di contrabbando, i soldi vanno a onesti coltivatori e distillatori che nelle pubblicità di un tempo vestono giacche da camera di velluto con le toppe, fumano pipe di radica e siedono davanti al caminetto con segugio acciambellato ai piedi della poltrona di pelle borchiata, nelle pubblicità attuali giovani alla moda si mettono in posa nella scenografie di locali futuristici e fanno sesso con atletici amanti incontrati per caso). Paghiamo produttori di petrolio perché possano costruire alberghi grattacieli nel deserto e finanziare a carico nostro le varie tribù che garantiscono il mantenimento dello status quo (il ricatto di chiudere i rubinetti e il costante rischio di interventi armati per impedire che facciano collassare le nostre economie è mitigato solo dai soldi, dal fatto che i soldi che diamo loro cesserebbero non solo di arrivare nei conti svizzeri di governanti corrotti o previdenti – si assicurano una pensione di vecchiaia in caso di rivolte congiure ghigliottine – ma anche di avere valore – trovarsi con miliardi di dollari e di euro privi di valore, che incubo. Poi cos'altro, ah, gli schiavi, gente che vive in fabbrica, ci mangia e ci dorme, ci lavora per 16 ore al giorno, si uccide perché i soldi dell'assicurazione – nel caso di ditta occidentale con sede all'estero che impiega manodopera locale, perché altrimenti non ha diritto a niente, cosa ti aspetti da chi fa pagare ai tuoi parenti il costo del proiettile che ti sparano nella nuca? – basteranno a mantenere per decenni i famigliari del caro estinto. Paghiamo stranieri perché schiavizzino al posto nostro, che noi siamo troppo civili per farlo di persona. Seguite i soldi, che ci vuole? Noi siamo popolazioni vecchie che bevono pillole azzurre per scopare fino a cent'anni però col preservativo o ricorrendo all'aborto. Siamo persone ricche e anziane che hanno indebitato figli e nipoti non solo per investimenti produttivi, e quello sarebbe anche altruista, ma per spendere e basta, per tenere alti i livelli di consumo necessari a giustificare incrementi di produzione e con essi tassi di disoccupazione accettabili e domanda di moneta sufficiente a garantire copertura per le esigenze del welfare. Noi produciamo – dico noi ma alcuni dei paesi ricchi manco quello - solo intrattenimento che viene piratato via internet e brevetti che vengono copiati e sfruttati confidando nel fatto che si abita lontani, si deve dimostrare l'illecito, si deve fare e rifare un processo, insomma semmai avrai un rimborso alla fine ci rimetti comunque in bolli consulenze parcelle. Siamo vecchi obesi e vecchie ritoccate col bisturi con l'armadietto pieno di medicine, il frigor pieno di roba sterilizzata, il totemico impianto audiovisivo in salotto, e viviamo soli, barricati, diffidenti, abbiamo paura di perdere tutto, chi tanto e chi poco. Produciamo automobili e vernici, mobili e vestiti, ma l'intera nostra produzione di oggetti materiali è destinata a perdere quote di mercato perché sono capaci anche i paesi poveri a fare quello che facciamo noi, solo che a loro costa meno – almeno per adesso, e ci vorranno decenni prima che i prezzi siano omogenei a livello globale, ammesso che si riesca a rendere omogeneo un prezzo frutto di monopolio sulle risorse senza usare la forza di un'espropriazione da parte di un'autorità pubblica mondiale, ma anche allora avremmo comunque un pianeta che non regge né la nostra sete di risorse né il nostro numero di aspiranti a un benessere medio minimo garantito a tutti, che tu nasca in africa in alaska, nella foresta o nel deserto. Quando sarà passata l'epoca del fuoco e avremo bruciato tutto il bruciabile per inseguire un modello di sviluppo basato su crescita infinita e risorse inesauribili, motivato da una cultura tardo romantica idealista e scientificamente utopistica (come guarderanno gli uomini del futuro all'uomo che saltella sulla luna, con allegria? stupore? rabbia? tristezza? sarà un simbolo di che cosa?), chissà se ci ricorderemo come si fa a ripartire da un qualche punto del passato e prendere una strada diversa, e se sarà possibile farlo. Basta che non mi dite che mangeremo alghe e dentifricio su un'astronave, perché se voglio ascoltare idiozie adesso oltre a giornali e tv c'è anche internet: ho solo l'imbarazzo della scelta.



giovedì 2 febbraio 2012

Carta canta

Franzen dice che le cose su carta sono preferibili perché non vanno soggette a cambiamenti, dice che i file spariscono, vengono modificati, che sul monitor stai leggendo una porcheria e il momento dopo un capolavoro. Non ha detto capolavoro, ha detto Jane Austin, ma suppongo volesse dire letteratura. Ha detto che le cose digitali sono fatte per non durare, nel senso che vengono scritte come nelle news, che non hanno pretese di lunga scadenza, non cercano nemmeno di essere piacevoli per lungo tempo. Qui potremmo perderci le ore a discutere di consumismo, intrattenimento, se esista l'arte popolare, ma in sostanza dice che se metti su carta fai un gesto simbolico forte, è come se dici queste cose le ho scritte con la presunzione che abbiano un valore degno di essere reso disponibile nel lungo periodo. Che ci metti l'impegno, la faccia, ti giochi la reputazione, non puoi cancellarlo o modificarlo come un post su un blog. L'arte come religione, l'ha chiamata così, ci è arrivato da solo, perché anche le cose su carta non durano, e ci sono cose su carte che sono lì solo a testimoniare l'errore di chi pensava meritassero non solo la stampa in copia unica, il che avrebbe senso nella logica dell'edizione come imprimatur culturale, ma addirittura la diffusione a mezzo stampa. Franzen è un po' monacale, anche dove dice che si deve spegnere tutto, tv e internet, per concentrarsi in maniera esclusiva e totale sul proprio lavoro, sul proprio dono intellettuale al mondo, questo è la mia letteratura, prendete e leggetene tutti. È proprio vero che per continuare a rispettare un autore di cui si magnificano le opere è necessario non conoscerlo mai di persona, perché Franzen non ha mai avuto bambini attorno, non ha mai scritto nei locali della pausa caffè di una lavanderia industriale, non ha mai subito il rumore del traffico, il tubare dei piccioni sul tetto e il rosicchiare dei topi nelle pareti, le sirene antifurto dei vicini in ferie. La funzione ieratica dell'autore è così aristocratica da suscitare invidia e senso di ingiustizia, anche in presenza di meriti innegabili, laddove si presta a giustificare un censo allargato a chi invece meriti non possiede se non quello di trascinare verso il basso gli standard per adeguarli ai gusti dei potenziali clienti. Franzen, non voglio fare nomi, ma sappiamo tutti e due che esistono intere saghe che sul monitor le chiameresti porcherie e su carta come le chiami? Quindi il discorso è più complesso di così, ti stimo troppo per insinuare che hai fatto il furbo quando ti è venuto in mente che il settore in cui lavori campa con roba stampata su carta, roba il cui valore non cambia a seconda del supporto, altrimenti incidiamolo nella pietra, quanto dev'essere importante un'opera letteraria per meritarsi la pubblicazione su pietra? Quanto i dieci comandamenti? Ha fatto bene Salinger a mendare tutti a fare in culo, a non rispondere neanche al telefono, è quello che farò anch'io appena esce gw2, e più vai avanti con l'età e più è facile che spari cazzate, è meglio stare zitti se non si ha intenzione di scendere a patti con se stessi e vendersi agli emissari del marketing. Se vuoi parlare devi essere un King, che la critica non lo digerisce e può dire quel che gli pare senza il rischio di perdere la corona di un Roth o di un DeLillo, per citare i più recenti, scrittori che assurgono alla soglia dell'empireo e non gli rimane a quel punto che perdere terreno, abbruttirsi, tornare a indossare pian piano i panni dell'uomo normale, senza superpoteri attribuiti da giurie di loro impari, osannanti e proni di fronte a cotanta maestria. King rappresenta il plebeo, l'antieroe del sistema aristocratico che, nei fatti, è la realtà di ogni arte, dove si tende al sovrumano, all'assoluto, con i contenuti religiosi che Franzen percepisce. King che da parecchio la vive male, si sente respinto con motivazioni pretestuose, che reputa di incarnare meglio la funzione della letteratura come narrazione che sfrutta il piacere dell'intrattenimento per impartire insegnamenti morali o trasmettere esperienze formative. Il nonno preistorico che tiene occupati i ragazzini raccontando antiche e terrificanti battute di caccia. King è il bardo, Franzen lo sciamano. King ti vendeva il miglio verde a fascicoli settimanali per fare il Dickens, Franzen è in grado di classificare un libro tenendo conto di parecchi indicatori qualitativi, King vendeva scritti su internet quando internet la usavano ancora in pochi, the plant mi pare si chiamasse quel racconto, e non lo faceva perché aveva bisogno di soldi come all'inizio carriera, quando spediva racconti ai giornali per pagare le bollette, per Franzen invece internet è troppo generalista, sarebbe come mettere un approfondimento sulla situazione geopolitica mediorientale del New York Times fra le pagine di Amazing Stories. Franzen è lo scrittore che, al momento, reputo il migliore autore vivente nel campo della letteratura, ma scrive, come dice lui stesso, 'per chi ama leggere', ovvero per chi è in cerca di prodotti di fascia alta, di lusso, che hanno l'ambizione di durare se non in eterno almeno quasi, e questa è una posizione nobile, romantica che più romantica non si può, ma che nasce minoritaria per motivi intrinseci: l'élite è per definizione la crème de la crème, laddove il sistema di selezione meritocratica funziona e, anche laddove funziona e solo i migliori eccellono, si deve pagare il dazio alla sovrastruttura di potere che seleziona anche in base a contenuti adeguati alla morale dominante, allo spirito dei tempi. Per cui il mecenate, che sia il capo dei barbari, l'imperatore, il gran sacerdote, il ricco mercante o il mercato/la massa dei consumatori, in ogni caso vedremo premiare i peggiori che dicono alla maestra quello che alla maestra piace sentirsi dire. In questo la religione di Franzen, è lui che la chiama così, è tradizionalista e conservatrice, il suo dio non è l'arte in sé ma la cultura della società in cui vive, l'occidente in decadenza che va scoprendo di essere in inferiorità numerica e in debolezza di intenti, fragile di carattere e privo di guida, ridicole scimmie senza dio agli occhi di motivatissimi poveri e ignoranti ma pronti a indossare un cintura esplosiva, o a mangiare e dormire in fabbrica, lavorando per due soldi, costruiscono merce per noi, sono soldati pagati da noi per farci la guerra. La posizione che gratta gratta, accomuna i sedicenti di sinistra ai sedicenti di destra (non la destra fascista e socialista italiana ma la destra liberale anglosassone), i progressisti e i conservatori in questa grande schizofrenia che affligge la cultura in generale e la nostra cultura in particolare. Gli uni e gli altri che si sentono a disagio con l'abbattimento di ogni élite meritocratica per mezzo di criteri di valutazione del capitalismo di mercato che tengono conto solo del fatturato e utilizzano strumenti push di marketing privi di intenti educativi, anzi, spesso forniscono modelli di comportamento delinquenziali. Per non avere più i vincoli del mecenate, uno qualunque, palese e conosciuto, ci siamo affidati al nulla. Non esiste più un motivo per distinguere destra e sinistra, ci sono solo vari gradi di libertà, vari gradi di qualità, dove mamma sinistra e papà destra litigano mentre la casa brucia, il nostro pianeta, al quale strappiamo ogni anno il doppio delle risorse che più rinnovare e ci avviamo a consumare del tutto ciò che non può nemmeno rinnovare. 

martedì 10 gennaio 2012

con un poco di zucchero la pillola va giù

Prendiamo il concetto di lavoro, e quindi di tempo libero, di salute, e quindi di benessere. Ora descriverò come la cultura odierna interpreta, o meglio impone all'uomo intellettualmente passivo, l'unità di misura delle masse, l'uomo che se il suo cervello avesse le mani non saprebbe nemmeno allacciarsi le scarpe, l'uomo che al massimo ri-produce il pensiero altrui mediante citazioni, analisi comparate, approfondite critiche, ma di suo non incrementa il patrimonio culturale in senso qualitativo, può solo aumentare la quantità di materiale fino a soffocare e schiacciare qualsiasi tentativo di comprensione al di fuori di un circuito ieratico, da casta mandarina, dove perfino il linguaggio non è più immediatamente accessibile e fruibile da un postulante cadetto apprendista. La cultura anch'essa come prodotto, come avviamento aziendale protetto da accordi di riservatezza, segreto industriale, know-how e capitale immateriale che si ammortizza vendendo nozioni a clienti bisognosi di un certificato per accedere ai club esclusivi delle professioni. Anche la cultura ha subito lo stesso processo che la cultura stessa ha riservato all'oggetto del suo agire, alla ragione della propria esistenza: al sapere. Il sapere esce dal trattamento materialista come merce, è la notte delle vacche nere, dove tutto è merce, tutto è concreto o non è, ha significato solo in quanto siamo noi a dargliene uno e tutto morirà con noi e niente esiste al di fuori di noi. Ma scendiamo di un gradino, parliamo di concetti più semplici: lavoro, salute, anche il singolo che viene condotto al guinzaglio dai padroni del vapore culturale e intellettuale, l'atomo sociale imbevuto di propaganda che è viene chiamato a fornire la risposta predigerita a domande retoriche di contenuto morale.

Lasciamo perdere la cultura, che è noiosa per definizione, e facciamo due chiacchiere sul lavoro. Oggi cos'è il lavoro? Oggi è uno stile di vita e una garanzia di reddito. Addirittura noi ce l'abbiamo nella costituzione, il lavoro, altri ci hanno messo la felicità, la giustizia, l'amore, noi ci abbiamo messo il lavoro. La nostra economia consiste nel dare soldi ai poveri affinché svuotino i magazzini delle fabbriche permettendo che i loro soldi vengano usato per pagare gli operai. Non produciamo merce, come altri paesi, no, da paese socialista che si rispetti noi produciamo lavoro. Gli altri producono elettronica, chimica, siderurgia, noi no, noi ci proponiamo sul mercato mondiale come consumatori, diciamo ai nostri amici produttori di merci che loro senza di noi vanno in recessione, che hanno bisogno di qualcuno che compri e che consumi, e che devono finanziarci. È così che ci si trova un debito pubblico enorme, finanziando a debito il benessere e scaricandolo sulle generazioni future, mal che vada, perché a un certo punto magari dichiari fallimento, consolidi, inflazioni, svaluti, insomma chi ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto. Potrei spiegarvelo in modo incomprensibile, usando paroloni, ma ho lasciato a casa il mio costume da mandarino alla corte dell'imperatore. Ma torniamo al lavoro, stavamo parlando del lavoro, oggi il lavoro non è l'unico modo, faticoso porco e ingrato, di procurarsi da vivere, oggi il lavoro è una componente dell'equazione benessere sociale nell'ambito di una politica totalitaria e assolutista nata dalla decomposizione del romanticismo in materialismo e dalla scoperta del petrolio. È semplice, lo può capire anche l'uomo che non ha mai aperto un libro se glielo spieghi con parole semplici e facendo esempio concreti, solo che se glielo spieghi poi come fai a guidare una società che non fissa il telescermo, non guarda unicamente nella direzione in cui punti il dito? Tu, uomo che ti credi al culmine di una parabola evolutiva, devi continuare a sognare e obbedire, non devi sapere, non devi capire, non devi nemmeno pensare, devi solo lavorare e comprare, e nel tempo libero devi fare figli.

Infatti limitiamoci a parlare del lavoro, ma anche della salute. Oggi la salute è un dovere, i medicinali sono strumenti che danno accesso alla bellezza, intesa come status symbol. Se sei bello allora sei sano, se sei brutto o vecchio allora sei malato, contaminato, marchiato dalle cicatrici del vaiolo, sei butterato come un delinquente un malvivente un avanzo di galera, non hai più diritto di lavorare e, lo sanno tutti, quando smetti di lavorare muori, vuoi forse morire? Sei depresso, mentalmente disturbato, hai tensioni suicide? Se sei bello allora sei anche sano, sei equilibrato, sensibile e intelligente, mente sana in corpo sano, sei onesto e affidabile, sei 'buono', la qualifica morale che si misura da una parte in termini di successo professionale – sei persona che fa un lavoro prestigioso, persona che viene ricompensata dal mondo con grosse somme di denaro per bilanciare i suoi sforzi altruistici - dall'altra parte in termini di estetica – sei persona elegante pettinata profumata bella pelle aspetto giovanile muscoli tonici, sei persona che viene premiata dal mondo come frutto dell'incesto meccanico fra natura e scienza, con l'eterna giovinezza il buonumore la saggezza divenuta realtà nell'incarnato tinta delicata. Abbiamo dunque lavori dai connotati esoterici (con linguaggi dedicati e vocabolari iniziatici), lavori che identificano il senso della vita con il proprio ruolo all'interno di una ragnatela relazionale fatta di riti e apparenze, abbiamo ospedali-spa, farmacie-profumerie, la malattia che diventa esperimento di estetica del raccapriccio e salute che diventa esercizio di accanimento salutista. Tutto questo è esplicita rappresentazione del dominio culturale del fine a se stesso, e qui si entra nel filosofico, l'impossibile autosufficienza di un umanesimo privo di un aggancio nell'assoluto, non necessariamente ontologico, qui si declina vistosamente l'ideologia del relativismo nella concezione del lavoro e della salute dei nostri giorni, ma è un cancro culturale con metastasi diffuse nei concetti più disparati, prendiamo se volete anche gli opposti di lavoro e salute, prendiamo tempo libero e benessere (benessere come mancanza della necessità di un prodotto salutare).

Il tempo libero oggi è noia, è spreco di vita, è spreco di denaro come mancata occasione di acquisto e consumo. Oggi il valore della vita è dato dalla capacità di spesa e vince chi allontana nel tempo la morte di più perché così facendo avrà avuto più tempo per accrescere il reddito e i consumi, migliorando la qualità della sua vita, accrescendo il proprio benessere, massimizzando la propria soddisfazione. Quando dal sociale si scende all'individuale, con il destino della masse che si dispiega insieme al divino nella Storia, da Hegel a Marx, e diventa malessere esistenziale in forzature razionali pragmatiche e disumanizzanti, ci accorgiamo che qualcosa non funziona, l'uomo decerebrato intuisce che l'origine di una sensazione di profondo disagio viene da fuori di sé ma cambia idea quando la grande voce tonante del grande fratello mediatico gli assicura che è lui, è colpa del suo peccato originale capitalista, legato all'egoismo, al mettere le proprie esigenze davanti a quelle altrui, è lui a essere disfunzionale, bipolare, antisociale. Non c'è bisogno di sottolineare quanto sia religiosa la pretesa del materialismo di essere orgogliosamente ateo. Assistiamo alla sistematica confusione del paradossale in un sistema che premia l'assolutismo totalitario fingendo di essere la risposta razionale alla fragilità dell'individuo, proprio come una chiesa confessionale, dove la comunità accoglie in seno con amore l'eretico che sia disposto a pentirsi a diventare un fervente adoratore, un martire volontario, trovando finalmente un senso alla propria individualità problematica annullandola nel sociale protettivo di un amore severo post-genitoriale per adulti rimasti orfani. La differenza con una chiesa è che lo Stato (o un'organizzazione criminale ben organizzata) ha la forza fisica di imporre le proprie leggi, farle rispettare, portarti via i tuoi averi e sbatterti a marcire in prigione (o farti frequentare per decenni i tribunali per difenderti, perché altrove si deve dimostrare la colpevolezza, da noi si deve provare l'innocenza, da noi finisci in carcere, ci stai dei mesi senza essere stato processato, e poi si vedrà, con calma). Non sto dicendo che l'anarchia (già me li vedo i trinariciuti sbomballare di far west e liberismo) sia preferibile, lo specifico per prevenire i soliti benaltristi e gli specialisti di trucchi retorici sempre in agguato.

Ma dicevo il tempo libero, oggi bisogna riempirlo. I calvinisti e gli stakanovisti a braccetto, la caccia al debosciato, all'approfittatore, al magnapane a tradimento, e i mandarini della cultura, che se il loro cervello avesse i piedi li userebbe per inciamparci, non ti dicono niente, non ti spiegano niente, a te uomo formica in balia degli eventi, a te che annaspi alla ricerca di una spiegazione a misura della tue limitate capacità mentali, non ti fanno dare un'occhiata la manuale delle istruzioni. Andiamo avanti a chiacchierare, parliamo del ruolo dell'intrattenimento come prodotto di consumo misurato in termini di controvalore temporale, nel senso che ogni attività richiede tempo e il valore del tempo aumenta man mano che lo si cede come moneta invisibile. Il tuo tempo libero è vuoto se non ti intrettieni, e il vuoto significa cadere nel vuoto, significa il nulla, la morte, tu se hai del tempo libero e non lo sfrutti vuol dire che hai del tempo morto e il tempo morto uccide anche te. Il tempo libero deve essere vivo, non devi sprecarlo, devi investirlo in attività ludiche e alienanti, in questo risiede la denuncia di nichilismo e cultura di morte ripetuta molte volte da una minoranza di esponenti di religioni non (più) statualizzate, una cultura figlia menomata del romanticismo in cui viene sublimato il tabù della morte reale, concreta, pur incevandone il consumo in dosi industriali sotto forma di cronaca o fiction. È uno dei molti controsensi di cui ti ho già detto poco fa, uomo qualunque, paradossi sviluppati dall'evoluzione di una modalità superficiale di esercitare il pieno dominio di una comprensione, pur necessariamente limitata, della realtà. È la visione di una barbarie culturale sostenuta dalla tecnologia petrolifera, materialmente prolifica di merci ma intellettualmente sterile. È la modalità estintiva del piacere epicureo che si trasforma in edonismo onanistico, del sacrificio stoico che diventa spettacolarizzazione dell'altruismo, una imposizione egalitaria che sacrifica la libertà individuale in nome di una libertà collettiva di là da venire, che tarda per via di attriti conservatori e controrivoluzionari, una dispersione altruista di risorse sottilmente diverso dall'egoismo utilitarista quando si rivela intrinsecamente costruttivo e accumulante. Caro uomo consumatore lavoratore che non capisci neanche lontanamente di cosa sto parlando, io sono contento per te, ti voglio bene, beati i semplici, vorrei essere nei tuoi panni, la conoscenza aumenta il dolore, la scuola non dovrebbe essere obbligatoria, dovremmo viver come bruti, ho questo dubbio a volte che saremmo molto più felici se vivessimo nel medioevo, nell'età del bronzo, nella preistoria.

Mi sono distratto, dicevamo del lavoro, della salute, del tempo libero, del benessere, è proprio la ricerca spasmodica di un benessere fatto di oggetti inutili, di fatto, che non aumentano il benessere spirituale, non ti fanno sentire meglio, non ti rendono felice, anzi, ti senti male all'idea che devi lavorare per pagarli, per comprarne di nuovi, che ormai non puoi farne a meno, ti servono per lavorare, per vivere, sono il tuo polmone d'acciaio. Il benessere non è più inteso come libertà dal dovere ma come diritto al lusso, tutti hanno diritto a tutto, nessuno vuole doveri quando può avere diritti, e il tempo che una volta veniva dedicato all'approfondimento, al pensiero, al sentimento, oggi viene dedicato alla cura del corpo, alla messa a punto dello strumento di lavoro per eccellenza, il proprio corpo, da utilizzarsi per avere successo, vale a dire un lavoro giocoso che frutta fama ammirazione, in una parola audience, e soldi a palate dagli sponsor pubblicitari da spendere in benessere fisico. Questo è il libro che ci leggono i mandarini prima di metterci a letto, queste sono le favole che fanno di noi cavalieri e principesse, con animali parlanti e cattivi destinati a perdere. L'attività di arricchimento interiore fatto con le proprie mani, senza lasciarsi imbottire passivamente dalla merce dei mandarini, viene oggi percepito come spreco di energie. Il tempo che una volta veniva giudicato immorale ogni volta che serviva a divertire - che viene da diversivo, da distrazione, distogliere l'attenzione, disinteressarsene, non porsi domande, ignorare apposta, fregarsene - oggi viene esaltato come forma d'arte esistenziale, e lo slogan dei mandarini è: lasciaci lavorare, non ti preoccupare, ce ne occupiamo noi, tu pensa solo a divertirti.


lunedì 9 gennaio 2012

L'era della congestione

La società è anche un luogo affollato, è prima di tutto un luogo affollato. Prima di essere un'astrazione, una categoria, un modello, la società è un posto fisico condiviso, di natura pubblica, come una piazza concreta o virtuale dove si forma l'opinione dominante mediante il dibattito fra i campioni (nelle scuole americane è materia di studio, il sostenere una tesi, l'argomentare, da noi si fa casino e vince chi urla di più o picchia più forte, e anche questa è una differenza in termini di civiltà, se non di mentalità radicata nel passato, dove da una parte si lottava per libertà e indipendenza dalla monarchia, di qua si combatteva per sostituire il potente altrui con il potente del nostro campanile). Mi sono perso, dicevo la società come luogo fisico di incontro e confronto, dove matura e si svolge la vita collettiva, dove si prendono decisioni che riguardano tutti e diventa importante uscire vincitori nella battaglia per il controllo sulle risorse pubbliche. Chi domina la piazza ottiene il diritto al comando, è così da sempre, sia che lo ottenga da dittatore utilizzando esercito e polizia segreta, sia che ottenga il voto della maggioranza con gli strumenti della propaganda direttamente, con la complicità dei media, o indirettamente, facendo leva sul populismo. La società come luogo fisico è cambiata nel tempo, viviamo l'era della congestione informativa, dove è ormai impossibile avere certezze maturate in ambito razionale sia per carenza di strumenti intellettuali nella gente (non è vero che miliardi di persone non possono sbagliarsi tutte assieme, che la cosa giusta da fare emerge dai grande numero di chi esprime una preferenza a riguardo) che per quantità di materiale oggettivamente impossibile da assorbire. Per cui ci si schiera e basta, a prescindere, si decide che di qua ci sono i buoni e di là i cattivi e si discrimina fra le migliaia di fonti per selezionare quelle adatte a sostenere la nostra squadra, go go go party go!, la politica da stadio, ma neanche, che gli atleti li selezionano, qui invece ci va chiunque riesca a garantire un ritorno economico in termini di legislazione favorevole ai sostenitori della causa.

Oggi anneghiamo nell'informazione selezionata. Ormai non è nemmeno più chi produce l'informazione a fare al differenza, non servono articoli lunghi e approfonditi dove si riferiscono e si spiegano i termini della questione, lasciando addirittura al lettore la possibilità di farsi un'idea propria, no, adesso si scrive direttamente l'invettiva, l'arringa, si dà direttamente al lettore il materiale da ripetere a pappagallo contro i tifosi dell'altra parte politica, anche se nella realtà non li incontra mai, le persone al bar, all'edicola, in fila alla cassa, non discutono di politica, non si strappano i capelli a vicenda sulla notizia scandalosa del giorno. I più agguerriti si ritrovano in piazza, appunto, per riconoscersi fra di loro, per gridare tutti insieme arbitro venduto, viva noi abbasso voi, senza che ci sia mai, nelle piazze, uno scontro fra tifoserie che non sia destinato a sfociare nella guerra civile, perché o sei minoranza, e allora vai in piazza a litigare contro la maggioranza dei votanti e contro la democrazia, o sei maggioranza e allora vai in piazza a manifestare contro te stesso, o sei circa la metà degli aventi diritto e allora cosa facciamo, ci ammazziamo l'uno con l'altro? Questa è la piazza dei nostri giorni, il luogo fisico in cui si concretizzano i rapporti sociali nell'era della congestione informativa, un posto diverso da quello di secoli fa solo per via della quantità di gente che la occupa e della quantità di voci che si sovrappongono e gridano per farsi sentire, e internet come piazza virtuale e globale ne è l'apoteosi. Non è per nulla diversa dalla piazza di secoli e secoli fa, è ora di finirla con la presunzione dei figli del petrolio di credersi antropologicamente migliori dei loro predecessori e dei contemporanei che non li seguono nelle loro scelte di pensiero, perché lo schema gregario e acritico dell'opinione pubblica si estende alla miriade di caratteristiche private del vivere. La pressione conformista assume connotati totalitari nel momento in cui la piazza, intesa come quella parte di società che si esprime sui canali mediatici con la pretesa di rappresentare un popolo intero, ti mette di fronte all'evidenza che il mondo è pieno zeppo di gente che ti dà molto fastidio, basta sapere che c'è al mondo gente così e diventa più brutto vivere, più difficile sorridere. Non è come uscire di casa andare nella piazza semideserta del tuo paese e incontrare uno che suona il clacson, sputa per terra, che tu pensi va bene, è uno, uno solo, non vale la pena di punirlo e di rovinarsi l'umore. La piazza mediatica ti ripete, giorno dopo giorno, lo fa da decenni, lo fa sempre di più, con incremento esponenziale, che i tifosi della tua o altrui squadra sono tanti, non è uno, sono milioni, sono dappertutto.

La canea dell'informazione ti priva oggi più che mai della rassicurante e confortevole sensazione di avere uno spazio vitale inviolabile, una dimensione personale, sacra e intoccabile, di libertà e purezza, dove ti è possibile e garantita un'esistenza in piena e totale serenità. La convivenza pacifica viene avvelenata da una costante necessità di distinguo, richieste di schieramento, chiamate alle armi simboliche. La piazza odierna ti segue dentro casa, ti rende dipendente, ti fa compagnia, i media veicolano e amplificano l'infezione costruendo mitologie tascabili a breve scadenza, distruggendo qualsiasi tentativo individuale di integrità responsabile, di maturazione creativa. Col tempo il canale diretto tra la bocca del potere e l'orecchio del suddito si è accorto della pericolosità del mezzo e si è trasformato per disinnescare l'arma che ha permesso e permette con una facilità agghiacciante l'installarsi delle dittature totalitarie. Per impedire l'abuso di un potere distruttivo abbiamo sacrificato la necessità di un potere costruttivo. Nell'era della congestione ci attacchiamo a mammelle sempre più sterili, rifiutandoci di abbandonare il nido, di ammettere l'aver imboccato un vicolo culturale romantico quanto si vuole ma cieco, è un fatto. Non ci si vuole arrendere all'evidenza, non si vuole abbandonare il benessere fittizio rubato ai posteri per tornare indietro nel tempo a imboccare una strada diversa da quella del Progresso di cui ci ostiniamo a riempirci la bocca a sproposito. Passiamo a speculazioni di seconda mano, poi di terza e di quarta, fino a privare di senso e significato qualsiasi tentativo di comprensione, inficiando il concetto stesso di gnosi, irridendo gli sforzi di chi si illude che esista la possibilità di un fondamento. La decadenza del pensiero occidentale si misura non solo nelle crisi economiche, di valori, nel degrado dei costumi o nell'inquinamento, ma anche nella fragilità, nella paura, nella dipendenza, nell'incapacità dei singoli uomini, come elementi di un corpus comunitario, di abbandonare una strada senza uscita ma comoda, accogliente, fresca e umida e buia, perfetta per nascondersi e rintanarsi. Il coraggio di ridiscutere i principi e risalire alle radici è come trovare ogni mattina un motivo valido per svegliarsi.


lunedì 19 dicembre 2011

galline meccaniche covano uova sintetiche

Scusate oggi sono di cattivo umore, il che capita spesso, lo so, per cui saltate pure questo post, non leggetelo, se lo leggete poi non ditemi che non vi avevo avvisato. Si tende a spostare l'attenzione sui soldi, come se ci fosse un diritto ai soldi, alcuni parlano di reddito minimo garantito, come se stampare una banconota equivalesse a creare ricchezza. Non è così. Chi lo pensa è ignorante, chi lo afferma è ignorante e pure pericoloso, il che fa di lui un imbecille che dovrebbe starsene a casa, andare a spalare la merda, non in tv e sui giornali, in quel circo barnun che è diventata la politica e l'informazione in molti paesi del mondo, Italia compresa. Stampare moneta non crea ricchezza, non innesca l'osannata crescita di cui si riempie la bocca anche il tuttologo dei giardinetti, il reddito minimo garantito, come qualunque manovra monetaria espansiva non suffragata da necessità sistemiche provoca solo svalutazione e inflazione. Capisco che piacciono a chi vuole togliere ai ricchi per dare ai poveri, ma lo dovrebbero dire: signori, voglio farvi diventare poveri, voglio tassare redditi e risparmio, perché è quello che fa l'inflazione e la svalutazione, rende carta straccia le banconote, chi ha messo via dei soldi che oggi valgono 100 domani varranno 10. Per quello conviene sempre far debiti nei paesi governati da classe dirigenti social-buffonesche come la nostra, dove lo stato per primo è così indebitato da avere interesse nell'ammazzare il potere d'acquisto della propria moneta. Noi viviamo in un paese così, l'Italia, soffocati dalla retorica e dalla propaganda, dove stai zitto perché anche urlare non serve a niente, se non lo dice un comico alla tv non ha valore, e il comico deve essere schierato politicamente.

Quindi potete comprare valuta straniera o indebitarvi nell'attesa che esploda la bomba inflattiva, non ci sono altre soluzioni nei paesi socialisti, anche se a molti preferiscono definirsi keynesiani, si camuffano perché non va più di moda dirsi socialisti, ma attaccano comunque liberisti e liberali, sbertucciano il capitalismo perché è facile nei paesi liberi profetizzare rivoluzioni per raccogliere il malcontento, che non difetta mai, la gente è sempre arrabbiata per qualcosa contro il governo, e diventare ricchi e famosi. Vi prendono per il culo, no, non quelli che rischiano la pelle per realizzare una forma qualunque di civiltà organizzata, ma quelli che vi dicono che se non siamo diventati ricchi è colpa di chi ci governa, ci ha governato, ci governerà. Gente, popolo, quando capirete che la politica è tutta una presa per il culo sarà sempre troppo tardi. L'unico sbocco che può avere la politica delle illusioni è la dittatura, e quando lo diventa allora stanno zitti anche coloro che nei paesi liberi si potevano permettere di fare casino. Perché quando il benessere finisce finisce anche la libertà. Lo ripeto per venire incontro alle limitate capacità mentali di certi buontemponi: la libertà è vincolata al benessere, se finisce il benessere finisce la libertà, la pace, la giustizia, tutto quanto. Immaginate solo cosa accadrebbe se domani mattina i supermercati fossero chiusi, se gli scaffali fossero vuoti, se il cibo aumentasse di prezzo e costasse troppo anche per chi riceve soldi gratis dallo Stato per starsene buono. È per il pane, per la fame, che scoppiano le rivoluzioni, con buona pace di chi è cresciuto a pane e mitologia eversiva. E conosco pazzi scatenati che ridacchiano all'idea che un popolo ridotto alla fame sia un prezzo tutto sommato modesto da pagare se innesca il Cambiamento, la Svolta, l'Avvento della Nuova Era.

Questa è l'Italia oggi, una civiltà illusoria, e come l'Italia molti altri paesi post-industriali che scommettono sull'economia digitale per allontanarsi ancora di più dai settori primario e secondario. Per chi non lo sapesse, facile in un pese di semianalfabeti come l'Italia, pieno di laureati che non sanno nemmeno leggere e scrivere in italiano corretto, il settore primario è quello agroalimentare, la terra, il bestiame. Il secondario è l'industria, la chimica, l'acciaio. Il terziario è tutto il resto. È da qui che nasce la folle idea che anche il denaro si sia terziarizzato, per via di strumenti finanziari derivati che lo hanno reso concreto, così che stampi moneta e crei ricchezza, che è come dire che il cibo cresce sugli scaffali del supermercato, che le macchine le costruiscono i simpatici aiutanti di babbo natale. È pazzesco, lo so, ditelo a me che ogni giorno leggo articoli e assolto esponenti delle classe dirigenti sparare cazzate galattiche sulla crisi e su come risolvere la crisi e sui colpevoli della crisi. Non so nemmeno perché butto il tempo a oppormi al carrarmato mediatico dell'informazione come quel tizio cinese, è come gridare all'angolo di una strada mentre ci sono ovunque i megafoni di ho chi min che ripetono nastri registrati, tazebao di propaganda su tutti i muri, gente iscritta al Partito che picchia come dissidente o collaborazionista chi non se ne sta zitto e buono a testa china. Questa è la politica, menarsi per vincere le elezioni e gestire il denaro pubblico per darlo agli amici e ai sostenitori, anche in termini di posto di lavoro. Se non lo avete capito, e non lo avete capito, lo dimostrano i milioni di persone che non hanno gli strumenti intellettuali per capire qualcosa di più complicato delle regole del gratta e vinci, allora ve lo meritate di essere trattati come scervellati da chi esercita il potere.

Siamo una società di deficienti, senza offesa, governate da deficienti, senza offesa, e informate da deficienti, senza offesa. Questo è, così è, rassegnatevi, mettetevi il cuore in pace, era così secoli fa, anche se viene il sospetto che col tempo le cose siano solo peggiorate, è così ora e sarà così anche un domani. Ciò che volevo spiegare in questo post è molto più semplice, riguarda l'importanza sottovalutata del settore primario e secondario, sì, voglio denunciare la pericolosità insita nel progressivo abbandono di campi e stabilimenti. Vogliono tutti lavorare in ufficio, diventare medici avvocati commercialisti, al massimo liberi professionisti che denunciano redditi da poveracci e fanno la vita da milionari. Nessuno vuole nemmeno sentir parlare di agricoltura o di fabbrica, al massimo i camerieri, temporaneamente, mentre finiscono gli studi e si mettono in fila per un posto da professore. Guardiamoci in faccia, ditemi che non è vero se avete il coraggio. Produciamo pasta, per esempio, con farine provenienti da chissà dove. Importiamo carne e latte. Il pesce sta sparendo da tutti i mari per eccesso di pesca, mediterraneo compreso. Non solo si diffondono malattie rapidamente per il movimento materiale di merci e persone, ma specie importate distruggono ecosistemi. Questa è la realtà, altro che finanza e titoli derivati e armonizzazione fiscale dei paesi aderenti alla moneta unica. Questa è l'economia che produce ricchezza: campi che producono più grano di quello usato per seminarli, bestiame che si riproduce, questa è la base di qualsiasi economia. Tutto il resto funziona a corrente o a benzina. Il profitto non è che questo: la differenza fra quante pocere ho oggi e quante ne avevo l'anno scorso. Non è un peccato, non è immorale, il profitto è un fatto, è la misura della ricchezza prodotta. Lo si misura in soldi perché i soldi sono l'unico modo di capire se una pecora vale più di un maiale, traduci in soldi, esprimi un valore monetario. Basta con le cazzate che spara chi non sa niente di economia, basta con questo clima da inquisizione nei confronti dei soldi, della ricchezza, la ricchezza è materiale, non finanziaria, se stampo una banconota con su scritto vale una vacca non vuol dire che da oggi al mondo c'è una vacca reale, concreta, in più. La ricchezza la si produce materialmente ed è sottoposta a vincoli materiali precisi: una mucca produce al massimo tot litri di latte, non puoi modificarla geneticamente affinché produca nafta, non puoi farla diventare grossa come un palazzo. Se produci un miliardi di palline dando lavoro a un miliardo di persone ma quelle cacchio di palline non se le vuole comprare nessuno da quando c'è sulla piazza chi le produce e vende a metà prezzo è inutile che te la prendi con gli speculatori di Betelgeuse sulle loro astronavi fatte di soldi. Ci sono dei vincoli, il più importante tutti è l'intero pianeta, quanta gente può sopportare il pianeta, che livello di benessere massimo è consentito e per quante persone. Se non si capiscono o si negano per motivi elettorali queste relazioni fisiche semplicissime è inutile parlare di economia e di politica.

Lo ripeto a voce alta per chi ha problemi di comprendonio: tutto il resto va a corrente o a benzina. La corrente devi immagazzinarla dentro a batterie (o enormi bombole di idrogeno, certo certo, è arrivato lo scienziato ecologista della domenica, prego si accomodi, che l'idrogeno scoppia, te lo dico così, en passant, scoppia, e molto, idrogeno essere sostanza che scoppissima facile facile), sai quante batterie ci vogliono se domani mattina le centrali elettriche a carbone, petrolio, e atomica chiudono? Sai che il petrolio non si produce ma si estrae e un giorno finisce? Mi sembra di dire cose rivoluzionare e invece sono banalità che nessuno dice, anzi, le nasconde, meglio dare la colpa al denaro. Il petrolio e l'energia elettrica hanno consentito alla popolazione mondiale di crescere fino ai sette miliardi attuali. L'industria e il terziario hanno assicurato un benessere diffuso il quale a sua volta ha permesso ai governi di abbandonare l'uso costante e normale della forza per il mantenimento della pace sociale e dell'ordine e per la difesa della sicurezza e del diritto. Se la gente sta bene, ha lo stomaco pieno, vive a lungo, non viene picchiata o violentata per strada, insomma è normale che poi la morte diventi un tabù, che tutti vogliano vivere per sempre su questo pianetino o su un altro, più pulito, meno corrotto, nella galassia vicina. Oggi se dici campi o dici stalle la gente si spaventa, ti guarda come se gli fai schifo, si immagina le mani rese nodose dalle vesciche, la puzza di merda di vacca e di gallina, si immagina il gesto di ammazzare un animale e sbudellarlo e scuoiarlo per poi mangiarselo. Le nuove generazioni si aspettano che non si torni indietro, pretendono che il lavoro sporco lo facciano altri individui non meglio precisati, forse i robot di alfa centauri. Le nuove generazioni vogliono passare dalla paghetta per fare cose piacevoli e chiamarle lavoro alla pensione per fare cose piacevoli e chiamarle hobby. E per fare tutto questo basta stampare banconote della nostra bella valuta nuova e forte, c'è pieno di straccioni là fuori, miliardi di disgraziati da schiavizzare e il bello è che loro ti devono ringraziare e tu passi per il loro salvatore. Ricordatevelo quando incontrate l'ennesimo sepolcro imbiancato che mente sapendo di mentire o che non sa nemmeno di cosa sta parlando. Anzi, non ricordatevelo, dimenticate tutto quello che vi ho appena detto, altrimenti vi rovinate l'umore, meglio dare ascolto a questi quattro deficienti che danno la colpa al nemico ideologico e promettono che presto arriverà il salvatore, come nei film, l'eroe, il predestinato, l'eletto, a sistemare tuttecose. Si basano sul passato, quando l'opec alla fine aumentava la produzione di petrolio, quando si aprivano nuovi mercati per le esportazioni, le solite ricette che hanno imparato dai nonni mandandole a memoria senza nemmeno capirle e che oggi, ancor di più domani, non hanno più senso. D'altronde non hanno dato spazio a intere generazioni, la mia per esempio, e se glielo fai notare ti dicono che dovevi prendertelo, il potere, con la ribellione, come hanno fatto loro, i sempre giovane anche se cado a pezzi, i sicari che non mollano la presa sul collo né dei padri, strangolati ai tempi, né sui figli, strangolati in seguito. La generazione degli asfissianti, altro che del baby boom, la generazione che ti toglie l'aria, la generazione degli idioti simpatici.


giovedì 17 novembre 2011

Gabbie confortevoli.

Un modello organizzativo viene implementato con esercizio d'imperio. Nessuna forma organizzativa spontanea si autoregolamenta in un ambiente libero da vincoli oggettivi. Internet non è un ambiente libero, anzi, è quanto di più lontano vi sia dal grado di libertà vigente nel mondo reale. Sono un po' stanco degli osanna a internet, dopo decenni dalla sua invenzione sarebbe ora di chiudere il party di benvenuto. Internet è un ambiente fortemente strutturato, non ha nulla di libero se non la finta sensazione di non essere individuabili, fatto ottenibile per mezzo di reti virtuali private che rendono immediatamente sospetto chi ne faccia uso. Se internet fosse anonima diventerebbe possibile compiervi reati nella certezza dell'impunità, e questo non lo vuole nessuno, o meglio, diciamo che nessuno è disposto a sostenere il crimine apertamente, a parte gli anarchici irriducibili che pur di avverare la democrazia diretta sono disposti a scendere a patti con la dittatura della maggioranza.

Questa favola di internet come humus di forme associative innovative che possono fare a meno dell'autorità, della gerarchia, delle regole formali è una bella favoletta che nasconde un pungiglione velenoso: le regole sono innestate nel sistema fisico, nell'hardware, nei chip, nelle centraline, nei firewall, nei grandi hub attaccati alle dorsali transoceaniche. Internet in realtà è una dittatura scientifica dove le regole stanno nella tua larghezza di banda, nei tuoi diritti di accesso, nella capacità di organi senza nome e senza volto di disconnetterti e di isolarti, di tracciarti e di monitorarti, di costruire dossier su di te analizzando la tua attività. Se succedesse nel mondo vero come ti sentiresti? Se sapessero sempre dove sei, cosa fai, cosa ti piace, che problemi finanziari di salute famigliari hai come ti sentiresti? Se potessero chiuderti in casa premendo un bottone come ti sentiresti?

Quindi perfavore basta con la religione del digitale, gli orgogliosamente atei che darebbero via un rene per l'ultima cazzata geekissima perché internet li fa sentire liberi, possono fare commenti acidi usando uno pseudo che alla lunga li descrive meglio del loro vero nome, inizia la fase dell'alienazione, della dipendenza, non fate finta di non sapere di cosa sto parlando. Gente che si sente protagonista della vita politica perché può insultare impunemente il governo sui siti web di giornali e tv, che prega per il boom di contatti sul blog sognando di vivere di rendita grazie ai banner di adsense. Internet è uno strumento di comunicazione e come tale configura una piattaforma organizzativa prima ancora di ramificarsi in applicazioni commerciali, politiche, amatoriali, prima di specializzarsi in ambiti sempre più circoscritti per consentire lo scambio di materiale informatico (in senso ampio, da informazioni vere e proprie a software e materiale audiovisivo).

Come una qualsiasi piattaforma organizzativa anche internet necessita di una regolamentazione del funzionamento sotto forma di autorità con poteri più o meno vasti. Si può accettare che tale potere venga gestito in ottica finalizzata al decentramento, per rispetto di sovranità nazionali (dove oscurano determinati siti o hanno facoltà di shut down) o di prerogative legate al diritto (dove aziende dominati si premurano di sottoscrivere policy corporative con slogan del tipo noi lavoriamo per il bene, noi siamo i buoni, noi facciamo beneficenza, noi rispettiamo l'ambiente, e via dicendo, allo scopo di non perdere il potere e soprattutto l'influenza, effettiva o potenziale, che risiede materialmente nelle loro server factory). L'accesso a internet si paga, anche se fosse gratuito ha dei costi, molto elevati, che ricadrebbero sull'intera comunità, non è gratis, internet, e non lo sarà mai, va a corrente, ha bisogno di pezzi di hardware e di gente che li assembla, fa manutenzione, programma, gestisce.

Internet dunque non è libero e non è gratuito, pertanto fatemi la cortesia di piantarla coi magnificat. Addirittura internet si presta a ulteriori irrigidimenti. Alcuni parlano già da anni a proposito di una tassa su internet. Alcuni hanno già realizzato delle subnet con accesso sottoposto a identificazione certa e il servo della neodittatura digitale è stato osannato dalle oligarchie industriali che, come succede sempre, hanno ammaestrato le masse antropomorfe e decerebrate trasformando un tycoon in una specie di profeta mediatico in dolcevita. Il sogno di ogni dittatura è di mettere un marchio sulla fronte o sulla mano dei sudditi, e l'internet recalcitrante alle imbragature non piace ai rappresentanti del potere costituito. Nel mondo reale ti appioppano il codice fiscale appena nato, se i tuoi genitori non vanno a chiederlo a tuo nome non ti permettono di uscire dall'ospedale. Ti appioppano un numero di carta di identità, di passaporto. Ti appioppano palle al piede, tatuaggi sul braccio, divise e uniformi, badge, impronte digitali, fotografie, scansioni della retina. Prima di internet è stato il telefono l'effigie della bestia che ha fatto proseliti e ha permesso di schedare ogni singolo cittadino, tu chiedi una linea telefonica e ti arriva a casa il canone tv da pagare, nelle dittature per chiedere una linea telefonica devi dimostrare di averne bisogno o essere mebro del Partito. Il numero telefono come esempio di marchio sulla fronte o sulla mano di giovannea memoria. Sulla fronte perché te lo ricordi a memoria, sulla mano perché risiede nel gesto rituale della chiamata. L'indirizzo ip statico non è vincolante per il controllo, è tutto loggato dai provider, tengono registrato tutto quello che fai per tre mesi, obbligo di legge, non lo sapevi? E se ancora non ti basta come grado di completo e fedele asservimento all'idolo del progresso, dello scientismo, chiamalo come ti pare, allora entra nei club esclusivi digitali, dove collegando il tuo nome, il tuo codice fiscale, il tuo numero di carta di credito (ovvero il tuo numero di conto corrente bancario), prendendo gran parte dei numeri corrispondenti alla tua persona e legandoli a un solo numero, il codice di un chip, che sia un telefonino, un tablet, un e-reader, diventerai la cellula di un organismo sociale in grado di accoglierti nel suo caldo abbraccio elettronico e nel suo paradiso di eccitanti e piacevoli attività digitali. Il passo successivo sarà il chip sottocutaneo, i cani ce l'hanno già, mettetelo ai vostri bambini e dite addio alla paura di fughe o rapimenti, compi un gesto altruistico, metti la tua mente e tua mano al servizio del unità di calcolo centrale, dove l'individuo vale zero e la rete-società vale infinito.


giovedì 20 ottobre 2011

Le cerchie e i gironi.

(disclaimer: scusate, un'altra cosa lunga, ormai l'ho scritta e la mando, così com'è, che ho smesso di rileggere e correggere quel che scrivo da decenni, si vede che è periodo di chiacchiere, va così, logorrea, poi magari sto zitti per giorni e giorni, parla degli indignati, credo, di economia, di Leon, dei socia network, del fatto che se ti butti affoghi anche tu, della stupidità, di Sturm und Drang, insomma la solita roba da vecchi brontoloni, se vuoi leggere allora leggi sennò non leggere, giovane ragazzo del futuro, ciao, fa' come ti pare)

Non ho più una vita sociale come l'avevo quando andavo al bar o al campetto dell'oratorio, ma ho delle persone classificate come amici su facebook, anche se non so chi siano. Con alcuni di loro si verifica uno scambio di opinioni da un paio di decenni, altri invece li ho incontrati da poco. Scriviamo delle cose dentro a facebook e poi ci chiediamo che figura ci faremmo nel caso dovessimo cliccare mi piace oppure addirittura commentare. Perché c'è la complicazione che poi altra gente ancora più sconosciuta si accorgerebbe della nostra esistenza, della nostra volontà di evidenziare un contatto mediante il click, e partirebbero i pettegolezzi 'ma chi è?', come se tu gli sei piombato in casa senza telefonare prima, che poi manco ti conosco ma chi ti ha invitato? Per cui i social network, per chi non lo sapesse, funzionano che se devi fare pubblicità a te stesso o a tuoi prodotti va bene, dici delle cose, cerchi di fare il simpatico, come quando facevi pirlate per metterti in mostra da bambino, però a un livello più equilibrato, socialmente accettabile. Altrimenti parli per anni e anni con gente che non sai nemmeno chi è e in fondo non te ne frega nemmeno di saperlo, così se si ammala o muore a te basta togliere dalla lista, dalla cerchia, non devi nemmeno sforzarti di provare dispiacere.

Ci sono le liste, le cerchie, per tenere lontano la gente senza che se accorga, come a scuola che ti voltavi e le ragazze stavano ridacchiavano fra di loro e tu fingevi di non pensare che stessero ridendo di te, facevi l'occhiolino, la linguaccia, e loro ti dicevano che scemo. Ecco, eri in una lista bloccata, eri in una cerchia di esclusi. Così puoi far vedere il tuo diario segreto sollo alle amiche del cuore, puoi nascondere a familiari e conviventi i tuoi piccoli traffici da testa bassa e mani in tasca. Per esempio io ho una manciata ridicola di amici e li ho comunque divisi in famiglia, scuola, mmorpg, conoscenti e bloccati. Non ho la lista amici veri e propri, non so perché ma li ho finiti, mi ostino a considerare di averne ancora due vivi dei quali potrei fidarmi a chiedergli di farmi un favore nel caso mi succeda qualcosa di improvviso, cose così, uno era in classe con me alle elementari, l'altro al liceo. Entrambi li sento più o meno una volta all'anno, per gli auguri via sms. Sono delle icone dell'amicizia, sono degli amuleti viventi. Per il resto parlo con gente morta, parole scritte da così tanto tempo che adesso è difficile capirle, ti sembra che nel passato la gente fosse molto stupida, è come prendere in mano un attrezzo sporco e arrugginito e chiedersi a cosa cazzo potesse mai servire una tale mostruosità tecnologica. Oppure parlo con gente che deve ancora nascere, cercando di spiegare loro che non devono pensare che la gente del mio tempo sia stupida perché anche loro nel futuro lo saranno, forse un po' meno, può darsi, ma forse un po' di più.

Nonostante l'idea che il livello di stupidità degli esseri umani, sia presi singolarmente sia come società sia come umanità nel suo complesso, sia più o meno costante nel tempo, ovvero parecchio alta, ben al di sopra della soglia di pericolo, come quando un malato inizia a far male a se stesso e agli altri ma non c'è il medico, l'ospedale, gli infermieri, ci sei solo tu che ti si rizzano i capelli in testa e non sai dove scappare, ecco, la sensazione in linea di massima è quella del panico controllato. Solo che a volte il controllo sei stanco e ti lasci andare e rischi contatti umani. Nel film 'The professional' Leon dice "Il fucile è la prima arma che si impara ad usare perché ti permette di mantenere una certa distanza dal cliente. Più ti avvicini a diventare professionista, più riesci ad avvicinarti al cliente. Il coltello per esempio, è l'ultima cosa che si impara." I rapporti umani sono essenzialmente dolorosi, che ci sia o meno intenzione, perché a volte ci si fa male anche da soli, anche facendo attenzione a metterci tutto l'amore possibile. Ma che tipo di amore? Viviamo l'epoca del romanticismo, l'amore di questi tempi è spesso venato di masochismo. Ma qui entriamo in un altro argomento, stavo parlando di rete sociale, il fenomeno del momento, la copia tascabile dello Sturm und Drang for dummies, la catena di montaggio per tigri di carta, dove viene forgiato il futuro del mondo (virtuale).

Cerco di evitare il più possibile i social network perché poi mi scappa un commento, un battuta, e su internet ogni fiocco diventa valanga. Ragazzi del futuro, lo so che la gente è stupida, lo so che lo è chi segnala la pagliuzza della mediocrità, della sciatteria, definendola una riduzione generale della qualità dovuta alla tv e a chi ritiene responsabile dei contenuti della tv come strumenti educativo di massa. Lo so, ragazzi del futuro, e allora? Cosa posso farci? Credete che serva dire guardate che allora anche internet. Guardate che non è solo in Italia. Guardate che non si è ridotto il livello di qualità massimo raggiungibile, è piuttosto l'effetto dell'aumento del numero di voci che influisce sulla media. La democrazia come media delle opinioni è necessariamente populismo e demagogia. Sono cose che ai ragazzi del futuro sembreranno così lampanti da ipotizzare che il popolo a quei tempi fosse tenuto soggiogato dal potere e ipnotizzato dalla propaganda. Quello che diciamo noi dei popoli del passato, dagli unni agli assiri, dai nazisti ai comunisti. Eppure le masse si muovono come branchi di pesci, come sciami di api, come formiche eccitati dai feromoni. Vogliono che succedano cose determinanti, cambiamenti epocali, essere protagonisti o, se proprio, almeno testimoni, quando la testa del re viene spiccata dal collo e rotola nel cesto, quando la città dei nemici viene messa a ferro e fuoco, quando l'incarnazione del male viene impalata.

L'altro aspetto è sia commerciale che espressione di vanitosa superbia. La blasfemia è ribellione a parole come la violenza è ribellione nel gesto. E da sempre paga il ruolo del bardo, che incita rollando sul tamburello, soffiando nella tromba, scrivendo ballate, cantate, poemi omeriche o scespiriani. E il bardo di basso livello diventa giullare, diventa buffone, diventa ubriacone da prendere a calci ridendo quando diventa seccante. Noi abbiamo questo tipo di scadimento culturale anche nella nobile arte del narrare, intrattenimento che va dalla geisha alla vecchia puttana tossica e sifilitica di periferia. Ragazzi del futuro, lo so, sono stupido ma sono entrato nell'università più prestigiosa d'Italia, e forse d'Europa, superando rigidi test d'ammissione su conoscenze capacità potenzialità e quoziente intellettivo, sono stupido anch'io, va bene, ma non più di tanto. Lo so che è da stupidi rinchiudere tutto questo negli stretti ambiti di una malattia che riguarda solo chi guarda certi canali televisivi, chi vota un certo partito, chi la pensa in un modo piuttosto che in un altro su questioni politiche o si rifiuta di superare dilemmi etici e morali semplicemente cancellandone l'esistenza, come si cancella il furto eliminando la proprietà, cosa rubi se niente e è di qualcuno?, si elimina il primo comandamento eliminando Dio, è tutto così semplice, vero?, ma poi cosa ti resta in mano? Ragazzi del futuro, è inutile cercare di far ragionare le masse, è come cercare di far volare le montagne prendendole a calci, di fermare i salmoni quando decidono che è ora di tornare a casa.

Per esempio su internet negli ultimi giorni è stato un proliferare di frasi legate all'indignazione mondiale. Gente che va in piazza a protestare come sempre ci va, per un motivo o per l'altro. E quindi gente che nella vita fa tutt'altro si mette a parlare di economia come se la studiasse da una vita, come se usare i soldi ti rendesse esperto della materia, la stessa semplificazione che ti fa dire se mettiamo i bambini nel kibbutz nessuno ha madre e padre e tutta quella roba di Freud possiamo finalmente buttarla nella spazzatura. Demolizione della cultura, che diventa essa stessa sovrastruttura, oppio, e la ricerca di una spiegazione che non escluda la complessità viene scambiata per accanimento terapeutico. Arrendetevi alla banalità del reale. Un mondo di slogan dove no c'è più spazio per niente, cartelloni pubblicitari ovunque, vite tenute in ostaggio dalla modernità al punto da mandare nel panico chi è abituato a redditi da benestante e non ha idea di come si possa sopravvivere senza una buona lavanderia sotto casa e la banda larga. Quindi giù a lottare per mantenere lo status quo, a indignarsi per la crisi, a cercare colpevoli da punire. A volte quando sento dire assurdità mi viene da dire ma perché al posto di economia e politica, di cui sai poco o niente, non parli di laparotomia sottocostale, di simbionti azotofissatori, di costante di Planck, otterresti gli stessi risultati. Ma io non sono il tipo che manifesta, non sono quello che si mette alla testa del corteo o a capo della guarnigione, non sono quello che muore da eroe o non vede l'ora di farsi mettere in croce, gli direi caro Padre, bevitela tu quella merda. O forse no, fin che non lo vivi non lo puoi mica sapere, per esempio lo so che quando uno si tuffa per salvare uno che sta affogando di solito affoga pure lui, però se vedi un bambino che sta affogando come reagisci nella vita vera, gli fai ciao con la mano?

Anche oggi sto andando lungo, ma come fai a riaccumere tutta questa roba? Non trovo divertente né piacevole buttare il mio tempo a spiegare cose che per me sono elementari, se le trovassi già dette e scritte altrove non starei qui a sbattermi per fare arrivare informazioni ai ragazzi del futuro, che poi magari pensano che non ci aveva pensato nessuno e facciamo brutta figura come intera generazione. Volevo solo dire che stavolta la politica ha deciso di scaricare la responsabilità sui mercati nel tentativo di introdurre leggi che permettano ai governi di controllare i mercati e per avere la scusa di tassarli. I governi hanno speso troppo e hanno speso male e questo ha prodotto alti debiti pubblici e economie malfunzionanti. Quando la Cina è entrata nel WTO ha sconvolto dinamiche che stanno ancora cercando nuovi punti di equilibrio economico. I governi, dove per governi intendo gli Stati, non destre e sinistre spesso fittizie e di comodo all'interno delle singole realtà, realtà che vanno da tanta gente su poca terra con poche risorse, come l'Italia, a poca gente con tanta terra e risorse naturali (tipo gas e petrolio), governi che si trovano a non poter più garantire i livelli di spesa storici è logico che siano entrati in grosse difficoltà nel continuare a chiedere il consenso dell'elettorato. Governi che hanno foraggiato spesa improduttiva per garantire la pace sociale, per finanziare voto di scambio e accordi con le mafie o le multinazionali, insomma per tutto tranne che investimenti che si ripagano nel futuro. Governi che se la prendono con i mercati, gli 'speculatori' (uhhhh, che paura, mordono), al fine di impedire declassamenti e crolli dei prezzi, seguendo la folle logica che ho già spiegato sopra del se elimini i mercati elimini anche la crisi dei mercati, se riusciamo a essere noi quelli che decidono i prezzi di mercato non dobbiamo più preoccuparci che gli 'speculatori' comprino e vendano a prezzi che non ci piacciono per niente. Ragazzi del futuro, lo so che a voi sembra che sto dicendo delle cose banali, ma queste cose non le sento né leggo da nessuna parte, può darsi che sono io l'unico a sbagliare, l'unico stupido al mondo che non si unisce al branco, in tal caso meglio così. I governi ormai non possono più aumentare le tasse, anche mettere la Robin tax o altre tasse non farebbe che allungare un'agonia che va avanti da decenni, da quando si è innescata la corsa alla crescita, possono solo tagliare lentamente sperando che le cose si aggiustino e che non scoppino rivolte, oppure possono dare il potere all'ennesimo dittatorello eccitato e pieno di sé che si crede in missione per conto di dio e usa la forza per aggiustare economia e società a martellate.