Gli studiosi del futuro stileranno degli elenchi sul nostro tempo, i futuri laureandi cercheranno argomenti da trattare che non siano ancora venuti a noia, in cima a tutto ci sarà la contraddizione, viviamo un epoca di anacoluti, di scismi dissimulati, l'entropia avanza inesorabile in ogni campo del sapere e in ogni fattispecie di attività. Ti viene offerto un menu e tu devi scegliere, va bene anche se scegli a caso, sono così tante le possibilità, tutte egualmente insignificanti, da rendere l'intero procedimento di scelta volutamente eccessivo e superfluo, come ogni aspetto del mondo dev'essere nella realtà aumentata, il travestimento, il culto dell'apparenza. Puoi scegliere ogni dettaglio e sfumatura qui, nel mondo libero, sulla vetta della civiltà occidentale, la civiltà del consumo, del benessere, della libertà, del neo-relativismo. Non essendoci un potere che impone scelte passibili di obsolescenza e rigidità, non essendoci una linea guida diversa dall'anarchia e dal caos, ecco svanire il giusto e lo sbagliato, il vero e il falso, nel trionfo del forse e del dipende.
Per esempio vediamo idoli mediatici che ci portiamo in tasca, generazione dopo generazione, dalla frattura madre, il dopoguerra col suo babyboom, il progresso scientifico, l'economia surriscaldata. Alcune di queste persone, idoli mediatici, sono invecchiate e devono ogni giorno capire se restare in groppa alla tigre o abbandonare il palcoscenico. Altre star sono morte giovani e sono entrate nel pantheon dell'eterna celebrità. Questo è l'orizzonte del vivere di questi tempi: l'immortalità terrena com'era concepita dagli antichi greci e romani. Dopo secoli di sforzi intellettuali per trovare risposte alla vita diverse dall'appagamento materiale e dal richiamo della vanità, eccoci qui belli e regrediti puntaccapo. Tutto ciò è reso possibile dall'abbondanza. Energia nucleare e petrolio, energia a gogò, utilizziamo l'equivalente di una mandria di cavalli per spostare il nostro corpo da qui all'edicola all'angolo, in termini di forza-uomo l'energia a buon mercato ci ha permesso negli ultimi decenni di fare una quantità di lavoro che avrebbe richiesto generazioni di persone fisiche.
Dunque il cardine per comprendere e calcolare l'impatto materiale del progresso moderno è il costo unitario dell'unità lavoro/tempo, quanto lavoro viene eseguito dall'umanità nell'istante T. Se eliminiamo il petrolio e il nucleare dall'equazione ecco che gran parte della popolazione mondiale non solo cadrebbe nella povertà, ma verrebbe espulsa dal sistema per raggiungere un nuovo equilibrio. Ovvero morirebbe di fame, di malattia, per guerre civili, un motivo qualunque, la matematica generalizza, non ha bisogno di scendere nel particolare o di fare previsioni dettagliate. Ma se anche la quantità di energia disponibile non calasse all'improvviso, basterebbe ragionare in termini di prezzo, sarebbe sufficiente una variazione al rialzo consistente a provocare reazioni catastrofiche sull'equilibrio attuale. Gli shock petroliferi non sono certo una novità, ma prima di scoprirli e capirli hanno dovuto verificarsi, lo stesso va accadendo per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse. Stiamo ipotizzando risorse infinite, crescita senza limiti, come se il Pianeta Terra aumentasse in composizione e dimensione a seconda delle nostre esigenze.
Non è un ragionamento così complesso da capire. Se ho un lago con mille pesci che raddoppiano ogni due anni non posso aumentare all'infinito il numero di pescatori, non posso aumentare la produttività di un singolo pescatore che passa dall'uso della rete alla dinamite, non posso indurre i pesci a raddoppiare di numero ogni due giorni. Ci sono dei limiti e sono proprio i limiti il problema del nostro tempo, nessuno più vuole accettare né tanto meno subire l'esistenza di limiti. Perfino il limite della morte viene nascosto, seppellito nell'inconscio collettivo come un tabù. La morte, e tutto ciò che si posizione nel contesto fatale (in senso mitico) e definitivo (in senso romantico), viene così stigmatizzata da contaminare situazioni che possono anche lontanamente evocarne la presenza: la malattia, l'agonia, il difetto genetico, perfino il rischio, perfino la vecchiaia. Correre rischi ignorando il pericolo di morte è un atteggiamento premiante, che assicura la sopravvivenza: cibo, avversari sottomessi, accoppiamento, gli istinti primari che governano gli animali, compresi gli esseri umani. Diventare vecchi è avvicinarsi alla verità che nessuno vuole sentire, è andare a ricordare a tutti che esiste la morte esibendo un corpo inguardabile perché intristisce, deprime, scoraggia.
Nel futuro scriveranno che di vecchi in fuga dalla morte e da se stessi con chirurgia, ginnastica, dieta, viagra, lavoro fino all'ultimo, cosmetici, vacanze. E di giovani amanti del rischio che si schiantano, maltrattano il loro corpo come se la scienza potesse ripararlo, come se ci fosse la garanzia di sopravvivere alla morte mediante posticipazione, svicolamento, inganno, forza di volontà. L'insieme di queste credenze che formano la religione (l'etimologia di religione è religare, ciò che liga la res, tiene assieme la realtà, non relegere che è invece mera liturgia e non implica nessun tipo di scelta fideistica) dei nostri tempi si è sviluppata dalla cultura veicolata dalla televisione. Non sto dando la colpa alla tv, la tv è solo uno strumento che però senza tv non esisterebbe la cultura che ne è stata veicolata. Siamo una civiltà composta in maggior parte di vecchi che hanno costruito il benessere indebitando le generazioni future, hanno ipotizzato infinita la crescita, hanno basata il sistema produttivo su fonti energetiche esogene e altalenanti e in definitiva così scarse da poter durare qualche decennio, hanno usato come collante sociale la paura della morte (e delle malattie, degli alieni, dei terroristi, di tutto ciò che odore di morte, compresa la vecchiaia e la malattia, al punto che i nazisti - e non solo i nazisti, un sacco di stati nel mondo hanno fatto uguale - per superarla pensarono di eliminare fisicamente i portatori).
Questi vecchi che non sanno più dove e come scappare allo loro stesse paure, ai loro stessi tabù, che hanno demolito ogni linea guida trasmessa per tradizione dagli avi in nome della rivoluzione e adesso sentono freddo, si sentono soli, pensano che in fondo i nonni dei nonni non avessero tutti i torti sempre e comunque. Forse c'era qualcosa da salvare, ma ormai è troppo tardi, ormai i giovani guardateli alla tv come sono, palestrati, tatuati, ribelli ma riflessivi, potenti ma controllati, belli ma intelligenti, forti ma non violenti, non esistono nella realtà, sono contraddizioni viventi che non si riconoscono nei modelli televisivi e alcuni fanno come i vecchi, rincorrono il miraggio, altri invece si rifugiano nei videogiochi, nei party, nella droga, che tanto di futuro non ce n'è, l'hanno già usato tutto loro, a noi rimangono oggetti che necessitano di continua manutenzione, case che si sgretolano, nuovi continenti negli oceani fatti di rifiuti galleggianti, e la rete, dove lanciare messaggi in bottiglia, dove sentirsi parte di qualcosa che non sia impegnativo, vincolante, che basti un clic per liberarsene, venirne fuori. Perché noi non stiamo più nutrendo le persone, noi imbocchiamo di corrente le apparecchiature, di carburante macchine navi aerei, di mangime per animali che sono al mondo solo per venire processati sterilizzati e inscatolati. Noi viviamo e lavoriamo per servire, conservare, agevolare, coccolare, proteggere, compiacere gli oggetti inanimati.
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